La lezione della Marmolada: alpinismo con libertà, responsabilità e conoscenza del cambiamento climatico.
Il pericolo non si affronta con l’ossessione della sicurezza
(intervista ad Alessandro Gogna)
di Francesca Noceti
(pubblicato su agenda17.it il 5 dicembre 2022)
Marmolada, 3 luglio 2022, ore 14.30: un’enorme massa di ghiaccio si stacca dalla parte alta del ghiacciaio e scivola a valle, trascinando detriti e uccidendo undici alpinisti.
Subito parte la litania dei “si poteva” e dei “si doveva”: prevedere, informare, monitorare, vietare. Con gli inevitabili colpevoli individuali e istituzionali che, a vario titolo, non hanno previsto, informato, monitorato, vietato. La tragedia, si dice, sarebbe stata certo evitata se fossero state messe in atto le giuste misure di divieto, monitoraggio, informazione e prevenzione. Un circolo vizioso che pare individuare nella strada normativa dei regolamenti, dei divieti e dei patentini l’unica possibile per frequentare la montagna in sicurezza.
Addio dunque al mito dell’alpinismo avventuroso e libero? Lo abbiamo chiesto ad Alessandro Gogna.
“Io sono ottimista, resto sul sentiero della libertà. Credo che tutte queste normative non ci saranno o saranno transitorie, e che alla fine prevarrà il buon senso. Non nascondiamoci che questo gioco dell’andare in montagna muove anche parecchi interessi economici, quindi non potrà mai essere regolamentato in maniera eccessiva”. Attenzione però, ci mette subito in guardia Gogna, a non confondere la libertà con l’incosciente e infantile irresponsabilità. “Quando parlo di libertà, intendo sempre la libertà di scegliere consapevolmente e responsabilmente”. Libertà e consapevolezza dunque, un tema al quale Gogna è attento da molti anni. È del 2011 una serie di sue riflessioni, suscitate dagli incontri con gli alpinisti francesi delle Assises de la Montagne et de l’Alpinisme, sulla questione della cosiddetta “securizzazione”, cioè dell’ossessione per la sicurezza e delle sue conseguenze per l’alpinismo. Nel 2014, poi, si fece portavoce di una Lettera aperta a Raffaele Guariniello, Pubblico ministero di Torino, da parte dell’Osservatorio della libertà in montagna e in alpinismo. In quella lettera Gogna analizzava in dettaglio i concetti di libertà, sicurezza, rischio, consapevolezza e responsabilità, declinandoli sulla pratica alpinistica.
“La libertà in alpinismo – si legge nella lettera – è facoltà di determinare in autonomia le scelte che ci riguardano, sia come singoli che come componenti di una collettività, ma con la consapevolezza del rischio che si corre e dei danni ad altri che possono derivarne. Non esistono la pretesa e la certezza di essere soccorsi sempre, comunque e in ogni condizione”. Questa pretesa, aggiunge oggi, “è un errore culturale grave, da combattere al massimo”.
La libertà non va limitata ma autoregolamentata coscientemente
Dopo la tragedia in Marmolada, con la crisi climatica, è cambiato qualcosa nella riflessione iniziata dieci anni fa?
“No, i principi dichiarati allora restano validi anche adesso. Come alpinista, e come uomo, sono convinto che l’essere umano abbia bisogno di uno spazio di libertà, di autodecisione. Questo spazio ci deve essere. Che poi sia in montagna o in altre zone avventurose questo è poco importante: che sia il mare, che sia la grotta o che sia la traversata dell’Antartico”. A cambiare è la società, che è diventata sempre più schizofrenica: “assistiamo – continua Gogna – a una deriva globale. Da una parte c’è una richiesta sempre più stringente di sicurezza, dove il cittadino tende a ‘farsi servire’ dal punto di vista della responsabilità. Dall’altra dilaga la filosofia del ‘no limit’, che intacca pericolosamente l’atteggiamento di rispetto e attenzione che dovrebbe avere un amante della montagna e della natura. Ma non esiste libertà senza limiti. Solo se abbiamo dei paletti tra i quali ci possiamo aggirare e scegliere una strada, possiamo essere persone libere”.
La libertà di cui parla Gogna non è quella che si divincola ciecamente dalle maglie delle norme e dei divieti. È, semmai, quella che non ha bisogno né di regole né di divieti, perché autoregolamentata, educata, cosciente.
Il Manifesto della Marmolada
Nella stessa direzione vanno i cinque principi enunciati nel recente Manifesto delle Guide Alpine venete, prodotto proprio in ricordo e come risposta istituzionale ai fatti di luglio sul ghiacciaio dolomitico. Diritto alla frequentazione libera, etica e responsabile; educazione e conoscenza; rifiuto della visione della montagna come infrastruttura di svago regolamentata; attenzione ai cambiamenti climatici; partecipazione: questi in estrema sintesi i punti del Manifesto. “Forse – commenta Gogna – è proprio in quel documento che possiamo leggere un’attualizzazione della riflessione sul tema ‘alpinismo e libertà’. Sono rimasto piacevolmente sorpreso e colpito dall’uscita di questo Manifesto. Le Guide Alpine venete sono una realtà importante e autorevole nel mondo alpinistico, e in quel documento hanno fatto dichiarazioni ferme e coraggiose. Proprio quello che ci voleva in questo momento”.
Al primo punto del Manifesto si parla del “sapere che viene dall’esperienza” come fattore di mitigazione dei rischi oggettivi. Tra le tante e confuse voci che si sono levate subito dopo il crollo del ghiacciaio, si è anche detto che agli alpinisti della Marmolada mancava forse questo sapere.
In quella tragedia, esperienza e incoscienza non c’entrano
“Ho cercato di mettermi nei panni di coloro che si son trovati quest’estate sulla Marmolada – afferma Gogna – Se io fossi stato lì, con i miei amici, sarei salito e sceso dal ghiacciaio senza aver dubbi sulla sua pericolosità. Francamente niente faceva pensare che avrebbe potuto staccarsi una fetta di ghiaccio grossa come quella. Perché non c’era niente che pencolava, niente che potesse cadere giù da un momento all’altro”.
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A proposito di Acquile, tanto per divagare da certa noia, ricordo che mi ritrovai a discutere col direttore di una pubblicazione locale, che era un famosissimo giornalista televisivo, il quale sosteneva che il cognome del noto dittatore nazista fosse Hittler!
Il giornalista era romano, convinto di ciò che diceva e a nulla valse il mio fargli notare l’errore nell’editoriale da lui scritto, che venne pubblicato nella rivista con la doppia “t”.
Anzi, questa mia supposta saccenza venne premiata con l’espulsione dalla redazione del sottoscritto.
Suddetto giornalista continuò il suo lavoro in TV e altrove con il successo di sempre, fino a che morì.
“La prego di spiegarmi quali occulti poteri consentono 3 morti bianche al giorno pur avendo, a detta Sua, possibilità di evitarlo. “
Avere la possibilità non significa volerlo fare…perché costa troppo, perché non saremmo più concorrenziali, perché una possibilità su mille, perché non accade a me.
Perché è inevitabile: il modo più intelligente ed efficace di pensare per risolvere il problema!
Va beh Pasini, è un po’ sconfortante capire di predicare nel deserto. Le sembrerà strano e comico, ma quello che dico è vero, non racconto balle per definizione, che mi venga un accidenti se ho detto bugie o sono in malafede. Inoltre è vero, condivido per carità cristiana le mie conoscenze proprio per aiutare le persone ad uscire dall’inganno che viene creato ad arte. Non riesco però ad ottenere risultati vedo. Me ne dispiaccio più che per me per le persone che non credono a quello che dico. Tanto so che il tempo è galantuomo e mi darete tutti ragione, ma sarà troppo tardi (mi riferisco in particolar modo a: andiamo verso un default generalizzato dei debiti entro qualche anno al massimo un decennio, andiamo verso una dittatura a base tecnologica (se la gente non si sveglia), andiamo verso un’estensione del conflitto ukraino al resto dell’Europa e ad un’estensione ad altri paesi extra Europa (serve come scusante per i default, per la frammentazione multipolare del mondo e per togliere tutto alla classe media), andiamo verso un raffreddamento della Terra e non un riscaldamento sulle tempistiche non mi esprimo perché preso da studi altrui ove non ho le adeguate competenze per valutare, ma credo nell’arco di 10 massimo 20 anni, si parla di un periodo di 50 anni di raffreddamento brusco del pianeta). Accetto comunque la sua ironia-comicità’, meglio così che insulti o termini fuori luogo detti da qualcuno qui sul forum. Chiudo qui su questi argomenti così riprendete la tematica di base del topic e così vi crogiolate sulle vostre granitiche certezze del riscaldamento globale, a no! scusi, climate change… Buona serata.
Stefano. Mi scusi tanto ho scritto aquile con cq. Purtroppo l’ignoranza e la bassa scolarità sono un duro fardello da portare, conto sulla sua misericordia per le miserie umane.
