I crolli delle montagne
(Alpinismo Molotov si rimette in cammino)
di Redazione_am
(pubblicato in Alpinismomolotov.org il 5 luglio 2022)
Dopo un periodo di pausa, Alpinismo Molotov riprende i fili di tutti i discorsi e di tutte le pratiche, consapevole di farlo in uno scenario ormai sconvolto.
A mutare radicalmente è la stessa morfologia delle nostre montagne, che non stanno più insieme, vanno in frantumi, ci crollano addosso. Cambia il profilo stesso dei massicci, dei crinali. Lo abbiamo visto due giorni fa sulla Marmolada, ma è solo l’ennesimo episodio di una lunga serie. Citiamo solo alcuni dei più recenti:
- agosto 2017, crolla la parete nord-est del Cengalo, costringendo a sfollare i duecento abitanti delle borgate subito a valle;
- settembre 2019, crolla un costone del Monte Rosa, tra i ghiacciai Fillàr e Nordend;
- agosto 2020, crolla una parte del ghiacciaio dell’Adamello, circa 120.000 metri cubi di ghiaccio;
- maggio 2022, crolla un seracco sul Grand Combin, uccidendo due alpinisti e ferendone altri nove.
Ricordiamo poi che la tendenza è in corso da molto tempo: il crollo del pilastro Bonatti al Petit Dru del Monte Bianco risale al 2005. Con il pilastro se ne andò un pezzo di storia dell’alpinismo. Anche in quella circostanza la causa fu individuata nell’aumento di temperatura. Un’avvisaglia – neppure quella una delle prime – di ciò che sarebbe seguito (un altro importante evento ha visto il crollo del pilastro nord-ovest della Cima Su Alto, NdR).
Un territorio montano già messo a durissima prova dai cambiamenti climatici – che causano crolli e frane, penuria idrica e incendi sempre più frequenti – a maggior ragione va difeso da ogni ulteriore aggressione.
Ad aggredire il territorio ogni giorno non è «l’uomo», come superficialmente si dice, né la «specie umana», come vuole la formula meno maschiocentrica. No, ad aggredire il territorio è il capitale, il mercato, la macchina degli appalti; ad aggredirlo sono le lobby delle infrastrutture, ad aggredirlo sono industrie – come quella sciistica – che non hanno più ragione d’essere ma perseverano nel loro devastante operato, noncuranti di quanto sta accadendo.
Le montagne vanno difese soprattutto dalle grandi opere dannose, inutili e imposte, e dai «grandi eventi», che sono in fondo grandi opere mordi-e-fuggi, come abbiamo spiegato tre anni fa in una nostra inchiesta sul Jova Beach Party.
Tutto il territorio va difeso da grandi opere e grandi eventi, ma le montagne in particolar modo, non foss’altro che per un motivo molto banale e “antropocentrico”: per tantissime ragioni, senza le montagne noi siamo finiti.
Alpinismo Molotov si rimette in cammino, si diceva, e come primo passo aderisce all’appello di diverse realtà e associazioni del bolognese, tra le quali il Collettivo del Reno contro tutto l’insostenibile, che hanno chiamato a una marcia di più giorni contro le grandi opere inutili incombenti su quel territorio, dalla Bassa all’Appennino passando per i margini del capoluogo.
Il nome è «I sollevamenti della terra» e i giorni sono quelli dal 2 all’11 settembre 2022.
Il percorso andrà da Ponticelli (comune di Malalbergo) al Lago Scaffaiolo, sul Corno alle Scale.
Partendo da Ponticelli si celebrerà la battaglia appena vinta da militanti della pianura raccolti nella rete No Hub, che ha impedito la cementificazione di un’antica risaia e la costruzione dell’ennesimo «polo logistico». Vittoria rara e preziosa, in una regione la cui classe dirigente è innamorata persa del cemento, e dove fermare le grandi opere è impresa davvero ardua.
Aggirando Bologna, si dirigerà lo sguardo su una delle grandi opere più devastanti che ci attendono, il nuovo passante autostradale. Tutto il greenwashing del mondo non riuscirà a coprirne il terribile grigio: il grigio di asfalto e cemento che consumano suolo, il grigio di chi ha scelto di stare nella “zona grigia”, quella in cui all’opera non si dice sì né no, o peggio, si dice no e al tempo stesso sì.
Arrivando al lago Scaffaiolo, sul Corno alle Scale, si contesterà il progetto di una nuova seggiovia quadriposto, che andrà ad impattare un versante ancora integro della montagna, sulla carta protetto da parchi e riserve naturali, prezioso sul piano botanico, faunistico e paesaggistico. Se ne è parlato su Giap e se ne parla sul sito del comitato «Un altro Appennino è possibile».
Nel mezzo, diverse altre tappe, tutte legate a contraddizioni e conflitti sul territorio.
