I Quattromila: l’aria sottile “de noantri”

I Quattromila: l’aria sottile de noantri
di Carlo Crovella

Mi è spesso capitato di affermare che io amo la montagna “da zero a 4800”. Si tratta di un gioco di parole con il titolo del celebre libro di Kurt Diemberger, Da zero a 8000. Noblesse oblige: il suo limite superiore coincideva con i giganti della terra, il mio, più modestamente, con la cima del Monte Bianco. Non male, però: amo la montagna dal livello del mare alla massima vetta delle Alpi. Il mio raggio d’azione spazia dalle Calanques marsigliesi fino alle creste sferzate dal vento gelido.

Tutto mi piace e tutto mi coinvolge della montagna. La mia preferenza per la diversificazione mi ha distolto, nei decenni di attività, dall’idea di concentrarmi su uno specifico segmento di attività e di paesaggio. Personalmente preferisco così, ho sperimentato un po’ di tutto, dal sapore del sale marino fino alle rocce verglassate, lassù in quota. Non rinnego nulla.

È indubbio, però, che l’aria sottile dei Quattromila abbia un fascino molto particolare. Chi non si reca in Himalaya (per pigrizia, scarsità di tempo o limiti di budget) trova nei Quattromila alpini una versione “de noantri” dell’aria sottile. I Quattromila non sono soltanto degli Ottomila in miniatura, ma qualcosa di particolare e di inusitato: anche loro regalano una bella dose di incertezza, di rischi e di avventura.

Nell’andar in montagna il prezzo da pagare è la gestione del rischio. Intendiamoci, tutta la montagna è insidiosa: dalla falesia di Cala di Luna fino alla Via Major del Monte Bianco, l’intoppo è sempre dietro l’angolo. Io sono della scuola di pensiero per cui la testa deve agire prima della pancia e delle gambe. Vale per la falesia, vale per lo scialpinismo e vale, a maggior ragione, per le alte quote alpine, dove l’isolamento, le condizioni meteo, la stanchezza rendono ogni intoppo più grave e pericoloso. Non ci sono norme di legge che regolano l’accesso ai Quattromila (o, almeno, non ci sono “ancora”…): per ora si tratta di norme di buone senso, di esperienza e di pacatezza alpinistica. Giungere in vetta sapendo gestire i rischi, questo l’assioma di fondo. Saper quando tornare indietro è fondamentale, ma sapersi preparare lo è ancora di più. Più sei preparato e più tieni in mano le redini della situazione.

Sentiamo cosa ci raccontano due “volpi d’alta quota” in merito alla preparazione delle loro scorribande sui Quattromila: c’è sempre da imparare. Queste “volpi d’alta quota”, Alberto Cucatto e Vittorio Calvetti, sono coinvolti nell’attuale Direttivo del Club4000.

Il Club4000, nato nei primi anni Novanta su iniziativa dei torinesi Luciano Ratto e Roberto Bianco, ora fa parte istituzionalmente del CAI Torino. Tuttavia non coinvolge solo i soci della sezione subalpina, anzi. Infatti il Club4000 riunisce tutti gli alpinisti, anche stranieri (perfino di nazionalità extra europea), che abbiano salito almeno 30 delle 82 vette comprese nell’elenco ufficiale UIAA dei Quattromila. Allo stato attuale i soci del Club4000 si avvicinano alle 600 unità e una cinquantina di loro ha salito tutti i Quattromila. Probabilmente qualcuno sta già percorrendo il secondo giro.

Il Club4000 si rivela quindi un importantissimo polo di aggregazione (sia operativa che culturale) e di scambio di informazione per gli appassionati dell’aria sottile de noantri. Per info: https://club4000.club/

Come si prepara un Quattromila?
a cura di Vittorio Calvetti e Alberto Cucatto (Direttivo di Club4000)
(pubblicato su club4000.it il 31 agosto 2022)

Come si prepara l’ascesa ad una vetta di 4000 m? Ovviamente ognuno ha le proprie abitudini, il proprio modo di vivere la montagna. A questo riguardo, abbiamo posto una serie di domande a due consiglieri del Club 4000, Vittorio Calvetti e Alberto Cucatto. Vediamo le loro risposte!

Quale tipo di preparazione atletica?
Vittorio: 1/2 volte a settimana corsa oppure camminata in salita (per chi ne ha la possibilità) e 1/2 volte a settimana arrampicata in palestra. I weekend ovviamente in montagna alternando l’attività a seconda della stagione e del meteo. Infine l’alimentazione è un aspetto da curare con un minimo di attenzione.