Stefano. Mi meraviglio che abbia pensato che parlando di zanzarizzazione io volessi fare riferimento a lei. Cosa mai glielo ha fatto pensare? Lei ha fatto studi universitari, conosce a menadito Pareto, ha fonti autorevoli di prima mano nell’elite, sa come funziona il mondo finanziario ed è persino riuscito a spiazzare con le sue analisi un boss del sistema bancario italiano. E invece di tenere tutto per se mette a nostra disposizione, con generosità, gli Arcana Imperii. È vero, come dice Crovella (che un po’ la invidia e rosica) che noi ex mili-tonti, cantori dei diritti e della fluidità, aspiranti cani san bernardo con fiaschetta pronti a salvare dalla morte in canottiera e infradito anche infami cannibali,,rinchiusi nelle ZTL dei grandi centri urbani del nord, abbiamo perso ogni contatto con la realtà, ma ancora sappiamo distinguere il volo delle zanzare da quello delle acquile. Mi stia bene e mi saluti Pareto, che se non sbaglio giocava nel Tolmezzo, prima di cadere nella dipendenza dall’alcol, problema che putroppo affligge, oltre alle ZTL ( dove però compete con gli psicofarmaci e la cocaina) anche le zone alpine.
66.Sign. Matteo, io sarò pure un imbecille come Lei insindacabilmente mi definisce, allora La prego di spiegarmi quali occulti poteri consentono 3 morti bianche al giorno pur avendo, a detta Sua, possibilità di evitarlo. Grazie dell’educazione dimostrata
@Pasini. Innanzi tutto i miei non sono né complimenti nel senso diretto né in quello avverso di “offese”. Sono constatazioni oggettive. Se hai la pazienza di guardare il video che ti ho linkato comprendi al volo cosa affermo. Con tutta ‘sta prosopopea sui diritti, sul politically correct, sull’inclusione….. voi ex PCI oggi intellettuali di sinistra (ma cos’è la sinistra, oggi???) vi siete persi il contatto con la realtà. Non solo a Mirafiori, anche su una banalità come lo scambio di vedute sull’andar in montagna. Che rilievo ha, per l’efficacia del ns dibattito, se è sensato o meno usare il “voi” o il “chi crede”? Nessuno, la sostanza delle riflessioni verte su altri risvolti.
Piuttosto il commento 69 ti ha chiamato direttamente il causa. Vediamo se preferisci interfacciarti con tipettini del genere… Magari scopri che alla fin fine è meno faticoso quel vecchio brontolone di Crovella… eh eh eh
Buona serata a tutti!
Caro Crovella, ti ringrazio per i gentili complimenti. Fanno sempre piacere, in particolare quando sono così profondi e tarati sulle caratteristiche specifiche dell’interlocutore. Ne sentivo un pochino la mancanza da quando Merlo è andato in ferie. Ma soprattutto mi colpisce sempre l’esercizio dell’acume diagnostico. Qualcuno ha detto che dialogare con ChatGpt non da’ soddisfazione perché si capisce subito che è un “automa” dalle sue risposte automatiche, ripetitive e basate su stereotipi correnti. Mah….ne siamo proprio sicuri?
Roberto, io so già la risposta, ma per amor del vero (e con la speranza di scatenare un po’ di polemica) ti rivolgo questa domanda: sei o non sei un radical chic?
Nel caso in cui non lo fossi, che reazione emotiva hai avuto nel sentirti equiparato a un fighetto ZTL?
… … …
In quanto al “voi” crovelliano, non deve intendersi al plurale. Trattasi invece di “voi” di fascista memoria. Per esempio, quando Carlo scrive “voi non capite mai un ca**o” in realtà intende “Bertoncelli [o altri] non capisce mai un ca**o”.
Offendendo tutti è un po’ come se non volesse offendere nessuno. Ammettilo: è un pensiero premuroso e delicato.
Pasini, buonasera… come processo di zanzarizzazione cosa intende?. La presenza di soggetti che non ragionano come Lei? Vuole solo un blog e commenti che le ingrassino le sue convinzioni, il suo ego?? Per esempio prendo Luciano: io e Luciano non abbiamo nulla in comune, non approvo per nulla il suo approccio, ma mica gli dico che inzacchera il blog, ci mancherebbe. E che dire del sabaudo che fa decine di lenzuolate sempre identiche, sempre stessi concetti, che risponde come un cane pavloviano, esplicitando un comportamento che altrove verrebbe di certo considerato come un troll?. Anche a me piacerebbe leggere commenti di persone che si guardano attorno, che cercano di capire quello che sta accadendo, eppure leggo solo persone che seguono come pecore la TV, i giornali, il “l’ha detto mister x allora è vangelo”. Eppure sopporto e nn mi lagno. Noto un certo approccio infantile se mi permette nel parlare di zanzarizzazione, non è il primo, anche MG l’altro giorno su una battutina che ho fatto (la prima e giuro l’ultima visto il risultato per altro nemmeno rivolta a lui) si è subito adirato chiedendo la cancellazione dell’intervento. Poi scommetto che tutte queste belle anime che chiedono censura, che parlano di zanzarizzazione sono quelli che poi vanno predicando in giro la tolleranza.
Buona serata
Torniamo alla montagna, al binomio libertà-sicurezza. Gli articoli sul recente incidente in Grigna sono confusi e imprecisi. Certo è che, dalla notte dei tempi, quei canaloni lì sono insidiosi, specie con condizioni di scarso innevamento e temperature tendenzialmente fredde (magari non freddissime, ma complessivamente fredde): facilmente si forma ghiaccio.
Dal sito open,online, dichiarazioni di gente del soccorso:
“In particolare, sulla Grigna Settentrionale, il canale Zucchi appare innevato ma soprattutto nella parte più in alto è richiesta una grande esperienza, con elevate competenze e soprattutto è necessario procedere legati. Con queste condizioni, per andare in montagna in sicurezza occorre essere molto preparati e consapevoli della situazione”
Storicamente condizioni del genere maturavano a fine autunno-inizio inverno, ora le abbiamo anche a febbraio, a causa dei cambiamenti climatici (scarso innevamento globale). Ecco l’ulteriore insidia.
Anche se oggi pomeriggio qui a Torino è nevischiato un po’, possiamo prevedere che, dato il quadro complessivo di siccità, tali condizioni potrebbero prolungarsi ancora. Anzi magari qualche spanna di neve fresca in quel canalone potrebbe nascondere ancor di più il sottostante ghiaccio e rendere l’itinerario ancora più insidioso. Orbene, dal giornale di oggi (con tutte le imprecisioni del caso), pare che nello stesso canalone (e con modalità simili) sia avvenuto un incidente mortale anche lo scorso weekend. Se si inanella una sequenza di incidenti mortali al ritmo di uno ogni week end anche per i prossimi, nessuno si dovrà sorprendere se scatterà un’ordinanza di divieto di accesso… il meccanismo è automatico.
Per Pasini: a concentrarvi su risvolti buonisti tipo “scrivi: chi crede, anziché voi” ecc ecc ecc, voi (intendo: VOI “ex PCI oggi radical chic ZTL”) vi siete rintanati in salotti confortevoli e avete perso ogni contatto con la vita reale, esempio quella delle fabbriche, che storicamente erano il vostro habitat di riferimento.
Vedi questo interessante video ripreso nei giorni scorsi a Mirafiori:
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/02/26/primarie-linsofferenza-degli-operai-di-mirafiori-noi-a-votare-il-pd-e-il-partito-del-jobs-act-e-non-e-cambiato-ora-tra-noi-ce-chi-sceglie-meloni/7072399/
Non va sottovalutato in che condizioni uno arriva sul posto di lavoro.
Pasini: “Non sanno neppure di cosa parlano nel principale quotidiano italiano. “
ma va?
@55: “l’infortunio sul lavoro è purtroppo inevitabile”
Carlo sei un imbecille.
@63 Pasini. Allora vorrà dire che d’ora in avanti farò l’elenco degli interlocutori cui mi sto rivolgendo (se le mie considerazioni riguardano più di uno: quando è uno solo, lo chiamo già direttamente)… Mah, la tua mi pare una fisima da radical chic della ZTL, attento alla formale inclusività prima di tutto…. . Non penso che Gramsci (vedi odierno T&T) stesse attento a queste scemenze, sono cose moderne, da società opulenta (di pancia e quindi anche di testa).
Io preferisco dire pane al pane e vino al vino, ben sapendo che risulto “esclusivo” (intellettivamente parlando, non economicamente: i soldi come paramento sociale non mi interessano per niente).
La zanzarizzazione del Blog non dipende da interlocutori seri che si “dichiarano”, ma dai vari mezzo anonimi (solo nome e NON cognome) o dai multiforme che assumono nick differenziati e stravaganti, per coprire la loro l’identità. Eliminate queste opportunità, la zanzarizzazione rientra in un amen.
Nei siti istituzionali, dove appunto la procedura di autorizzazione ai commenti è completamente diversa, la zanzarizzazione è totalmente inesistente. Prova a scrivere, “là”A, un commento con lo stile di alcuni contributori anche odierni (sia in questo che in un altro articolo): ti spellano vivo. Altri che “inclusività”…
Che io sappia da novembre vi è stato solo uno Stefano ed ero sempre io.
