A quasi un anno di distanza da quando GognaBlog se ne è occupato, torna a far parlare di sé il caso Pizzone 2.
Il caso Pizzone 2
(il rilancio degli impianti idroelettrici di pompaggio)
di Fabio Balocco
Molti anni fa, su un muro della Valle Gesso, nelle Alpi Marittime, comparve la scritta “Visitate la valle prima che l’Enel la distrugga”. Magari la previsione era un po’ sopra le righe, ma effettivamente una valle laterale della Valle Gesso fu distrutta dalla società elettrica. Era la Valle della Rovina (nome omen), in cui esisteva già una centrale idroelettrica nel comune di Entracque (la diga della Piastra). Ma ad essa fu aggiunto un nuovo invaso (Lago del Chiotas), e i due laghi furono collegati per creare un impianto di pompaggio. Ma cos’è un impianto di pompaggio? È un impianto idroelettrico che collega appunto due invasi tra i quali l’acqua sale e scende. Di notte sale, viene appunto pompata, all’invaso superiore, di giorno scende e produce energia. Dal punto di vista elettrico un piccolo gioiello, perché si produce energia quando serve, diciamo pure a comando. Dal punto di vista ambientale, un disastro perché lungo l’intero sistema l’ambiente acquatico viene alterato in quanto non vi è mai la stessa quantità d’acqua. Peggio ancora se vengono realizzati dei canali di gronda per aumentare la portata degli invasi, captando acqua da valloni laterali.

Quello che l’Enel avrebbe voluto fare nel Vallone della Rovina e poi non fece anche per la sollevazione dei locali. Le centrali di pompaggio sono rimaste una rarità e quello della Rovina è a tutt’oggi il più potente d’Italia con i suoi 1,3 GW. Ma oggi, si sa, c’è la transizione energetica. Letto altrimenti, c’è il nuovo business del capitalismo rivolto alle energie rinnovabili, ed ecco che le centrali di pompaggio sono tornate di moda. Prendiamo ad esempio la home-page di un colosso energetico come Edison che entusiasticamente afferma: “Edison rafforza l’impegno nella transizione energetica attraverso lo sviluppo dei pompaggi idroelettrici”.
https://www.edison.it/it/pompaggi-idroelettrici
Ed è così che si valuta di collegare impianti esistenti con nuovi invasi e/o condotte. Ed è quello che sta accadendo con Enel Green Power ed il suo progetto Pizzone 2, che interessa una vasta area a cavallo di Abruzzo e Molise. In loco c’è già una centrale idroelettrica che produce energia grazie ad una condotta forzata che scende dal bacino di Montagna Spaccata. Centrale che a sua volta rilascia l’acqua nel bacino inferiore di Castel San Vincenzo, da cui parte un’ulteriore condotta che adduce ad un’altra piccola centrale. Ora l’Enel vorrebbe realizzare in caverna un’altra centrale (Pizzone 2) che pomperebbe l’acqua da Castel San Vincenzo a Montagna Spaccata per poi ridiscendere alla nuova centrale di produzione. Un progetto di grande portata per il quale l’Enel prevede almeno quattro anni di lavori, disboscamento dell’area di cantiere, uno scavo di circa dieci chilometri e sette metri di diametro con relativa produzione di smarino da smaltire, centrale in caverna, più gallerie laterali di accesso e pozzi piezometrici. Il tutto per una produzione di energia pari a circa 164 MW, che si aggiungerebbero alla produzione dell’attuale centrale Pizzone, ma dal totale si dovrebbe detrarre l’energia elettrica necessaria per il pompaggio. Un progetto che causerebbe su una vasta area un grande impatto ambientale e territoriale, ma che appare a maggior ragione inaccettabile in considerazione del fatto che buona parte dei lavori interesserebbero il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, oltre che siti di Natura 2000. Al di là della ferita insanabile, al di là del danno agli ecosistemi acquatici e terrestri, la stessa Enel ammette che, ad esempio, in un mese, nell’area che sarebbe di cantiere, è stato avvistato con fototrappole ben otto volte l’orso marsicano. Il parco ha già respinto il progetto nel 2023. Ma poi l’Enel ne ha parzialmente ridotto l’impatto, ed ora è in sede di VIA presso il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica.
https://va.mite.gov.it/it-IT/Oggetti/Info/9904
Contro il progetto si è formato il coordinamento “No Pizzone II”, ricco di 17 soggetti locali, coordinamento che in data 16 settembre 2024 ha inviato al Ministero una lettera aperta riassumendo le ragioni del no all’impianto.
