Il Monte Thabor in sci: fiore dai mille petali

Il Monte Thabor in sci: fiore dai mille petali
di Carlo Crovella
(pubblicato su caitorino.it/montievalli il 12 febbraio 2019)

Il Monte Thabor è la vetta più conosciuta della Valle Stretta. Anzi, sovente è l’unica vetta conosciuta della Valle Stretta, specie in versione scialpinistica. Da un lato ciò testimonia l’importanza del Thabor, dall’altro è sensibilmente riduttivo nei confronti delle numerose possibilità scialpinistiche offerte da questa bellissima valle.

Infatti la Valle Stretta, poco più in là di Bardonecchia (quindi a un’ora e mezza scarsa da Torino) annovera quasi una cinquantina di itinerari sciistici, se consideriamo i due fianchi orografici e la testata. Di questi itinerari la maggior parte presenta caratteristiche di sci ripido e quindi travalica gli obiettivi e l’attività di uno scialpinista tradizionale. Ma resta una ventina di percorsi di stampo tradizionale, uno più intrigante dell’altro e spesso poco conosciuti alle nuove generazioni di scialpinisti. Inoltre si può sguinzagliare la fantasia e inanellare numerose combinazioni dei percorsi base, creando dei giri ad anello (quelli che i francesi chiamano “boucle”), moltiplicando così le possibilità quasi all’infinito.

Nei pressi della vetta del Monte Thabor: vista sul Delfinato. Foto: Jérôme Obiols, www.jeromeobiols.com

La Valle Stretta è percorribile lungo tutta la stagione sciistica, dalla prime nevicate fino alla primavera avanzata. In caso di abbondante innevamento, si parte in sci dal Pian del Colle (o, meglio, dal casotto dell’ex dogana poco a monte del piano), mentre in primavera si giunge normalmente in auto fino ai rifugi, situati in corrispondenza delle Grange di Valle Stretta. In tal caso si renderà necessario il portage degli “assi” fino al Pian della Fonderia. In compenso sono in genere garantite condizioni molto favorevoli allo sci nella parte superiore degli itinerari.

In questo spettacolare giardino, che annovera così tante gemme sciistiche, il Monte Thabor rimane il principale punto di riferimento, pur non essendo la vetta altimetricamente più elevata della valle (la Rocca Bernauda lo batte di 50 metri). Grazie ai suoi fianchi possenti e spadroneggianti, il Thabor è il vero re dei luoghi, mentre le Bernauda si presenta più come una Regina, nervosetta e non facile da addomesticare.
Il Thabor è un fiore pregiato fra gli scialpinisti, che infatti conoscono da tempo immemore la sua via normale. Si tratta però di un fiore dai mille petali, perché sulle sue pendici si snodano numerosi itinerari: pensare quindi alla normale del Thabor come la sua unica possibilità scialpinistica è sensibilmente riduttivo nei confronti di questa montagna.

La bellezza di questi pendii è testimoniata dal fatto che la nota raccolta di itinerari scialpinistici intitolata Dal Monviso al Sempione (Roberto Aruga – Cesare Poma, Edizione CDA, Torino, 1974) presenta proprio il Thabor nella foto di copertina, come a voler dare un esplicito esempio di terreni creati apposta per splendide discese.

La Cappella del Monte Thabor: sullo sfondo la Rocca Barnauda (al centro) e, a destra, la cresta Baldassarre-Rocca Pompea. Foto: Jérôme Obiols, www.jeromeobiols.com

La possibilità di creare combinazioni di itinerari ripropone il gusto della novità anche per chi sul Thabor è già salito più volte. L’ampio versante meridionale, quello che chiude la Valle Stretta, riserva almeno quattro percorsi, che possono essere collegati ad anello. La scelta più gettonata comprende la salita per la via normale e l’inebriante discesa per la Comba del Lago Bianco.