Vi è stato uno scambio su un topic in cui mi avevi esortato a scrivere quindi anche lì devi esserti sbagliato (il nostro sabaudo infallibile).
Per l’autenticazione è un non problema. Prima o poi l’accesso a internet sara’ nominativo (facile con una specie di green pass). Ovviamente non perdero’ piu’ tempo a scrivere qui e altrove,e questa è una cosa positiva.
Se mi ignori puo’ solo farmi piacere visto lo scambio su tabu’ etc. , anche se in questa settimana mi sei stato utile perchè rispondendoti non ho chiuso dei derivati pensando di aver sbagliato e di perdere tutto l’utile…… il giorno dopo sono raddoppiati :-).
Grazie mille.
Buona giornata a tutti.
Crovella. Il processo di “zanzarizzazione” del blog purtroppo è andato avanti. Perciò se si vuole salvare un po’ di qualità del confronto tra persone interessate al dialogo e non allo sfogo bisogna usare delle accortezze. Una di queste è di mantenere le distinzioni e di non mettere tutte le verdure nello stesso pentolone.
@60 Stefano. Se sei davvero le Stefano di T&T, effettivamente la mia valutazione è errata. Non ho tempo di rileggere, ma mi par di ricordare che ho risposto allo Stefano di questa sequenza perché non immaginavo che fossi tu.
Nei mesi scorsi qui sul blog si era palesato un altro Stefano (senza cognome) che aveva un modo di esprimesi, sia come stile che come contenuti, molto diverso dai tuoi interventi dell’altra settimana in T&T.
L’intervento iniziale di questa sequenza mi pareva più simile a “quello” Stefano che ai tuoi in T&T. Per questo sono caduto nell’errore, ma non si tratta di un errore grave. Diciamo che se il Blog fosse strutturato come molti siti di istituzionali (esempio quelli torinesi, sia sezionali che delle Scuole), l’equivoco sarebbe stato impossibile. In quei siti infatti non si possono lasciare commenti se non si è prima “accreditati”. La procedura presuppone la compilazione di una precisa anagrafica con tutti i dati (nome, cognome, indirizzi vari ecc ecc ecc) e ad abundatiam a volte ci sono delle verifiche aggiuntive (es chiamata telefonica per ulteriore verifica). Solo dopo opportuna autorizzazione dell’amministratore del sito, puoi tecnicamente lasciare un commento e detto commento esce con il tuo nome e cognome (verificato e quindi esistente). In tal modo si evitano “scambi” di personalità ed altre cose del genere.
Faccio tesoro dell’incidente di percorso e d’ora in avanti non considero più i commenti targati solo Stefano. Mi spiace per quell’altro Stefano, se vorrà dovrà farsi “riconoscere”.
@Pasini. Prendo buono il tuo suggerimento anche se ti dico schiettamente che è è pura ipocrisia. Una delle tante applicazioni del politically correct. Si dice la stessa cosa, senza indicare col dito, ma sapendo bene (tutti) a chi ci si riferisce. Ipocrisia allo stato sublimato. Nella mia quotidianità io sono diretto e non mi preoccupo di queste idiozie. Tuttavia se il recepimento del suggerimento evita che tu ed altri interrompiate la lettura, la salsa vale il pesce. Grazie mille! Ciao!
Questo intervento perché ho letto sotto una inesattezza su di me.
Carlo Crovella, lo Stefano di Tabu’ è il medesimo che ha scritto qui. Ora vedo di scrivere con il nome Stefano e aggiungerci un qsa dopo così si capira’ meglio chi scrive. Ve lo comunico appena mi viene in mente cosa aggiungerci.
Ora, caratteristica mia, che mi rende moralmente inattaccabile è ammettere quando sbaglio o ammettere quando altrui argomentazioni sono corrette.
La tua view sulla montagna è stracorretta. Posso anche io solo auspicare un ritorno alla montagna “rude” pura, per me andrebbe benissimo togliere il segnale allo smart quando sei in montagna. L’avere l’elicottero ad ogni angolo, l’avere lo smart con la cartina, no è andare in montagna… è passeggiare in piazza. Chi vuole la societa’ sicuritaria non è persona con attitudine da montagna… vada in una palestra di roccia artificale semmai. Unica perplessita’ che ho è quando dici, cambiamo comportamento così evitiamo un eccessivo irrigidirsi del sistema evitando così pletore di divieti. E’ una idea interessante, anche buona, ma se guardo quello che ho studiato con Pareto non dovrebbe essere alla lunga vincente. Ad ogni buon conto è anche vero che a mio avviso il gioco è questo: 1) non facciamo niente il sistema ti dara’ una pletora di divieti e su questo è fuori di ogni dubbio 2) facciamo come dici te gli scenari sono o come auspichi, oppure ci saranno lo stesso la pletora di divieti. Ma qui almeno hai qualche % di probabilita’ di riuscire al punto 1 invece la probabilita’ è zero.
Sul darmi corda in Tabu’ questo è profondamente scorretto, e anche Grazia te l’ha fatto notare dall’altra parte. Io ho delle conoscenze sicuramente superiori alla media.. .sono il top di conoscenze? No. Pero’ sono conoscenze apprese studiando all’universita’ e operando direttamente sui mercati finanziari. Se vi facessi vedere solo la punta dell’iceberg di come funzionano i mercati e la societa’ quindi rimarreste sbalorditi. Quindi occorre avere rispetto delle opinioni altrui e degli studi altrui, te invece da contadino (e chiedo scusa ai contadini) sempliciotto sei intervenuto come un caterpillar a dire… ah banale complottismo. Caro mio Tutto quello che dico lo posso e l’ho sempre provato. Te invece ciarli di elite che conosci etc. Se ciarli e sei una persona Seria con la S maiuscola ne porti le prove altrimenti la buona educazione richiede di starsene ZITTI. E ti diro’ di piu’. Proprio perché noto ampi elementi di conoscenza da parte tua non credo che ciarli a vanvera. Pero’ come detto secondo me ti stai sovrastimando. Prova a farmi conoscere queste famose elite, ti pago anche mila euro, con l’impegno di non divulgare a nessuno pena portarmi in tribunale. Poi alle tue elite gli faccio vedere qualcosina di come funzionano le cose. Ci sono leggi nel tempo che non puoi modificare elite volendo o meno.
Ciò detto il tuo ego narcisistico ovviamente ti fara’ stare nella posizione di piedistallo che ti sei fatta, benissimo, pero’ ripeto se vuoi essere educato come lo sono io che vedi che apprezzo dei tuoi interventi nonostante altri siano totalmente errati, devi per lo meno evitare di darmi del complottista, perché che tu sia amico della massoneria, del club Rotary, o l’amico d’infanzia di Giorgetti, Letta, Meloni, etc. questo non ti da il monopolio della conoscenza, ne di essere nella parte giusta dell’argomentare.
Non ho da aggiungere altro, se poi continuano i tuoi interventi sterili a darmi del banale complottista saltero’ di pari passo i tuoi interventi. Molto semplice.
Ps.: fai bene di tanto in tanto proporre i link dei tuoi interventi piu’ significativi. Ti avevo letto gia’ in agosto ed ero rimasto sbalordito e pure furioso, pero’ una volta letto questi passi la view generale come vedi l’apprezzo e dico anche io che signori occorre fare una scelta che non piace per non essere interdetti del tutto. Voi direte… ah ma vado lo stesso.. .tranquilli oramai c’è una tale dotazione di droni, droni termici che vi beccano in meno di un secondo.
Crovella. Con educazione, vorrei chiederti un favore. Potresti per favore evitare la formula “ voi….” magari dicendo “chi sostiene” o altre formule impersonali diverse dall’ io e voi. Prova, almeno una volta, vedrai che non è lesivo della tua identità. Io ogni volta mi irrito quando metti tutti nello stesso calderone e smetto di leggere. Cosi’ va’ perso anche una parte del tuo contributo. Sembra un dettaglio ma non lo è, perché la comunicazione è fatta di dettagli e sfumature.
Bah… se vi piace una montagna “inclusiva”, avrete sempre più esempi di questo tipo, sia a livello oggettivo (sul terreno), sia nel risvolto mediatico-informativo. Arrivo addirittura a dire che la vostra “famosa” definizione della Rivista CAI (la rivista degli anni scorsi, cioè M360, mentre non sappiamo ancora come sarà davvero l’imminente nuovo numero) come “rivista polenta e mucche” è la valutazione di un fenomeno conseguenza dell’onda lunga della visione inclusiva della montagna. Infatti se carichiamo chiunque nel carrozzone, è ovvio che nella comunità dei frequentatori della montagna avremo sempre meno “alpinisti” e sempre più “merenderos”. Il fenomeno, estendendosi, coinvolge anche il CAI e, di conseguenza, la sua stampa sociale.
Io preferisco una montagna “e-sclusiva” (“e”: morto da luogo), basata sulla selezione “naturale”, ovvero operata dalla Natura. La montagna è severa, non è un luna park né una sala indoor. Se un camoscio sbaglia il salto, si sfracella. Nessuno si scandalizza, è fatto di natura. Così deve essere anche per i rappresentanti della specie umana. Rispetto al camosci, che agisce sul puro istinto, noi umani avremmo un elemento a favore: l’intelligenza, che è quella facoltà che ci consente di prepararci a puntino in modo tale da comprimere al minimo indispensabile la fatalità (statisticamente calcolata nel 5%).