Che dire? Magari, nel caso, l’impianto non si farà perché ricade in buona parte all’interno di un parco nazionale, con pesanti ricadute sullo stesso. Ma se fosse fuori dall’area protetta? Le energie rinnovabili (ma non pulite) vanno alla grande: pannelli solari a terra, pale eoliche sui crinali, nuovi invasi, non c’è di che essere ottimisti, anche perché la riformulazione dell’art. 9 della Costituzione, che sostanzialmente subordina il paesaggio all’ambiente, agevola i nuovi impianti: per un futuro sostenibile occorre puntare sull’energia rinnovabile.
Intanto il sindaco di Pizzone afferma: “un’amministratore ha il dovere di creare occasioni di sviluppo, questo progetto può portarne, può dare qualche chance ai nostri ragazzi, a chi vuol restare a Pizzone o Castel San Vincenzo.”
Domanda: quante volte abbiamo sentito questa litania in bocca agli amministratori di montagna?
Il parere di Salviamo l’Orso
di Stefano Orlandini (presidente)
Questa pazzia, partorita da un gruppo industriale che si autodefinisce green include la costruzione di circa 10 chilometri di gallerie, nuove strade per servire i cantieri, elettrodotti e deforestazione: per iniziare sarebbero tagliati a raso ben 11 ettari e non saremmo sorpresi se dovessero diventare il doppio o il triplo. Un progetto devastante, i cui stessi elaborati prevedono lo scavo di circa un milione di metri cubi di roccia da trasportare con decine e decine di camion verso i luoghi di deposito in alcune aree limitrofe, una addirittura all’interno del Parco, ovvero sulle montagne delle Mainarde tra Alfedena, Pizzone, Montenero Val Cocchiara e Castel San Vincenzo, al confine tra Abruzzo e Molise, interessando in pieno sia il territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise sia le zone limitrofe dell’area contigua del Parco. Vi lasciamo immaginare – il commento amaro dell’associazione – come diventerebbe la vita nei paesi della zona, piagati dal rumore, dal traffico pesante, dalla polvere dei materiali di scavo.
Un vero inferno destinato a cancellare per sempre ogni possibilità di turismo e sviluppo e a vanificare la fatica e i progetti di tanta gente a cui in anni non troppo lontani si era detto “datevi da fare, imparate dagli abruzzesi. Il turismo vi salverà”. Per dare un’ulteriore idea di cosa stia proponendo ENEL ai molisani che qui vivono, la durata dei cantieri è prevista per 5 anni, ma si è mai visto in Italia un progetto di questa portata completato entro i termini previsti? Non serve uno scienziato per ipotizzare cantieri aperti per almeno 8 anni se non 10. Vogliamo parlare poi di chi beneficerà di questo investimento? Scommettiamo che solo le briciole resteranno in Molise? Un’opera che dopo aver riversato centinaia di milioni di euro nelle tasche dei grandi gruppi di costruzioni non richiederà alcuna manodopera stabile, ma lascerà dietro di sé il deserto ambientale e la rovina di tutte le piccole attività locali.
È tempo quindi che tutti gli abitanti della zona, tutti i molisani e gli abruzzesi e, in generale, tutti coloro i quali nel nostro paese hanno ancora a cuore il destino di questo lembo dell’Appennino si mobilitino e facciano sentire la loro voce, così come si apprestano a fare le comunità di Pizzone e Castel San Vincenzo, e noi saremo al loro fianco.
