Il futuro di rifugi e bivacchi

Considerazioni su rifugi e bivacchi di due voci autorevoli, il presidente e il vice-presidente di Cantieri d’alta quota.

Non facciamo scelte affrettate
di Luca Gibello (presidente dell’associazione culturale Cantieri d’alta quota)

Intanto, permettete un paio di annotazioni in forma di premessa. 

1. Non parliamo di guerra, per favore. Lasciando da parte il personale medico e sanitario che fronteggia in modo encomiabile e sacrificale l’emergenza, chi scomoda la metafora della guerra può farlo perché, grazie a Dio, non ha mai avuto la sventura di viverla. (A proposito, a che ora ho la videocall per l’aperitivo via Skype con gli amici?).

2. Montagna magistra vitae. John Muir, padre dell’ambientalismo americano, affermava che «Mai, per quanto stanco, cadrà lungo la via colui che ha avuto la grazia di un giorno di montagna; quale sia il suo destino, lunga o breve la vita che gli è data in sorte, tempestosa o quieta, egli è ricco per sempre». Mi azzardo cioè ad affermare che, tendenzialmente, i veri amanti della montagna (gli alpinisti?) dovrebbero avere qualche buon “strumento” per affrontare la cattività. L’alta quota insegna infatti il senso del limite, della sobrietà, della responsabilità: tutti atteggiamenti utili per vivere con serenità le privazioni imposte dal confino domestico.

Una camerata

Ma veniamo ai rifugi (e ai bivacchi), il cui destino ci sta tanto a cuore. Gli scenari ai tempi della pandemia sono tracciati da Roberto Dini nell’articolo seguente. Qui aggiungiamo qualche considerazione più generale. La rarefazione, che connota nel profondo l’ambiente dell’alta quota (non solo la rarefazione dell’aria, ma anche quella della presenza antropica, vegetale e animale, dei morfemi paesaggistici, ecc.), riguarderà nel futuro prossimo anche l’ambito del rifugio. Con il paradosso che l’unico elemento artificiale in alta quota, concepito come punto di riferimento e aggregazione, che favorisce e implica la concentrazione di persone e attività, ora si deve attrezzare per una loro, almeno parziale, dispersione.

Ricordiamo che, tra le strutture di accoglienza, il rifugio è uno straordinario unicum come modello di socialità, per la condivisione di spazi e funzioni che educano alla convivenza, all’adattamento. Tuttavia, ora, i concetti di “condivisione” e “promiscuità” appaiono quanto di più lontano ed esecrabile rispetto all’idea di separazione e allontanamento implicata dai protocolli dell’emergenza sanitaria.  

Talvolta, capita che non vi sia nulla di più definitivo delle trasformazioni “provvisorie”. Così, prima d’intervenire sullo spazio fisico dei rifugi (tavoloni dei refettori sostituiti da tavolini? cameroni da camerette?), prendiamoci un attimo per riflettere, per non rischiare di buttare il bambino con l’acqua sporca. 

Bene sta facendo il CAI a intervenire tempestivamente nel garantire fondi di solidarietà per rifugi e rifugisti (che, ricordiamolo, di quella passione, che è pur sempre un lavoro, debbono campare): una meritoria quanto doverosa politica di welfare per affrontare un’emergenza che, si spera, sia temporanea.

Infine, esiste un risvolto (positivo) della medaglia? Probabilmente sì. Chissà che le limitazioni di spostamento, gli accessi contingentati e programmati, non favoriscano una ridistribuzione dei flussi. Da un lato, nell’arco temporale: se non siamo pensionati, ora che abbiamo scoperto lo smart working, riusciremo a frequentare la montagna qualche volta anche in settimana, spostando certune incombenze nel week end? Se non abbiamo figli da accompagnare a scuola, possiamo pensare di prenderci qualche giorno di vacanza che non sia a luglio/agosto, tanto tra un po’ – purtroppo – con il cambiamento climatico, potremo salire in alta quota quasi tutto l’anno? Dall’altro lato, nell’arco geografico: limitati negli spostamenti, scopriremo la montagna di prossimità, puntando agli itinerari meno battuti? Perché, dato che qui non parliamo delle strutture comodamente raggiungibili in auto o funivia (per quelle valgano pure le norme da applicare a bar, ristoranti e hotel), al di fuori delle mete iper-inflazionate, la montagna è assai deserta, e molti rifugi non sono overbooking neanche nei fine settimana di agosto. Così, risparmiamoci lo stress per la prenotazione anticipata di settimane o mesi al Goûter, nei rifugi del Monte Rosa o del Gran Paradiso, e “spalmiamoci” nel tempo e nello spazio tra i mille angoli delle nostre meravigliose montagne. Può darsi che, quando a fine anno stileranno il bilancio, alcune strutture remote, nei luoghi e nella nostra immaginazione, riportino addirittura il segno più.

Una camerata

Rifugi e bivacchi alla prova della CoViD-19 convivenza
di Roberto Dini (Istituto di Architettura Montana – Politecnico di Torino
vicepresidente di
Cantieri d’alta quota)

Molti dei frequentatori della montagna ma, soprattutto, molti degli operatori e dei professionisti delle terre alte, si stanno chiedendo oggi cosa succederà la prossima estate e come cambierà il mondo della ricettività d’alta quota durante il periodo della cosiddetta fase 2 dell’emergenza sanitaria. Stiamo infatti vivendo un periodo in cui vengono fortemente messe in discussione anche le modalità di vivere e abitare l’alta quota che, se per alcuni rappresenta un “terreno di gioco” sportivo, culturale o spirituale, per molti altri – guide, gestori di rifugi, operatori turistici, ecc. – è invece luogo di lavoro.

Da un lato la montagna è lo spazio aperto per eccellenza, il luogo dove il distanziamento è reale e l’isolamento è garantito, dove sarà possibile ritrovare momenti di libertà di movimento. Nonostante le distopie cui abbiamo purtroppo assistito in questo periodo (pensiamo alle ignobili scene di caccia ai “furbetti della passeggiata” o ai “runner untori”), tutto il mondo scientifico è unanime nel definire l’ambiente naturale il luogo in cui si può trovare spazio per migliorare il proprio benessere psicofisico senza naturalmente intaccare la salute pubblica. Questo è un nodo importante e un punto di forza significativo per riposizionare la ricettività montana rispetto al mondo del turismo negli anni a venire.

L’interno del bivacco Città di Clusone

Dall’altro lato, per quanto riguarda i luoghi della ricettività, quella che viene messa primariamente in discussione è proprio una delle questioni fondanti dell’abitare in alta montagna, del proprio statuto antropologico, ovvero quella del riparo, della necessità di vivere in spazi ristretti e di fare della prossimità tra le persone uno dei principali modi per ottimizzare spazio, calore, materiali. È nei rifugi e nei bivacchi che risulta ovviamente più difficile praticare quel distanziamento “fisico” (e non “sociale” come si continua erroneamente a scrivere in questo periodo) che è necessario per una corretta prevenzione.

Ad una prima riflessione sul tema, paiono esserci almeno due ordini di provvedimenti che potrebbero essere presi, atti a gestire la necessità di distanziamento fisico tra le persone nei luoghi dell’accoglienza alpina.

Interno di bivacco. Foto: Maurizio Scalvini

Un primo ordine, d’immediata applicazione riguarda quelle azioni “soft” che possono essere prese a livello gestionale per il controllo dei flussi e dell’affluenza nei locali dei rifugi: turnazione per i pranzi e le cene, rarefazione dell’affollamento delle sale da pranzo (tavolate con posti a sedere ridotti) o, come si stanno orientando in questo momento i vertici del CAI, la possibilità di attivare solo il servizio di self service in modo da garantire la preparazione e distribuzione dei pasti che vengono poi consumati all’esterno. Soluzioni che si prestano soprattutto per quelle strutture dedicate in prevalenza al turismo escursionistico di giornata e che possono essere messe in atto nell’immediato.

Più complesso il discorso per quei rifugi di vocazione alpinistica dove il pernottamento non è solo una scelta ma diventa invece necessario per compiere ascensioni o traversate. In questo caso è necessario prevedere anche un adeguamento delle zone notte, anche qui attraverso la rarefazione dei posti letto nelle camere e pensare eventualmente ad una temporanea rilocalizzazione dei posti persi all’interno in strutture temporanee esterne (che permettano quindi il distanziamento tra gli utenti) come ad esempio tende o costruzioni più evolute – ma sempre removibili – che possono garantire una maggiore protezione dalle intemperie (si veda ad esempio la tipologia conosciuta come “stars box” già in uso come offerta alternativa presso alcuni rifugi).

Un secondo ordine di provvedimenti riguarda quelle azioni che invece implicano una modificazione più importante dal punto di vista dello spazio interno: ridefinizione dell’assetto distributivo e dell’accessibilità, compartimentazione delle camerate in locali più piccoli, ad esempio attraverso la realizzazione di pareti divisorie e distanziamento dei posti letto attraverso una loro rilocalizzazione. Questo secondo livello di soluzioni, anche se certamente più invasivo dal punto di vista dello spazio e delle azioni da mettere in campo, va necessariamente preso in considerazione in quanto – al di là della fase 2 dell’emergenza sanitaria in corso – è presumibile che in futuro ci si dovrà adattare ad una convivenza più frequente con questo genere di problematiche. Tra l’altro non è da escludere che vengano altresì introdotte nuove disposizioni legislative in materia, che stabiliranno misure più stringenti per le attività ricettive montane. Tali interventi permetterebbero inoltre di adattare i rifugi anche per la stagione primaverile, quando non è possibile sfruttare in modo complementare lo spazio esterno.