Si aggiunge inoltre il Tour del Monte Thabor, una vera cavalcata che supera tre colli, si affaccia su quattro valli (Valle Stretta, Valfréjus, Bissort e Valmenier), consentendo anche una puntata in vetta, con la scelta di una delle discese verso il Pian della Fonderia.

Qui di seguito si segnalano gli itinerari scialpinistici più interessanti del Thabor, tralasciando invece i canali ripidi, che si affacciano sul suo versante nord: chi fosse interessato può trovare la loro descrizione in bibliografia.

Sfogliare tutti i petali del Monte Thabor può richiedere ben più di una puntata in questi luoghi e magari, cammin facendo, nascono altre idee fra le mille gemme sciistiche della Valle Stretta.

Dalla vetta, panorama verso Sud. Foto: Carlo Crovella.

Bibliografia di riferimento sul Monte Thabor e sulla Valle Stretta
1) L. Volle – J.B. Abelè – J. Audenino, Toponeige Cerces-Thabor-Ambin, Volopress, Grenoble, 2013
2) R. Barbiè – J.C Campana, Dal Monviso al Colle del Moncenisio, Blu Edizioni, Torino, 2004
3) M. Grilli, Dalle Alpi Liguri alla Val Susa, Grafica LG, Torino, 1991
4) R. Aruga – C. Poma, Dal Monviso al Sempione, Edizioni CDA, Torino, 1974
5) R. Aruga – P. Losana- A. Re, Alpi Cozie Settentrionali, CAI-TCI, Milano, 1985.

Cartografia
1) IGN (francese) 1:25.000, N. 3535 OT, Névache-Mont Thabor
2) IGC 1:25.000, N. 104, Bardonecchia-Monte Thabor-Sauze d’Oulx
3) Fraternali 1:25.000, N.1, Alta Valle di Susa
4) IGC 1:50.000, N.1, Valli di Susa, Chisone, Germanasca
5) Fraternali 1:50.000, N. 50-1, Alta Val di Susa, Alta Val Chisone, Val Germanasca.
Nota: nelle descrizioni vengono riportate, come prima scelta, i toponimi e le quote tratti dalla carta IGN francese.

Rifugi
1) Rifugio I Re Magi, Grange di Valle Stretta, 1769 m, www.iremagi.it
2) Rifugio Terzo Alpini, Grange di Valle Stretta, 1790 m, www.terzoalpini.it
3) Refuge du Mont Thabor, Lacs St. Margherite, 2502 m, www.refugeduthabor.com
4) Refuge Drayères, testata Valle de la Clarée, 2180 m, www.refugesclareethabor.com
5) Per la ricettività in zona Bardonecchia: Azienda di Soggiorno tel 0122-902612
6) Info condizioni e organizzazione uscite: Chalet delle Guide (Bardonecchia) tel 0122-96060.

Refuge du Mont Thabor. Foto: Jérôme Obiols, www.jeromeobiols.com

Accesso alla Valle Stretta. Si percorre l’autostrada per il Fréjus fino all’uscita di Bardonecchia. Superato un sottopasso (ferrovia), si giunge alla rotonda principale, all’altezza della stazione. Si svolta a sinistra verso Melezet e, superato questo abitato, si imbocca la Valle Stretta. Si oltrepassa il campeggio e si giunge al parcheggino della ex-dogana. In genere fino a tale gabbiotto, quotato 1460 m, la strada è tenuta pulita. Da metà-fine aprile normalmente si arriva in auto al parcheggio posto all’inizio delle Grange di Valle Stretta 1769 m.

Dislivelli: è indicato il dislivello totale in salita con partenza dalle Grange di Valle Stretta 1769 m. Se la strada è bloccata al gabbiotto dell’ex-dogana, occorre aggiungere 310 m di dislivello e un discreto spostamento (un’oretta abbondante in sci).