Legambiente, invece, confermandosi buona “amica” dei grandi gruppi monopolistici dell’energia, con un comunicato volutamente ambiguo non respinge lo scempio previsto, ma anzi lascia la porta aperta alla sua realizzazione, auspicando modifiche che sarebbero solo di facciata, perché un progetto di tale portata o lo si accetta senza curarsi dello stravolgimento dei territori che andrà a impattare o lo si rigetta in toto, così come hanno già fatto la Provincia di Isernia, i Comuni interessati, Il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, tutte le associazioni ambientaliste e alcune forze politiche molisane».
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@ 28 Orlandini
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No , non e’ solo una questione di efficienza energetica , ma se pompare l’acqua di un bacino verso un bacino superiore per immagazzinare energia potenziale conviene , allora si puo’ stimare quanto conviene per trovare soluzioni tecniche alternative.
Ecologicamente la cosa e’ molto nociva.
vedo con sorpresa che è tutto un discutere di efficienza energetica ma a nessuno frega un cazzo di un lembo di Parco nazionale devastato per sempre , di comunità stravolte da anni di lavori pesanti , di imprese turistiche cancellate , di foreste tagliate a raso per far posto a cantieri ed elettrodotti o di specie cacciate dal’unico posto che avevamo lasciato loro …. Complimenti ..
Frequento da anni quelle zone, perché sono posti bellissimi, tranquilli, non massacrati dai turismo del parco. Ci sono 4-5 falesie, il lago, belle montagne con ampie zone pochissimo frequentate, dove gli animali sono perlopiù indisturbati. Pensare che quelle valli possano essere distrutte mi fa male al cuore.
È una zona ai margini del PNALM. Per questo non ancora investita in pieno dal turismo dei parchi, come la vicina Alfedena. Si capisce che è solo questione di tempo. Le strutture turistiche stanno nascendo, i prezzi degli immobili aumentano.
Il sindaco di Pizzone dovrebbe essere più lungimirante (cosa rara per un politico) e capire che dalla distruzione delle sue valli e montagne, Pizzone non riceverà nulla.
Rimarrà solo un luogo, come ce ne sono tanti, violentato e sventrato, anche quando i macchinari avranno smesso di scavare, tagliare, accumulare, edificare
Da anni pensavo di comprare una casetta e andarci a vivere. Ma immagino che come me, chiunque volesse fare investimenti in questa zona, si sia fermato.
Aldilà di queste scelte personali, spero che Castel San Vincenzo, il suo lago, le sue montagne, la valle fiorita, si salvino. Per le generazioni future.
@22:
Per la precisione: non si tratterebbe di “utilizzare eventualmente per autotrazione”, ma piuttosto “esclusivamente”. Un ciclo energetico basato sull’idrogeno avrebbe un senso e una giustificazione solo in questo modo (cioe’ per avere autovetture a inquinamento zero), perche’ per qualsiasi altra concepibile utilizzazione, usare elettricita’ per produrre idrogeno con cui produrre elettricita’ sarebbe peggio che assurdo.
Ci sarebbero, certo, grossi problemi di immagazzinamento e distribuzione. Ma a quanto mi risulta, nessuno pensa a lavorare con idrogeno libero allo stato gassoso o liquido. Si pensa piuttosto a certe sostanze (idruri metallici) in grado di agire come “spugne”, assorbendo e rilasciando l’idrogeno. Pero’ non so a che punto siano le ricerche in questo campo
Sì, l’idrogeno ha anche questa caratteristica di legarsi molto volentieri con l’ossigeno, che rappresenta un aspetto positivo in certi casi ma potrebbe generare fenomeni assai spiacevoli in altri 🙂
“E anche gestire l’idrogeno…nascondo dei problemi di sicurezza non indifferenti”
E questo di diritto entra in lizza per il campionato mondiale dell’understatment! 🙂 🙂 🙂
https://www.youtube.com/results?search_query=hindenburg
Io sono d’accordo con Balsamo , fra buttare un 30 % e buttare tutto : “Pitost che nient , l’è mei pitost..”..E anche gestire l’idrogeno , malgrado sia una cosa che si mette in un serbatoio come la benzina , nascondo dei problemi di sicurezza non indifferenti sia a livello trasporto , che a livello stazione di servizio , che a livello auto..Speriamo che tirino fuori un coniglio dal cilindro !