Un altro genere di problematica riguarda il discorso sui bivacchi, in quanto anche in tali strutture la prossimità fisica degli utenti è una condizione palese. Non è possibile chiuderli, perché sono strutture che in ogni caso fungono da ricoveri di emergenza. Probabilmente si dovrà pensare a un sistema temporaneo di “prenotazione” o perlomeno di segnalazione della presenza, che consenta di conoscere preventivamente le condizioni di affollamento. Anche in questo caso, specie per i bivacchi più frequentati, è possibile prevedere l’alloggiamento in strutture temporanee esterne (tende, ecc.) per ridurre la presenza all’interno?

Tipica camera di rifugio

In ogni caso, va detto che sarà bene evitare l’errore di separare gli aspetti gestionali dalla dimensione spaziale di queste problematiche, riducendo e banalizzando il tutto ad una sola questione di controllo dei flussi e di accesso degli utenti. Tutti gli aspetti vanno affrontati all’unisono, lavorando sull’entità rifugio nella sua interezza, per non perdere le peculiarità materiche e sociali che ogni architettura presenta.

Per concludere, lo scenario attuale prefigura dunque un quadro in cui la presenza umana in montagna, e quindi nelle strutture ricettive d’alta quota, diventerà più rarefatta. Ciò significa che, per usare una metafora epidemiologica abusata in questi mesi, sarà necessario spalmare il “picco” di affluenza, generalmente previsto nel ristretto periodo estivo, in un tempo più lungo. Se dunque vogliamo garantire gli stessi numeri di frequentazione del passato dobbiamo immaginare innanzitutto una destagionalizzazione e un allungamento delle aperture (prime settimane di giugno? Fino a ottobre?). Per fare questo è necessario anche immaginare altre forme di ricettività; non limitandosi esclusivamente al “turista” di montagna ma pensando di offrire un servizio di supporto e accoglienza ad altre attività e ad altri frequentatori dell’alta quota (studenti, scolaresche, ricercatori, corsi di formazione, ritiri spirituali, ecc.; osservazione scientifica, controllo ambientale, controllo faunistico, ecc.).

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Il futuro di rifugi e bivacchi ultima modifica: 2020-05-13T05:42:51+02:00 da GognaBlog

69 pensieri su “Il futuro di rifugi e bivacchi”

  1. La considerazione può essere condivisibile, però allora tutti debbono accettare che ciascuno possa esporre le sue idee, sia sul tema montagna che in generale, senza condizionamenti e preclusioni.
    A volte, invece, vi è la tendenza a cassare le idee che non piacciono  come se gli unici “veri” alpinisti (intesi come appassionati di montagna) fossero solo quelli che hanno una visione “je je”. Dai andiamo, corriamo, buttiamoci, abbasso i divieti ecc ecc ecc.
    Ci sono appassionati di montagna che vedono nella montagna la metafora di una vita seria e rigorosa. Hanno diritto sia i primi che anche i secondi a esprimere le loro posizioni con la più ampia liberta’, senza preclusioni, censure e manifestazioni di fastidio da parte degli antagonisti. Ciao!

  2. La montagna è la continuazione della pianura. E come le lumache . . .
    Grazie grazia e buona domenica anche a te!

  3. …e per rispondere a qualche commento: non si può parlare d’alpinismo senza sconfinare nella vita. 
     
    Buona domenica dalla Terra dei Limoni.

  4. @ Commenti 64 e 65. Come per tutti i giochi, a quelli che stanno alle regole del gioco, ogni tanto gli fanno vincere un premio. Dove lo si trova un altro Paese come il nostro, così attento? E intanto il diametro della corda aumenta a 2,1 metri e nessuno ce lo fa notare e pesare realmente. Non è strano? Sembra quasi che ci lascino fare perchè da soli si superi il punto di non ritorno. E allora poi, con quattro soldi, fanno una spesa della madonna e per gli acquistati che non vincono mai nessun premio, sono dolori.

  5. Appunto Paolo. Fanno in grande quello che tanti piccoli fanno in piccolo: intanto portiamo a casa, poi se proprio necessario apriremo il nostro portafoglio. Immagino che avrai visto che più di metà degli avvocati italiani hanno ottenuto il bonus che ora si rinnoverà: senza voler essere qualunquista o accusatorio, mi domando: tutti giovani precari bisognosi di sostegno? Quanto sono affidabili le dichiarazioni IRPEF come criteri di assegnazione? Questo è l’ambiente nel quale dobbiamo sopravvire individualmente, nel bene e nel male. Buon week-end in attesa dell’attuazione del nuovo mantra #liberi quasi tutti e succeda quel che succeda perché bisogna sfangare l’estate al mare e in montagna. Qui in Liguria ci si prepara alacramente all’arrivo dei lombardi/piemontesi, con il loro seguito di nonni e nipotini, trasformati in poche settimane da untori a pollastri desiderosi di anbronzatura e di riscatto e pronti ad essere spennati. Lo stesso accade nell’amata VdA. : dai blocchi stradali autogestiti alle promozioni e agli sconti. Torna piccina torna….Chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto..scurdiamuce o’passato. 

  6. Economia italiana e modelli da seguire, come sotto si diceva.
     
    Oggi leggo che la fiat, vi ricordate quella azienda italiana che se ne è andata in Olanda, UK e USA, la fiat italiana, grazie penso a sindacalisti e politici vari, ha ottenuto, come diritto di legge per emergenza covid, da Intesa, con la garanzia di SACE, a sua volta garantita dallo Stato, un finanziamento a tassi fortemente agevolati di 6.3 miliardi!
    Come dire che una somma quasi del 12% della manovra covid è anche riconosciuto a uno che italiano non è.
     
    Alla faccia di tutti, piccoli, grandi, belli e brutti, compresi rifugisti, autonomi e compagnia.

  7. Caro Roberto, ti ringrazio. Si vede che le divinità della montagna ti hanno davvero illuminato perché la mia famiglia proviene anticamente dal comune di San Sebastiano Po, fra Chivasso e Casalborgone. Nome Omen. Una nota guida emerita dell’Ossola racconta di una osteria di quelle valli che ha nome “Mai morire”: mi sono convinto che tale slogan è il succo dell’esistenza e che l’andar in montagna, anche su livelli tecnici medi, corrobora non poco in tal senso. PS: perdonate la pedanteria ma la “mentalità sabauda” non ha niente a che fare con la dinastia dei Savoia, intesa come comportamento dei rampolli di sangue blu. È una mentalità probabilmente preesistente, incentrata sul senso del rigore: “Prima il dovere e poi il piacere”, questo è l’assioma di fondo. I Savoia intesi come dinastia non sono mai stati così (salvo rarissime eccezioni). Questa mentalità è stata a suo tempo chiamata sabauda probabilmente perché Torino e il Piemonte rientravano nei domini dei Savoia. Tutto qui. A-ribuon week end!

  8. Caro Crovella, in tuo outing giovanile mi fa pensare che la tua passione sado-maso per San Sebastiano ( ex ufficiale romano, non a caso) abbia radici antiche. Come San Sebastiano, trafitto da innumerevoli frecce, chi ti pensa finito commette un grave errore perché rimani sempre in vita, illuminato dalla Fede alpina e che gli Dei della Montagna di conservino. Indiani metropolitani: gioiosi prima ma anche tristi ricordi poi: chi di Lama (Luciano) ferisce, di eroina perisce. Pace all’anima di coloro che si persero per strada inseguendo sogni e illusioni di un’epoca ormai antica ed esercitando verso se stessi una distruttivita’ che altri rivolsero verso il nemico esterno.

  9. Non si può piacere a tutti e, nella vita, non mi sono mai posto questo obiettivo. A volte si condivide l’opinione altrui, a volte no. A volte siete pallosi anche voi. Rubo qualche riga per raccontare un aneddoto. Nel febbraio del 1977, non avevo ancora 16 anni compiuti, chiesi la parola in un’infuoca assemblea studentesca. Il tema era la legittimità o meno degli “indiani metropolitani”.  Non sapete di cosa si trattasse? Pasini di sicuro se lo ricorderà, se ha piacere lo spiegherà lui. Ebbene di fronte a un’aula magna con un numero imprecisato di persone (chi dice 200, chi addirittura 300), con ogni tipo di vessillo della FIGC, falce e martello, rappresentanze sindacali di Mirafiori ecc ecc ecc, io ho espresso la mia opinione senza il minimo timore, ho fronteggiato i fischi e gli insulti e alla fine ho concluso il mio intervento nell’attenzione generale. Sono venuti a congratularsi con me per la mia coriacità, anche se non condividevano le cose dette. A maggior ragione ora che ho quasi 60 anni, che sono passato attraverso fasi della vita anche molto critiche, che ho condotto trattative di ogni tipo e difficoltà, non mi pongo certo remore se quello che dico non piace a qualcuno. La vita mi ha confermato che i miei contributi di pensiero sono spesso utili (mi verrebbe da dire “sempre” utili, ma esageruma nen…), anche a chi ha opinioni opposte, perché favoriscono la riflessione e le conclusioni. La contestualizzazione del tema montagna nel contesto generale andava fatta perché stavamo parlando ognuno ipotizzando lo scenario che aveva in testa e il tutto invece va inquadrato nella specifica situazione di emergenza. Quando (e se, aggiungo io…) torneremo alla piena normalità, si potranno affrontare i temi con altri approcci. Cordiali saluti a tutti!