Se preferite una visione inclusiva della montagna (che accolga anche chi non applica l’intelligenza), dovete accettarne tutte le conseguenze, dalla rivista “polenta e mucche” alle ordinanze di divieto e numeri chiusi.
Oggi il Corriere titola così l’incidente mortale in Grigna: morti i due alpinisti legati in corda doppia. È evidente che procedevano nel canale legati di conserva. Non sanno neppure di cosa parlano nel principale quotidiano italiano. Questo è solo un esempio, ma dobbiamo renderci conto del livello di ignoranza e disinformazione che gira su questi temi quando usciamo dal nostro ambiente. È un serio pericolo perché influenza in modo significativo l’opinione pubblica generale, inducendo un approccio emotivo al quale sono molto attenti i politici sia nazionali che locali.
55. Sig. Carlo, il suo è il tipico esempio di commento da discussione su facebook, di quelle dove molti sparano la propria tesi con le prime parole che passavano di lì. Rilegga la castroneria che ha scritto e mi auguro anche che possa rendersene conto (che di castroneria si tratta).
38, Sign. Pasini . Mi pare che sia stiano mettendo assieme cose diverse. Un conto è fare un infarto, altro conto è cadere da una impalcatura, altro ancora andare in quota in canottiera. Fortunatamente l’infartuato verrà soccorso ed educato ad un nuovo regime di vita. Il caduto dall’impalcatura verrà soccorso, il cantiere indagato ed eventualmente il responsabile condannato. Ma a quello in canottiera se lo si porta giù andrà al bar a raccontare la sua avventura….se lo si lascia lì e scende, scommetto che tornerà col maglione. Perché l’infarto è (pare) genetico, l’infortunio sul lavoro è purtroppo inevitabile, la canottiera è libera scelta.
52. Più che gli strepitii, le risate! Una tantum l’inesauribile Crovella estrae dal cappello la sua trovata più esilarante tra le tante. Incredibile.
Ps: non è l’uovo, ma un escremento di colombo.
Dite quel che volete, ma io il commento 49 proprio non l’ho capito.
… … …
Carlo, non è che potresti scrivercelo per la centunesima volta, però con parole piú semplici? 😂😂😂 😉😉😉
Aggiungo fra le ipotesi sul tavolo anche la famosa e famigerata patente abilitativa. Apriti cielo! Sento gia’ gli strepiti della platea. Invece sarebbe l’uovo di Colombo. La si consegue dopo un congruo ciclo didattico (non tre uscite, ma due-tre anni complessivi) il cui obiettivo è formare una adeguata consapevolezza individuale. In parole povere evitare che per i monti girino i famosi cannibali.
Ovviamente con aggiornamenti periodi ogni tot anni.
Volendo la si può modulare per gradini progressivi cui corrispondono crescenti gradi di libertà individuale. Esempio: 5 livelli, per cui al livello 5 = massima libertà individuale. Al livello 4 si stabiliscono delle limitazioni (teoricamente -20% per capirci), al livello 3 un altro -20% ecc . Ovviammente si prendono a salire: prima prendo la patente 1, poi la 2 ecc. Mi fermo dove mi sta bene e accetto le limitazioni di quel livello. Tutto oggettivo, non ci sarebbero più discussioni.
So che è un concetto urticante per i talebani della libertà costituzionale, ma se entriamo in questo ordine di idee, forse troveremo la soluzione di molti conflitti attuali. Altrimenti sarà sempre giungla, senza nessuna soluzione se non l’infittirsi di divieti e restrizioni (cosa che corrisponde a sempre minor libertà individuale coontenti voi!).
L’idea di eliminare il soccorso in modo selettivo non passerà mai. Noi soccorriamo tutti e ovunque (nei limiti del possibile) a prescindere dai comportamenti. Pure i coglioni in mare e in montagna o i delinquenti che guidano fatti (poi casomai si stangano economicamente o si mettono in carcere, se si riesce ad arrivare ad una condanna definitiva). Se uno pensa di modificare questo principio, onestamente, perde tempo. Poi per carità tutto può succedere, la storia insegna, ma lo ritengo altamente improbabile. C’è il problema incalzante delle chiusure/limitazioni conseguenti al timore degli amministratori di essere ritenuti responsabili. Forse sul tema delle responsabilità ci sono margini di manovra sul piano giuridico e normativo, ma non è il mio campo e quindi taccio. Sul fronte pratico della prevenzione primaria e della diagnosi precoce c’è tanto da fare attraverso la cooperazione tra enti e il coinvolgimento del volontariato, degli utilizzatori “normali” e dei “campioni”. Però bisogna evitare di fare battaglie di principio, non urlare, riconoscere reciprocamente le ragioni dei diversi attori e sperimentare in modo controllato strade alternative, compresi gli smantellamenti dissuasivi crovelliani, situazione per situazione. Se poi si dovesse gettare la spugna di fronte all’impossibilità di fare altro bisognera’ farsene una ragione e accettare, in modo adulto, anche dei sacrifici. Qualcuno si arrabbierà, va bene, poi passa, ma ci saranno meno orfani e invalidi da assistere.
46 Ci sono in effetti differenti problematiche, a volte indipendenti dal tema delle responsabilità e invece derivanti dai numeri umani in quanto tali. Pensiamo per esempio all’impatto ambientale. Sempre Messner disse già qualche anno fa che a fine estate il Cervino puzza di “m” lungo tutta la via, per l’eccesso antropico dell’estate che accumula “rifiuti organici”, giorno dopo giorno. Solo con la pioggia e le nevicate autunnali la via si ripulisce. Ora poi che siamo in una situazione di siccità… la puzza di un annk arriva all’estate dopo!
Numero chiuso? Lo fanno già, es sulla normale francese al Bianco. Apriti cielo, qui sul blog. Vaglielo a spiegare.
O troviamo un modello fisiologico per ridurre i numeri umani in montagna (e io una proposta ce l’ho) o avremo sempre più divieti, restrizioni numeri chiusi. Che poi tali divieti conseguano a tematiche giuridiche o ambientaliste o vattelapesca, poco rileva. Un divieto e’ un divieto. Punto.
Il mio 48 e’ la risposta al punto che pone Matteo.
I miei commenti risultano in fotocopia ma ciò deriva da nuove domande che mi vengono poste, su temi già affrontati. Per es il punto posto dal 44 e’ stato trattato a fondo in passato. Potrei rispondere (a volte lo faccio) che il tutto è agli atti e se lo vadano a cercare e rileggere. Invece (ecco che emerge la natura caiana) pazientemente investo tempo per ripiegare ancora una volta. Altrettanto per i due alfieri del soccorso, i quali continuano a non voler comprendere che se prediligono il.socvorso facciano pure, ma devono accettare anche l’invasività della società sicuritaria e soprattutto spiegare ciò a chi protesta contro le restrizioni. Per cui prenditela con loro (e non con me) se mi costringono a rispiegare le cose cento volte! Anchr a me Pacerebbe non dover dispiegare le cose.
È il sistema giuridico in essere che genera il collegamento che sottolinei tu. La faccio semplice per essere facilmente compreso da tutti, non sporcano il naso i giuristi puri. Da un lato c’è il dovere di intervento in caso di emergenza e pericolo. Dall’altro ci sono responsabilità gravanti sulle autorita competenti (in genere amministrative – sindaci – ma non solo, es potrebbe riguardare Enti come Arpa) per situazioni di cui non si può che verificare la negligenza solo a posteriori (cioè a disastro avvenuto). Il che spinge i potenziali responsabili a… vietare a priori. Nel dubbio emetto un’ordinanza di divieto e mi metto dalla parte della ragione.
Queste due cose sono collegate perché entrambe insite nell’architrave giuridica del modello in essere. Tale modello vale per il territorio nazionale e quindi, semplificando, si estende in automatico dal vicolo cittadino alle vette di 4000 m.
L’alternativa è ipotizzare un modello giuridico diverso per la montagna. Una specie di zona franca: meno lacci e lacciuoli, ma in cambio devi alleggerire la società dal venirti a prendere in caso di incidente. Non puoi pretendere l’assistenza come se tu fossi in città e, invece, dire no non mettermi divieti perché sono in montagna. O prendi le due cose o le eviti entrambe.
Complicatissimo creare questa specie di modello giuridico alternativo per le alte quote. Molteplici problemi proprio a tavolino. Da che quota lo fai partire? Dai 1500 m? Dai 2000? Ma l’Orrido di Gorropu ha stesse problematiche pur a quote molto vicine al livello del mare, e allora? Ecc ecc ecc. Le problematiche giuridiche sono così tante e incagliati le une nelle altre che è praticamente impossibile superare il problema a tavolino.