Orari di percorrenza: vengono riportate indicazioni sui tempi di salita, ma in modo approssimativo, perché oggi sono diversissimi i ritmi individuali. In ogni caso si tratta di gite abbastanza lunghe e da non sottovalutare, specie nelle giornate invernali.

Scala di difficoltà scialpinistica: sconfinando volutamente nella divulgazione didattica, al fine di abituare anche i lettori italiani alle novità, per la classificazione degli itinerari descritti si riporta la Scala Volopress, erroneamente considerata dagli scialpinisti tradizionali come un’esclusiva degli itinerari di sci ripido. In realtà tale scala (con 3 sottogradi fino al livello 4 e il livello 5 aperto verso l’altro) codifica qualsiasi itinerario in sci, estendendosi dal grado 1.1 fino all’attuale 5.5. Il massimo impegno richiesto da itinerari con caratteristiche classiche si pone al livello 3.3. (OS-OSA della Scala Blachère). Gli itinerari qui descritti registrano livelli di 2.3, corrispondente al limite superiore del BS della Scala Blachère. La Scala Volopress è accompagnata anche dalla gradazione dell’esposizione al rischio (inteso come conseguenze di una caduta dello sciatore), contrassegnata dalla lettera E e da quattro livelli numerici, di cui il massimo (E4) corrisponde alla “caduta fatale”. Quest’ultimo risvolto non tiene minimamente conto del rischio valanghe, la cui valutazione del momento è lasciata ad ogni singolo individuo. In condizioni stabili gli itinerari descritti non presentano in genere particolari rischi di valanghe (ad eccezione della salita al Col des Meandes e, soprattutto, del Col Peyron), ma tutto è sempre demandato alla capacità valutativa individuale.

Periodo ideale per le gite: seppur percorribili anche in inverno, gli itinerari del Thabor offrono il meglio di sé nel pieno della primavera, quando tutta la valle (in particolare la testata) brilla al sole per i pendii di firn cotto a puntino.

In salita: a sinistra il Grande Adritto, al centro la vetta del Thabor, a destra i Serous. Foto: Carlo Crovella.

Itinerari scialpinistici del Monte Thabor
1) Via Normale per il Vallone del Desi­nare
Difficoltà: 2.3 E1.
Dislivello: 1409 m.
Tempo in salita: 3.30 – 4 ore.

Una gran classica (molto frequentata) che non può mancare nel palmares di qualsiasi sciatore alpinista. Offre un’interessante discesa, ma spesso si utilizza questo itinerario come via di  salita, preferendo altre discese ancora più accattivanti come quella per la Comba del Lago Bianco (itin. n. 2).

Descrizione: Dalle Grange di Valle Stretta si percorre il fondovalle (senza neve in primavera) fino al Pian della Fonderia, 1911 m. Ci si innalza alla propria sinistra verso il caseggiato di una colonia alpina e successivamente si accede al Ponte delle Pianche, 2204 m. Si imbocca, con direzione nord-ovest, l’evidente Vallone del Desinare, sottostante al castello roccioso dei Serous. Al Col des Meandes, 2727 m, si incontra l’itin, n. 4. Si procede sempre in direzione Nord Ovest verso l’evidente vetta.

In salita sotto ai Serous: a destra si scorge il pinnacolo della “Giraffa”. Foto: Carlo Crovella.

2) Per la Comba del Lago Bianco
Difficoltà: 2.3 E1.
Dislivello: 1409 m.
Tempo in salita: 4 ore.

Per i suoi splendidi terreni, questa comba viene principalmente utilizzata come discesa, anche se costituisce una via di salita alternativa per gli appassionati della solitudine.