  10. Torniamo dunque all’andare per monti. La mancanza di una solida etica collettiva e di capacità gestionali sui grandi numeri ha determinato da noi, come compensazione, spiccate personalità singole e notevoli capacità individuali e familiari di adattamento e di risoluzione dei problemi. Su queste bisognerà anche in questo caso fare affidamento. Starà a ciascuno di noi, tenendo conto della giungla normativa (as usual),  valutare individualmente il livello di rischio di contagio che siamo disposti ad accettare e assumere le relative decisioni nella scelta delle attività, degli itinerari e dei compagni. Sono convinto che il mercato presto offrirà diverse soluzioni di prevenzione primaria e di diagnosi precoce, di cui ognuno potrà dotarsi, con investimenti minimi (pari a un paio di pedule nuove) senza aspettare che ci sia qualche autorità che provveda. Ho arrampicato per molto tempo con un compagno diabetico che aveva imparato a gestire da solo con attenzione e gli adeguati strumenti diagnostici la sua patologia. L’homo italicus, anche nella sua variante slpinistica, ha molte risorse che gli permetteranno di resistere per un certo tempo, compresi i dane’, non per tutti certo, ma per una platea abbastanza estesa di ceti sociali che reggono quella che Ricolfi ha chiamato “società signorile di massa”. Purtroppo molti, anche chi non ne avrebbe davvero bisogno, prima di mettter mano al patrimonio individuale cercheranno di utilizzare tutto quello che l’attuale classe dirigente cerchera’ di elargire a scopo di consenso, uilizzando il debito. Anche qui un film già visto nella distribuzione di vari bonus e sussidi che finiscono in parte a chi ne ha davvero bisogno e in parte a chi è più astuto o ha le amicizie giuste, come credo ben sappia chi da anni frequenta le nostre regioni alpine (io la VdA). 

  11. Crovella: solo contro tutti. L’ultimo dei moicani. Jeff Boregard de noiantri….
    Noi, cicale ottimiste (mi scappa da ridere) che pensiamo solo a scappare dal recinto e Lui dal suo pulpito che ci spiega l’economia: scienza che gli da da mangiare anche in tempo di pandemia e che forse gliene darà di più, perché schierato dalla parte “giusta”.
    Adepto della setta sabauda (ma li avete visti i Savoia? Sono delle macchiette grottesche impresentabili a cui non vedo il perché rifarsi) e figlio di un’educazione che impersona alla perfezione il ligure “piemontese falso e cortese” (vox populi, vox dei) dei saluti obbligatori di un commiato che non c’è, perché Lui ti saluta, ma è sempre lì, non se ne va come ti aspetteresti. Mi trovo maldestro ad essere preso per offensivo, ma sarebbe come infilare la testa in bocca al leone, strizzargli con una mano i coglioni e poi lamentarsi perché ti ha morso.
    Buttiamola in ridere che è meglio, ma caro Crovella se ti rileggessi (oltre a correggere gli errori del T9, che a volte per capire ci vuole infinita fantasia interpretativa) ti troveresti insopportabile anche tu. Sei sempre solo auto-riferito come se il mondo intero fossi tu e poi forse ci sono tutti gli altri, a te inferiori, che sono privilegiati a sentire i tuoi proclami. Che palle!
    Si deve parlare di alpinismo sul blog, ma per te fai eccezione. Almeno non dirlo, fai eccezione e bon. E poi non è vero che su questo blog si parla solo di alpinismo.
    Non ce l’ho con te ma spero vivamente che ti sbagli perché succederà qualcosa che non sei riuscito fortunatamente a prevedere. Che nessuno poteva prevedere! Neppure Crovella. 
    Intanto tu cadrai in piedi, ne sono certo e te lo auguro pure perché il bene altrui mi ha sempre fatto piacere.
    Buona giornata a tutti (ci credete davvero?).

  12. Questo è un sito di montagna ed è irrituale che si allarghi il campo delle analisi e dei commenti oltre i confini dei temi di montagna. Ho ritenuto doverlo fare per l’eccezionalità della situazione generale, all’interno della quale vanno oggi inserite anche le riflessioni sulle tematiche dell’andar in montagna: spesso mi è parso che nei commenti non ci si rendesse conto di questo principio basilare e pertanto ieri ho preferito puntualizzare con precisione iol quadro generale. Se non si tiene costantemente conto che temi quali (a puro titolo di esempio) rifugi aperti o chiusi, arrampicare in cordata o meno, fare gite solitarie o di gruppo…ecc ecc ecc oggi vanno ricondotti in un quadro generale di eccezionalità, mi sembra che facciamo solo chiacchiere da bar senza renderci minimamente conto della gravità della situazione complessiva che potrebbe prevedere, fra qualche settimana,  innumerevoli bande di affamati che assalteranno i supermercati per fame.
     
    Precisato ciò, è bene che non scantoniamo sistematicamente dai temi “alpinistici”, altrimenti ci mettiamo a parlare di tutto e di più, andazzo che non c’entra con un blog di montagna. Sulla questione istituzionale, in conclusione lasciatemi solo dire questo (che cmq un qualche effetto indiretto sulle tematiche della montagna ce l’ha, in termini di libertà o meno nei movimento): il popolo italiano preferisce tenere in saccoccia la ricchezza individuale, piuttosto che avere uno Stato efficiente, alla tedesca per intenderci. Salvo poi frignare che lo Stato italiano non è così efficiente come quello tedesco. Però non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca: o l’uno o l’altro. Già nei primi anni 2000 (quindi oltre 15 anni fa) io ho scritto (su spazi prettamente “economici”) alcuni articoli sull’opportunità di una profondo prelievo patrimoniale e da allora la penso sempre nello stesso modo. Sarebbe salutare prelevare almeno 1500 mld di euro dalla ricchezza privata e annullare debito pubblico per pari importo. Oggi forse occorrerebbe prelevare un importo superiore, almeno 2000 mld. Il tutto finalizzato ad una successiva gestione alla tedesca dell’intera macchina pubblica, cosa che per esempio ha portato la Germania ad avere preventivamente un abbondante numero di posti letto in terapia intensiva, evidentemente creati in tempi non sospetti rispetto all’epidemia. Però due cose: 1) per attuare una “vera” patrimoniale in Italia, specie di importo consistente, bisogna poi accettare di mettere l’esercito per strada, perché la popolazione appunto non la “comprende” e si ribellerebbe: io personalmente sarei dispostissimo perché vedo oltre la punta del naso, il problema è che gran parte della popolazione non vede neppure il proprio naso, figuriamoci “oltre” la punta dello stesso. 2) il problema successivo è che per avere un’efficienza alla tedesca occorre poi che l’intera popolazione abbia una mentalità alla tedesca, sennò dopo un po’ ritorniamo allo stesso punto in cui siamo adesso. Siccome vale, purtroppo, quanto ha focalizzato Pasini, ovvero che in Italia il gatto piagne quando fotte, il problema in Italia è irrisolvibile. Semplicemente non siamo “tedeschi”: a volte è un vantaggio, per esempio nelle semifinali dei mondiali di calcio vince quasi sempre l’estro italiano contro l’organizzazione tedesca (1970, 2006…). Accontentiamoci, ma per coerenza dobbiamo sopportare le conseguenze di uno stato “italico” e non teutonico: cioè non frigniamo contro lo Stato se, in situazioni di calamità come l’attuale, non esprime prevenzione, efficacia ed efficienza teutonica e addirittura commette errori (anche letali, purtroppo) e contraddizioni a valanga. Abbiamo i governanti che abbiamo eletto noi, mica li hanno nominati “altri” e tali governanti sono l’espressione dell’italico andazzo. Anche gran parte di quelli dell’attuale opposizione sono della stessa risma. Se invece date a me “pieni poteri” (tono ironico, ca va sans dire…), io vi faccio trovare addirittura i marciapiedi lindi e profumati come corridoi dei collegi svizzeri, ma ovviamente vi metto sistematicamente l’esercito per strada e, in questo frangente, faccio piantonare le falesie dai carabinieri. Preferite la piena libertà? eh allora accontentatevi di Fontana e Gallera, sono l’espressione dell’italica improvvisazione, sono quelli che vi meritate. Avete visto il siparietto di Crozza sui due fenomeni in questione? non perdetevelo…
     
    Io sono curioso di vedere cosa succederà da lunedì in avanti, con 21 Regioni (tenendo conto delle due Province autonome di Trento e Bolzano) che procederanno in ordine sparso… che macello! Buon week end a tutti! (PS: io saluto sempre perché mi è stato insegnato fin da piccolo che è “educazione” salutare, mi sfugge il motivo per cui lo consideriate addirittura un elemento di fastidio… preferite che vi mandi a quel paese???… mah…certe volte siete davvero ardui da comprendere…)

  13. Proprio ora la zagara è in fiore e si diffonde nell’aria inebriando i cuori.
    Uscite a respirarla! 

  14. Non entro nel merito del dibattito sul futuro del capitalismo attuale. Too big and high per un vecchio alpinista dilettante.  Ricordo solo che la ricchezza degli italiani investita in attività finanziarie è pari a 4300 miliardi e che attualmente 1400 miliardi sono cash nelle banche. A questi si aggiungono le proprietà immobiliari. I dati annuali sulle dichiarazioni dei redditi sono un grande spasso ogni anno soprattutto per chi paga con ritenuta alla fonte operata dal sostituto d’imposta. Buona serata e che i sogni siano, non dico dolci,  ma un po’ meno tragici per le sorti del paese dove “fioriscono i limoni” e dove è stata inventata la nobile arte del gatto, che “quando piagne fotte”.

  15. Allora mi conforti Carlo, perché a volte ho dubbi. Sei sempre così pragmatico.
    A me viene abbastanza naturale (e mi trattengo) pensare cose del tipo: questo sistema economico è una fottuta trappola e andrebbe abbattuto.
    Purtroppo, con che cosa non lo so. Per questo mi trattengo, direi sciocchezze da bar. 
    Però è una fottuta trappola. 