Io resto convinto che la soluzione sia sempre la stessa e molto semplice: riportate la montagna (e le zone di outdoor in generale) ad un complessiva situazione di scomodità. Non fatemi ripetere: meno strade, meno impianti, meno rifugi (e soprattutto NO rifugi albergo), meno segnaletica sul terreno ecc ecc ecc. Tutto ciò screma l’accesso antropico, numericamente ma soprattutto qualitativamente. Infatti amano una montagna scomoda quelli che, spontaneamente, hanno una mentalità consapevole (e viceversa). Quindi meno gente in montagna e più autoresponsabile. Gran parte dei problemi attiali si riassorbirebbe in aitomatico e tutto si riequlibrebbe.
Bisogna crederci. Sennò uno predilige la società sicuritaria ma ne prende anche i difetti.
Aria fritta. L’opzione massima liberta’ in cambio di nessun soccorso non verra’ mai presa in considerazione. E ci dovremo sorbire sul tema altre decine di posts, ciascuno con le sue lenzuolate di Crovella, fotocopie una dell’altra
43. Il numero chiuso, per quanto mi riguarda, in situazioni particolari sarebbe addirittura auspicabile. Mi riferisco a casi limite ovviamente, oppure crediamo che alcune cime, come il Cervino per esempio, oppure il frequentatissimo lago Sorapíss, possano “ospitare” contemporaneamente qualche centinaio nel primo caso o migliaio nel secondo di alpinisti-turisti? Non so quale potrebbe essere la modalità, ma i numeri in crescita del turismo montano sulle Alpi porteranno prima o dopo in quella direzione, inutile nasconderlo. E in questo caso non c’entra nulla la società sicuritaria.
Perché non spiegate direttamente voi a chi protesta per i divieti (a puro titolo di esempio: commenti 3, 28 e 34) che tali divieti se li devono puppare perché la maggioranza preferisce una società sicuritaria che garantisca il soccorso in montagna?
Siate coerenti e spiegarglielo voi. Ah, no. Silenzio assoluto. Preferite polemizzate con chi non vede bene la società sicuritaria, riconoscendovi anche un tono un po’ scandalizzato come se proponessimo di mitragliare gli alpinisti in difficoltà, e poi però o evitate di spiegare le cose ai vari 3, 28, 34 o addirittura, sotto sotto, solidarizzate con loro (e con tutti quelli che protestano in tal senso). Jn montagna e non solo siamo arrivati ad un punto per cui la società sicuritaria è pienamente invasiva (divieti).
Chi predilige la libertà in montagna deve avere il coraggio di preferire meno sicurezza garantita dal sistema (la si compensa con una maggior consapevolezza e preparazione individuale).
E’ vero Carlo (Crovella, stavolta!), ma io non sono così sicuro che la società securitaria, che è un’evoluzione effettivamente in atto, debba portare ipso-facto al divieto e al controllo come unica possibilità. E ancora meno mi convince che questi divieti siano il prezzo necessario per un soccorso alpino efficiente e ubiquo.
Anche se forse ottimisticamente mi illudo
Ma tenetevi pure questo sistema! Non voglio togliermelo. Ma non voglio piu’ sentir frignare (nella platea generale, non voi due in particolare) che, con ordinanze, divieti, numeri chiusi ecc ecc ecc, il sistema “sicuritario” soffoca la libertà in montagna. O una cosa o l’altra. Chi preferisce la società sicuritaria deve accettarne anche i difetti della stessa. Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Tutto qui.
Anni fa, Messner, avendo dimenticato le chiavi di casa, si mise a scalare il muro del suo castello sotto gli occhi ammirati dei suoi figli. Cadde e si ruppe una caviglia se non ricordo male. La notizia non è confermata, ma si racconta nelle peggiori Stube della Val Venosta che chiamo’ il 118. L’operatore, un precario nativo di Avellino, comprese il nome del chiamante ma non il resto in tedesco, in per lo più invocazioni agli dei wagneriani. Pensando il grande alpinista stesse aprendo la nuova via : “Scheisse Bild” (libera traduzione Figura di Merda) allerto’ il Soccorso Alpino che intervenne prontamente con l’elicottere e una squadra a piedi, portandosi anche un cane da valanga. Com’era quella storiella che ci raccontavano da bimbi su una trave, l’occhio, la pagluzza o qualcosa così? E l’altra che parlava di sassi da scagliare e di peccati? Mannagia non me le ricordo più..brutto invecchiare. Meglio che inizi a scendere, il sole tra poco tramonta e mi conviene tenere a portata l’app del Soccorso. Le coronarie magari ti fregano quando meno te lo aspetti. Cerea 😀
In uno dei suoi libri Joe Simpson sostiene che, se nelle automobili al posto del cuscino salvavita spuntasse dal centro del volante un lungo punteruolo acuminato in direzione del nostro cuore, il numero di incidenti stradali diminuirebbe: tutti guiderebbero con piú prudenza e a velocità inferiore.
Chi vuole fare la prova?
A proposito del “solo” soccorso alpino (che non è il tema chiave dell’articolo principale, ma un risvolto collaterale), invito a ri-leggere quanto pubblicato sul Blog nel 2019. Persino nomi illustri sono scettici sull’assistenzialismo aprioristico in montagna. Si tratta di catene ideologiche, più ne mettiamo in essere, meno libertà individuale troveremo fra i monti.
Dice Messner: «Non ci fosse l’elisoccorso i morti in montagna sarebbero 50 volte di più di quanti sono. Una strage che costringerebbe i sindaci a firmare ordinanze per vietare le montagne. L’elicottero che recupera persone in parte è un fatto positivo, ma se esaminiamo il fenomeno criticamente, almeno io lo faccio, questo esclude l’esperienza per un alpinista che deve fare una scelta se continuare o meno la sua arrampicata»
Intero articolo:
https://gognablog.sherpa-gate.com/il-soccorso-in-montagna-con-lelicottero/
Mi pare si stia facendo un discorso troppo astratto. La realta’ e’ ben meno gestibile. Credo che la stragrande maggioranza dei casi che richiedono soccorso coinvolga persone che partono senza mettere in conto la possibilita’ di mettersi nei guai. Semplicemente, non la contemplano o la contemplano in un’ipotesi cosi’ bassa che ritengono non li riguardi. Si tratta ovviamente anche di imprevisti ‘autentici’, ma in gran parte di impreparazione, sottovalutazione dell’impegno, errori di programmazione ecc. Ma non credo proprio siano rassicurati, nella loro ‘leggerezza’, dalla presenza eventuale del soccorso.
Questo per dire che non serve a nulla dirgli: guarda che non ti veniamo a prendere, quindi preparati bene. Quindi: 1. li soccorri, 2. li lasci schiantare, 3. chiudi. Per come e’ la nostra societa’, si oscillera’ tra 1 e 3, a seconda del periodo, del luogo e delle condizioni.
Certo, l’educazione alla montagna, bla bla… Con i numeri di frequentazione in crescita stellare c’e’ poco da sperare. I manifesti, anche condivisibili, non porteranno a nulla.
Carlo non Crovella. Io lo direi diversamente: viviamo in un tempo in cui affrontiamo il pericolo, e non solo, sapendo che in caso di incidenti o malori possiamo contare sulla possibilità, non la certezza, di un aiuto da parte di professionisti del soccorso. Non ti interessa questa possibilità, preferisci fare da solo? Libero di non chiedere aiuto e di non portarti gli strumenti per chiederlo. Ognuno è arbitro del suo destino. Io per me, per fortuna, non ne ho mai avuto bisogno, ma se capitasse utilizzerei, con gratitudine, questa possibilità, contento di vivere in un paese dove esiste e dove non devo neppure pagare con la mia carta di credito (perché ho pagato le tasse fino all’ultimo euro trattenuto alla fonte). Penso molti altri come me. Tutto qui: semplice e piano, senza pensare che “mala tempora currunt” e che l’Apocalisse è vicina. E con questo ti auguro di non doverti mai trovarti davanti al problema. C’è il sole. Si va.,
Quindi, sentendo pro e contro, oltre a dire che “”il pericolo non lo si affronta con l’ossessione della sicurezza”” mi vien da dire che “” il pericolo lo si affronta con la certezza del soccorso”” …che tempi!
A me sembra che l’articolo, nel suo titolo, si fa una domanda e si da una risposta.
Insieme ad altri stiamo affrontando un problema di restrizioni annunciate su un itinerario molto frequentato in un parco dove ci sono stati 22 soccorsi in tre anni dovuti a comportamenti inadeguati degli escursionisti. L’ente parco che gestisce il territorio è terrorizzato dalle possibili denunce. Abbiamo detto “fermi, mettiamoci intorno al tavolo, Cai, soccorso, volontariato e cerchiamo di vedere cosa si può fare per prevenire”. Ci stiamo provando ma chiaramente la strada di una bella ordinanza “paraculica” è più semplice. Questo è il problema per gli amministratori, anche per quelli sicuramente aperti e ce ne sono. Qui tra poco nessuno per bene vorrà assumersi più le responsabilità di una carica elettiva. E francamente li capisco.
28. Ciao Bruno, vivendo e lavorando sull’Etna mi va di precisare che oltre una certa quota non è consentito l’accesso neanche alle guide. Direi che in generale stanno semplicemente dilagando i divieti.