Descrizione: Per la salita, dal Ponte delle Pianche 2204 m, si prosegue verso ovest fin verso i 2400 m, quando si deve puntare (alla propria destra) verso la comba in questione. L’imbocco della stessa si trova compreso fra i due picchi rocciosi denominati Grande Adritto e Torrioni Meccio. Appena entrati nella comba si incontra il Lago Bianco 2614 m. Si prosegue nell’evidente vallone, puntando in uscita verso destra, in direzione della vetta. Chi è salito dalla normale, deve distaccarsene (verso la propria destra) proprio ad inizio discesa, imboccando dall’alto l’evidente comba compresa fra il Roc de Valmenier 3025 m, e la costiera che termina con il Grande Adritto. L’esposizione sudorientale garantisce normalmente uno splendido firn primaverile, a patto che si scenda all’ora giusta.

3) Per la Comba del Lago Chardonnet
Difficoltà: 2.3 E1.
Dislivello: 1409 m (più 250 m circa per lo scavalcamento della Rocca Chardonnet).
Tempo in salita: 4 ore (più un’oretta scarsa per la Rocca Chardonnet).

In salita questo itinerario è utilizzato da chi desidera calcare anche la vetta della Rocca Chardonnet, che costituisce il punto più occidentale della Penisola Italiana, mentre si opta in genere per la discesa verso il Lago Bianco (più remunerativa dal punto di vista sciistico).

Descrizione: In salita con l’itin. n. 1 si raggiunge il Ponte della Pianche 2204 m, da cui si prosegue in direzione Ovest. Si tralascia la diramazione per il Lago Bianco e si imbocca la successiva comba, caratterizzata dall’evidente pinnacolo di Torrioni Meccio (posto alla propria destra). In breve si giunge al Lago Chardonnet 2599 m, dove si aprono due possibilità. Si può puntare (direzione nord-ovest) al Col de Valmeinier 2865 m. Oppure dal lago ci si tiene decisamente più a sinistra (ovest pieno) e si raggiunge il Col des Muandes (detto anche Col Laval) 2828 m (2836 m per l’IGM italiano). Da tale valico si sale per la facile cresta sud fino alla Rocca Chardonnet 2950 m, da cui si cala al Col de Valmenier tramite la meno banale cresta nord-est. Dal suddetto valico ci si tiene sul versante ovest del Roc de Valmenier e, transitando per i resti dell’omonimo ghiacciaietto, si perviene al Col de la Chapelle (detto anche Passo della Comba del Lago Bianco) 2943 m. Da qui si punta alla vetta, tagliando decisamente verso destra (nord-est) la parte alta della Comba del Lago Bianco (valutare attentamente l’assestamento nivologico, in caso di dubbio conviene tracciare un semicerchio passando nei pressi della Punta Melezet). Volendo effettuare la discesa per questo itinerario occorre tornare al Col de Valmenier e da lì calare sul Lago Chardonnet.

Vetta del Monte Thabor. Foto: Jérôme Obiols, www.jeromeobiols.com

4) Per il Lago Peyron e il Col del Meandes
Difficoltà: 2.3 E1.
Dislivello: 1392 m.
Tempo in salita: 4 ore.

Si tratta di una variante di accesso al canalone finale della normale. Non molto remunerativa in discesa, la si percorre quasi esclusivamente in salita. Il tratto fra il Piano di Tavernette e il Col del Meandes, data l’esposizione complessivamente settentrionale dei pendii, può presentarsi in uno stadio arretrato nell’evoluzione nivologica, rivelandosi quindi pericoloso: la situazione va valutata al momento.

Descrizione: Con l’itin. 1 si raggiunge il Pian della Fonderia 1911 m, e, anziché salire a sinistra, si prosegue diritti infilandosi nel Vallone di Tavernette (come per dirigersi verso il Colle di Valle Stretta). In corrispondenza del Pian di Tavernette, intorno ai 2300 m, si imbocca alla propria sinistra (nord-ovest) l’evidente Vallone Peyron. Lo si percorre per circa un terzo, fino a circa 2425 m, dove si svolta decisamente a sinistra (direzione sud-sud-est), per salire l’erto pendio (rischio valanghe) che sorregge il Lago Peyron 2441 m. Dal lago si prosegue ancora un po’ verso sud-est finché il termine della bastionata rocciosa soprastate permette (circa 2575-2600 m) di svoltare decisamente a destra (direzione ovest-nord-ovest) per immettersi nel valloncello denominato Les Chances du Peyron, tramite il quale si perviene al Col des Meandes 2727 m. A questo punto ci si collega alla via normale (itin. n. 1).