  16. Mi sembra invece di dirlo esplicitamente:  io sono strutturalmente contrario al modello economico cosiddetto consumistico e turbo-capitalistico, difatti prevedevo da tempo che sarebbe scoppiata una crisi sistemica del genere. E sono convinto che il bello (o meglio: il brutto) della crisi lo dobbiamo ancora vedere. E’ vero che descrivo con “distacco giornalistico” (passatemi l’immagine) la situazione perché ho l’impressione, qui come in altri contesti (altri siti di attualità, politica ed economia), che non tutti abbiano contezza della gravità dei segnali di crisi. Per esempio molti di quelli che “spingono” per una riapertura immediata danno per scontato che ciò avverrà accompagnandosi con il ripristino della cosiddetta normalita’, mica immaginano di riaprire con un modello di vita completamente diverso. Io sono impegnato, invece, a descrivere i mali del modello consumistico per convincere quante più persone possibili che convenga sfruttare l’occasione per ripartire con un altro modello di vita (mi pare di averlo detto in tutte le salse…). Invece la maggior parte dell’umanità non ha intenzione di cambiare il modello consumistico, né gli occidentali ne’ gli asiatici e neppure i paesi del cosiddetto terzo mondo. Io a titolo personale sono convinto che questa crisi lo cambierà profondamente e in modo irreversibile (ribadisco che mi pare di averlo detto più volte) verso obiettivi completamente diversi. Ma non sarà senza “vittime” né costi. Non è un’operazione a costo zero. Sul piano sociale, economico, ideologico, affettivo, anche logistico… Questa conclusione non piace sentirla dire. Ma è la verità. Ciao!

  17. Carlo Crovella, sai cosa mi impressiona? Che in nessuno dei tuoi commenti, qui o altrove, tu metta mai in dubbio questo modello economico. Mai ti assale il dubbio che sia stato lasciato evolvere un sistema non adatto?
    Che forse la vera grande sfida è cambiarlo? 

  18. @43: devo alcunr precisazionk a Marcello.
     
    Situazioni più grandi di noi: io mi accodo a una linea pensiero piuttosto diffusa anche a livello scientifico. In sintesi: la spregiudicata attività umana degli ultimi 5-7 decenni (periodo noto come antropocene) ha sconquassato il pianeta. Abbiamo abusato della la natura e la natura per difendersi si sta ribellando contro la specie umana. L’obiettivo della natura è calmierare la specie umana entro un numero complessivo di individui tale che non le producano più dei danni (per inciso io stimo tale numero in 5 miliardi contro i 7,5 mld esistenti e i 10 previsti dai modelli demografici per il 2030). Ciò può avvenire in diversi modi: inondazioni, tsunami, terremoti, incendi su vasta scala ecc. E con pandemie a raffica a distanza di 3-5 anni. La deforestazione ha portato a contatto con l’umanità i virus. Ne potrebbero arrivare altri, diversi e imprevedibili. Ogni pandemia sarà quindi completamente differente rispetto alle precedenti. Se capiterà davvero così, ciò modificherà in profondità il modello dell’esistenza umana. Non mi riferisco all’immediato futuro (tipo estate 2020), ma a circa 5-10 anni. Il trend però potrebbe essere indirizzato già da ora in quel verso, pur con dei va e vieni. In uno scenario di quel tipo andare o non andare in montagna, i rifugi aperti o no, arrampicare con mascherina o senza…ecc ecc ecc saranno fra i punti meno importanti che l’umanità sarà chiamata ad affrontare.
     
    Nel breve, ovvero in un orizzonte fino a 12 mesi da oggi, il tema saliente è rappresentato dall’intrecciarsi fra profonda crisi economica e andamenti epidemiologici.
     
    Sul primo fronte segnalo alcuni dati: fatturato industriale (reso noto proprio oggi): -25%; produzione industriale: -29,8%; previsioni PIL 2020: quella governativa (ottimistica per dovere morale): -8%, quella della Commissione Europea (su PIL Italia): -9,8%. Sono andato a ritroso nelle serie storiche di Bankitalia e dati così negativi si rintracciano solo nel 1927 e in alcuni anni del quadriennio 1929-32. Neppure negli anni della II Guerra ci sono state statistiche econoniche così negative. La stretta sarà molto profonda e io penso che neppure i dipendenti pubblici/pensionati possono dormire totalmente sonni tranquilli. La motivazione e’ semplice: a forza di rinviare i pagamenti fiscali (che per lo Stato sono incassi) le casse pubbliche potrebbero svuotarsi o cmq non risultare più adeguatamente capienti. Da Mamma Europa non vedo con certezza un flusso a fondo perduto (intendo i recovery fund, non il MES che sarebbe finalizzato a interventi sul sistema sanitario, non a poter pagare pensioni o cose come Cassa Integrazioni ecc). Nuovo debito? Ma certo capitali internazionali ce ne sono ancora, ma anche loro sono calati del 25-30% e tutti i paesi hanno le loro grane…non so se tutti si butteranno a pesce su così tanti nuovi BTP. Patrimoniale? A parte che in Italua è improponibile, ma i grandi capitali sono gia’ attrezzati, per cui troverebbe sostanzialmente sul ceto medio, che però è quello cui andrebbero j sostegni. Si tratterà solo di una partita di giro. Esempio per capirci: il ristoratore ottiene come sostegno 25.000 euro, peccato che prima glieli hanno presi con la patrimoniale. Quindi mi aspetto una crisi economica senza precedenti con una valanga di disoccupati nei prossimi mesi.
     
    Dati epidemiologici: mi limito a segnalare due cose sintetiche. La Corea del Sud, tanti elogiata per la capacità di chiudere in modo intelligente (grazie alla mappatura individuale che però in occidente fa storcere il naso per i problemi di privacy) ha riaperto fra le prime. Ora però i dati di nuovi contagi preoccupano di nuovo e in particolare sembra che la seconda ondata del virus attacchi la classe d’età 19-25 in modo più aggressivo di qualche mese fa. L’altra situazione è quella della Germania che, almeno in Europa, è stata quella che ha chiuso “di meno”: proprio di recente l’indice R0 è prontamente balzato da 0,6 a 1,1 (indice pari a 1= un infettato contagia un non infettato).
     
    Che anche in Italia vi possa essere una seconda ondata dell’epidemia in autunno (ottobre per capirci) è pressoché messo in conto da tutti gli esperti. La differenza è fra gli ottimisti (i quali pensano che sarà meno grave di quella dei mesi scorsi perché faremo tesoro degli errori commessi) e i pessimisti (seconda ondata peggiore della prima per crisi econonica: in particolare il modello socioeconomico avrà meno soldi per le esigenze ospedaliere nel fronteggiare la nuova ondata epidemica).
     
    Se mixate tutti questi elementi c’è poco da stare allegri. Io non mi considero un pessimista, ma realisticamente prendo atto dei segnali e traggo le conclusioni. D’altra parte proprio ieri ho visto i risultati di un sondaggio sulle aspettative degli italiani circa la tempistica di ritorno alla cosiddetta normalità. I sondaggi sono sempre aleatori, ma indicano un ordine di grandezza, che è quello che interessa. Bene il 55% ritiene che torneremo alla (cosiddetta) normalità fra un anno, il 28% a Natale, il 4,2% mai (io mi inserisco in questa categoria per i motivi che ho già espresso). La percentuale residuale non aveva dato risposta. Il dato è significativo per indicare che nessuno ipotizza di rimettersi a “vivere normalmente” nel corso dell’estate 2020.
     
    Quando utilizzo molte mie metafore, spesso lo faccio in modo figurato. La contrapposizione fra cicale e formiche riguarda il modo di trascorrere il tempo in montagna. Chi ama (legittimamente) il clima conviviale dell’uscita, la birretta con gli amici, risate e barzellette *come descritto da Marcello: esigenze del tutto legittime)… saprà adeguarsi ad un modello esclusivamente individuale delle uscite in montagna? Io per indole vivo così la montagna da decenni (salvo rarissime eccezioni in cui mi aggrego a qualche scuola per amicizia), ma chi non è abituato a tale modalità non farebbe meglio a iniziare a vivere cosi qualchd giornata di montagna? Se per puro caso le mie previsioni dovessero trovare corrispondenza nell’evoluzione futura, non è meglio anche per voi se ci arrivate già emotivamente “allenati”? Ai posteri l’ardua sentenza.

  19. Io auguro spesso una buona giornata e naturalmente il mio è un auspicio e vuol essere un pensiero gentile. 
    Siamo tutti collegati. 
     
    In montagna saluto tutti quelli che incontro.
    E lo faccio anche a valle, se incrocio lo sguardo di qualcuno. 🙂
     
    Visto che il quadro offerto da Crovella è così disastroso, non mi ci tuffo, ma non c’è bisogno d’essere uno statista, un sociologo o un economista per figurarsi dove arriveranno le onde che stanno propagandosi.
    Per questo è bene mettersi quanto più possibile al riparo: aspettarsi il meglio, ma prepararsi per il peggio.

  20. Buongiorno per me è un saluto d’inizio, generico, è rispettoso e positivo e vale h24.
    Buona giornata è già più mirato e vale per tutte le ore in cui si sta trafficando e lo auguro a fine rapporto.
    Buon lavoro è specifico e quando alla fine lo auguro mi auspico che il ricevente possa lavorare al meglio realizzando quello che ha intuito per il bene collettivo.
    Ma a parte tutto questo, voi salutate tutti quelli che incontrate in montagna? Io no. Prima li inquadro e poi, eventualmente, li saluto, ma solo se mi guardano in faccia. Perchè in montagna dovremmo salutare tutti quelli che incontriamo? Perchè non lo facciamo anche giù in città? In montagna può risultare conveniente salutare perchè siamo in pochi e isolati?

