Il problema delle clessidre trapanate
di Heinz Grill
In Sicilia le rocce di Capo Gallo sono molto vicine al mare e l’aria salmastra fa sì che qualsiasi ferro posto in una parete si corroda molto velocemente. I tasselli e gli anelli in acciaio inossidabile resistono in una certa misura all’influenza corrosiva dell’aria e dell’acqua. I chiodi normali mostrano una significativa decomposizione della ruggine dopo soli tre anni e non forniscono un mezzo di fissaggio affidabile e duraturo. Noi stessi abbiamo aperto alcune vie in stile classico e non abbiamo voluto installare troppi spit. A causa del rischio di corrosione, noi, Florian Kluckner, Franz Heiss, Martin Heiss ed io, abbiamo deciso di utilizzare sempre più clessidre forate per motivi di sicurezza. I cordoni in nylon non si deteriorano così velocemente in Sicilia e sul mare come nelle regioni alpine e offrono un’alternativa visibile ed economica.
In totale abbiamo aperto circa 20 vie nella zona di Capo Gallo vicino a Palermo. Uno dei percorsi di Florian era attrezzato esclusivamente con clessidre forate come protezione intermedia. Ci furono subito grandi critiche da parte di una guida alpina siciliana che chiese lo smantellamento di queste stimmate in favore degli spit in acciaio inox.
La questione delle clessidre forate è in noi ben presente da molto tempo e anche all’interno del nostro team tedesco le opinioni divergono. Io stesso non sono molto contento quando le clessidre vengono forate a caso. A mio parere, la forma estetica dell’aspetto generale del percorso ne risente molto. Tuttavia in Sicilia resta solida la questione delle protezioni e dello sforzo necessario per installarle.

Nella zona alpina ho evitato di forare le clessidre per ragioni estetiche. Quando abbiamo iniziato una nuova via in Gardeccia sulla Pala di Socorda, a sinistra della via di Pit Schubert, dei miei amici guide alpine hanno detto che avremmo dovuto installare più protezioni e quando l’hanno ripetuta hanno subito messo il trapano nel loro zaino: praticarono diversi fori artificiali attraverso i quali veniva tirato un cordino. Ero perplesso e all’inizio non sapevo più se oppormi o difendere energicamente la mia opinione con spirito combattivo. Ho scelto il percorso più dolce e alla fine ho dato alla via il nome “Maleducato”. Secondo me la clessidra forata è forse una sorta di cattiva educazione per i futuri alpinisti. D’altro canto, l’argomento economico può sicuramente essere utile, perché queste protezioni costano solo dei pezzi di corda vecchia e un po’ di corrente elettrica. Le persone possono avere opinioni diverse sullo stile. Molte guide alpine, come Renzo Corona, preferiscono ormai le clessidre forate.
Come potrebbe apparire per il futuro dell’alpinismo uno stile che accetta le clessidre forate nel contesto di un’estetica integrativa? L’opinione che ognuno debba preparare la prima salita come vuole, sia con spit, sia con chiodi normali, con soste mobili o con tanti cordini in clessidre forate, è sicuramente tollerante e aperta. Resta da discutere se si possa aspirare ad uno stile che corrisponda alla zona, sia coerente con il percorso e soddisfi in generale le condizioni di sicurezza. Per rispondere alla questione dello stile, mi sembra fondamentale una considerazione filosofica ed estetica.
Qual è la posizione dell’uomo nei confronti della natura? La montagna dà qualcosa all’uomo o è l’uomo a dare qualcosa alla montagna? Quali tracce lascia lo scalatore?
Quando uno scalatore per la prima volta scala una nuova via, aggiunge una sorta di dono alla montagna attraverso i suoi sentimenti individuali, la sua gioia e la sua immaginazione. La montagna non rimane più la stessa dopo essere stata toccata dalle mani dell’uomo e arricchita di chiodi. Ma non solo il primo scalatore, anche il riarwtitore, attraverso la sua attività, dà una sorta di prestazione alla montagna. Afferrando una maniglia e sollevandosi, il ripetitore lascia un’impronta nella roccia. Si collega alla via e forse lascia qualche goccia di sudore sulle placche. Non solo il primo scalatore aggiunge ganci e fettucce alla roccia, ma anche il ripetitore, seppure in misura minore, aggiunge con la sua attività un piccolo dono all’impresa esistente. Il primo scalatore pensa se preferisce spit, fettucce a clessidra o chiodi normali e anche il ripetitore può pensare se vuole aggiungere un chiodo o una fettuccia e migliorare così la via. In ogni caso, la persona sacrifica alla montagna una dote psicologica o fisica.