Nel tratto fra i Serous e la vetta, la vista spazia verso la Rocca Bernauda (al centro) e la cresta Baldassarre-Rocca Pompea. Foto: Carlo Crovella.

5) Boucle del Thabor da Névache
Difficoltà: 2.3 E1.
Dislivello: 1° giorno: 590 m (353 m da Fontcouverte); 2° giorno: 1525 m (complessivo).
Tempo in salita: 1° giorno: 2 ore (1,30 da Fontcouverte); 2° giorno: 5 ore (complessive).

Si tratta di un ghiotto suggerimento che proviene dagli scialpinisti francesi, nel cui ambiente “tira” molto l’idea di questi giri ad anello, da loro battezzati boucle. L’invenzione dei transalpini fornisce un pretesto in più per un’ulteriore cavalcata sulle pendici del Thabor. Il dislivello non è insuperabile, ma lo spostamento da Névache a Névache rende quasi improponibile (anche se non impossibile) l’effettuazione in giornata di questo giro. Va precisato inoltre che in primavera si riesce ad arrivare in auto fino ai Chalets de Fontcouverte 1857 m. In ogni caso spezzare la gita in due consente di trascorrere una splendida serata al refuge Drayerés che, nei mesi innevati, è letteralmente sperduto in fondo alla valle.

Descrizione: 1 giorno: da Névache si risale l’intera alta valle fino al rifugio. 2 giorno: dal rifugio ci si dirige verso est sul classico itinerario della Gran Tempesta, tenendo preferibilmente il centro del vallone. A circa 2500 m si obliqua verso sinistra, prendendo l’evidente ramo settentrionale del vallone. Si oltrepassa il Lac des Muandes 2580 m e a quota 2650 m si tende verso la propria destra (nord-est), raggiungendo così il Col des Muandes 2828 m (2836 m per l’IGM italiano). A questo punto ci si collega all’itin. n. 3, scavalcando la Rocca Chardonnet e proseguendo per la vetta principale. In discesa si può optare per una delle tre possibilità che portano al Ponte delle Pianche 2204 m. Attraversato il torrente, si ripella e si risale l’evidente percorso che conduce al Colle del Vallone 2645 m. Dal valico si segue per intero il Vallon, che, con direzione sud, riporta a Névache.

Rocca Bissort da poco sopra il refuge du Mont Thabor. Foto: Jérôme Obiols, www.jeromeobiols.com

6) Tour del Thabor
Difficoltà: 2.3 E1.
Dislivello: 1 giorno: 733 m; 2 giorno: 925 m.
Tempo in salita: 1 giorno: 1.30 – 2 ore; 2 giorno: 4.30 ore.

È il classicissimo Giro del Thabor, noto da tempo, ma sempre molto intrigante. Specie con i ritmi odierni è fattibilissimo in giornata (utilizzando la variante del Col Peyron, con gli accorgimenti nivologici del caso, vedi sotto), ma il pernottamento nel piccolo e accogliente refuge di Mont Thabor è un’esperienza da non perdere.