  21. Roberto a noi dicono già buon volontariato… 
    Saranno, sono, momenti difficili. 
    Vedremo. Non sono drastico e pessimista, la nostra società ha passato momenti peggiori, ricordando i racconti dei nostri nonni. Ma certo che la novità della situazione, in un sistema che si è dimostrato fragilissimo, non fa ben sperare in un’uscita a breve scadenza. 

  22. Sempre per sorridere. Forse la commessa o il barista che ti dicono buona giornata esprimono un auspicio gentile. Magari si può anche rispondere grazie e altrettanto per Lei, senza sentire violata la propria sfera personale. Paolo a Milano tendono a dire “buon lavoro” un po’ meno frequentemente “buon sussidio” o “buona cassa integrazione” o “buon reddito di cittadinanza”: abitudini locali.

  23. Marcello Cominetti, sul “buona giornata” mi piace pensarla come te.
    Quando poi, sopratutto a Milano, ti salutano con “buon lavoro”, vado fuori dai gangheri…
    Scusate, era anche per sorridere un po’.
    Ps: grazie, Grazia. 

  24. D’accordo con il commento 36, sempre di Marcello.
     
    Dopo un mese di inattività, a inizio aprile, mi sono resa conto che la mia mente cominciava a naufragare e che non era facile il contatto con la realtà, con ciò che ero, con i miei progetti, per non parlare della cerchia di amicizie che ha subito una grande trasformazione basata sulle vedute.
     
    E così ho ricominciato a essere, mettendo in atto tante piccole azioni per riconquistare il mio benessere, fisico e mentale.
    Per la cronaca, #ioesco, #ioesisto, #ioresisto

  25. Difficile fare previsioni di macro scenari non avendo accesso a molte informazioni. Quello che mi sembra di vedere è che ci stiamo organizzando per convivere con il problema, come già successo nel secolo scorso con la TBC. Sistemi diagnostici di massa (ricordate le radiografie obbligatorie per l’assunzione? ) e sistemi sanitari dedicati (reti  territoriali e strutture dedicate).  In più oggi abbiamo le tecnologie informatiche. Anche nel nostro ambito montano out-door molto dipenderà dalla disponibilità di diagnosi veloci di massa. Oggi il problema è il distanziamento fisico (non sociale) rispetto a persone che non sappiamo se positive, compresi noi e  i nostri compagni abituali. Con sistemi di diagnosi self ( tipo insulina) e allarmi automatici sul telefono o altri device personali, uniti ovviamente ad una responsabilizzazione condivisa dei praticanti (cosa non impossibile nella comunità degli alpinisti) e un certo controllo reciproco, il problema si ridimensionerebbe e diventerebbe più gestibile. Più difficile gestire le palestre di climbing indoor come messo in luce da un accurato articolo che si può trovare sul sito di Rock and Ice. Io suggerirei di contenere le nostre speranze / paure e di stare ancorati alla prosaica realtà di ciò che vediamo ora o poco più avanti.

  26. Da pochi anni molte persone salutano dicendo “buona giornata” anziché “buongiorno”. Come se dire “buongiorno” non ci facesse sentire al passo coi tempi o integrati dove vogliamo sentirci, cioè approvati e protetti dal gregge.
    Io ho sempre detto “buongiorno” e sempre lo dirò. Lascio il “buona giornata” agli impiccioni perché tra giorno e giornata c’è una bella differenza. Il giorno è il tempo che lascia spazio alla notte mentre la giornata è tutto quello che mi succederà, appunto, durante il giorno. Infatti si dice “ho passato una bella giornata” (o brutta, dipende dai casi) e non “ho passato un bel giorno”. Alla commessa del supermercato che mi ha salutato con “buona giornata” ho risposto “arrivederci” e “si faccia gli affari suoi”. Ovviamente non ha capito (o forse si) ma quando sento quel “buona giornata” così falso e assolutamente non interessato a ciò che mi succederà, provo una brutta sensazione. In molti mi dicono che sono uno squilibrato a pensare così, ma io non credo affatto di esserlo e mi affido al mio istinto che è quello che mi fa provare quello di cui sto parlando.
    Non ce l’ho con il povero Crovella Nostradamus, anche perché spesso (non sempre) condivido i suoi punti di vista e mi piace quel suo spaccare il capello in quattro al limite della pedanteria, ma quando dissento lo dico a chiare lettere. D’altronde lui fa esattamente lo stesso. Non sto conducendo una battaglia, né tanto meno un’incontro sportivo, bensì esprimo un punto di vista che riguarda la nostra vita cercando una via che porti in cima alla parete senza troppi bivacchi. Come si fa in montagna. Se poi sentenzia di “situazioni più grandi di noi che manco immaginiamo”, cosa significa? Che lui le conosce? Ce le dica e ci salvi tutti allora, noi cicale ottimiste con le fette di prosciutto sugli occhi…Crovella caro, mi piace cantare come penso piaccia anche alle cicale e ti assicuro che sgobbo quando c’è da sgobbare più di una formica, ma misuro sempre le mie forze in base alla situazione senza chiudermi in tabelle e calcoli a lunga scadenza perché la vita (almeno la mia) mi ha insegnato che fare troppi programmi non serve a niente perché succede sempre qualcosa (il Corona virus è un chiaro esempio) che te li fa cambiare anche drasticamente.
    Sul fatto che non tutti potranno andare in vacanza come prima, penso che sia un rientro giusto da una situazione gonfiata, che imponeva a molti l’indebitarsi per consumare abbastanza per restare nel credo di un sistema farlocco e traballante che, infatti, tracolla sempre a ogni minimo segno di crisi. Decrescere non sarà morire, proviamo.
    Su una cosa siamo d’accordo, che sopravviverà chi si saprà adattare, ma questo è un principio che ho sempre adottato, non devo impararlo adesso. Che culo!

  27. Anche io da qualche gg  ho ripreso a far gite (in sci o escursionistiche) in modalità individuale o con mia moglie, cosa che peraltro faccio da almeno 20 anni per indole e scelta, e non sono per nulla infelice. Anzi sono felicissimo perché sono certo che queste giornate in montagna sono un “dono” che conviene apprezzare finché dura.
     
    Probabilmente nessuno di voi segue con attenzione la diffusione delle statistiche economiche e quindi non avvertite ancora il fatto che questa epidemia (come le eventuali prossime) comporta una recessione economica mondiale così grave come non abbiamo mai visto. Pertanto è inutile scervellarsi se gli ombrelloni in spiaggia devono stare a 4 o 5 metri uno dall’altro (oppure se i tavoli in rifugio devono stare a 2 o 4 metri), perché può darsi che non ci saranno così tanti individui in grado di andare in spiaggia o in rifugio. Magari nell’estate 2020 questo non sarà ancora evidente, perché si “consumeranno” risparmi messi da parte in passato, ma prima o poi questi finiranno e se la recessione dura alcuni anni le priorità, anche individuali, cambieranno radicalmente.
     
    Ecco il profondo rischio delle pandemie. Categorie mentali come lo stato di diritto, la Costituzione, i diritti individuali ecc potrebbero venir spazzate via dalla realtà futura.
     
    Cmq non  sto dicendo che dovete necessariamente adeguarvi al mio pensiero. Beatevi pure nelle vostre convinzioni “ottimistiche”: ricordatevi però che la natura agisce secondo meccanismi darwiniani, in base ai quali sopravvivono le specie (e, all’interno delle specie, gli individui) che sanno “adattarsi” meglio alle nuove eventuali condizioni. Voi vi siete posti questi interrogativi? Vi state mentalmente preparando in caso di “nuove” condizioni? Mi date l’idea di no: mi ricordate la favola della cicala e della formica, ovviamente nel ruolo della cicala. Andatevi a leggere come finisce la favola, se non la conoscete. Spesso le vostre categorie mentali di ragionamento mi appaiono già obsolete oggi, figuriamoci in un contesto completamente diverso, di cui non conosciamo neppure gli effettivi sviluppi. nelle prossime settimane fate pure tante gite, anche io mi ripropongo di farne tantissime, ma la possibilità di poterle fare in futuro non sarà determinata da Conte o da Vaia, bensì dagli eventuali sviluppi di situazioni che manco immaginiamo perché sono più grandi di noi. Buona giornata a tutti!

  28. Sempre più simpatico questo virus covid ! 
    Che bel casino provoca nella gente !
    E’ proprio vero che non si capisce ancora niente di lui: tutti dicono la loro.
    La gente in fondo in fondo si sta divertendo, o almeno cerca di farlo come da tempo è stata abituata a fare come vero scopo della vita..
    Spero che lui non faccia ancora tanti danni, comunque ci pensano tutti i politici che han preso questa ghiotta occasione per sistemare ben pasciuto il loro futuro, eliminando tanti personaggi scomodi in banche, società, municipalizzate e quant’altro, senza che nessuno ne parli.

  29. Crovella, ma te godi a da darti le martellate sui coglioni quando non ti cogli.
    Se ci si dovesse incontrare, oltre che la mascherina, ci vorrammo tutte e due le mani ben strette sulla parti basse e senza!!  guanti altrimenti non funzionerebbero a sufficenza.
     
     

  30. Finalissima Crovella – Cominetti 1 a 1 dopo 90′ combattutissimi. Si va ai supplementari ed eventualmente ai calci di rigore.

  31. Caro Crovella, sono convinto che le tue apocalittiche previsioni siano assolutamente sbagliate e sono pronto a scommettere che pochi mesi dimostreranno che Covid  è solo un babau e quasi non se ne parlerà più.