@14
“l’inefficienza (=bilancio energetico negativo) dei sistemi di pompaggio non è una “presunzione” ma una realtà fisica innegabile”
Ma certo, c’è un preciso principio della termodinamica a ricordarcelo.
Il “presunto” si riferiva all’aggettivo “bassissima” con cui era stata connotata l’efficienza di una centrale di pompaggio. Che non è poi così bassissima.
Interessante l’accenno alla possibile sinergia fra eccessi di produzione e stoccaggio in idrogeno da utilizzare eventualmente anche per autotrazione.
E’ una strada promettente ma (personalmente) la vedo parecchio in salita a causa delle caratteristiche di questo combustibile. Che, pur avendo un contenuto energetico per unità di massa alto (triplo rispetto alla benzina, ad esempio), ha una densità piuttosto bassa (quando in forma gassosa – meglio in forma liquida, ma liquefare l’idrogeno non è uno scherzo).
Dal punto di vista tecnico, l’impiego delle “assurde” batterie è (a oggi) molto, molto più semplice (oltre a consentire efficienze ben superiori all’idrogeno).
@20:
Non sono un ingegnere specializzato, e quindi parlo solo per aver leggiucchiato qualcosa. Comunque, mi risulterebbe che 1) l’inerzia esiste, ma è sopratutto legata all’accensione di centrali spente e solo secondariamente a variazioni nei picchi di potenza, e 2) esistono forti differenze tra le centrali a vapore (ciclo Rankine), a gas (ciclo Brayton-Joule) o a ciclo combinato. Di più non saprei dire.
PS: per cercare analogie in un settore che invece conosco bene: quando le navi erano spinte da turbine a vapore alimentate da caldaie, dall’ordine “accendere i fuochi” al “pronti a muovere” passavano mediamente 2-4 ore, necessarie per portare il vapore alle pressioni di esercizio richieste. Con le attuali turbine a gas, invece, bastano pochi minuti per arrivare ai regimi di rotazione necessari.
Bonsignore:
Oltre a questo, qualcuno mi ha parlato anche di una certa inerzia delle centrali a combustibile, inerzia che innesca un certo ritardo nella risposta alla regolazione dell’energia prodotta (e quindi del consumo).
E’ effettivamente così, oppure è un effetto trascurabile?
@15 Cla:
“la richiesta è tranquillamente soddisfatta dalle centrali che funzionano sempre a pieno regime ( anche a Natale, Pasca e Ppifania come direbbe Totò) e che buttano poichè non vendono la loro energia prodotta quando c’è luce/sole/vento. ”
Forse mi sbaglio, ma credo che non sia proprio così. E’ senz’altro vero che qualsiasi piano energetico degno di questo nome DEVE assolutamente prevedere la copertura totale degli assorbimenti richiesti (più un margine di sicurezza per emergenze) mediante centrali tradizionali; non è cioè possibile fare previsioni del tipo “tot% verrà coperto dall’eolico, tot% dal fotovoltaico” . Quello che succede è che quando le fonti complementari (NON “alternative”, come viene spesso detto) coprono davvero un certo % della richiesta immediata, è possibile ridurre di altrettanto la produzione di energia da parte delle centrali (che non fuzionano certo sempre a pieno regime, salvo quelle nucleari). Questa riduzione si traduce in un certo risparmio di combustibile (carbone, petrolio, gas). Questo risparmio è peraltro inferiore a quanto potrebbe sembrare, perché i gemeratori delle centrali lavorano meglio ad un certo regime di progetto (tipicamente i 3/4 della potenza massima), e se scendono a regimi inferiori l’efficienza complessiva ne risente.
Se così non fosse, e le centrali dovessero davvero funzionare sempre a pieno regime, eolico e fotovoltaico non avrebbero alcuna ragione di esistere.