Troppe soste e soprattutto invasioni unilaterali di spit o di molti cordini tolgono l’esperienza emozionale e avventurosa della via. Questo comportamento è quasi paragonabile a quello di qualcuno che sporca il proprio giardino naturale con ogni sorta di oggetti di plastica. Se la via è iperprotetta, il ripetitore vede meno la bellezza e l’estetica della linea e vede di più i tanti spit e fettucce. Ma se mancano questi, lo scalatore non sa dove logicamente muoversi. Non sempre segue la roccia migliore, ma spesso vaga su terreni impervi e fragili. Probabilmente ci sono compromessi ideali relativamente facili da comprendere per quanto riguarda l’attrezzatura e lo stile della via, che non segnalano né troppo né troppo poco.
In ogni caso, lo scalatore aggiunge qualcosa alla via e se fora una lama in modo da poter far passare un cordino per creare una protezione, allora la roccia viene cambiata nella sua originalità. Viene creata una clessidra che prima non c’era. La questione se si adatti ai criteri estetici o stilistici rimane ancora senza risposta.
Perforare semplicemente le lame in modo da poter passare rapidamente un cordino mi sembra personalmente più semplice per ragioni puramente stilistiche ed è una misura di sicurezza meno radicale. Lo spit, che è saldamente fissato alla piastra, è forse più facile da integrare nel tutto?

Leo Massarotto ha detto delle clessidre che a volte è molto utile riuscire a sfondare facilmente un’apertura già accennata con un martello o un chiodo e scoprire così una clessidra. Esistono tutta una serie di formazioni rocciose ideali che rendono molto facile la penetrazione con un martello e consentono così la creazione di una bellissima protezione naturale. Anche se si usa il trapano e ci si aiuta leggermente. ma in modo incisivo, in modo che una bella formazione rocciosa alla fine abbia un’apertura significativa, puoi sicuramente aggiungere un elemento estetico al percorso. Considera la differenza tra penetrare con il martello o perforare una clessidra per aggiungere valore estetico al percorso, o semplicemente perforare rapidamente una lama in modo conveniente, in modo che un cordino possa essere tirato attraverso di essa.
In Sicilia ho anche forato una lama ad un sosta per assicurare ulteriormente l’anello della sosta. Dopo che sono arrivate le critiche della guida alpina siciliana, sono ripartito, portando con me il trapano con una batteria grossa affinché questo difetto potesse essere corretto.

Tuttavia, non ho aggiunto un secondo spit per assicurare ulteriormente l’anello, ma ho piuttosto forato una clessidra in modo così completo da sembrare una buona nuova struttura, come un’aggiunta all’intera formazione rocciosa. Ora c’era una nuova formazione rocciosa direttamente nella placca. L’apertura era così ampia che potevano essere infilate più cordini contemporaneamente. In tal modo ho aggiunto al percorso una vera e propria clessidra, anche se questa non è stata creata naturalmente, ma attraverso un intenso lavoro di perforazione. Quando l’ho contemplata, questo approccio non mi è sembrato antiestetico e ho avuto l’impressione che questa clessidra fosse ormai più che altro parte integrante dell’intero percorso. Mi sembra di forma adeguata e non dà l’impressione di un accessorio di sicurezza veloce, superficiale e antiestetico.
Come viene progettato un percorso nel suo insieme? Un chiodo posizionato al posto giusto, né troppo alto né troppo basso, nel percorso favorisce un senso di armonia, forma e stile. Lo spit a volte appare strano, soprattutto quando è posizionato in prossimità di buone fessure. Il vantaggio per il primo salitore è che può forare ogni placca e ogni strapiombo e quindi posizionare le protezioni in modo molto preciso. Tuttavia, la sensazione integrativa di essere in un tutto armonico con la via si perde se ci sono troppi spit e troppe clessidre forate. Il classico cuore dell’alpinista è disturbato sempre da questi dispositivi di sicurezza di rapida realizzazione.

Il primo scalatore crea uno stile adatto a lui e aggiunge una visione alla parete con i materiali utilizzati nella via creata. Anche quando pulisce una fessura dalla vegetazione erbosa, non sta solo rimuovendo terra e piante, ma sta, in un certo senso, aprendo la parete in modo che i sensi possano scoprire e sperimentare adeguatamente la fessura. Ogni lavoro di pulizia è come un’arte che porta gioia e promuove l’esperienza di una sensuale ricchezza di forme. La montagna rimane nella sua quieta, inespressa dignità. Se gli vengono dati i mezzi giusti, diventa più bella. Nel complesso, l’apertura di percorsi può diventare un processo di progettazione per abbellire la montagna. Lo scalatore allora non dirà più solo: “Ho fatto o ripetuto la via”, ma “Ho disegnato la via e aggiunto i mezzi che consentono un’arrampicata bella e sicura”. Anche il ripetitore avrà sulle labbra l’affermazione: “Ho scalato il percorso e ho scoperto tante forme e disegni ai quali ho potuto partecipare attivamente e ai quali mi diverto a rivolgermi. In quanto ripetitore, non sono solo un consumatore, ma anche un partecipante attivo nel modellare il percorso con i miei sensi e i miei pensieri.”