  32. Caro Crovella, più che ridere fai venir voglia di toccarsi le palle con i tuoi discorsi porta-jella.
    Pochi giorni fa sono stato in falesia a scalare con diversi amici. Ci siamo salutati senza abbracci, baci o strette di mano e abbiamo scalato restando distanti quanto basta. Pur sentendoci un po’ strani abbiamo finalmente passato una bella giornata e alla fine ci siamo bevuti la birra, portata da casa, su un bel prato al sole, tenendo sempre una certa e ragionevole distanza tra i nostri corpi. 
    Il giorno dopo con gli stessi amici siamo stati con le pelli sull’Antelao, stesse precauzioni, giornata bellissima e gita altrettanto. Non abbiamo infranto leggi e abbiamo passato delle giornate piuttosto normali (almeno per noi).
    In entrambe le occasioni, nonostante (e lo ripeto) avessimo usato le precauzioni tra di noi suggerite dal buon senso, abbiamo avvertito la sgradevole sensazione di essere un una situazione particolare una volta tornati a valle tra l’altra gente diffidente, i negozi chiusi e le forze dell’ordine appostate pronte a intervenire, come se restare a valle facesse essere davvero nell’emergenza più profonda e avvertibile. Ho tutto il rispetto per chi soffre a causa dell’epidemia ma credo anche che ognuno debba fare qualcosa per sé in silenzio al fine di stare tutti meglio.
    Non so se l’hai letto, ma l’articolo sul “restocasista martire” sembra ritagliato su di te alla perfezione, non prendertela, ma la vita è esattamente l’opposto delle tue teorie, secondo me, a valle come in montagna.Ieri e oggi piove e quindi farò un po’ di trave e se smette un po’ una corsetta partendo da casa. Allenamento, cose che a te fanno orrore, mi dispiace.
    Di lavorare come guida non se ne parla, ma ricevo diverse richieste per l’estate e il futuro, segno che c’è ancora più voglia di prima di montagna. Sono fiducioso in una qualche ripartenza adattata alla situazione.
    Mettendo in atto le precauzioni che durante la fase del contagio di massa non si conoscevano e quindi non si praticavano (distanze fisiche, mascherina, guanti, ecc), credo che al Corona Virus si possa dare una bella botta e nel frattempo ci alleneremo gli anticorpi mentre il virus si indebolirà e si troveranno cure e vaccini (per chi li ama, io non li odio ma neppure li amo) come si è fatto per altre malattie che sembravano letali e senza soluzione.Ho sempre considerato l’alpinismo un modo dell’essere umano di adattarsi alla Natura assecondandola come quando da bravo scialpinista cerchi di evitare le zone dove pensi possa abbattersi una valanga e ti tocca fare un giro più lungo e faticoso. Ecco, se vorremo andare in montagna faremo esattamente così ma ti assicuro che andandoci staremo meglio se è la nostra passione.Vedo, come tu hai segnalato, come rischiosissimi mezzi di contagio, gli aperitivi ai navigli, le feste campestri e le discoteche e gli stadi, ma personalmente sono manifestazioni che ho sempre considerato come ritrovi della feccia umana (i tuoi cari cannibali) che non vuole evolversi a una visione meno asettica della vita pur avendone la possibilità. Se uno resta imbrigliato lì dentro avrà una visione più facilmente come la tua.
    Sono andato giù di getto, ma lo faccio sempre e normalmente corrisponde al mio riflettere sulle cose: difetto micidiale che mi pone bel lungi dalla noiosa perfezione di ragionamento, ma che mi aiuta a sopravvivere. Altro che rifugi e bivacchi. Ciao

  33. Ho l’impressione che pochi di voi si stiano rendendo veramente conto che stiamo attraversando una rivoluzione epocale del modo di vivere. Un fenomeno che riguarda tutta l’umanità, dell’intero pianeta intendo, e non solo la sparuta minoranza degli “alpinisti” (intesi come appassionati di montagna).
    L’andar in montagna, se potersi legare e con chi, i rifugi se e come sopravviveranno… in futuro NON saranno decisi dal cattivone di turno (Conte o Fontana o De Luca oppure addirittura Crovella…), ma da forze del destino che manco ci immaginiamo nella loro interezza. Vado un po’ fuori tema rispetto a questo articolo (rifugi), ma credo che a questo punto sia necessario perché, se non inquadriamo i nostri dibattiti nella cerchia generale, non ne usciremo mai.
    Voi date per scontato che si tornerà alla precedente vita fatta (giusto per citare alcuni esempi…) di aperitivi (Navigli), spiagge (Mondello) e pic nic (Villa Borghese) oppure di arrampicate con gli amici, una birretta scesi dalla via, magari una sosta in piola (osteria) prima di tornare in famiglia. Pensate che tornare al vostro regime abituale sia solo questione di tempo e che il tempo di reintegro della piena mobilità individuale sia deciso, arbitrariamente, dalle autorità. E queste autorità vi stanno allungando il pieno ritorno alla “normalità”, per cui siete irritati con loro…
    Io sto elaborando una visione completamente diversa. Ho il timore che non sarà così, voglio dire che non sarà MAI PIU’ così. Mi sto convincendo che NON torneremo più allo stile di vita che ha caratterizzato l’umanità fino al gennaio scorso. Questo in generale, non solo su roccia o ghiaccio, tendina o rifugi.
    Cambierà radicalmente il modo di vivere e di pensare, di rapportarsi con gli altri, di lavorare (ammesso che ci sarà ancora “lavoro”, almeno come lo abbiamo inteso finora), cambierà addirittura la capacità di provare e di coltivare affetti o amicizie. In un prossimo futuro potremmo trovarci in una situazione in cui, per esempio, viaggeremo in auto esclusivamente monoposto, tipo delle Smart ma ancor più piccole, sicuramente elettriche/a idrogeno e magari capaci di fare i 200 km/h in autostrada, ma dove sarà impossibile che salga un altro individuo, convivente o meno. Il cosiddetto “distanziamento sociale” sarà la regola base dell’esistenza. Immaginatevi tutto il resto. Arrampicare? Ammesso che qualcuno ne avrà ancora voglia, lo si farà esclusivamente free solo: chi è capace si diverte, chi sbaglia un passo…ciao. Forse si faranno lunghe escursioni/ascensioni/gite scialpinistiche, in modalità rigidamente individuale e in uno scenario molto poco antropizzato. Rifugi? Saranno completamente aperti ma non custoditi, anzi “abbandonati”. I rifugisti? Temo che finiranno nella schiera di milioni e milioni di disoccupati oppure (come mi aspetto dai montanari, conoscendone l’indole) sapranno riciclarsi in altri ruoli.
    Vi faccio ridere? E’ un vostro diritto. Può darsi che abbiate ragione voi: la mia, almeno allo stato attuale, è solo una sensazione, non è comprovata da elementi scientifici. Però ricordate una cosa: chi ha letto i miei racconti “premonitori”, scritti a partire dagli anni ’90, magari inizialmente mi ha riso in faccia, ma poi ha potuto constatare che le mie “visioni” si sono spesso rivelate fondate. Anzi la realtà è stata perfino peggiore. Se tutta questa mia sensazione dovesse concretizzarsi, in futuro le regole di vita non le stabilirà Conte o Salvini o Piripicchio (meno che mai Crovella), ma qualcosa o qualcuno che sta al di sopra di noi. Chiamatelo Destino, Fato, Natura…, chiamatelo come volete, ma tanto mica si preoccuperà delle nostre doglianze: ci manderà un’epidemia (ogni volta con un virus nuovo, cui non saremo preparati) ogni 3-5 anni circa. L’esistenza sarà scandita da questi appuntamenti. Non potendo combatterli con armi scientifiche (vaccini), dovremo agire in via preventiva, attraverso il sistematico “distanziamento sociale”.
    Per cui il segreto, oggi come oggi, è sapersi accontentare se nella prossima estate ci saranno ancora le condizioni che ci permetteranno di fare qualcosa che ci piace, anche se solo parzialmente, in quanto limitati da regole che voi non condividete. Non potete (ufficialmente) arrampicare? Apprezzate che si possa ancora fare una escursione individuale: io ragiono così e non mi sento “privato” di un diritto né “danneggiato”. Approfittate finché possibile del bicchiere ancora mezzo pieno (metaforicamente parlando), perché in un successivo futuro il bicchiere potrebbe essere completamente vuoto.

  34. Che il campeggio sia vietato è giusto. Il buon Crovella avrebbe molti argomenti e con ragione. Ma il termine (è le condizioni) del bivacco ho sempre l’idea non siano chiare ai più e soprattutto ai sindaci.
    Aggiungo, per rispetto a chi dei lettori possa avere una certa età, che mi rendo conto sia una pratica difficile. E che i rifugi rappresentino una base necessaria. 

  35. questo è vero, è un’altro problema.
    Spesso è volentieri il campeggio libero non è consentito.

  36. Bene, adattiamo i. 
    Ma allora entriamo nel ginepraio di regolamenti, sanzioni e problemi di chi va per monti in tendina. Che il bivacco notturno sia consentito è un po’ una panzana, perché dipende dalle amministrazioni locali e dall’umore dell’agente di turno che ti viene a cercare. Per questo, ad esempio, io salgo sempre oltre i 2000, 2500.
    Vogliamo parlarne?

  37. concordo con Grazia e con Enri.
    Nel senso che ci sono rifugi e rifugi, la differenza la fa il rifugista e il luogo. Dietro ai rifugi c’è gente che ci campa e non solo il rifugista. Allo stesso tempo i rifugi devono essere tali, spartani e non alberghi. Con prezzi adeguati. Non mi puoi far pagare una mezza pensione da alberghetto quando mi fai dormire in una camerata. Allo stesso tempo trovo assurdo che ci siamo rifugi che hanno il menù alla carta. Ma anche non mangiare da schifo come mi è capitato al rifugio Argentiere che poi mica ti regalano.
    Detto questo se uno vuole andare in montagna lo può fare anche senza l’appoggio del rifugio. Basta sapersi adattare che dovrebbe essere una delle principali qualità di chi va ai monti.