Alberto: Come preparazione atletica ho prevalentemente praticato la corsa a piedi, spesso in salita. Scelta dettata in primo luogo da comodità ed efficacia: richiede attrezzatura minima, si può andare ovunque, anche partendo direttamente da casa, a qualunque ora, da soli o in compagnia e richiede poco tempo. Un’ora di corsa 2-3 volte a settimana è sufficiente a raggiungere un buon livello di resistenza di fondo, quanto meno per ascensioni non eccessivamente lunghe. Per le grandi salite, è importante abituarsi gradualmente a sforzi decisamente più prolungati, ripetuti per 2-3 giorni consecutivi, quindi con brevi recuperi, talora in luoghi scomodi. Per questo mi sono allenato andando in montagna in tutte le stagioni: scialpinismo in inverno e primavera, alpinismo prevalentemente in estate.

Zaino, le cose che porti sempre con te… e in caso di bivacco
Vittorio: telo termico, piumino, 2/3 paia di guanti, giacca in goretex, pile, maglia di ricambio, crema solare, occhiali cat. 4, buff, cappello pesante, qualche medicinale (moment/brufen/aspirina) e mini kit di pronto soccorso. il bivacco all’aperto ancora mi manca 😊

Alberto: Indumenti variabili secondo quota e stagione, ricordando che, in alta quota la temperatura può scendere molto rapidamente e si può trovare molto freddo anche in piena estate. Da tenere presente anche l’effetto del vento (wind chill), tanto più comune quanto più si sale di quota. Giacca a vento, pile caldo e/o piumino leggero non devono quindi mai mancare per una salita sui 4000, oltre a berretto, guanti e sovra guanti (leggeri ma molto utili, soprattutto in caso di vento). Opportuno mantenere qualche indumento asciutto di riserva nello zaino. Sacco da bivacco (o almeno telo termico) indispensabili in caso di imprevisti e permanenza più prolungata… In caso di salite lunghe e complesse, oppure di incidente, anche lieve, non è così remota la possibilità di trascorrere una notte all’addiaccio ed è pertanto opportuno avere con sé il minimo indispensabile di cibo e indumenti per uscirne indenni. Per quanto riguarda il bivacco, quando previsto, ho sempre portato sacco a pelo e materassino isolante (ottimo anche il semplice pluriball per imballaggi) … Indubbiamente nello zaino si fanno sentire, in compenso consentono di trascorrere una notte decisamente più confortevole. Normalmente tengo nello zaino un minimo di attrezzatura di pronto soccorso e qualche aspirina, utile in alta quota come fluidificante del sangue e in caso di mal di testa.

Quali siti meteo consulti, e quanto prima decidi che la gita in programma è realmente possibile farla?
Vittorio: In genere attendo 2 giorni prima di confermare la gita, i meteo che consulto sono: Meteoblu, Mountain Forecast e a seconda del luogo della gita 3b, nimbus, Meteofrance, meteonews e meteo svizzera.

Alberto: Di solito, secondo la zona interessata, ARPA Piemonte / Valle d’Aosta, Meteo France e Meteo Svizzera. Sono piuttosto tradizionalista, cresciuto ai tempi del Colonnello Bernacca, preferisco vedere una mappa meteo e leggere un bollettino che descriva la situazione, piuttosto che le finestrelle pronte all’uso che vanno molto di moda… In tempi più recenti anche Meteoblue per i meteogrammi. Decido che si può partire per una salita impegnativa 1-2 giorni prima, quando la previsione ha un elevato livello di affidabilità. In casi dubbi cerco, di tenermi un buon margine e scelgo vie normali, o comunque itinerari da cui si può tornare indietro facilmente e rapidamente.

Vittorio Calvetti

Per quanto tempo prima monitori la zona in cui effettuerai la salita?
Vittorio: Se è una gita di scialpinismo almeno una settimana prima per capire l’eventuale apporto di neve fresca, l’azione del vento e le temperature mentre per una gita alpinistica 4-5 gg prima.

Alberto: Dipende molto dal tipo di salita e dalle condizioni del momento… che possono cambiare anche rapidamente, da un giorno all’altro, per esempio in caso di nevicata… Quindi non troppo tempo prima.