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…”Quando una parete armata di natura incontra un uomo armato di trapano quella parete è una parete morta”…quasi cit.
Come giustamente fa notare ilfetifo, oltre al trapano, che, naturalmente, dovrà essere munito di punte e frese di varie forme e a grana diversa, per lavorare al meglio clessidre diverse. Consiglio: potreste venire Pietrasanta a fare esperienza nei vari laboratori di scultura, qui avreste molto da imparare su vome modificare la roccia. Ma oltre al trapano, ci potremmo armare anche di flessibile per scavare fessure di varia grandezza per i totem e i camalot, fessure verticali, orizzontali, buchi piccoli e grandi. E poi da li, perchè non scavare delle belle prese, anche quelle di varia grandezza a distanze diverse. Naturalmente il tutto in base al proprio stile o “estetica”… In fondo ognuno ha il proprio e tutti sono rispettabili. Si chiama libertà di espressione. Che tristezza!!!
Io sarò sicuramente ignorante in lingua italiana, un miccio, come si dice in Toscana. Ma per me9 la parola estetica a che fare con bellezza. Scavare clessidre non ha NULLA di bello, è pura manipolazione della roccia è MODIFICARE la roccia a proprio piacimento, e lo è a tale punto (!!!!) che le clessidre le plasmate a vostro piacimento e favore. Certo è uno stile, ma è una stile brutto, e violento.
Ok però così mi sembra che si entri in un complesso discorso da cui non ne usciamo più fuori. Se mi porto un flessibile in parete e ci scavo una fessura per metterci uno 0,5 ? Oppure trapaniamo dei buchetti un po’ ovali così possiamo metterci dei tricam ……a me pare che sia accettabile forare per mettere spit…..modificare la roccia con strumenti vari per costruire strutture di roccia dove proteggersi simili a quelle naturali mi pare abberrente……
Non è la stessa cosa. Appigli e protezioni sino elementi diversi tra loro.
Tra una clessidra ottenuta artificialmente modificando la roccia e un tassello a espansione con piastrina luccicante io non ci vedo nessuna differenza. La clessidra è meno pratica semmai perché la sostituzione del cordino/one è più scomoda e implica un lavoro che va molto oltre il semplice agganciare un moschettone a un anello metallico.
Nota tecnica personale: nelle clessidre dovrebbero sempre entrare 2 cordini. Disporre di 2 anelli di cordino di lunghezza lievemente differente con il più recente più lungo, fa si che l’impatto in caso di caduta venga assorbito dal cordino vecchio che, in caso di rottura, servirà a dissipare gran parte dell’energia facendo gravare, subito dopo la trattenuta del volo, il peso sull’anello nuovo che terrà di sicuro.
In pratica: quando incontro un cordino vecchio lo raddoppio con uno nuovo che lascio volutamente poco più lungo di quello già presente, per il motivo che ho appena esposto.
Va bene allora proviamo a essere chiari. Scavare le prese è una porcata …. cioè fa cagare…fa schifo. Scavare le clessidre è la stessa cosa. È chiaro il concetto?
Non capisco. perche se non è una questione di estetica, che questione è? Si tratta di stile e stile ha da fare con estetica…
Non vedo estetica nel modificare la roccia in questo modo. A questo punto potremmo anche giustificare la costruzione di prese. Mi spiace ma non ci vedo ne estetica , ne filosofia, ma solo manipolazione. Abbiamo condannato le file di chiodi a pressione sulle pareti perchè erano una forzatura e adesso costruiamo le clessidre?
Risposta a Alberto Benassi: Costruttivo è secondo me, se osserviamo questa questione dal punto di vista dell’estetica e se facciamo diverse considerazioni.
…che già il solo domandarsi “come realizzare una clessidra” fa ridere, o meglio fa piangere. Ma non più del fatto che costruirla “un po’ simile a clessidre ampie naturali”. E soprattutto, continuano i seguaci del Grill, “aumenta persino un po’ la bellezza della via”: siamo al ridicolo, ma gli americani ci insegnano che non c’è limite al peggio.
La via diventa più bella con delle belle clessidre trapanate? Ma siete seri? Siete intervenuti sul forum per tentare di risollevare un po’ la quotazione del vostro collega che scrive ‘sti deliri e giustamente viene riportato sul pianeta terra e anche in modi fin troppo civili tutto sommato, ma a me sembra che stiate soltanto che peggiorando la situazione.