13. Caro o cara Cla, pensa che nell’A.D. 2023 si muore ancora di parto.
Per il resto, non ho certo bisogno di vivere restrizioni imposte da qualcun altro (i colori delle zone se le giocavano certamente a briscola!) per conoscere chi mi sta intorno, tanto è vero che dal punto di vista delle relazioni le mie amicizie non sono mutate per nulla.
E direi che conta poco ricordare altre epoche storiche o le condizioni di atri popoli in altre parti del mondo, se non per migliorarle e non certo per consolarsi.
Ragazzi, tutto nasce dalle proteste sempre più diffuse (a livello generale, non solo sul blog) contro i divieti, le restrizioni ecc in nome del totem ideologico che la montagna è il regno della libertà. Non è così, il modello socio-giuridico è strutturato in modo diametralmente opposto.
L’alternativa è meno sicurezza (parlo di quella garantita dal sistema, non di quella individuale) e più libertà (individuale). Non vi piace l’alternativa? Bene, non resta che il modello attuale. Allora cosa protestate a fare??? Anche in questi commenti ce ne sono due o tre, di proteste, perché “ci trattano come bambini dell’asilo”. Eh sì, è proprio così. Siccome il sistema considera i cannibali come bambini dell’asilo, più cannibali ci sono in montagna e prima scattano le ordinanze imposte dal sistema. Solo che il sistema non può andare da ogni singolo alpinista a verificare se sia cannibale o consapevole: nel mucchio, si mette l’ordinanza al livello dei cannibali e la si rende obbligatoria per tutti. Se non optiamo per un modello alternativo, questi eventi saranno sempre più fitti e restrittivi (gioca contro il riscaldamento globale, che aumenta i rischi oggettivi e fa strizzate ex ante le autorità). Buons serata a tutti.
Ha ragione Cominetti. Sono ovvietà dette e stradette. Sembra strano doverle ripetere. Disporre di un buon servizio di soccorso pagato con la fiscalità generale e sanzionato economicamente in modo pesante quando usato impropriamente non ha niente a che vedere con la “deriva securitaria” e non incoraggia comportamenti irresponsabili.È civilta’. Poi uno può non usarlo, non portarsi il fischietto come ho imparato alla Parravicini, telefono, torcia di segnalazione….Il diritto al suicidio è sacrosanto (io sono un militante delle campagne per il suicidio assistito che tuteli la dignità delle persone) . Il dovere del suicidio in caso di incidente è certamente più controverso. Ricordo che in mare le dotazioni di sicurezza sono obbligatorie. Se ti beccano senza sono guai. Mai sentito uno che va per mare lamentarsi. Tutti ce le portiamo e nessuno rompe le palle.
Ritorniamo a temi di montagna, il resto ci porta su strade di dibattito già percorse e ora oltremodo distraenti.
Non sto mica dicendo che, in montagna, ci si deve limitare alla passeggiatina da nonnetti dietro casa. Si faccia pure la montagna che siamo sempre stati abituati a fare, certo adeguandola all’allenamento e alle motivazioni, che magari cambiano da anno ad anno e da fase (della vita) ad altra fase. Pure io ho realizzato gite e ascensioni impegnative, ma sempre con la giusta mentalità.
Ciò che mi differenzia da molte voci non è il succo del discorso (che condividiamo), ma la diversa fiducia nel senso di responsabilità individuale. Io non credo che, oggi, sia sufficiente dire “alpinisti, aumentate il vostro grado di consapevolezza in montagna!”. Ci sono quelli che ce l’hanno già, la consapevolezza, ma allora ce l’avevano anche prima di tale appello. Invece l’appello andrebbe rivolto a tutti quelli che vanno in montagna in modo sconsiderato. Solo che le due cose sono inconciliabili. E’ lì che i nodi vengono al pettine.
Anche a me, nelle mille avventure che ho vissuto in montagna, sono capitati degli imprevisti e degli incidenti, a volte anche rilevanti. Ma nel ns ambiente cresciamo affinando la consapevolezza, concetto che significa saper affrontare gli eventi. Ci è capitato di affrontare dei bivacchi imprevisti (situazione ben diversa dai bivacchi “programmati”, sia charo), sia d’estate che d’inverno, ma nessuno di noi ha battuto ciglio. Nello zaino abbiamo sempre tutto il necessario: telo termico, indumenti di ricambio, guanti e berretto in doppia/tripla copia, cibo e liquidi di riserva. Siamo vestiti adeguatamente e anche questo insegniamo. Sappiamo scavare una truna (igloo) nella neve e/o improvvisare a puntino un posto da bivacco in altri contesti. Insomma è capitato bivaccare, ma non abbiamo avuto problemi. Non dico che ci siamo divertiti come al night, ma al mattino non avevamo il viso tirato, neppure dopo gelide notti invernali. Ho utilizzato l’esempio del bivacco imprevisto, ma i concetti sono replicabili per ogni tipo di contrattempo/incidente.
Il problema è: se vuoi essere pronto ad affrontare ogni tipo di contrattempo, devi prepararti faticosamente: devi studiare, aggiornarti, tenerti allenato sulle tecniche (es a scavare neve: non lo si fa “a caso”) e poi devi avere uno zaino bello pieno, ecc ecc ecc. Tutti fattori che non sono compatibili con l’approccio “consumistico” e prestazionale oggi dilagante. Ecco dove si incricca il meccanismo attuale. I baldi che incrocio per le montagne “devono” fare prestazione, o salire per 3000 m di dislivello o arrampicare su alte difficoltà o sciare sui 55 gradi… mica si portano, dentro lo zaino, tutte quelle “cose” che consentirebbero di affrontare son serenità un bivacco! Ne andrebbe della loro performance: con uno zaino come il mio, da caiano verace, non farebbero né i 3000 m di dislivello, né arrampicherebbero su elevate difficoltà né scierebbero sui 55 gradi… Provate a cercare di convincerli. Vi rispondono: ma tanto per quella volta che succede l’incidente, c’è il soccorso no? Battaglia inutile a parole. anzi mi danno pure nel troglodita, che loro tirano curvoni da freeride come la Madonna… Parlare a quei tipi lì (che purtroppo stanno crescendo in numero incontrollabile) è solo fiato sprecato.
Invece se mettiamo tutti di fronte ad una montagna severa, cioè scabra, rude e selvaggia, il problema non è più dialettico (fra i vecchioscarpun come me e i garretti scalpitanti), il problema è oggettivo: lunghi avvicinamenti, rifugi vintage, cibo scarso (te lo devi portare), poche o nulle indicazioni sul terreno (devi saper dove andare), e, last but not least, magari in caso di contrattempo devi sapertela cavare da solo. L’ideale sarebbe, di fronte a una “nuova” montagna che si presenta così, che la gente lo capisse a tavolino: lo sfoltimento sarebbe incruento. Ma sono arciconvinto che nessuno lo capirà a tavolino e allora ci sarà una fase in cui la selezione avverrà… sul terreno. Passata questa ondata, nessuno affronterebbe più la montagna senza cognizione.
Sfoltito l’accesso, sia quantitativamente che qualitativamente, la società sicuritaria allenterà la morsa sulla montagna. Meno gente, meno incidenti, meno roboanza mediatica… ergo meno ansia nell’emettere ordinanze restrittive a priori.
La prossima volta per sapere come trattare un paziente in ipossiemia chiederemo prima a Cla.
Mi raccomando, si mantenga disponibile, altrimenti ci toccherà ripiegare sul suo salumiere.
Leggo con orrore che l’accesso al Vesuvio e all’Etna è limitato da pretestuose ragioni di sicurezza per consentire alle guide alpine di guadagnare qualcosa. È obbligatorio infatti essere accompagnati come i bambini all’asilo: si tratta della deriva autoritaria del neocapitalismo che vuole trasformare la vita in merce nell’indifferenza generale dei cittadini.
No, intendevo i lavoratori dell’edilizia che vedono i loro compagni volare giù dai ponteggi perché privi di protezione.
Cla. Ti riferisci al personale sanitario? Se si, stai dicendo una cosa che offende un’intera categoria professionale che ha pagato duramente di essere al fronte per due anni.
Pasini :
Mi sembra che nel 2020, una certa categoria di lavoratori non abbia avuto nessun problema nel veder crepare con dolore la gente, magari chiamando la mamma, solo perché ubbidiva a dei protocolli.
La mia è una tesi, non un’imposizione.
Io mi comporto coerentemente con le mie idee, per es molto spesso vado in gita senza portarmi dietro il telefono. Per tutta una serie di motivi, non solo per il soccorso. Ma il bello della libertà in montagna è sapere che devi contare solo su te stesso, sennò che libertà è?. Anche quando mi porto il telefono, è un modello piccolo piccolo (no smartphone, precedente) che tengo sempre spento nella patta dello zaino. Più che per chiamare il soccorso, ce l’ho dietro per questioni logistiche, in genere famigliari. Esempio: a fine gita decidiamo con gli amici di cenare in valle e allora avverto casa. Venti secondi netti di chiamata.