Ecco il documento, scaricabile in pdf, con cui si presenta la marcia.
Per contatti e informazioni: sollevamenti@riseup.net oppure 3534438327.
In un periodo in cui si parla molto – ma molto male – della siccità e delle sue cause, ricordiamo che le grandi opere, l’asfalto e la cementificazione sono le peggiori nemiche di sorgenti e falde idriche.
Si considerano le montagne inerti pietre da traforare, mentre sono complessi “laboratori” naturali in cui l’acqua piovana diventa acqua di sorgente.
Nei primi anni di questo secolo i trafori per l’Alta Velocità Bologna-Firenze causarono la perdita di oltre un centinaio di miliardi di metri cubi d’acqua, la scomparsa di 37 sorgenti, l’inaridimento di 57 chilometri di fiumi e torrenti. Le falde acquifere di quel territorio precipitarono in basso di decine di metri, pozzi e acquedotti si svuotarono. Per una ricostruzione approfondita, si veda: Wu Ming 2, Il sentiero degli dei (nuova edizione aumentata), Feltrinelli 2021.
Più di recente, in alta Val di Susa, gli scavi del “tunnel esplorativo” per la cosiddetta “Torino – Lione” (durati più o meno dal 2014 al 2017) hanno causato – secondo la stessa società responsabile del progetto, Telt – la perdita di 3,2 milioni di metri cubi d’acqua all’anno. Si tratta di un cunicolo largo 6 metri e lungo solo 7 km. Il “tunnel di base” che si vuole scavare tra Susa e St. Jean de Maurienne sarebbe a doppia canna e lungo ben 57 km, basta fare le proporzioni per capire a quale devastazione idrogeologica si andrebbe incontro, in un territorio già a forte rischio, che si sta surriscaldando più rapidamente di altre zone del Piemonte e dell’intero arco alpino.
Al contempo, si considera il suolo come una superficie inerte che si può coprire a piacimento con cemento e asfalto, quando invece è un ecosistema ricchissimo, che conosciamo ancora troppo poco e, tra le altre cose, ospita e coltiva le falde che garantiscono acqua e vita a molti territori.
L’impermeabilizzazione del suolo impedisce alla pioggia di penetrare nel terreno, così le falde acquifere non possono ricaricarsi, e sono destinate a esaurirsi.
L’Italia è uno dei paesi europei con più suolo coperto, impermeabilizzato. Ogni secondo vengono sigillati due metri quadri di terreno. A prima vista la percentuale di suolo consumato – il 7% – sembra bassa, in realtà è altissima, se pensiamo che il totale include tutto il territorio non edificabile perché protetto o per ostacoli naturali (alta montagna, specchi d’acqua ecc.).
Anche qui, la “parte del leone” del consumo di suolo la fanno le infrastrutture di trasporto, che da sole valgono il 41% dell’edificato: strade, autostrade, svincoli, parcheggi, opere accessorie. Siamo uno dei paesi più pesantemente infrastrutturati, eppure la canzone del capitale è: «Servono più infrastrutture!».
L’altra canzone, quella con cui il capitale ci satura le orecchie in tempi di crisi idrica conclamata, ha come ritornello: «È colpa tua!». Colpa delle tue troppe docce, del fatto che bagni il prato, che tiri lo sciacquone a ogni pipì, che ti lavi troppo i capelli, ecc. Ancora una volta si scarica la responsabilità sul singolo, si colpevolizzano cittadine e cittadini. Si tratta di una narrazione diversiva. In Italia gli utilizzi domestici corrispondono solo al 7% dell’impronta idrica totale.
Lo spreco c’è, è innegabile, ma avviene prima che apriamo i rubinetti di casa, visto che la rete, per ragioni di fatiscenza e incuria, perde 3,45 miliardi di metri cubi all’anno. È comunque “robetta”, se pensiamo ai veri sperperi causati da usi industriali e agroindustriali, e ai veri processi che distruggono sorgenti e falde.
Contro le canzoni del capitale devono sorgerne – dal basso, dalla terra che si solleva – mille e mille altre.
Dal canto suo, Alpinismo Molotov vuole contribuire sempre più a questo processo. Per questo, oltre ad aderire alla marcia di settembre, propone altri tre appuntamenti, camminate che si terranno nei prossimi mesi in diverse parti d’Italia, per contare (oppure cantare) il problema delle grandi opere, dell’aggressione al territorio e continuare a ribadire che il cambiamento climatico non è un episodio né tantomeno una prospettiva.
È quel che stiamo già vivendo, qui, ora.
La prima camminata si svolgerà il 28 agosto 2022 sulle Prealpi Lombarde, sopra il lago d’Iseo (o lago Sebino, come preferiamo chiamarlo noi). Per ora non diciamo altro, ma nei prossimi giorni, sempre su questo blog – che torna vivo e attivo – daremo l’annuncio con tutti i dettagli.