Descrizione: 1° giorno: con l’itin. n. 4 si giunge nel Vallone di Tevernette, che si percorre interamente fino al Colle di Valle Stretta 2434 m (2446 m per l’IGM italiano). Senza perdere quota, si traversa verso sinistra fino al rifugio. 2° giorno: dal rifugio ci si incammina in direzione ovest, puntando al Col du Cheval Blanc 2791 m. Oltrepassato il valico, si attraversa interamente la comba sottostante al versante nord del Thabor, in direzione del Passage du Pic du Thabor 2952 m, posto a nord-ovest dell’omonima vetta rocciosa. Tolte le pelli, si cala sul sottostante Lac Source 2728 m, proseguendo ancora un po’ fin verso i 2700 m di quota. A questo punto rimesse le pelli, si vira con decisione alla propria sinistra (est–sud-est) e si sale al Col de la Chapelle 2943 m, dal quale, ricongiungendosi al tratto finale degli itin. n. 3 e 5, si guadagna la vetta. In discesa si può optare per una delle tre possibilità che, transitando per il Ponte delle Pianche 2204 m, riconducono al Pian della Fonderia. Nota: è possibile abbreviare l’accesso alla comba settentrionale del Thabor valicando il Col Peyron 2851 m, al termine dell’omonimo vallone (vedi itin. n. 4). Occorre però un manto nevoso assolutamente stabilizzato, in particolare nel ripido tratto finale (posto sottovento), compreso fra quota 2550 m circa e il Colle stesso, 2851 m. Come sempre accade in montagna, situazioni del genere richiedono di non aver dimenticato a casa la “testa”.

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Il Monte Thabor in sci: fiore dai mille petali ultima modifica: 2020-12-12T05:45:15+01:00 da GognaBlog

10 pensieri su “Il Monte Thabor in sci: fiore dai mille petali”

  1. Buonasera,
    Ne approfitto per  aggiungere che la cappella del Thabor a cui siamo tutti fortemente legati, necessità di interventi urgenti ormai da diversi anni. Personalmente seguo la questione molto spinosa, legata alla proprietà in seguito al trattato di Parigi del 1947. Dovrebbe essere ovviamente proprietà del comune di Bardonecchia ma sul territorio francese. Dopo aver coinvolto associazioni, CAI, sindaci, prefetti, ministri sembra che il Vescovo di Gap sia riuscito a muovere le coscienze in particolare del Prefetto della regione PACA. La strada sarà lunga… e i costi alti.
    L’associazione gli amici di Névache ha creato una raccolta fondi per chi volesse condividere il link con gli amanti della Valle Stretta
    https://www.helloasso.com/associations/amis-du-patrimoine-religieux-de-nevache/collectes/salvaguardia-della-cappella-del-thabor

  2. Massì Renzo, certo che, ieri, ti ho immediatamente riconosciuto! Non ci vuole molto: ai 94 anni ci sono arrivato al volo…, ma la questione oggettiva non cambia, anche se si coinvolto tu e non uno “sconosciuto”… Sul punto temo, ieri, di non essermi spiegato bene, diciamo così. Ci riprovo: nella tradizione, specie torinese, si è sempre detto e scritto Tabor, per cui le tue citazioni sono fondate e storicamente inoppugnabili, ma le cose sono cambiate, specie negli ultimi anni. Infatti da circa 15-20 anni anche la cartografia e la letteratura italiana di recente produzione hanno ormai incorporato il toponimo Thabor, alla francese. Per cui oggi come oggi scrivere Tabor in un testo ufficiale risulta fuori dalla consuetudine dominante. Ieri ti ho fatto l’esempio di un testo (Guida Monti d’Italia) che riporta entrambi i toponimi, ma appunto è un testo “datato”, perchè risale al 1985, cioè 35 anni fa, mentre (sempre ieri) ho citato due carte di recente produzione (prese al volo nel mio archivio), che, seppur prodotte in Italia da organizzazioni indiscutibilmente italiane, riportano esclusivamente il toponimo Thabor. Oggi in testi ufficiali si utilizza solo Thabor: non mi vengono in mente testi o carte recenti che, seppur di produzione italiana, utilizzino il toponimo Tabor. Magari esistono ma sono una minoranza destinata a ridursi progressivamente. Probabilmente l’utilizzo oggi dominante del toponimo francese deriva dal fatto che la Valle Stretta, per “colpa” degli accordi post bellici, è territorio francese da oltre 70 anni. Ciò nonostante, per diversi decenni in ambiente italiano perdurò ancora la tradizione Tabor. Direi fino a metà dei ’90. Poi piano piano ha preso il sopravvento il toponimo francese e da 15-20 anni è la consuetudine dominante: ecco dov’è la differenza fra i testi “datati” e quelli recenti. Può darsi infine che, nella mia personale preferenza di oggi per il toponimo Thabor, incida inconsciamente la mia propensione culturale di stampo francofilo e francofono (tra l’altro retaggio dell’impostazione della mia famiglia che tu ben conosci), ma anche se si tratta di una preferenza individuale e soggettiva (e non è solo così per le motivazioni editoriali che ho addotto), che rilievo ha? Il terreno non cambia e neppure la bellezza delle discese, con una “h” in più o in meno… Approfitto dell’occasione per inviarti i mie migliori auguri di Buone Feste. Ciao!