Se vi piace la società sicuritaria, compreso il soccorso alpino, fate bene a crederci e a dirlo apertamente. Non contesto la vostra posizione. Dico un’altra cosa: siate coerenti fino in fondo. Vi piace la società sicuritaria? Allora accettate senza frignare le possibili “chiusure” ex ante. Fanno parte di quel modello.
Sono pronto a scommettere che se l’estate2023 si presenterà “rovente” (e le indicazioni sono in questo senso, purtroppo…), le autorità competenti non ci penseranno due volte a emettere ordinanze di divieto di accesso al ghiacciaio della Marmolada. Lo faranno ex ante, ovviamente, a inizio estate, forse addirittura ai primi di giugno. Diranno che lo fanno per la “sicurezza” degli alpinisti, in realtà lo fanno per proteggersi le spalle sul piano della responsabilità. Ma l’effetto è uguale.
Ebbene sono altrettanto pronto a scommettere che, se dovessero arrivare tali ordinanze, qui ci sarà la solita sfilza di proteste contro le autorità “impositive”, “fasciste”, “coercitive” ecc ecc ecc. Allora, volete il soccorso (inteso non solo come soccorso alpino in senso stretto, ma come società che “ti protegge”)? Bene, dovete accettare anche le “protezioni” ex ante, ovvero che qualcuno decida per voi se potete o non potete andare in un certo posto e in un certo momento.
Viceversa siete contro tale imposizione? Benissimo (musica per le mie orecchie), ma allora siate coerenti nell’altro senso: la montagna NON è per tutti, ma è solo per coloro che hanno una “certa” testa. Fermo restando che una percentuale di fatalità esiste sempre e se vuoi andare in montagna devi esser disposto a caricartela. Ovviamente si opera sempre per evitare in ogni modo questa eventualità: bisogna avere la mentalità giusta, le nozioni giuste, il materiale giusto…
Fabio. Ti sbagli. A parole sono molti probabilmente quelli che direbbero “Aboliamo il soccorso”. Mi piacerebbe vederli al momento di crepare per ipotermia magari per una distorsione alla caviglia che impedisce di scendere di quota. Quando la vedi davanti l, la Signora del Tempo, o l’hai vista negli occhi di qualcun’altro magari la pensi diversamente. Per fortuna la maggior parte degli uomini ha i piedi per terra e ama la vita, soprattutto la sua ovviamente.
Be’, allora forse ti è sfuggita l’ipotesi che gli altri cinquantanovemilioni e novecentonovantanovemilanovecentonovantanove italiani potrebbero essere di opinione differente dalla tua. Ivi compresi i trecentodiciannovemilanovecentonovantanove soci del Club Alpino.
Dico forse, eh!
P.S. In caso di tuo infortunio con morte per mancato soccorso, a quale indirizzo potrò spedire le condoglianze alla vedova? 😉😉😉
Cominetti. Perché usi il verbo ribattere? L’episodio del video dimostra esattamente che gli uomini di fronte alla morte a volte possono essere migliori di chi li manda ad ammazzarsi tra di loro, perché tutti abbiamo paura di morire e al momento speriamo che qualcuno ci dia una mano, se possibile. E sappiamo che potrebbe succedere anche a noi. Parlare costa poco, veder crepare nel dolore la gente davvero magari chiamando la mamma è un’altra cosa che vederlo in televisione o al cinema.
Ma davvero non riuscite a comprendere che se dico una cosa ci ho pensato a lungo?Non sono mica un bambino dell’asilo. E’ ovvio che ho preso in considerazione quell’ipotesi e, consapevolmente, mi assumo il rischio.
@ 18
“Io ho una posizione diversa: eliminiamo il soccorso alpino (tra le mille cose da eliminare).”
Carlo, hai considerato la possibilità che pure tu, quantunque non cannibale, potresti aver bisogno di soccorso?
Chessò, per esempio sul Rocciamelone a causa di un infarto o della frattura di una tibia dovuta alla caduta di pietre smosse da camosci. 🤘🤘🤘
In tale situazione, alla tua richiesta di aiuto potrebbero risponderti: “Il soccorso alpino non esiste piú. Si arrangi!”.
Pasini. Ho invitato a non confondermi con il Carlo del 6, specie sul punto in questione.
E’ ovvio che è improponibile, stante l’attuale impostazione, che sia il singolo soccorritore a poter/dover scegliere se intervenire o meno. quando riceve una chiamata al soccorso. Io ho una posizione diversa: eliminiamo il soccorso alpino (tra le mille cose da eliminare). A quel punto non c’è più il problema di rispondere o meno alle richieste di aiuto. Ovviamente ci sarà una prima fase in cui il popolo dei cannibali ci metterà un po’ a capire come gira la faccenda e lì i vari sprovveduti dovranno tirarsi fuori d’impaccio da soli oppure… ci pensa Darwin.
Poi, dopo qualche stagione, capiranno che la montagna non è fatta per loro e quindi non ci andranno più. Sfrondando la frequentazione (specie in termini qualitativi, oltre che quantitativi), a quel punto la società sicuritaria si metterà l’animo in pace e così riemergerà il valore cristallino della montagna come regno della libertà.
Chi non è disposto a passare attraverso la fase “darwiniana”, cioè la fase critica, delicata e antipatica sul piano umano, faccia pure, ma non può sbraitare contro la società sicurataria: di fatto la sostiene, forse addirittura la invoca. Bene, è una delle due ipotesi sul tavolo. Se però vi sbilanciate a favore di questa ipotesi, non stupitevi delle chiusure: sono comprese nell’ipotesi della società sicuritaria. Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Siate coerenti: dite che vi piace la gestione della montagna secondo la società sicuritaria e ne accettate ogni risvolto, compresele chiusure ex ante.
Ideologicamente parlando, io sono CONTRO le chiusure, ma spingo perché si ottenga ciò riportando la montagna a condizioni rudi e spartane, direi una montagna “selvaggia”, quanto meno “scomoda”: ci penserà la montagna stessa a fare selezione e non sarà necessario che intervengano le autorità a chiudere.
Solo così la montagna tornerà davvero a essere il regno della “libertà”.
Per ribattere Pasini al commento 12 e per cambiare un po’ discorso, perché si dicono le stesse cose da anni, volevo segnalare un fatto notevole, per chi non lo conoscesse già, che si collega al film nominato:
https://youtu.be/mzQTe9q4HIg
In un certe mondo occidentale si.
Ma in tante altre parti del mondo, chi si e tanti NO.
Commenti #13 e #14 Cla e Pasini da incorniciare
Crovella. Poi possiamo discutere di tutto. Però per me un principio e’ sacro, in montagna, in mare, sulla strada, sul tetto…se ricevi una richiesta di aiuto intervieni e cerchi di fare quello che puoi, anche se chi te lo chiede ha fatto cazzate, anche grosse. Mi è capitato quest’estate con due ragazze più cagnolino su una scogliera dalle mie parti che l’avevano fatta grossa e ho pure scoperto che una frequenta la mia stessa palestra indoor a Milano. Le avrei prese a sberle, ma con l’aiuto di altri le abbiamo prima tirate fuori dai guai. Credo che sia un principio guida scontato per tutti noi.
Grazia:
i periodi storici sono stati tutti delicati.
C’è stato un periodo storico in cui gli ebrei non potevano uscire dai ghetti, ma poteveno andare nelle camere a gas.
C’è stato un periodo storico in cui gli schiavi ( bianchi, neri, gialli) erano proprietà di altri uomini che ne decidevano vita e morte.
C’è stato un periodo storico in cui un paraculo chiamato Voltaire, padre dell’ illuminismo, contando su le sue 4 cazzate sulla libertà poteva permettersi una super villa da milioni di euro a Ferney e fare il mecenate.
E altri periodi storici particolari a mille.
Stiamo vivendo il periodo storico più bello ed entusiasmante che mai avremmo potuto vivere, ci ha aperto gli occhi ( per chi li ha aperti) sul resto dell’umanità, sui nostri amici, sui nostri parenti. E’ stato BELLISSIMO!!!
Se poi moriremo di inquinamanto, di colesterolo, di stress, di dosi e con un microchip sottopelle,come dici tu cerco pace, ma ci siamo salvati dalle trincee al fronte, dalla peste ( quella vera), da morire di parto a 35 anni al decimo figlio, dalla fame.
Matteo. Poi contemporaneamente sta per uscire un film con Savino dove si esalta l’eroico gesto del comandante Todaro (un eroe della Regia Marina, se non sbaglio convinto fascista). che violando gli ordini e fedele al motto che in mare siamo tutti uomini e fratelli soccorse i naufraghi della nave nemica affondata.
Invito tutti a NON confondere i miei interventi con quelli (legittimi) di altri individui, in primis del mio omologo (di nome proprio, intendo) Carlo del 6. A volte diciamo le stesse cose, a volte no. Ecco perché, tra l’altro, io vedo meglio una “schedatura” preliminare dei commentatori…in ogni caso nome e cognome sono già un’informazione sufficiente per permettere agli lettori di NON confondere i personaggi. Non riguarda solo me: per es Stefano del 4 credo sia personaggio diverso da un altro Stefano che ha imperversato qualche giorno fa su Totem & Tabu. A quell’altro, pensando che fosse “questo” Stefano, ho dato inizialmente corda, salvo scoprire dopo un po’ che non c’entrava nulla. Tempo perso e solo confusione. Se fosse obbligatorio per tutti i commentatori dichiarare il proprio nome e cognome, le probabilità di omonimia si ridurrebbero drasticamente. Ma non mi prolungo in merito, che ci allontaniamo dal tema dell’articolo.