Buone scarpinate.
P.S. Si stanno evacuando le aree a valle di alcuni ghiacciai, come il Planpincieux, in comune di Courmayeur, per il rischio di nuovi crolli. La logica di questi interventi – ancorché sensati se isoliamo il singolo momento – è unicamente emergenziale, serve a mostrare attenzione e «riflessi pronti» da parte di poteri nazionali e locali che invece hanno ignorato i problemi per decenni, e tuttora operano per aggravarli.
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guglie e tetti e pulpiti e pinnnacoli e canne d’organo che ci ispirano senzazioni stetiche trascendenti sono in r ealta’ l”epilogo di uncontinuo lavorio di crolli ed erosioni li
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Lorenzo Merlo:
I viaggiatori di terza classe del Titanic, solo dopo l’affondamento della nave e solo quelli che sono stati fortunati di salire su una scialuppa di salvataggio, hanno potuto veramente dire ” Siamo sulla stessa barca!” Ma come sono stati recuperati dai soccorsi, non lo erano già più.
Guarda “Consenso disinformato”, Telegram.
Erithacus 10:00.
Sarà un complottista, no vax, no grinpaz, nobomb, comunque uno di quelli – sono a milioni – che avete offeso da decenni e per decenni.
Sempre tutti in fuga.
Avete ridotto l’Italia, la sua terra, la sua cultura, la sua politica, la sua sovrantà a niente.
Buone vacanze e ripassa i libroni che citi senza nominarli.
Oppure portati dietro Capitalismo della sorveglianza e Great Reset.
Meglio maleducato che vigliacco e schifoso.
Lorenzo,
non mi riferivo a “Tv e giornalacci”, ma a studi seri e lavori approfonditi che dovresti cercarti ma evidentemente non ti interessano. Quanto al resto, considera che gli insulti sono sputi che, come quelli controvento, rischiano di tornare indietro su chi ha sputato…Gli insulti sono proibiti non tanto dalle regole del blog, quanto dal rispetto degli altri, che maidovrebbe venir meno. Non si tratta solo di buone maniere.
E ora sparisco per un po’, in una schifosa vacanza, e anche un po’ vigliacca forse…
Tu non ha letto qui ed è a questo posto che mi riferisco.
Comunque è vero tg e giornalacci non li guardo e non li leggo.
Se non sai bene a chi riferisco – una volta di più – è cosa vigliacca e schifosa.
Lorenzo Merlo
Mai hai sentito, mai hai letto? Beh, leggi dalla parte sbagliata. Cambia fonti, e troverai volumi o biblioteche intere. Cerca davvero e troverai, certo non su un blog di montagna, dove ti diverti a dare ripetutamente del “vigliacchi e schifosi” a non si sa bene chi, perché qui gli insulti non devono apparire…
Guido, obiettivo iniziale: convincere le coppie a limitarsi al massimo a tre figli (non cinque, sei, sette, otto, nove come accade ancora in molti posti).
Poi scendere a due. Poi, per qualche generazione, tentare di raggiungere l’obiettivo di una media di un figlio e mezzo per donna.
Il tutto in due secoli. Forse tre?
In una parola: politica demografica globale.
… … …
Altrimenti ci penserà Madre Natura a suo modo: apocalisse.
E non sto scherzando.
Ho pensato pure al motto elettorale:
“DOVE ORA CI SONO OTTO DI VOI, NE RIMARRÀ UNO SOLO” (in stile Highlander).
Che dite? Potrebbe funzionare? No, eh? 😂😂😂
@ Bertoncelli all’11. Chi decide chi deve restare?
Dal sito di Arianna Editrice:
“L’esperimento iniziato circa due secoli fa e denominato civiltà industriale è fallito, perché abbiamo constatato che è impossibile, dato che i suoi processi sono incompatibili con il funzionamento dell’Ecosfera, il sistema più grande di cui tutti facciamo parte. Proponiamo di uscirne gradualmente in questo modo.”
A questo punto ogni Movimento potrebbe esporre le sue proposte.
Ma siamo lontanissimi, in un altro mondo. I politicanti pensano e parlano come nel secolo scorso. A questo punto, anche se possiamo condividere in parte il ragionamento di chi dice “Se non voti, è ancora peggio”, per chi credete di poter votare?
… … …
Ebbene, signori, ecco la mia proposta: diminuzione graduale – lentissima, senza traumi – della popolazione terrestre a sei miliardi, quattro, tre, due. Obiettivo: un miliardo.
In quanto tempo? Un secolo, due secoli, oppure il tempo necessario.
Senza imposizioni brutali in stile cinese.