  3. Mi permetto amichevolmente di insistere. Se vai a leggere sul Ferreri, pag 19 del 3° volume, 1927, troverai che il nome a questa punta sarebbe stato imposto nel XIV secolo da un  pellegrino di ritorno dalla Terra Santa con il Monte della Trasfigurazione, che era il monte Tabor senza h. Ad abundantiam aggiungo che a Bardonecchia ci sono un Albergo Tabor e le Caserme Tabor.                                                        A titolo personale ti dico che 94 sono gli anni che ho sul gobbone e che conobbi e frequentai la tua famiglia prima ancora che tu nascessi. Ciao, Renzo                                                                  

  4. @6: mi permetto amichevolmente di dissentire. Il toponimo orami universalmente utilizzato è Thabor. Che poi lo si utilizzi confidenzialmente nella versione Tabor non produce danni, ci mancherebbe. Tuttavia va precisato che anche la bibliografia e la cartografia italiana stanno orientandosi sempre più a favore del toponimo Thabor. Cfr: Carta IGC 1:25.000 n. 104 oppure Carta Meridiani Montagne 1:50.000. Può darsi che altre fonti italiane utilizzino ancora il toponimo Tabor (senza h) ma la mia ricerca al volo non le ha evidenziate. La Guida Monti d’Italia CAI-TCI, volume Alpi Cozie Settentrionali cita entrambe le versioni, ma si tratta di un volume del 1985: negli ultimi 15-20 anni la consuetudine è significativamente cambiata. Quello che non cambia è (per fortuna!) il terreno e lì le discese in sci sono molto belle, con “h” o senza “h”. Ciao!

  5. D’accordo che Thabor fa chic però da noi si è sempre detto Tabor. Thabor è solo nella cartografia e letteratura francese.

  6. Fatta un paio di volte la traversata con sci da fondo Valle Stretta-Névache, il monte Thabor ammiccava in fondo alla valle. Una vetta imponente dal nome biblico doveva essere presa in considerazione. Da triestino, slegato da alpinisti locali, non mi restava che fare una solitaria. Né guide né descrizioni dell’itinerario, tutto a buon senso e intuito. Sarà stato 20 anni fa, periodo natalizio. Neve profonda, morbida, poco adatta alle mie non proprio eccelse doti sci-alpinistiche. L’ambiente spettacolare, solitario, mi ha ripagato delle fatiche sia di salita che di discesa. Non era certo periodo da firn! Fu come il coronamento di un sogno, come nel caso delle ben più prestigiose vette del  Gran Paradiso, Monte Rosa e Lyskam, Monte Bianco, del Tacul, Dome de Gouter, Monviso.

  7. Novità il capo che si occupa di scialpinismo…ottimi spunti per la stagione dpcm permettendo..

  8. Oggi Crovella sconfina e dilaga, dal Gogna Blog al Totem e Tabù. Siamo davanti a una sua Opa su Sherpa?
     

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