Sul tema puntuale, ho scritto vagonate di interventi e li considero agli atti. Tocca a chi desidera intervenire a sua volta, andare a informarsi a ritroso: non devo “ri-spiegare” ogni volta le mie tesi, sennò hanno ragione quelli che protestano per la ripetitività dei miei contributi (ma vedete bene, dall’attuale commento 3, che c’è sempre qualcuno che non è edotto su cose che, per tutti, sono agli atti). A favore di chi si è avvicinato di recente al Blog, segnalo due miei articoli chiave sul tema cardine:
https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-1/
https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-2/
La libertà NON è un bene gratis a disposizione di tutti, ma va conquistata. Vale per il concetto di libertà in generale e in assoluto, ma vale anche e soprattutto per la libertà in montagna. Occorre “saper” andare in montagna (che non significa saper salire sull’ottavo grado, ma approcciare la montagna con la testa sul collo… anche sul IV grado o nell’escursionismo) per poter beneficiare della libertà. Se non viriamo verso una montagna dove la libertà va “meritata” (attraverso comportamenti che sono l’opposto di quanto descritto nell’articoletto citato al commento 1), allora non resta che accettare le regole della società sicuritaria.
La quale, l’ho scritto fino alla noia, è portata dalla sua stessa natura a “chiudere” ex ante. Chi si sgola per una montagna aperta a tutti, o addirittura “facilitata” tramite strade, impianti, diffusione a manetta di rifugi e, last but non least, un soccorso iperpotettivo, in realtà agisce a sostegno dei una montagna “sicurizzata” e quindi alimenta i prossimi interventi restrittivi della società sicuritaria. Paradossalmente vi date la zappa sui piedi.
Istruttivo in merito un recentissimo articolo pubblicato su Altri Spazi:
https://www.sherpa-gate.com/altrispazi/montagna-quando-la-sicurezza-incide-sulla-liberta/
“Penso valga non solo in montagna ma anche sulle strade, in mare, a casa….si soccorre solo chi ha adottato comportamenti adeguati”
Beh Roberto, considerando il recente comportamento del nostro Governo con i porti sicuri a 500 miglia nautiche e con il decreto appena varato, direi che è proprio così…ed è abbastanza evidente che per il nostro governo essere negri è di per se’ stesso un comportamento non adeguato!
Bertoncelli. Ovviamente e’ un’idiozia sotto tutti i punti di vista lasciare alla discrezione del soccorritore di intrrvenire ma quello che mi meraviglia è che uno lo pensi e lo scriva, per di più di un blog di gente che ama e che va in montagna. È un segno di cio’ che gira.
Caro Roberto, una volta introdotta nel nostro ordinamento, la disposizione diventerebbe legge.
Come tu ben sai, dura lex sed lex. 😬😬😬
Insomma, si salvi chi può. ☠☠☠
@6. In altri termini si propone di introdurre nel nostro ordinamento la pena di morte a discrezione dei soccorritori. Penso valga non solo in montagna ma anche sulle strade, in mare, a casa….si soccorre solo chi ha adottato comportamenti adeguati e lo decide di volta in volta il soccorritore, cancellando ovviamente il reato di omissione di soccorso e il giuramento di Ippocrate se medico. Non vale neppure la pena commentare. A volte mi chiedo se davvero dietro certi interventi ci sono persone reali o sono scritti da ChatGpt dopo la disattivazione di alcune regole di salvaguardia introdotte dai programmatori.
Forse la mia è una visione troppo severa, ma ritengo educativa: il soccorritore decida se intervenire o no. Per il fatto citato dal Crovella, una volta appurato che non era adeguatamente vestito lo di lasciava al suo destino…..
Purtroppo impugnare degli atti pubblici non è così immediato per chiunque. Ci vogliono tempi e denari che non tutti si sentono di sacrificate e chi in questo blog si occupa di questioni legali lo sa.
Il problema è culturale e come tale molto difficile da districare. Se ci fosse una cultura corretta basterebbe avvisare, come si faceva una volta, che oltre un certo confine la responsabilità ricade esclusivamente su chi lo valica. Se vai oltre il centro abitato sono cavoli tuoi e solo tuoi, per fare un esempio limite.
All’inizio ci sarebbero inevitabili incidenti. Poi pian piano il messaggio passerebbe.
Argomentazione, questa mia, che tuttavia sarebbe difficile da mantenere qualora l’incidente accadesse su un sentiero di pertinenza del Comune, ad esempio.
Come dicevo, il problema è intricato. La soluzione è una cultura dell’auto responsabilità che, al momento, non c’è.
Per chi si prodiga a diffondere la cultura dell’andare in montagna, o nella Natura, l’unica cosa che si può fare è di insistere sul valore dell’esperienza, da considerare e acquisire.
È un tema che mi trova da anni in totale accordo con Gogna e avrei voluto leggere più commenti sotto questa intervista.
“No, i principi dichiarati allora restano validi anche adesso… etc”… pienamente d’accordo con l’intera frase.
Per quanto riguarda i commenti, vero che Carlo ha sempre parlato di accessi “regolamentati” ma questa volta è andato su un altro ambito. Accessi dove la montagna rude decide. Quindi zero navette, rifugi, funivie etc. Si puo’ solo che condividere.
Sulla faccenda Etna che indicava Grazia è evidente che l’andazzo è quello e peggiorerà. A parte che a volte ci sono veramente motivazioni valide (tipo non far transitare sotto la Marmolada dopo l’incidente è il minimo), comunque è da visionare ogni ordinanza, quelle illecite semplicemente si va, se ci si becca la multa la si contesta a livello giudiziario.
Bisogna tenere BENE, MA BENE PRESENTE che ogni atto, del sindaco, della Regione, del Governo, del Parlamento non sono GIUSTI, LEGALI E COSTITUZIONALI PER ASSIOMA. Sovente le Corti intervengono per ammonire tali organi. Quindi uno ad un certo punto se ha fondati motivi, o impugna l’atto oppure la sanzione.
Poi certo ne vedremo delle belle…sulla parte normativa sembra che si voglia delegare la normazione all’Oms in caso di pandemia (vedrete che fino a che non è accaduto questo nessuna pandemia, poi appena accade miracolosamente apparira’ un nuovo virus… chiaramente sara’ piu’ letale per costringere pena reato TUTTI a vaccinarsi…oramai li conosco troppo bene i miei polli). Questa è follia pura come un organo non democratico (finanziato pesantemente da…. ) possa decidere sulle sorti del cittadino. Ovviamente qui se le Corti avvalleranno dovuto al principio della cessione di sovranita’ etc. sono tutte palle, perchè cedi sovranita’ solo se l’organo che la assume è PRIVO DI CONFLITTI, SU BASI DEMOCRATICHE e SOPPRATTUTTO ha un organo che puo’ bloccare le sue norme se illeggittime.
Ma come detto stiamo andando verso la follia
Perfetto, Carlo: creiamo una montagna per i fruitori che selezionerai tu secondo i tuoi gusti?
Ognuno di noi ha piena libertà di sperimentare che ha affrontato una via troppo impegnativa rispetto alle proprie capacità, che ha sottostimato un temporale in arrivo, che il proprio equipaggiamento non è adeguato al percorso, che le proprie forze quel dato giorno non lo accompagnano come aveva pensato.
Oppure ci aspettiamo, ossequiosi e in nell’ordine, che qualcuno decida se possiamo andare in montagna?
Da sabato 11 sull’Etna vige un’ordinanza che vieta anche l’accesso pedonale lungo due strade d’accesso alle quote alte, cosa che trovo assolutamente inaccettabile.
Ma cerco pace ricordando a me stessa che stiamo vivendo un periodo storico a dir poco delicato.
“Solo così ritroveremo la vera libertà in montagna.”
Ciò che che ostacola la libertà in montagna è quando trovi una ferrata dove fino al giorno prima si saliva, appunto, liberamente, quando il bosco dove saliva il sentiero viene sostituito da una pista di sci, quando il rifugetto spartano viene demolito e ricostruito per diventare hotel con spa. Non c’entra nulla la tua tanto sospirata selezione con tanto di gendarmi o tessera o microchip sottopelle che a te tanto piacciono e che mai si avvererà. Per il resto non mi risulta di averla mai persa, la vera libertà in montagna.
Finché alla montagna potranno facilmente accedere individui come quello del sottostante link, non dobbiamo stupirci se la società sicuritaria tenderà a “chiudere” ex ante.
https://www.open.online/2022/10/02/valle-aosta-alpinista-ghiacciai-abiti-leggeri/
L’unica alternativa è tornare ad una montagna rude e spartana, dove la selezione degli accessi è determinata in modo naturale dalla severità della Natura. Solo così ritroveremo la vera libertà in montagna.