Quanto la velocità del vento prevista incide sulla decisione di intraprendere una gita?
Vittorio: Incide moltissimo! In primis dipende dalla tipologia di gita, se una gita su cresta posso tollerare vento fino a 40 kmh monitorando le temperature (wind chill) mentre una gita ‘facile’ su ghiacciaio fino a 60 kmh ma la decisione è soggettiva.

Alberto: Anche questo dipende molto dal tipo di salita…. Se si svolge in prevalenza su un versante sottovento i problemi sono evidentemente molto minori che su una cresta affilata e pienamente esposta al vento.

Acqua e cibo, barrette, gel energetici, o cioccolato e parmigiano?
Vittorio: Acqua (in certe gite molto lunghe/faticose anche una bottiglietta di coca cola), un paio di barrette, frutta secca, gel energetico, parmigiano, qualche caramella gelè.

Alberto: Indubbiamente prediligo pane (o taralli, che negli ultimi anni non mancano mai nel mio zaino), biscotti, cioccolato e parmigiano. Frutta secca, a volte barrette… I gel energetici li tengo per le grandi occasioni, quando so che potrei arrivare a “salivazione zero” e a dover ricorrere alle “riserve strategiche”… Quelli hanno l’indubbio vantaggio di andare sempre giù e dare un po’ di carica veloce. Normalmente non ho gran voglia di mangiare durante sforzi prolungati, soprattutto in alta quota, anche per questo, più che l’aspetto tecnico seguo il gusto personale, scegliendo qualcosa che mi piace e mangio volentieri. Fermo restando che, prima e durante, lo sforzo considero fondamentali i carboidrati, più che gli zuccheri semplici, che danno una carica rapida ma di breve durata. Importanti i sali di magnesio e potassio, soprattutto in caso di permanenza in montagna per più di un giorno e di uso di acqua di fusione, particolarmente povera di minerali.

Alberto Cucatto

Attrezzatura porto tutto, non si sa mai, o il minimo indispensabile per viaggiare il più leggeri possibile?
Vittorio: Ormai si punta ad essere il più leggeri e veloci possibili, in montagna essere veloci è anche sinonimo di sicurezza ma qualora ci si vada ad imbattere in condizioni diverse dal normale (es. ghiaccio) ci si può trovare in difficoltà. Purtroppo è difficile rispondere, anche in questo caso è da valutare in base alla difficoltà e/o lunghezza della gita scelta.

Alberto: Il segreto è portare tutto ciò che servirà e nulla che non servirà… Ovvio! Tuttavia la scelta non è facile e trovare qualche compromesso è inevitabile. Come già detto a proposito dello zaino, meglio qualcosa in più che in meno, ma anche essere più leggeri e veloci può essere fonte di maggiore sicurezza.

Situazioni difficili, atteggiamento mentale e atteggiamento con i compagni di cordata
Vittorio: Bisogna restare calmi e lucidi, certo non è facile in certe situazioni e soprattutto dipende dal carattere della persona. Se si è in un momento di tensione o di paura bisogna cercare di tranquillizzare i compagni di cordata, anche se siamo noi stessi i primi ad essere agitati.

Alberto: Di solito riesco abbastanza a mantenere la calma e cerco ragionare sulla situazione, concentrandomi ad affrontare un passo alla volta, per tentare di risolvere una situazione lunga e complessa in una serie di passaggi più semplici e di successivi obiettivi intermedi da raggiungere. Con i compagni di cordata un buon affiatamento e fiducia reciproca sono molto importanti, ancora di più in situazioni difficili… Se sono con compagni più inesperti cerco di essere rassicurante, di apparire anche più tranquillo di quanto magari lo sia in realtà…

Alberto Cucatto

I compagni di cordata: sconosciuti incontrati sui social, allievi o clienti, soci di provata esperienza…
Vittorio: tendenzialmente sono compagni di cordata abituali, è capitato di effettuare salite con persone nuove ma sempre su gite poco impegnative, anche come modo per conoscersi. Nelle salite impegnative sono sempre andato con persone di pari livello/esperienza oppure con compagni più bravi, che sicuramente infondono maggiore sicurezza. Ricordo ancora le prime gite effettuate con un amico conosciuto sui social ed è stato sicuramente il momento più bello perché per entrambi erano le prime gite in alta quota nelle quali abbiamo condiviso forti emozioni.