PS: Mi dispiace per l’insuccesso a funghi. Anche qui da me, quest’anno poco o nulla (di norma, in stagione riempio un surgelatore).
Balsamo : scusa il ritardo, ma ero a far funghi. Ho portato a casa solo castagne!
Expo: il core bussines di Tesla è vendere certificati verdi come produttrice di energia rinnovabile,
Cosa che penso faranno le comunità energetiche che si stanno formando nei comuni, chiedendo un IMU maggiorata a chi ha una casa poco efficiente.
A pensare male spesso ci si azzecca!!!
L’idrogeno avrebbe ottimi atout nel ruolo di “batteria chimica” , e fornirebbe benefit interessanti , come la possibilita’ di produrlo ed accumularlo in grandi quantita’ , usando anche i surplus di energia elettrica.
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L’altra faccia della medaglia e’ che ha un alto pericolo di scoppio e un’efficienza inferiore all’elettrico puro.
I giochi pero’ non si sono ancora chiusi , perche’ molto dipende anche dal luogo in cui deve viaggiare l’auto e dalla disponibilita’ di una rete di distribuzione elettrica piu o meno evoluta.
Toyoda , presidente della Toyota , ritiene che l’idrogeno resti in futuro un’alternativa credibile.
Ottimo Giulio, però mi sembra che hai dimenticato di dire che nei picco di richiesta se fotovoltaico ed eolico non producono per carenza di luce/sole/vento, la richiesta è tranquillamente soddisfatta dalle centrali che funzionano sempre a pieno regime ( anche a Natale, Pasca e Ppifania come direbbe Totò) e che buttano poichè non vendono la loro energia prodotta quando c’è luce/sole/vento. Cioè il fotovoltaico e l’eolico è totalmente ininfluente per coprire il fabbisogno. Per fotovoltaico ed eolico è più remunerativo vendere la potenza installata ( h 24 ) che l’energia prodotta ( poche ore il giorno). Come giustamente dici, c’è chi ha visto lontano dopo il post-incentivi, quando il bussines di vendita certificati verdi e recupero della co2 sarà cosa vecchia. Un buon mago sa che prima o poi il suo trucco verrà scoperto, deve inventarne un altro.
Fine anni ’70 nella centrale di Lanzada/Val Malenco il sistema di pompaggio mi sembra dava rendimenti del 20/25%, potrei sbagliarmi e non so se è ancora in funzione.
@11 Giuseppe Balsamo:
“A questo proposito, trovo interessante il criticare un sistema per la sua (presunta) bassa efficienza e proporre come esempio un sistema con efficienza ancor più bassa: se pompare acqua in un bacino con rendimenti (circa) del 70% è “come bruciare delle banconote per scaldarsi“, ricavare idrogeno per elettrolisi e poi energia elettrica per combustione dell’idrogeno con rendimenti (circa) del 35%, che cos’è? ”
A parte il dettaglio che l’inefficienza (=bilancio energetico negativo) dei sistemi di pompaggio non è una “presunzione” ma una realtà fisica innegabile, ammetto volentieri che la trafila dell’idrogeno sarebbe, di per sè, ancora meno efficiente e in perdita per quanto riguarda il bilancio energetico complessivo. Però avrebbe un senso da due importanti punti di vista:
– L’uso di sistemi di autotrazione (vuoi con motori termici alimentati a idrogeno, o vuoi con motori elettrici alimentali da pile a combustibile) del tutto privi di effetti inquinanti, senza dover ricorrere all’assurdità delle batterie;
– L’utilizzazione degli eccessi di produzione energetica (non solo dalle centrali nucleari, ma anche da fotovoltaico ed eolico), senza dover immaginare improbabili sistemi di accumulo.
@ 12.
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Si , qualcuno mi diceva che il “core business” di Tesla , più che sulle auto bev , è proprio sul cercare di fornire i migliori accumulatori per questa fase tecnologica.
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Ho la sensazione che per ora si prestino ad accumulare e riutilizzare l’energia prodotta da singole abitazioni o piccole comunità energetiche ; non ho idea di quale sia la loro applicabilità tecnico/economica sui vari tipi di impianto.
