I lati oscuri dell’acqua in bottiglia

L’ultimo studio dell’ONU mette in guardia dai problemi relativi a questa tipologia di industria. Tra questi spicca quello legato all’incapacità dei sistemi pubblici di fornire acqua potabile per l’intera popolazione mondiale. Mineracqua: “In Italia le acque minerali sono pure batteriologicamrente all’origine”.

I lati oscuri dell’acqua in bottiglia
a cura della Redazione di Agi.it
(pubblicato su agi.it il 17 marzo 2023)

L’industria dell’acqua in bottiglia sta contribuendo a mascherare il problema legato all’incapacità dei sistemi pubblici di fornire acqua potabile per l’intera popolazione mondiale. Questo inquietante risultato emerge dal rapporto realizzato dall’Institute for Water, Environment and Health presso la United Nations University (UNU-INWEH), nel quale si evidenziano alcune delle difficoltà legate all’acqua in bottiglia.

Bottiglie di plastica. © FRANK MOLTER / DPA / dpa Picture-Alliance via AFP.

I ricercatori hanno considerato i dati relativi a 109 paesi, valutando la sicurezza dei prodotti commercializzati e dell’alternativa corrente. La crescita del settore dell’imbottigliamento, osservano gli esperti, rappresenta un problema in rapido aumento, non solo per quanto riguarda l’incremento dei rifiuti di plastica, ma anche a causa della carenza di regolamentazione relativa alla produzione e alla vendita delle bottiglie di acqua.

Questi fattori, sottolineano gli esperti, possono minare il raggiungimento dell’obiettivo chiave dello sviluppo sostenibile associato alla possibilità di tutti di beneficiare di acqua sicura. In soli 50 anni, spiegano gli autori, l’acqua in bottiglia è diventata un comparto economico essenzialmente autonomo.

Solamente tra il 2010 e il 2020, in effetti, si riscontra un incremento del 73 per cento nel settore, e si prevede un raddoppiamento delle vendite entro la fine del decennio. “L’espansione dell’industria dell’acqua in bottiglia – sostiene Kaveh Madani, direttore dell’UNU-INWEH – non è allineata strategicamente con l’obiettivo di fornire l’accesso all’acqua potabile, anzi tende a rallentare i progressi globali in tal senso, reindirizzando gli sforzi di sostenibilita’ verso un’alternativa meno affidabile e meno conveniente per i consumatori, e altamente redditizia per i produttori”.

La scelta di bere acqua in bottiglie di plastica

L’accesso globale all’acqua potabile
Secondo il rapporto, garantire l’accesso all’acqua potabile per due miliardi di persone attualmente sprovviste richiederebbe un investimento annuale inferiore alla meta’ dei 270 miliardi dollari attualmente spesi ogni anno per l’acqua in bottiglia.

“Si tratta di un caso globale di estrema ingiustizia sociale – commenta Madani – miliardi di persone in tutto il mondo non hanno la possibilitaà di usufruire di servizi idrici affidabili mentre altri godono del lusso dell’acqua”.

Nell’Emisfero boreale, rilevano gli esperti, l’acqua in bottiglia viene spesso percepita come un prodotto più sano dell’alternativa al rubinetto. Nelle regioni più meridionali, invece, le vendite di questo bene sono fortemente guidate dalla carenza di infrastrutture affidabili.

I rischi intorno all’acqua in bottiglia
Secondo i dati del gruppo di ricerca, i cittadini dell’Asia-Pacifico rappresentano i maggiori consumatori di acqua in bottiglia, seguiti da nordamericani ed europei. “In alcuni paesi – sostiene Zeineb Bouhlel, dell’UNU-INWEH – l’acqua corrente può essere di buona qualità, ma è necessario ripristinare la fiducia dei consumatori nei confronti di questa preziosa fonte idrica.

Al contrario, non tutte le bottiglie rappresentano un’alternativa sicura. I processi di trattamento, la fonte dell’acqua, l’imballaggio e le condizioni di conservazione possono infatti alterare la qualità del prodotto commercializzato. In alcuni casi abbiamo rilevato la presenza di contaminazioni inorganiche, organiche e microbiologiche“.

La composizione minerale dell’acqua in bottiglia può quindi variare in modo significativo tra le varie marche e persino all’interno dello stesso lotto. I ricercatori elencano esempi di contaminazione osservati in tutti i tipi di acqua in bottiglia. Le aziende produttrici, spiegano gli studiosi, vengono generalmente sottoposte a controlli meno rigidi rispetto ai servizi idrici pubblici.