Detta molto sinceramente: il signor Grill ha sempre fatto il cazzo che voleva, in valle. Va bene, l’alpinismo non ha regole e legalmente può farlo. Ma poteva starsene. Invece no: nel delirio di onnipotenza viene anche a spiegarci come funziona il mondo, a giustificare il suo operato, dando motivazioni surreali e oniriche per giustificare ‘ste porcate.
Torni pure, tornate pure a fare ste schifezze, ma non venite qui a giustificarle con motivazioni surreali e a farcele passare come un dono verso l’umanità, dai. Che fate ridere.
E sinceramente, Sig. Franz Heiss, quale sarebbe la “DISCUSSIONE COSTRUTTIVA” su cui confrontarsi?
Come realizzare le clessidre?
La polemica in alpinismo c’e sempre stata, risale alla notte dei tempi. Sicuramente qundo e fine a se stessa non è costruttiva, ma anche affermare che la bellezza di una via è influenzata da come vengono realizzate le clessidre artificiali, è una bella pretesa poi che non finisca in polemica.
Peccato, la discussione era costruttiva in alcuni passaggi, adesso è diventata solamente polemica.
@85 Lorenzo Ehhh quando si dice il dono della sintesi…
—
Il marchese del Grill-o,ovvero io so’ io e voi non siete n’ cazzo.
—-
Perfetto discorso da politico tanta ciacola per non dire nulla,se si presenta : sindaco subito!,mačari a Třapani.
PS la birra forse era meglio berla anche da giovane.
https://valledellaluce.wordpress.com/2013/09/09/grill-4-la-risposta-finale/
A proposito di prese scavate….
Che poi da scavare una clessidra a scavare una presa il passo è breve…..bestemmia.
Personaggio che rappresenta benissimo il nulla cosmico delle sue vie e il fenomeno moderno del turismo arrampicatorio e della “valorizzazione ” dei rumeghi
anche io ho ripetuto alcune vie di grill in valle l quello che mi è rimasto non è la poesia che dice lui ma un infinito nulla, personaggio a dir poco dubbio
Ora che la bellezza di una via dipende da quanto e come vengono costruiti i buchi delle classidre artificiali, sinceramente non avrei mai pensato di leggerlo.
Non si finisce mai di imparare.
79, ma che cazzo avete nella testa?
Segatura?
Ditemelo voi, dai.
La discussione secondo me è tutto in generale abbastanza costruttiva, perchè si nota che tutti noi abbiamo come obiettiv in comune di creare vie in uno stile estetico, che si adatta all’ambiente, che non disturba a altri ecc. Secondo noi una clessidra che non ha un buco troppo piccolo, rotondo, molto artificiale, ma ha un apertura che è ampia, un po simile a clessidre ampie naturali, aumenta persino un po la bellezza della via e non distrugge lo stile estetico
Pensando a quello che mi hanno dato le mie Apuane e alle altre montagne in giro per il mondo, che ho salito, posso solo ribadire che non ci sono montagne di serie A e di serie B.
Buongiorno a tutti!
Sono la guida siciliana che ho mosso grandi critiche nei confronti dei lavori che hanno come oggetto questo articolo. Avendo letto numerose opinioni al riguardo, sono felice di constatare che la grande maggioranza degli scalatori non sia favorevole a questa tipologia di apertura, e mi auguro che chiunque venga in Sicilia (siete tutti benvenuti) lo faccia con rispetto e non con spirito colonialista, aggredendo le montagne e aprendo vie in modo seriale come fossero mono tiri in falesia. Non abbiamo bisogno certo di questo, piuttosto sono ben accette vie aperte con criterio, logica e sapiente uso dei materiali proprio perché altrimenti ci ritroveremo pieni di linee da richiodare, o da lasciar marcire sotto il peso del tempo.
Alle poche persone che invece sono favorevoli a questo metodo di apertura vorrei porre una semplice riflessione: vedreste di buon occhio se una cordata siciliana iniziasse ad aprire vie in modo seriale scavando clessidre ovunque, magari sulla sud della Marmolada o sulla nord ovest del Civetta? Ho chiamato in causa non a caso due tra le più importanti montagne dolomitiche proprio per evidenziare una cosa: non esistono montagne di serie A e montagne di serie B. Qualsiasi cima a qualsiasi latitudine sia posta, merita rispetto così come la terra e le persone che vivono alle sue pendici.
Abbiamo perso ogni senso del limite, pur di far nostro un pezzo di mondo siamo disposti a scendere a qualsiasi compromesso, senza considerare neanche chi verrà dopo di noi. Ho 45 anni e scalo da circa 30 anni, e ormai da tempo mi interrogo sull’importanza di lasciare spazio di espressione alle nuove generazioni, e ancor di più di lasciare un buon esempio del nostro operato.