Alberto: Nella maggior parte dei casi i miei compagni di cordata abituali sono innanzitutto amici, o lo sono divenuti condividendo questa passione. Persone con cui sto bene e condivido volentieri tempo libero ed esperienze intense. Per le salite più impegnative, necessariamente si impone una scelta più selettiva, secondo le capacità e l’esperienza. Mi piace indubbiamente andare con qualcuno più bravo di me: ci si sente più sicuri e protetti, si ha sempre qualcosa da imparare e si può osare qualcosa di più. Tuttavia molti dei miei ricordi più belli sono legati a compagni di livello paragonabile al mio, con cui siamo anche un po’ cresciuti insieme come alpinisti, condividendo sogni e progetti e diventando buoni amici. Frequenti anche i casi di allievi o ex allievi, per i quali sono stato un punto di riferimento e, in alcuni casi, hanno anche superato il “maestro”.

Monte Bianco con gli sci dai Grands Mulets, maggio 1982. A destra, Carlo Crovella.

Acclimatamento, cosa ne pensi?
Vittorio: Un discorso un po’ personale in quanto il fisico di ogni persona reagisce in modo diverso. Nel mio caso alla prima gita in quota non sto mai bene (mal di testa/nausea) quindi se ho in previsione una gita lunga o impegnativa tecnicamente cerco di fare un giro di acclimatamento sul Monte Rosa la settimana precedente (o se possibile qualche giorno prima). Nel resto della stagione, effettuando numerose gite sopra i 3000 m, l’acclimatamento in parte rimane e nel momento in cui vado ad affrontare una gita sopra i 4000 m il fisico tendenzialmente reagisce abbastanza bene.

Alberto: Per le salite sui 4000 non ho mai fatto particolare acclimatamento. Il mal di montagna è abbastanza soggettivo e difficilmente prevedibile. Mi è capitato qualche volta di avere mal di testa, nausea, e spossatezza, più di frequente dopo rapide salite in quota con funivia, ma non necessariamente alla prima salita della stagione. Ho comunque spesso notato di sentirmi decisamente più in forma dal secondo-terzo giorno di permanenza oltre i 3500, tutto sommato è questa la mia condizione che considero ottimale, sebbene abbia fatto la maggior parte delle salite sui 4000 in un giorno e mezzo o due.

Luciano Ratto

Orientamento: cartina e bussola, gps, tracce, istinto…
Vittorio: L’opzione migliore è sapersi orientare con cartina e bussola, ma ammetto di non esserne così capace. Scarico sempre la traccia gps sul cellulare quando la trovo altrimenti uso la mappa (sempre su cellulare) per avere un minimo di riferimento della zona; salvo una o più relazioni della salita ed anche delle foto con il tracciato. Tuttavia bisogna fare attenzione ad utilizzare le tracce gps trovate su internet, queste potrebbero non essere aggiornate in quanto nel corso degli anni alcune vie di salita hanno subito variazioni dovute, ahimè, ai cambiamenti climatici. Infine una buona dose di istinto, che si accumula col tempo e l’esperienza, può essere d’aiuto!

Alberto: Avendo una certa età, mi sono ovviamente abituato ad usare carte, altimetro e bussola… Il gps può essere di grande aiuto in certe situazioni, ma preferisco non abusarne e tenerlo di riserva, eventualmente registrando la traccia, da seguire in caso di dietro front. Tra l’altro il gps è poco utile su terreno molto ripido, pareti, creste, ecc… Ho sempre letto relazioni degli itinerari prima di percorrerli ma, per scelta, non ho mai caricato preventivamente tracce gps da seguire. Preferisco immergermi nell’ambiente e seguire le tracce presenti (umane o di animali), il senso dell’itinerario, il mio istinto… tenendo conto che è anche possibile sbagliare, ma anche questo fa parte del gioco. Per dirla con le parole di Primo Levi, nel racconto sul Ferro del Sistema Periodico, non voglio rinunciare del tutto al rischio, o all’opportunità, di “mangiare la carne dell’orso”…, che è il sapore di essere forti e liberi, liberi anche di sbagliare, e padroni del proprio destino

Preparazione dell’itinerario
Vittorio: Una volta scelta la gita vado a leggere numerose relazioni sui diversi siti (gulliver, camptocamp, gipfelbuch, ecc) per trarre informazioni più utili possibili. Scarico la traccia gpx (quando possibile), salvo una o più relazioni dettagliate e qualche foto. Cerco info di salite recenti per capire le condizioni dell’itinerario e chiamo il rifugio, dopodichè tengo monitorato fino al giorno precedente la gita sia le condizioni meteo che le condizioni della salita.