Bottiglie di plastica su un rullo di un supermercato

L’impatto sull’ambiente
Per quanto riguarda gli impatti ambientali del settore, gli studiosi sottolineano che le conseguenze potrebbero essere significative, ma la carenza di dati in tal senso rende complessa l’elaborazione di stime precise. Negli Stati Uniti, riportano gli scienziati, Nestle’ Waters estrae circa tre milioni di litri al giorno dalla sorgente Florida Springs.

In Francia Danone raccoglie fino a dieci milioni di litri giornalieri da Evian-les-Bains nelle Alpi francesi, mentre in Cina l’Hangzhou Wahaha Group ottiene fino a 12 milioni di litri dalle sorgenti dei monti Changbai. Da ultimo, gli autori affrontano il problema dell’inquinamento, e, secondo le stime del rapporto, l’industria dell’imbottigliamento dell’acqua nel 2021 ha prodotto circa 600 miliardi di bottiglie e contenitori, l’85 per cento dei quali non sono stati riciclati e hanno raggiunto le discariche. “L’acqua in bottiglia non è ben regolamentata – conferma Vladimir Smakhtin, ex direttore dell’UNU-INWEH – e viene testata meno frequentemente e attraverso parametri diversi rispetto agli standard di qualita’ necessari alla fornitura di acqua corrente. Per questo è fondamentale rafforzare la legislazione relativa all’industria dell’acqua in bottiglia”. 

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I lati oscuri dell’acqua in bottiglia ultima modifica: 2023-05-14T03:25:00+02:00 da GognaBlog

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4 pensieri su “I lati oscuri dell’acqua in bottiglia”

  1. 3, non mi è chiaro se l’acqua all’arsenico di dove abita Lei sia quella dell’acquedotto????? Voglio sperare che no
    Si, è vero, a volte quella del “sindaco” sa di cloro, però di sicuro è potabile con analisi quotidiane. Storco il naso volentieri al gusto se risparmio co2 per il trasporto, per l’inquinamento della plastica e per non arrichire i soliti noti ed anche, perché no, per una questione etica che mi fa ritenere l’acqua un bene comune. E l’indotto che prospera attorno al mercato dell’acqua….pace, troveranno altro da fare

  2. Non c’è più niente di normale in questo mondo. L’acqua degli acquedotti in genere sa di cloro e quindi non piace. E’ tutto un sistema sbagliato difficile/impossibile da correggere.  L’acqua dove abito (in montagna) non sa di cloro ma è ricca di arsenico, un componente che non sembra faccia proprio bene… Nei paesi poveri del Terzo Mondo anche i poveri cercano di concedersi il lusso dell’acqua in bottiglia per non infettarsi. Nessuno sembra volersi rendere conto che il “Conto alla rovescia” di Weisman è iniziato da tempo…Personalmente bevo due bicchieri di acqua di Fiuggi a digiuno ogni mattina (bottiglie in vetro a perdere)  ed evito così  di rovinarmi lo stomaco con pillole varie  antireflusso. Si salvi chi può!

  3. Un argomento che l’articolo non considera riguarda gli spostamenti cui sono soggette queste acque dall’imbottigliamento al consumatore, con il relativo inquinamento che questo comporta: c’è acqua che da qui va a finire negli alberghi extra lusso della Cina, ma vi pare normale?

  4. Il settore delle acque cosiddette “minerali”, commercializzate in bottiglia (tra l’altro con TIR che ne trasportano vagonate da Sud a Nord e viceversa), è una delle più evidenti forme dell’anomalia del capitalismo affaristico.  L’acqua è la “base” della vita, senza di lei non ci sarebbe nessun essere vivente sulla terra. Dovrebbe quindi essere di libero accesso a tutti, anche nel caso di acque “particolari” come quelle delle fonti blasonate. Invece abbiamo costruito un monopolio a fronte di concessioni che corrispondono a entrate per lo Stato (che poi tali entrate siano o meno equilibrate è tutto da discutere). Il fenomeno non è solo italiano, ma da noi diventa particolarmente grave per l’abbondante spreco di acqua pubblica (perdite negli acquedotti, disservizi ecc). Anche se si tratta di acqua, il sistema è un “magna magna”. E’ colpa degli imprenditori che approfittano oltre ogni ragione della situazione, ma è anche colpa dell’amministrazione pubblica che, strutturalmente, preferisce dare in concessione a fronte di un incasso “certo”. Se non smontiamo questo modello, inutile fare migliaia di proteste e perfino i referendum, che da soli non cambieranno la situazione.

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