Riguardo l’articolo pubblicato in questo blog posso solo dire che in prima battuta sarebbe utile usare la lingua italiana come si deve, poiché senza una reale padronanza del linguaggio si rischia di non far passare determinati concetti. Infatti ho riletto più volte il testo e sinceramente ho faticato a capirne il senso, unica cosa che si evince è una difesa di tali “opere ingegneristiche” senza fornire reali motivazioni. In seconda battuta credo sarebbe stato interessante in un simile articolo, coinvolgere entrambe le parti. Sarei stato (e sono sicuro non solo io) felice di poter dire la mia evitando di alimentare inutili e poco costruttive polemiche.
Concludo salutando tutti, naturalmente anche Alessandro Gogna che ho sempre stimato e ultimo ma non per importanza, anche Grill e compagni con cui spero un giorno di avere un sereno confronto tra appassionati di montagna!
Sebastiano lo conosco bene, una gran bella promessa!!!
23 anni, Alpi Apuane.
Bravo Sebastiano! Età? E dove scali? Se posso chedertelo
Sono ancora giovane ed ho solo una conoscenza di base per li assicurazioni che si possono usare. Le clessidre per sicurezza sono sempre belle e mi hanno sempre piaciuto siano quelle naturali o quelle poco trapanate. Poi fare un forro dentro una lama non e bello che dice però anche Grill e lo vedere per esempio nello 4 photo.
Sebastiano. Grande👍💪
Come si puo ben vedere dall’intervento di Sebastiano, bisogna avere fiducia nei giovani.
Mi piace il concetto di finire la via a bestemmie e andare a bere un a birra.
Ti stimo!
Non posso fare le veci per tutti i miei coetanei, molti dei quali praticano esclusivamente corda in falesia. A molti manca, diciamo, un maestro: sono dei fluidi senza contenitore. Quindi molto probabilmente davanti a una clessidra artificiale, questi ne rimarrebbero stupiti ma tirerebbero poi dritto senza porsi problemi.
Parlando per me posso dire che é una pratica che non ammiro e che non farò mai, soprattutto perché non credo mi porterò mai dietro un trapano ad arrampicare.
Ammiro e provo nel piú possibile a praticare l’arrampicata come in inghilterra, quindi con il concetto di preservare la roccia (anche se gli inglesi arrampicano nelle cave…). E infatti le uniche due (modestissime e brevi) vie che ho aperto le ho fatte in questo stile. A friend e nut, (totem e salewa a stelo rigido, perché comunque non si butta via niente)
Ma se uno trova la briga e pecunia per aprire centinaia di vie ( non so se ci arriva a 1000 Enzo Griglia), un fix inox in piú, o in titanio in ambiente marino, può tranquillamente metterlo.
E poi piuttosto che occupare del tempo per fare una clessidra in mezzo a una placca, finisco anzi la via a bestemmie e vado a bere!
Hai ragione Luciano . Sarebbe interessante sentire l’opinione di giovani arrampicatori massimo 30enni. Meglio ventenni. Io penso che siamo tutti a fare blocchi coordinativi in palestra. E che ben pochi possano capire di cosa stiamo parlando. Non saprei ho scarsa fiducia nei giovani d’oggi. O meglio mi sembra che ce ne siano davvero pochi con i controc..,..però io giudico col mio metro….non saprei dire se va bene o male.,…
A questo punto a giochi (fori) fatti perché non giocarsela con cordino i acciaio intrecciato e serracavi doppi?Il dubbione sulla giovinezza del cordame verrebbe a chiunque .
Cosi tanto per star sul sicuro…
Di etica bisbetica ne parlavo già tanti anni fa con un amico che poi dette questo nome ad una sua via. Fare clessidre artificiali sull’ ambiente è visivamente meno impattante ma in pratica invece di un foro se ne fanno due e si tappezzano le pareti di cordini che essendo spesso insostituibili resteranno li vita venturi secula. Qualcuno dirà si tanto quanto una fila di fix, ma almeno su quelli al netto di filosofie e di punti di vista se ci casco sopra forse non mi accoppo. Al centro deve sempre esserci l’uomo e ad Honnold se ci sono i cordini marci nelle clessidre gliene frega poco, a me come a tanti altri il fatto crea molti pruriti.
In sostanza l’articolo rientra nel filone (per trasposizione) “tira più un foro sulla roccia che un carro di buoi. Vuoi fare salire i commenti in modo esponenziale? Facile, nel mondo dell’arrampicata.