  38. credo che qui non si stia solo parlando del fatto che i rifugi debbano riaprire ed in che modo. Ma di ripensare comunque, se vogliamo, il modo di andare in montagna. Sono d’accordo che chi vive grazie alla gestione di un rifugio possa provare a farlo ancora. Ma d’altra sono sorpreso quando leggo gli interrogativi di coloro che si chiedono come faranno ad andare in montagna nel caso i rifugi ( e le funivie!) per un po’ non riaprissero. Beh, se uno vuole ci va lo stesso, anzi, forse meglio cosi…
    poi lunga vita a tutti i bellissimi rifugi che abbiamo in giro ( meno alle funivie). E comunque magari da tutto sto caos i proprietari e gestori dei rifugi contribuiscano a ricordare a tutti che il rifugio non e’ un albergo, che i prezzi devono essere da rifugio, che l’essere un locale spartano fa parte del gioco. Ed evitare invece di spremerli al massimo per farci piu soldi possibili gestendoli come strutture da riviera romagnola…

  39. Scusami Grazia, in ora tarda non mi sono spiegato bene. Intendevo più importanti in senso ampio, a base del problema, per eventualmente tentare di risolverlo. E cambiare modo significa ripensando, non facendo a meno. 
    È ci sono comunque anche io, che appartengo a un terzo settore cui il Comune di Milano, per far vedere quanto è bravo, esattamente ieri mattina ci ha chiesto di lavorare gratis per la cittadinanza. 
    Non so se mi spiego… 

  40. Non mi sembra corretto dire che possiamo fare a meno dei rifugi e che ci sono cose più importanti a cui pensare: per qualcuno sono sostentamento, non tempo libero.
    Ecco, la cosa più importante da capire in questo momento e per sempre è che siamo  tutti collegati e solo se siamo uniti potremo raggiungere risultati.
    Io posso fare a meno di andare in rifugio, ma dietro questa realtà c’è il rifugista, la sua famiglia, altri lavoratori, c’è chi porta il formaggio e chi le verdure, chi la carne e chi il vino.
     
    Buona giornata dal sud.

  41. Ehm… quando ho parlato di disubbidienza civile, non ambivo né a sovvertimenti, nè a prese della Bastiglia. Ma semplicemente ad un segnale che un cospicuo numero di cittadini può lanciare ad una o più istituzioni. Un numero congruo significa, voti, significa stampa che se ne occupa. E se il numero e congruo davvero, elargire sanzioni può diventare difficile.
    Comunque concordo con Cominetti. Ci sono cose più importanti di cui parlare e di consolidati modi di andare in montagna, ne faremo a meno.
    Sono trenta e passa anni che me ne vado bivaccando in quota, con o senza tendina.
    Ma, come spesso ho indicato, ogni tanto andate a dare un occhio ai dibattiti e ai temi che trovano spazio nell’Osservatorio sulle libertà in montagna, di Gogna. Sarebbe utile per tutti, più che mai in questo frangente.

  42. avranno orecchie specifiche per chi rivendica maggior libertà di movimento in montagna.

    Carlo non mi riferivo alla sola montagna ma alla qualita della vita di tutti i giorni.

  43. @ Cominetti al 23. Se il futuro dei rifugi non c’è, allora chiamiamoli alberghi. Il nome della Società che li gestirà c’è già: C.A.I. che sta per Centro Alberghiero Italiano.

  44. Grande Capo Riva Guido, sulla barca ci sono anch’io. Se affonderà la barca, affonderò con tutti voi.
    Non sono io a divertirmi a spese degli altri. Sono i nostri governanti che si stanno divertendo, con sadismo sopraffino, a danno degli innocenti.
    E una battuta umoristica mi sarà pure concessa, o no? Al tempo dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche il popolo inerme si consolava con le barzellette.

  45. Presa di posizione del Presidente del CAI datata 13/5:
    https://www.caiuget.it/cai/responsabilita-e-prudenza-nella-fase-2-in-montagna/
     
    Diventa complicato organizzare la presa della Bastiglia, se l’istituzione “montana” per eccellenza ha questa posizione. Leggete nello specifico il capitoletto sui rifugi: in particolare “aiutare i rifugisti nel rispetto delle distanze”.
    Più in generale, anche se si va fuori tema rispetto al punto specifico rifugi, nella posizione CAI viene ricordato che ad oggi è possibile solo un’attività sportiva individuale o al massimo con i conviventi. In più viene ricordato che in Lombardia e Piemonte ci va la mascherina. Se scrivete a Conte protestando contro le “sue” norme, lui vi dirà: “ma come? non siete soci CAI? e non vedete che e’ il CAI stesso a dirvi cosa si deve fare?”. Mi sa che non otterrete molto, cmq è sacrosanto che ci proviate. Osservero’ con molta attenzione gli sviluppi delle prossime settimane. Ciao!

  46. @ Grande Capo Coyote Zoppo alias Cane Sciolto al 13, 14 e 18: Giù la mascherina! Quando ci mette in mostra o in vendita oppure si aizzano le folle, bisogna specificare per bene con quale parte del corpo lo si fa, se con la faccia o con il culo. Ma dove lo trovi un altro Paese in cui ci si può divertire così tanto a spese degli altri?

  47. Dissentire pure, ci mancherebbe, e’ un dito incomprimibile, dopo di che la cosa finisce lì a meno che riusciate davvero a far leva sulle autorità affinché modifichino le norme. Con tutte le grane che le autorità hanno sul tavolo, non mi pare proprio che tali autorità (nazionali o locali) avranno orecchie specifiche per chi rivendica maggior libertà di movimento in montagna.
     
    Tra l’altro la posizione ufficiale del CAI sul tema “accesso alle montagne” e’ improntata al massimo rispetto delle norme vigenti. La posizione complessiva del CAI ha un notevole riflesso sullo specifico tema rifugi (che è l’oggetto di questo articolo) perché una bella fetta di rifugi e’ di proprietà del CAI. Io mi aspetto che il CAI emanerà prima dell’estate un prontuario per i propri rifugisti: in tal caso diventerà pressoché impossibile per questi ultimi non rispettarlo.
    Di conseguenza lo sarà anche per gli eventuali ospiti dei rifugi (sicuramente quelli CAI, mz gli altri dubito che otterranno condizioni diverse). Buona serata a tutti.

  48. Alberto, è una parola!
    Io non sono mai stato un trascinatore di popolo. Semmai l’opposto: uno spirito estremamente individualista, cioè refrattario alle folle. Insomma, un cane sciolto, fiero di esserlo.
     
    Qui però c’è da organizzare il popolo per l’assalto alla Bastiglia. Come si fa?

  49. Non siamo capaci di costituire una grande nostra società se non obbligati da altri….

    il modello cinese verso il quale stiamo andando ha fatto questo, obbligare.
    E sono diventati grandi…

  50. Se non piace questo Stato e quindi non si accetta la Costituzione di questo Stato, o si cambia stato o si fa una rivoluzione, altrimenti bisogna rispettare le leggi, altrimenti si è in torto e si viene repressi.
    Il problema è che la Costituzione è stata lentamente distorta e nessuno è interessato a raddrizzare qualcosa, anzi tutti ne approfittano, chi più chi meno.
    E’ la nostra indole di indisciplinati e quindi antisociali, in una terra per millenni terra di conquista per altri popoli.
    Non siamo capaci di costituire una grande nostra società se non obbligati da altri…. abbiamo un mucchio di piccole e piccolissime società di cui deteniamo personalmente o fiduciariamente il pacchetto di maggioranza relativa per controllarle.
    Bella l’Italia, c’è di tutto !   
    E c’è anche il 50% dell’arte mondiale (fatta tutta da noi!!!), un altro 10% ce l’hanno portato via.
    I rifugi sono un infinitesimo molto esimo. 🙂 

  51. bene Grande CAPO allora datti da fà, datti una mossa, svegliati, raduna tutte le tribù che noi ti seguiamo.

  52. Io, Grande Capo Coyote Zoppo, prima avere detto parole in tono scherzoso. Ma mio spirito tanto tanto serio.
    Io estremamente inferocito. Come quando massacrato generale Custer a Little Big Horn.
    Io rifare.
     

  53. Io, Grande Capo Coyote Zoppo, invitare te, Grande Capo Cane Che Scopa, in mio teepee. Stasera. Ora che luna alta nel cielo.
    Noi fare rito propiziatorio per chiedere a Grande Spirito Manitù di eliminare Grande Capo Asino Che Raglia da televisione tutte sere e da governo tutti i giorni.
     
    Io disposto a sacrificare me per salvare mia Patria sì bella e perduta.
    Augh! Ho detto.

  54. Sono d’accordo con Paolo che è possibile dissentire in modo pacifico da norme e regole che non troviamo congrue e appropriate.

    DOBBIAMO dissentire.
    Altrimenti faremo la fine dei pellirosse,  rinchiusi nelle riserve e annullati come individui.

  55. Sono d’accordo con Paolo che è possibile dissentire in modo pacifico da norme e regole che non troviamo congrue e appropriate. 

  56. Carlo Crovella, concordo sul fatto che tutti noi dovremo attendere l’emanazione di norme ad hoc. Poi valutare. 
    Tuttavia questo non significa che dobbiamo accettarle, anche in quanto emesse dall’autorità. 
    L’autorità in quanto tale si è spesso espressa in modo non adeguato, se non, in alcuni casi, in modo schizofrenico (vedi i tamponi in Lombardia).
    In quanto cittadino non solo mi prendo il diritto di protestare, ma addirittura, con altri cittadini organizzati, di esprimere dissenso con la disubbidienza civile. 
    Se il caso sarà tale da giustificarla per un congruo numero di persone. E non me ne importa niente se questo è contrario alle basi del sistema normativo. 
    Il sistema dovrebbe essere il risultato di un accordo sociale. Se l’accordo non c’è, va fatto sapere a chi di dovere nei modi anche non consentiti ma civili. 

