I tecno-entusiasti magnificano l’intelligenza artificiale
(mentre il mondo va a rotoli)
di Sara Gandini e Paolo Bartolini
(pubblicato su ilfattoquotidiano.it il 4 settembre 2023)
Tralasciando momentaneamente le ricadute occupazionali, e l’intensificarsi del controllo sugli umani mediante algoritmi, la questione della cosiddetta “intelligenza” artificiale (e la sua ricezione massmediatica) esemplifica benissimo la componente de-politicizzante insita nel culto delle nuove tecnologie. Mentre il mondo va a rotoli, non passa giorno senza che si innalzi al cielo un’ode alle macchine di ultima generazione.
I tecnoentusiasti – nonostante qualche sfumata preoccupazione avanzata dagli inventori dei nuovi modelli di AI – annunciano sistemi artificiali che saranno sempre più capaci di autonomo apprendimento, gradualmente svincolati dagli input di programmazione degli umani, ecc. Insomma, si prova a minimizzare la sostanziale differenza tra artefatti e umani (assimilando sempre più la vita organica ai funzionamenti artificiali).
La retorica dell’innovazione a ogni costo vuole farci credere che le macchine “intelligenti” potrebbero, un giorno, colmare lo iato che le separa dagli organismi coscienti. Negli ambienti transumanisti da tempo è messa in discussione la differenza tra il vivente e l’artificiale, alimentando così la speranza in una vita “aumentata” (più duratura, performante, efficiente) secondo le attese della nostra era prestazionale. Tuttavia, ed eccoci al punto, a parlare così sono ancora e sempre determinati esseri umani. È abbastanza evidente che l’obiettivo di questa propaganda pro-AI sia quello di far accettare, con stupore e benevolenza, la rottamazione dell’umano in alcune aree strategiche della società: ricerca e sviluppo, produzione, “conoscenza” in senso lato. Una sostituzione operata da tecnologie raffinate e dotate di un’enorme potenza di calcolo. Là dove, sul piano sociale e politico, non sono concessi neppure scostamenti minimi dai diktat del capitalismo neoliberista, il mito delle macchine pensanti, intelligenti, curiose e creative si insinua per affermare che la creatività stessa può esercitarsi solo dentro la cornice data di riferimento: quella del funzionamento utilitaristico e dell’estrazione di plusvalore. Lo slancio utopico verso la giustizia sociale ed ecoclimatica evapora, si tratta di “lasciar fare” al sistema: saprà regolarsi prima o poi, e con l’intelligenza artificiale ci offrirà soluzioni per evitare la catastrofe.
Fantasie buone per rimandare di qualche anno una presa di responsabilità collettiva già notevolmente in ritardo rispetto alle urgenze del presente.
I solerti funzionari del tecno-capitalismo non considerano che le macchine non hanno un corpo, non sono impegnate in situazioni reali dove ne va del senso delle loro azioni, non si organizzano a partire da dinamiche vitali intensive e soprattutto non hanno incontrato come noi il fantasma della propria mortalità (il primo sapere che ci rende pienamente umani).
Sono affascinanti e non di rado utilissime – pensiamo alle tecnologie che aiutano i chirurghi a fare cose straordinarie, persino a distanza – ma che significato può avere magnificarne le doti assimilandole ai processi della vita organica e culturale?
La sensazione è che si voglia presentare come tecnologia dal volto umano una potentissima congerie di funzionamenti messa al servizio esclusivo degli interessi di mercato. Rivendicare, come qui facciamo, la differenza tra vivente e artefatti non deve condurre a demonizzare l’innovazione tecnica e scientifica, quanto piuttosto incoraggiarci a valutare scoperte e nuovi dispositivi alla luce di un criterio di compatibilità con le dinamiche delicate ed ecologiche dell’esistenza su questo pianeta. Siamo dinnanzi, in definitiva, a un grande compito educativo e filosofico per questo nuovo millennio: accompagnare gli umani a un ripensamento consapevole dei loro sogni smisurati di potenza e immortalità, liberando nuove forme di convivenza sapiente e di pensiero critico. Da esse, infatti, dipendono azioni finalizzate al buon vivere, alla ridistribuzione delle ricchezze, al rispetto dell’ambiente, all’ampliamento dei diritti sociali e civili, alla riconversione armonica dell’economia e delle tecnologie in senso ecologico. Perché i problemi complessi richiedono un’intelligenza incarnata e non si riducono mai a una moltitudine, per quanto immensa e sofisticata, di dati da elaborare.
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Marcello, proliferano già CAF, patronati e professionisti privati che offrono servizi di mediazione per far fronte a operazioni online. Siamo già nel pieno del delirio.
Ho impiegato mezz’ora per iscrivermi al sito della Lombardia dedicato alla mobilità (‘sto giro con il mio pandino non posso circolare a Milano), dovendo inserire più volte gli stesi dati e facendo verifiche e fornendo autorizzazioni, come se il mio codice fiscale, o anche solo il mio nome, non racchiudesse già tutte le informazioni del caso.
E anche ieri, in viaggio verso Uk, ho notato che il servizio di riconoscimento (documenti e facciale) è lento.
Ci sono applicazioni di I.A. che hanno dell’ incredibile : un caro amico non vedente inquadra una qualsiasi situazione di interno o esterno col telefonino e ne consegue una descrizione vocale nei dettagli degna di stupore e nota e a lui indispensabile.
Un ottimo impiego della tecnologia ma che mi sembra nel caso dei droni mai sostituirà conoscenze reali del territorio patrimonio di chi vi abita e percorre abitualmente strade ,sentieri , boschi e pareti.
Ovvio che siano un grande e nuovo aiuto e fanno risparmiare eliche più costose ma i problemi del CNSA sono più terreni e umani come si vede risultare da altri articoli sempre legati al tema.
Non preoccupatevi, come si sono inventati i virus per i computer, per poi venderci gli anti-virus, qualcuno inventerà l’ignoranza digitale per riequilibrare tutto quanto.
È come diffondere malattie per vendere vaccini, guerre per vendere armi e ricostruzioni, ecc.
A proposito di macchine, stamattina non sono riuscita ad accedere alla stazione di Cadorna con il benedetto codice digitale.
Per fortuna, un altro passeggero mi ha lasciata passare.
Senza il colloquio con gli umani la nostra vita diverrà più complicata e stressante.
L’intelligence artificielle ?
C’est l’attrappe-nigauds, nouvelle génération !
Se fossi un giornalista, per di più del FQ, sarei piuttosto preoccupato anch’io per tutta questa intelligenza artificiale 🙂