Però a parte questa premessa, mi piacerebbe leggere qualche commento da parte di qualche rappresentante dell’ ultima generazione di alpinisti/arrampicatori/falesisti. Ventenni, trentenni al massimo.
Perché diversamente è sempre la solita minestra riscaldata mille volte di chi scala da decenni e tra pochi anni dovrà abbandonare la scena per raggiunti limiti d’età. Non che mi aspetti chissà quali risultati, ma almeno è la campana di chi ha un futuro davanti.
Benassi. Credo di averlo ben espresso Nel primo commento per quanto mi riguarda le clessidre artificiali sono da evitare comunque, sia in ambiente sportivo che in ambiente alpinistico. Viceversa benedette siano quelle naturali dove ognuno può mettere e togliere i propri cordoni. Ho letto ogni genere di osservazione dal filosofico all’ambientale all’etico in una insalata senza soluzione di continuità. Dell’etica bisbetica ne parlato con un amico già tanti anni fa e lui ci fece addirittura una via. Ma qui non si tratta ne di etico ne tantomeno di impasto ambientale qui si tratta di sicurezza e davanti a questa c’è l’uomo. Il fatto che ci siano cordoni o cordini marci nelle clessidre su vie di 6c non è sicuramente un problema. Ma per me lo è eccome.
Se le considera sportive, hai ragione te Bonfanti, per attrezzarle bisognerebbe usare un materiale più consono, farlo in modo “conforme” come lo definisci te.
Se invece le considera alpinistiche, il fatto di creare con il trapano delle clessidre artifiaciali, non mi sembra un atteggiamento ortodosso.
A parte che nessuno di scandalizza, ma si esprimono punti di vista diversi. Non mi pare che quello che si vede sulla prima foto dell’articolo sia un semplice allargamento di foro.
Bonfanti, nessun bisogna di fare dei distinguo, la mia domanda era diretta ad avere una conferma. Ma le vie che apre Grill, si possono considerare tutte vie sportive, o almeno, lui le considera tali?
Ciao Benassi. Non ho volutamente parlato di Alpinismo ho bensì parlato di vie sportive. Quelle che oggi chiamano multipitch dove si arrampica con un accettazione di rischio molto diversa da quella che si deve accettare scegliendo di fare vie alpinistiche. Troverei persino ridicolo dover approfondire ulteriormente il distinguo.
“anche tutte le soste della bull in cima canali sono fatte su clessidre trapanate”
Ma va? E da quando?
E chi le ha trapanate, che il problema sulla Buhl (che scrive così, però) semmai era dove far sosta, visto che ce ne erano almeno tre per tiro!
@luigi
anche tutte le soste della bull in cima canali sono fatte su clessidre trapanate
Vogliamo parlare delle decide e decine di “spuntoni” forati della Cresta N-E dei Pozzi? Tutti tacciono, ma ci si scandalizza se il povero Heinz allarga un foro..
@Marcello Cominetti.
i Kevlar che tu hai trovato e testato erano materiale di DuPont che io sappia ora di difficilissima reperibilità, e mi risulta di non reperibilità (calza bianca con riga rossetta e filo nero). Ora si trovano cordini a politilene ad alta densità spacciati per Kevlar (Dyneema) e per questi, dopo che ho cessato la produzione del mio articolo “galleggiante”, ti suggerisco di evitare il carico “Body Weight” se hanno preso una dose di sole nemmeno troppo considerevole. E siccome nemmeno io so riconoscere le marche e le composizioni, io starei accorto a farci un A0. Grill ha ragione che il cordone vecchio tiene abbastanza nel tempo, come evidenziai io una ventina di anni fa sui test delle corde invecchiate agli UV fatto in collaborazione con la Scuola Biveneta Materiali di Padova. Tuttavia, come evidenziai già allora, mentre negli spit devi conoscere 4 marche, nelle corde la variabile di prodotto è molto diversa, che è impossibile ad occhio valutare ogni genere di tenuta residua.
@matteo
Proprio oggi, ore 16 c’è la riunione del gruppo tecnico, dove approveranno (io sono contrario, lo detto e ridetto) un nuovo testo tecnico per il label UIAA sulla norma EN959. Il label UIAA non è legge, la EN959 lo è. Credo che Grill morirà solo al pensare ai costi nuovi del prodotto in A4 con label UIAA, ma dopo tutto questo è quello che l’UIAA pensa sia corretto fare. Come ripeto da circa 10 anni non 1 (uno) pezzo di vero 316/A4 è mai stato trovato rotto da quando lo si usa (stiamo a parlare di circa 50 anni di storia di Hilti e Fischer). Zero, nulla. Per quanto riguarda i resinati, essi aggiungono una criticità alle “problematiche” che è la saldatura, rendendo percentualmente più pericoloso il suo utilizzo.