Ovviamente chi può si è già mosso.
Esempio: https://www.tesla.com/megapack
“l’elettricita’ prodotta con le rinnovabili e con il vento e’ in buona parte concentrata su certe ore della giornata e certi periodi dell’anno”
Ed è proprio questo il motivo del rinnovato interesse verso i sistemi di accumulo, che diventano fondamentali in caso di prevalenza di sorgenti variabili.
Grazie per la risposta, Expo.
Ma soprattutto grazie a Giulio per il suo intervento chiaro e preciso, che auspico abbia contribuito a sfatare qualche mito e precezione avulsa dalla realtà tecnica.
A questo proposito, trovo interessante il criticare un sistema per la sua (presunta) bassa efficienza e proporre come esempio un sistema con efficienza ancor più bassa: se pompare acqua in un bacino con rendimenti (circa) del 70% è “come bruciare delle banconote per scaldarsi“, ricavare idrogeno per elettrolisi e poi energia elettrica per combustione dell’idrogeno con rendimenti (circa) del 35%, che cos’è? 🙂
Questo al di là del caso specifico di Pizzone, su cui andranno operate delle scelte in base a considerazioni che (si spera) non si fermino ai meri aspetti economici e tecnici.
P.S. Cla non pervenuto. Peccato. Sarebbe stato interessante leggere della cosa “molto + macchiavellica“.
@7
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Ciao Balsamo , volevo dire quello che Giulio ha detto dopo con molta piu’ completezza e competenza di me , ma sostanzialmente che l’elettricita’ prodotta con le rinnovabili e con il vento e’ in buona parte concentrata su certe ore della giornata e certi periodi dell’anno , meno facile ed uniforme di una centrale termoelettrica.
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Accumulare enormi quantitativi di energia nelle ore di “picco” per distribuirli nelle ore di calo della domanda , e’ un problema risolto solo in parte
[proseguo dal precedente] In prospettiva, se vogliamo coprire la richiesta complessiva con rinnovabili non programmabili, non posso che ricadere nel caso (b): surplus a mezzogiorno di Ferragosto per alimentare le luci della notte di Natale. Da qui l’interesse per il pompaggio. Ovviamente anche (b) è strettamente connesso a questioni di tipo (a): surplus comporta prezzi stracciati (dimenticando incentivi e tariffe agevolate). Solo la situazione sarebbe capovolta: compro elettricità da fotovoltaico di giorno e rivendo di notte…
Per complicare il discorso il fotovoltaico al momento è invece in parte responsabile della scarsa convenienza del pompaggio oggi: il grosso della sua produzione, infatti, bypassa il mercato (è acquistato dal GSE a costi legati a incentivi e tariffe agevolate) e diminuisce quindi la quantità di energia richiesta al mercato stesso. Siccome la produzione fotovoltaica è notevole in prossimità delle ore diurne di massimo consumo, riduce la richiesta e quindi il PUN di picco (il che non vuol dire che l’energia nel complesso costi di meno: il GSE paga con l’incentivo più del prezzo di mercato e si rifà sugli oneri di sistema delle tariffe al consumo). L’idea è che gli incentivi non potranno essere eterni e quindi ci avviamo ad un revival di ogni sistema di accumulo, e quindi anche del pompaggio che è il sistema di gran lunga più maturo ed affidabile per le grandi potenze/energie.
Bonsignore è coretto, ma descrive lo scenario degli anni ’80 in cui Enel costruiva il grosso degli impianti di pompaggio (Piastra-Chiotas entra in servizio nell’82). Il pompaggio è un sistema di accumulo di energia elettrica (spendo elettricità che la pompa trasforma in energia potenziale dell’acqua in quota, restituisco elettricità alla rete in un seguito rimandando l’acqua in turbina e a valle), e come tale comporta una perdita netta: il rendimento (produzione turbina/spesa pompa) è intorno al 70% (Cla è pessimista…), meno di una batteria al litio, ma molto più del sistema energia elettrica – elettrolizzatore – idrogeno – cella a combustibile – energia elettrica che cita Bonsignore.