  57. Prima la costituzione del nostro Stato, poi per spiegarla alla gente le leggi, poi per essere più precisi e veloci con quelli che non comprendono i decreti, legge e attuativi, poi le figure dei garanti per quelli che sbagliano tutto, poi le norme così non si sbaglia.
    Fra un po’ avremo bisogno delle balie a vita?
     
    Ognuno vuole avere il diritto di fare quello che vuole, altrimenti piange e urla, come i fanno bambini.
    Nella nostra società direi che la cultura sociale, la capacità di capire e di essere responsabili, di se stessi e verso gli altri, siano in una decadenza sempre più veloce.
    Oppure, forse sarebbe meglio,  stiamo solo costruendo una società infantile 🙂 

  58. Il “vizio” di fondo del dibattito su come sarà l’accesso ai monti, compresi i rifugi, nei prossimi mesi dipende dal fatto che ciascuno immagina inconsciamente che le “regole”  saranno quelle che ha in testa lui: chi, come il sottoscritto, ha una mentalità più rigida si aspetta regole “rigide” (e ne trae certe conseguenze, circa rifugi, raggio di iniziativa delle guide, attività sportive fattibili o meno in montagna ecc ecc ecc), chi invece coltiva speranze di veloce reintegro di una situazione pressoché “normale” immagina un’estate “normale” anche sui monti, nei comportamenti, nelle libertà sia individuali che collettive ecc ecc ecc.
     
    Il punto non è chi riesce, oggi come oggi, a sopravanzare l’opinione avversa, bensì quali saranno effettivamente le regole generali stabilite dalle autorità. Beninteso le autorità non si occuperanno dell’alpinismo in quanto tale (hanno ben altre grane!), ma delineeranno regole comportamentali di stampo generale, all’interno delle quali dovrà fare in modo di rimanere anche chi andrà in montagna e chi ha a che fare con la montagna (es rifugisti ecc). Faccio un solo esempio:  se le regole generali prevedono per “tutti” i ristoranti una ben definita distanza fra i tavoli (oggi c’è chi dice 2 metri, ma c’è anche chi dice 4 metri…), questo varrà per ogni tipo si locale, compresi i rifugi, condizionandone alla fin fine la capienza anche in termini di pernottamenti.  Potrei fare un elenco infinito di tali situazioni che oggi non sono chiare.
     
    Non sto dicendo che i carabinieri andranno a visionare, ogni giorno, ciascun rifugio per fare o meno la multa. Però attenzione che se vale (come pare proprio di capire) il principio per cui i datori di lavoro, di qualsiasi settore produttivo, saranno responsabili (civilmente e penalmente) in caso di contagio a carico dei loro dipendenti, questo principio a maggior ragione si estenderà fra titolari di esercizi turistici (bar, ristoranti, hotel ecc ecc ecc fino ai rifugi) e clienti. Per cui il gestore di un rifugio che non si atterrà scrupolosamente alle regole in vigore (a prescindere dal fatto che le condivida o meno sul piano ideologico) potrebbe assumersi, magari senza rendersene conto, responsabilità non da poco. Tali responsabilità emergeranno solo in caso di “fattaccio” (in parole povere: comprovata situazione di contagio nel suo rifugio), ma proprio per questo un gestore avveduto dovrebbe fare molta attenzione, perché le conseguenze per lui potrebbero essere molto pesanti.
     
    Nessuno, oggi, sa quali regole davvero saranno in vigore nel corso dell’estate 2020 e meno che mai negli anni futuri. Magari si tornerà rapidamente a standard “normali”, magari invece ci sarà un quadro normativo molto severo oppure un’alternanza fra allentamenti e marce indietro. L’evoluzione dipenderà dalla cosiddetta curva epidemiologica che a sua volta condizionerà le autorità. Tra l’altro pare che si andrà verso una segmentazione normativa regione per regione (o forse addirittura a livello comunale, chissà), per cui certe regole potrebbero valere per i rifugi di certe vallate e non per quelli situati in altri luoghi.
    Per questo ribadisco che occorre attendere l’effettiva evoluzione del quadro normativo. A titolo personale stento a credere, allo stato attuale, che nell’immediato futuro (quanto meno per l’estate 2020) ci sarà un generalizzato “liberi tutti”. Questo varrà per i rifugi, ma all’interno di un quadro generale che delineerà cosa e come sarà fattibile.  Nell’articolo qui sopra ci si concentra sui rifugi e, per coerenza, il dibattito deve rimanere su questo specifico punto, ma ho già detto  nei giorni scorsi che, se resta la regola generale per cui l’attività sportiva sarà possibile esclusivamente in modalità individuale e con distanza minima di 2 metri (nonché uso costante di mascherina), in montagna ci saranno alcune attività che sarà possibile fare in coerenza con le norme (es: gite escursionistiche solitarie o in piccolissimi gruppi con persone distanziate fra di loro), altre che di fatto sarà impossibile concretizzare nel pieno rispetto delle norme in vigore (es arrampicata in cordata: non si può stare in tutte le soste ad almeno 2 metri di distanza, inoltre occorrerebbe indossare sempre la mascherina, bisognerebbe disinfettare rinvii e moschettoni ogni volta che li si passa da un componente all’altro della cordata ecc ecc ecc). Per ora stiamo a vedere cosa ci riserverà il futuro e poi ognuno valuterà se gli “piace” o meno frequentare la montagna coerentemente con le regole che saranno in vigore. Buona giornata a tutti.

  59. La scorsa domenica c’era piu gente nei pressi del rifugio che in paese , sono sicuro che la voglia della gente di andarci non creerà scompensi cosi alti agli introiti , ovviamente con regole “umane”, in questo momento vedo poche persone attenersi alle regole anti-contagio in modo corretto , è solo una questione di buonsenso come sempre , non sarà mettere un pezzo di plexiglass ad evitare i contagi o mettere disponibile un letto si uno no , si dovrà allora anche disinfettare gli appligli sulla roccia ?
    Infine a chi ha il desiderio della montagna senza rifugi e persone intorno vada in solitudine e nei tanti posti non di grido , l’avventura è assicurata .

  60. Come ho gia’ avuto modo di scrivere in passato, l’indisponibilita’ di rifugi ed altri mezzi diciamo facilitatorii, rendera’ la montagna meno accessibile ma la restituira’ a coloro che la vogliono vivere piu’ in solitudine e con sincerita’ totale. Per me, che soffro di infortuni pregressi, molte cime diventeranno off limits, ma e’ giusto cosi. Anzi sto ripensando a tutte le salite che ho fatto e che senza rifugio non avrei fatto o comunque che avrei fatte in numero minore. Per concludere alla fine che la cosa piu’ importante e’ provarci, con mezzi leali. 

  61. Sinceramente spero che avvenga un ripensamento totale sulla politica di insediamenti civili in montagna e l’accessibilità alle montagne delle masse alla sola ricerca del divertimento, o svago, venga rivista.

  62. Articolo molto interessante, che conferma la mia sensazione di fondo, ovvero che il comparto dei rifugi è entrato in una fase di disorientamento molto profondo. Disorientamento sia per gli utilizzatori, abituati al precedente modello, ma anche per i gestori, che al momento sono privi di punti di riferimento (normativi, comportamentali, economici…). Per ora è oggettivamente impossibile sbilanciarsi indiscutibilmente sul tipo di evoluzione futura, anche solo per l’esatte 2020, figuriamoci per le successive. Esempio: se cambia (nella quantità, nella distribuzione temporale, nel tipo di servizi richiesti…)  il numero di frequentatori di un certo rifugio, può darsi che non sia più economicamente vantaggioso gestirlo e potrebbe essere “abbandonato” Infatti: troppi nuovi costi (pannelli divisori, accorgimenti vari), troppe nuove responsabilità a carico dei gestori (immaginatevi cosa succederebbe se, risalendo ai contatti di un “infettato”, le autorità scoprissero che il contagio è avvenuto in un rifugio dove non si sono rispettate al millimetro le disposizioni di legge…) e troppo poco fatturato (perla riduzione delle presenze annue). Sarà un bel problema che non siamo oggi in grado di mappare con esattezza, anche perché varierà da rifugio a rifugio. Avremo sorprese piacevoli, come descritto nell’articolo, controbilanciate da altre impreviste e di segno negativo. Certo questo nuovo modo di “vedere” la montagna modificherà anche la tipologia dei frequentatori, secondo i criteri evidenziati nella citazione di John Muir e nell’interessante commento n. 1.

  63. certo che la presenza umana nei rifugi d’alta quota diventerà più rarefatta nell’estate 2020,dopo la fase 2 e 3 del covid-19.Ma questo è anche un bene se pensiamo che la montagna “vera” quella,per intenderci,dei primi salitori di fine 800 non conosceva rifugi nè bivacchi e tantomeno sentieri con tanto di segnavia marcati con vernice al minio.Se si vuole veramente apprezzare la montagna e trarne i benefici mentali e caratteriali che derivano dal muoversi in ambiente estraneo e se vogliamo ostile,è opportuno farlo con più autonomia possibile,cioè da soli senza punti di riferimento che possano in qualche modo rassicurarci da possibili rischi.Insomma se ci si vuole temprare il fisico e forgiare il carattere è meglio farlo immergendosi fino in fondo nell’ambiente di montagna,senza la speranza di incontrare punti di appoggio e senza timore di perdersi o di precipitare (nec spes nec metu,come direbbero i Latini).

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