Ma qui ci rientra anche l’alpinismo oppure no? Perchè anche in alpinismo se non mi sbaglio s’arrampica.
Uno dei precursori di questo sistema di protezione artificiale è stato Kaspar Ochsner. Ho avuto modo di ripetere alcune sue vie tra cui Adlerauge al Wellohorn. Una parete con poche evidenti linee di salita dove quindi si può salire dappertutto. La via [18 tiri] tranne alcuni fix è generalmente protetta a clessidre ed è esposta al punto che talvolta é difficile individuare sia la linea di salita che la protezione successiva. Molto spesso mi sono trovato 10 metri a destra o a sinistra della linea giusta protetto da un cordino insostituibile ma delle guerre puniche. Personalmente credo che l’utilizzo di clessidre naturali possa con buona pace essere demandato ai ripetitori lasciando che questi mettano il loro materiale alla stregua di un friend o di un chiodo nelle fessure. Per tutto il resto dove non è possibile proteggersi diversamente o ci si astiene dal tracciare un itinerario o se lo si promuove verso futuri ripetitori questo lo si deve proteggere in modo conforme. Cosa vuol dire per me proteggere un itinerario di arrampicata sportiva in modo conforme ? Vuol dire usare del materiale con una bassa deperibilità e quindi adatto al luogo, parlando di vie di arrampicata a mio giudizio se si lascia un itinerario attrezzato, suggerirei di non utilizzare chiodi normali in quanto anche in funzione del loro corretto posizionamento non possono garantire la stessa tenuta di un fix. Per cui questo come i cordini su clessidre eviterei proprio di prenderli in considerazione. In arrampicata la caduta sul nostro grado è un fattore che escludiamo a priori ma che purtroppo è sempre presente. Dato quindi che non siamo immortali, farsi male perché è saltato un nostro friend possiamo solo a dio piacendo darci la colpa ma farlo a causa di un cordino marcio che non ha tenuto è un vero peccato.
Grazie per questo bell’articolo! Ha scritto una persona che conosce bene il campo tecnico.
Applauso per Gabriele! Condivido
Ma a Palermo il “problema” non era il ciăffico?
Comunque l’ unico Grill che rispetto è nel mio camino giù in taverna.
Un discorso senza capo né coda, che dice ma non dice, che dice ma nel dire si contraddice. Una giustificazione di una scelta etica discutibile ingolfata di tanta filosofia metaforica a casaccio, un concetto estremamente confuso di comunione con la natura e di rapporto uomo-montagna, una supercazzola per giustificare l’egoismo tipico degli arrampicatori: roba da rabbrividire.
“Nel complesso, l’apertura di percorsi può diventare un processo di progettazione per abbellire la montagna.”. Già solo la parola “progettazione” legata all’alpinismo mi fa vomitare, figurarsi quando è per “abbellire la montagna”. La quale riceve “una sorta di dono”. Santi numi.
Cosa tocca sentire per giustificare certe schifezze. Di vie di Grill ne ho ripetute, alcune le ho apprezzate altre meno, ma le lezioni di etica ed estetica basate su sta filosofia da quattro soldi in cui l’uomo dona qualcosa alla montagna salendo un nuovo itinerario e anche ripetendolo a mezzo del proprio sudore mi fa venire il vomito. Non c’è nessun miglioramento estetico in una montagna nel salire una nuova via, figurarsi riempiendolo di ferraccio, buchi e cordoni colorati. Dirlo con queste supercazzole è giustificarsi nel proprio egoismo di voler a tutti costi lasciare un proprio segno nel mondo. Eccoci lì dove mi dice sempre mio papà, in mezzo a chi se la suona e chi se la canta.
Usiamo la montagna, tutti, chi più chi meno, chi con un’etica più ferrea chi meno, chi ha interesse nel preservarla e chi se ne frega, chi la vive nel silenzio chi ci si diverte come sulle giostre. Però almeno il buongusto di non nascondersi dietro la filosofia per sentirci migliori, dai. Che siamo già dei poveracci, e così finiamo per diventare patetici.
@ 45
Giuseppe, stavolta concordo del tutto con te.
Mi devo preoccupare? 😀 😀 😀
Non sono mai stato un estimatore né di Massarotto né di Grill, di cui ho ripetuto qualche sua via, ma il cordino di kevlar dura più di noi. Ho visto test in cui cordini in kevlar che erano stati al sole su una via anche 30 anni, tenere al dinamometro, come quelli acquistati la mattina stessa in negozio.
Sulle clessidre forate, personalmente le trovo eleganti.