Alberto: Più o meno complessa, secondo il tipo di itinerario. Innanzitutto leggendo relazioni, un tempo tratte esclusivamente da libri e riviste, nonché da tradizione orale… Ora, nell’era di internet, è tutto più facile, a volte se ne trovano anche troppe e non sempre attendibili… Molto utili comunque quando consentono di trovare notizie aggiornate. Ho abitualmente chiesto informazioni anche a guide e gestori di rifugi prima di salite complesse o in caso di dubbi sulle condizioni.

Roberto Bianco

Motivazioni
Vittorio: Una delle mie prime gite fu il Rocciamelone 3538 m, una cima escursionistica super frequentata, di cui rimasi affascinato per il panorama che vidi da quella ‘quota’ così come quella distesa bianca (ghiacciaio, ormai inesistente) che non pensavo potesse esistere ad agosto… inoltre ricordo che pur non essendo un tipo sportivo salii in tempi relativamente brevi e fu anche questo che mi fece scattare la voglia di andare in montagna sempre più spesso, come se mi sentissi portato. E così a maggio del 2016 grazie ad alcuni amici feci la mia prima gita a 4000 m, il classico Breithorn Occidentale, che mi lasciò letteralmente a bocca aperta per la tipologia di ambiente a cui non ero abituato soprattutto fisicamente (nausea e mal di testa sopraggiunsero in tempi brevi). Tuttavia questo mi spronò ancora di più a salire più in alto…curioso sia di ammirare il panorama sia, anche se può sembrar strano, di capire come avrebbe reagito il mio fisico… Detto fatto a settembre partii e 5 gg dopo ero in cima al Kilimangiaro, esperienza interessante però mancava qualcosa…la neve ed i ghiacciai! L’anno successivo alzai leggermente l’asticella e scalai l’Island Peak 6180 m in Nepal…esperienza sublime seppur il fiato dimezzato mi fece patire non poco. Decisi allora di non tentare cime a quote superiori anche per i costi delle spedizioni abbastanza onerosi e iniziai a salire diversi 4000, l’estate per me divenne sinonimo di alta montagna. Poi fortunatamente decisi di imparare a sciare e si aprì un mondo, poter effettuare gite in quota già in primavera e continuare addirittura fino a fine giugno in più divertendosi in discesa (beh, oltre un anno dopo aver imparato) fu semplicemente fantastico! Oggi pensare di salire alcuni 4000 (ad esempio in Oberland) a piedi per me sarebbe inconcepibile eheh Senza dilungarmi troppo, con queste premesse iniziai a dedicarmi alle salite dei 4000 anche curioso di vedere posti nuovi…arrivando oggi ad averne saliti 45. Non mi sono posto l’obiettivo di salirli tutti, soprattutto per le capacità tecniche necessarie non alla mia portata, oltre a condizioni rese sempre più difficili dal cambiamento climatico… mi accontenterei di arrivare a 50 e poi chissà, magari tornare su qualche montagna di 5000 o 6000 m 😊