L’accumulo, quindi, serve per (a) motivi economici o (b) in presenza di un surplus di energia prodotta che altrimenti butterei. Il motivo economico deriva dalle oscillazioni del prezzo: per ogni ora il prezzo unico nazionale di mercato dell’energia elettrica (PUN, non il prezzo al consumatore…) è il prezzo chiesto dal produttore più costoso che devo coinvolgere per coprire la richiesta. Negli anni ’80 il nucleare importato notturno costava ben meno del 70% del prezzo delle ore di punta, da cui la convenienza economica (cfr. Bonsignore, caso (a)). Oggi i differenziali sono assai inferiori e infatti i sistemi di pompaggio sono largamente sottoutilizzati (Terna offre tutti i dati, come suggerisce Cla). L’interesse nasce in uno scenario più simile a (b) [continua, scusate la prolissità]
@4
Cla, sei proprio sicuro che le centrali di pompaggio abbiano “rendimenti bassissimi ( + o- 20% )“?
Hai un qualche riferimento per questo tuo dato?
Non è che hai confuso il rendimento con le perdite?
@5
Expo, cosa intendi esattamente con l’affermazione che “i contributi di fotovoltaico ed eolico non sono (almeno per il momento) accumulabili”?
Expo: la cosa è molto + macchiavellica
Credo che fotovoltaico ed eolico vadano direttamente in rete ; i loro contributi non sono ne accumulabili ( almeno per il momento ) , ne facilmente prevedibili.
Bonsignore, mi fa piacere che tu abbia chiarito questo meccanismo della produzione e vendita dell’energia cosa che purtroppo non è conosciuta da buona parte dei consumatori. Il meccanismo è perverso, anche se in questo caso ha un briciolo di razionalità : usare l’energia prodotta di notte e non richiesta per pompare acqua nei bacini a monte con rendimenti bassissimi ( + o- 20% ), o altrimenti svenduta ai grandi centri commerciali per tenere le luci accese tutta notte. Mi piacerebbe che tu spiegassi come si inseriscono energia fotovoltaica e eolica in questo meccanismo, perchè li la perversione è assoluta!
Ricordo che i diagrammi della Terna sono visibili a tutti.
Grazie
@ 2) Bonsignore
Proprio cosi’.
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Oltretutto gran parte degli impianti in produzione in Italia funzionano cosi’ , anche quelli termoelettrici.
A parte altre considerazioni, il (ri)pompaggio a monte dell’acqua che alimenta le turbine delle centrali è (sarebbe) di per sè un’assurdità logica, un po’ come bruciare delle banconote per scaldarsi. Per elementari considerazioni di termodinamica sulle quali non starò a seccarvi, il processo è infatti in perdita per definizione: l’energia che si può ottenere rimandando l’acqua giù per le condotte forzate sarà sempre e comunque inferiore a quella necessaria per riportarla nel bacino a monte. Se non fosse così, avremmo imventato il moto perpetuo e le fonti di energia eterne.
La cosa ha un senso solo perché le centrali nucleari non possono essere accese, spente e riaccese tanto facilmente, e quindi continuano a produrre energia anche quando non c’è richiesta di assorbimento (tipicamente di notte). La Francia è quindi disposta a fornirci di notte l’energia in eccesso prodotta dalle sue centrali nucleari a prezzi assolutamente stracciati, che rendono conveniente il ripompaggio. E’ chiaro che in presenza di un qualche ipotetico/sperabile futuro sistema per immagazzinare o altrimenti usare l’energia in eccesso (ad esempio, per ricavare idrogeno per elettrolisi di acqua di mare), il bel giochino si interromperebbe subito.
Il pompaggio a monte dell’acqua semplicemente distrugge cio’ che rimane dei laghi.
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Tutto cio’ mentre il greenwashing ci vende l’energia idroelettrica come “ecologica” , e i politici vendono la mamma per promesse e clientele elettorali.