Insomma, il 25 settembre votate LISTA BERTONCELLI. 🏴☠️🏴☠️🏴☠️
Lorenzo, oggi sei spietato. 😉😉😉
Nessuno proglobalizzazione, procapitalismo, proprogressismo, procresciata infinita? Tutt nascosti dietro il dito del maleducato che indica la luna? Non mi sorprendete.
Un regalo per voi: https://www.ariannaeditrice.it/articoli/incredibile
Domenticavo:
-Portano lo smartphone anche nel buco del culo del mondo, e alla prima caviglia slogata: ” SOCCORSO ALPINOOOO”.
Caro Regattin,
I veri appassionati di montagna sono quelli che:
-hanno comprato il SUV e fanno fino all’ultimo metro di strada prima di mettere gli scarponi.
-Hanno gli armadi traboccanti di indumenti tecnici ultima moda , ultima tecnologia, ultima spiaggia.
-Hanno i cassettoni pieni di aggeggi tecnici usati una volta e poi…comprato un’altro!
-Cambiano gli sci ogni 2 anni.
-Sono dipendenti pubblici e nelle ore di ufficio programmano il week end in montagna, con tanto di programma e cartine stampate…a spese, anche, mie!
-Non prendono una guida perchè spesso sono loro la guida.
-Prendono funivie, aerei, elicotteri, costi quel che costi!
-Sono molto piu di 4 gatti, non fanno statistica, ma chi se ne frega l’importante è che creino un bel bussiness
3. Ma ti rendi conto delle assurdità che hai scritto? Oltre al fatto che i “veri” appassionati di montagna sono 4 gatti che non fanno statistica e già adesso non utilizzano impianti, non dormono nei rifugi alberghi, non si affidano ad una guida ecc. ecc.
Più educatamente e ampiamente detto.
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/la-sindrome-di-stoccolma
Non so come altro chiamare – suggerimenti? – chi si adopera per promuovere la cultura del progresso infinito e che mai – fatto salvo “il capitalismo è la migliore economia possibile” – ho sentito portare argomenti a sostegno. Mai ho sentito altro oltre a “i difetti del capitalismo si aggiustano aggiungendo paletti”.
Mai un bel saggio sulla ragione delle spese militari, sul taglio di quelle sanitarie, mai un intervento sull’assurdità della scuola-tecnica, sulla deprecapbile condizione degli insegnanti, mai una voce a difesa dell’identità nazionale, di condanna della devastazione della bellezza di valli, coste, pianure, mai un segno di intolleranza verso l’invasivistà pubblicitaria, mai una nota se non derisoria nei confronti dell’asservimento mediatico al potere, mai un urlo contro la politica serva dei potentati economico-finanziari, neppure un’invettiva contro tutte le sovranità regalate a chi, secondo i vigliacchi e gli schifosi, sono quelli che contano, quelli da ascoltare, da seguire.
Vogliamo restare a “lei è un maleducato”?
Suerte.
Anche, da tempo, io sostengo che è il “capitale” che attenta all’intero ambiente planetario e in tale concetto generale anche alle montagne. Tuttavia il capitale affaristico si nutre di consumatori, senza i quali non troverebbe “utile” (nel senso che non produrrebbe più utili di bilancio) lavorare in montagna. Noi veri appassionati di montagna abbiamo quindi una chance: interrompere volutamente di andare in montagna, almeno per un po’. Non perché ce lo vietano, ma per scelta convinta: quella di stroncare il meccanismo che nutre l’affarismo in montagna. Siamo disposti a farlo? Cinque anni senza nessuno che prenda un impianto, che pernotti in un rifugio-albergo, che assoldi una guida o un maestro di sci, che acquisti scarponi, sci, zaini, moschettoni…
La pallottola è nella nostra pistola, se vogliamo la possiamo sparare. Se non vogliamo spararla, perché non siamo disponibili a “rinunciare” alla “nostra” dose di montagna, va benissimo, ma allora non protestiamo: andremo, insieme a tutti gli altri, dove ci porterà la corrente.
Commento n.1 molto interessante. Non capisco la necessità dell’ultima riga di insulti.
Beh! Stavolta leggeremo le invettive dei progressisti, quelli che “la storia non si ferma”, quelli del Pil solo dio in terra, quelli della globalizzazione sola direzione di salvezza, quelli del Great Reset indispensabile aggiornamento del mondo analogico, quelli della tecnologia che risolverà tutto, quelli, dimenticavo, della crescita infinita, della riduzione della disoccupazione e della povertà, degli aiuti a suon di armi, quelli che il capitalismo è la miglior forma sociopolitica possibile. Quelli della democrazia ridotta a pantomima.
Sarà bello leggere come sostenete lo stato di disastro cui siamo.
Sarà bellissimo togliermi la convinzione che siete vigliacchi e schifosi.