Alberto: Mi ricordo montagne bianche e i sogni di un bambino… Inizio con la parafrasi di una nota canzone degli anni ‘70, quando ero bambino… Già allora mi sentivo attratto dalle montagne e ho provato naturale, quasi istintivo, il desiderio di salirle. Inoltre ho sempre amato la neve (e lo sci, che, da quando ho iniziato a sciare, è sempre stato il mio sport preferito). Ricordo che quando a Torino una bella nevicata (non troppo rara ai tempi) si trasformava in pioggia, provavo un forte senso di delusione, tristezza, persino di rabbia… Ma in montagna non capitava quasi mai, quanto meno non in pieno inverno, quando trovavo un bianco mondo incantato e la neve era di solito così asciutta che difficilmente si riusciva a fare palle e pupazzi di neve (e questo però un po’ mi spiaceva). Le mie prime visioni ravvicinate dell’alta montagna sono state il Monte Rosa e il Cervino: sono rimasto quasi estasiato da quelle grandi montagne coperte di neve scintillante al sole anche in piena estate… Raggiungerle è stato subito un mio grande sogno. I primi libri di montagna che ho letto, ancora bambino, sono quelli di Walter Bonatti, che è rimasto un mio mito, e ho presto sognato di diventare un alpinista. Desideroso innanzi tutto di salire lassù fra le bianche cime, di nevi eterne immacolate al sol, piuttosto che le vie di grande difficoltà, che ritenevo riservate a una categoria speciale di superuomini, come il mio Mito e pochi altri. A scuola, sui libri di geografia, si studiava che la quota delle nevi perenni sulle Alpi era attorno a 2800 m… Ed era davvero così, da 3000 in su i ghiacciai erano bianchi, sempre! Stefano De Benedetti e altri sciatori estremi scendevano in sci le grandi pareti glaciali anche ad agosto… Naturale che, in seguito, quando ho iniziato a praticare l’alpinismo, abbia presto accarezzato l’idea di salire, prima o poi, tutti i 4000 delle Alpi. Purtroppo con il riscaldamento climatico degli ultimi trenta anni, e ancor peggio in questa estate allucinante e senza fine, quel mondo incantato è stato deturpato, svilito… In 30 anni pare sia trascorsa un’era geologica, come se la Montagna, questo simbolo dell’Assoluto, fosse invecchiata e decaduta molto più rapidamente di noi e i tempi geologici fossero divenuti più brevi di quelli umani… Incredibile! Di conseguenza sono anche notevolmente aumentati i pericoli oggettivi, come ci ricorda quotidianamente la cronaca di questi giorni: ghiacciai che si squagliano e collassano, frane causate dall’instabilità del terreno rimasto scoperto da neve e ghiaccio e dalla fusione permafrost, canali o pendii fino a pochi anni fa perennemente innevati o ghiacciati sono ora cumuli di detriti pericolanti, numerosi itinerari classici sono divenuti impercorribili o hanno cambiato drasticamente volto… Ci troviamo di fronte a una situazione mai vista prima, quanto meno da quando esiste l’alpinismo. Ricordo per esempio la prima estate in cui avevo in progetto di andare sul Cervino, caratterizzata da lunghi periodi di tempo instabile e piuttosto freddo, il Cervino è rimasto sempre molto innevato fino a fine agosto e le guide ne sconsigliavano la salita, in quanto si rendevano necessari i ramponi per tutto il percorso, da sotto la Testa del Leone fino alla vetta… Credo che nessuno potesse allora immaginare che, meno di 20 anni dopo, la salita al Cervino, per la prima volta, sarebbe stata fortemente sconsigliata, se non vietata, a causa dell’eccesso di “bel tempo” e di caldo, tanto più considerando che si tratta di una salita quasi interamente su roccia. Nel 2003, già a inizio luglio, ho salito e sceso la cresta del Leone, completamente asciutta: pareva una cosa eccezionale, un’occasione da non perdere, da sbrigarsi prima che il tempo cambiasse… Ed era davvero così! Il tempo non è cambiato presto, ma dopo una decina di giorni, è caduta una prima una grossa frana sopra la Corda della sveglia, seguita dal crollo della Cheminée… Per la prima volta la normale italiana al Cervino è stata chiusa causa “bel tempo”. Stessa sorte è toccata nei giorni successivi alla cresta dell’Hoernli e al Grand Couloir del Goûter sul Monte Bianco. Tuttavia all’epoca ci si poteva ancora illudere che l’estate del 2003 fosse stata solo un evento eccezionale… Sono riuscito a concludere la salita di tutti i 4000 alpini nel 2012, quando, almeno fino a inizio agosto, si riuscivano ancora a trovare condizioni decenti, non troppo diverse da quelle del passato… Ora la mia motivazione è decisamente calata, non tanto per l’obiettivo raggiunto, quanto per il contesto ambientale così degenerato. Negli ultimi anni ho frequentato l’alta montagna quasi esclusivamente in primavera, con buone condizioni di innevamento, prima che emergano gli infiniti sfasciumi, ogni anno più estesi, che mi danno la triste sensazione di vagare tra le macerie di un mondo perduto. Non mi è passata la passione per la montagna, ma in estate prediligo arrampicate su roccia, escursionismo e giri in bicicletta, a quote più basse, di media montagna, ove i segni della catastrofe climatica non sono (per ora) così evidenti nel paesaggio, se non per le temperature tropicali, a cui ci stiamo abituando…

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I Quattromila: l’aria sottile “de noantri” ultima modifica: 2022-10-28T05:31:00+02:00 da GognaBlog

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