Clessidre trapanate, tasselli, resinati…
Non ho capito: nell’articolo si parla di alpinismo o di edilizia? 🙂
L’affermazione che:
“Quando uno scalatore per la prima volta scala una nuova via, aggiunge una sorta di dono alla montagna attraverso i suoi sentimenti individuali, la sua gioia e la sua immaginazione. La montagna non rimane più la stessa dopo essere stata toccata dalle mani dell’uomo e arricchita di chiodi”
poi si commenta da sola.
Ho percorso tante vie di Grill , e spesso ho trovato questo tipo di protezione ;
a me sembra che farlo per non spendere soldi sia una banalità, fra l’altro, come già osservato ,un cordone esposto agli elementi marcisce molto più in fretta di uno spit o un fix , e in una clessidra artificiale cambiare il cordino marcio può essere difficile per il primo.
.
.
Farlo per questioni ecologiche per evitare spit e fix ?
.
.
Bah , non mi sembra un’argomentazione decisiva , perché se i buchi si riempiono , lasci la parete piena di cordoni marci.
Placido, è ancora una differenza di quantità non qualitativa: rompi qualcosa, anche se in scala minore e non puoi farlo dappertutto.
Esattamente come un chiodo in una fessura è differente da uno a espansione, uno spit o un fix.
E infatti anche tu scrivi “se proprio devo forare allora è meglio” cioé esprimi un’opinione su due interventi qualitativamente simili ma che tu ritieni quantitativamente differenti.
In realtà non sono d’accordissimo, perché per entrambi i tipi riesco a pensare (o meglio potrei citare) casi di “abuso”, diciamo così
Il vero problema è per i 2 ragni che passavano la notte nei 2 buchi, che adesso devono condividere un loft dove tira aria e passa pure un cordone.
Voi vorreste che qualcuno buttasse giù il tramezzo che vi separa dal vostro vicino e vi fa pure passare un oleodotto in camera?
Dice Matteo:
Non sono molto d’accordo.
Col martello si apre una clessidra dove la roccia lo permette, e serve comunque occhio.
Con il trapano si può creare una clessidra ovunque si voglia, anche in mezzo ad una placca compatta (basta fare due fori a mo di abalakov, e il gioco è fatto).
Quindi torno a dire: se proprio devo forare allora è meglio mettere un fix.
Non ho gli schei per mettere il materiale adatto? Piuttosto di fare un lavoro che andrà presto rattoppato, io aspetterei di averli, oppure mi asterrei dall’aprire (che dopotutto mica è obbligatorio), oppure adotterei un altro stile).
Paese che vai… In altri luoghi ci sarebbero conseguenze importanti, penali e pecuniarie, per questo tipo di… approccio.
Certo che la prima foto dell’articolo è piuttosto eloquente, di che razza di tana c’è stata scavata, sulla placca compatta, per poterci passare due cordoni e ce ne passerebbe anche un altro.
Cambiate il titolo dell’articolo per favore. Qua non è il problema delle clessidre trapanate ma delle trapanate di p@lle che uno deve sopportare a leggere sto minestrone senza capo ne coda.
Se devo bucare tanto vale mettere un fix. Se non ho le possibilità economiche di metterlo o passo trad o non apro la via, mica me l’ha ordinato il medico di farlo.
Emanuele non conosco le tue vie, perdonami…ma da come ti tieni temo siano fuori dalla mia portata!
Io al convegno di Malta non c’ero e quella sulla tenuta di spit o fittoni in ambiente aggressivo è solo una mia personalissima sensazione/opinione non suffragata da prove sperimentali ma solo dalla mia esperienza ingegneristica. Si trovano gli atti del convegno?
Non è che ami particolarmente le clessidre trapanate, però non mi paiono poi molto differenti da certe filate di spit
Quanto a Grill e alla sua bulimia non me la sento di darti tutti i torti…però ha fatto anche cose buone. 🙂
Forse, l’unico vero stile di apertura corretto è quello dei Britannici, solo protezioni veloci, soste removibili e clessidre solo dove già esistenti. Dobbiamo smettere di arrogarci il diritto di modificare la roccia a nostro gradimento, come in ambito sportivo non si scavano le prese, in ambito alpinistico non si bucano le clessidre. Non si modifica la roccia a proprio piacimento, ma bensì ci si adatta alla sua conformazione e proteggibilità. Tra l’altro riempire una parete di cordini e cordoni che invecchiano nel corso di una decina d’anni è una cosa alquanto inutile, inquinante e pure brutta. Se si vuole attrezzare una via sportiva in questi tempi i materiali adatti all’impiego in ambiente marino esistono, se costano troppo sarà l’apritore a a valutare se la spesa vale il risultato. Piuttosto che aprire tre vie forando qui e là rovinando la roccia per soddisfare l’ego dell’apritore, cercare magari una linea sola che sia salibile in maniera pulita o attrezzarne una con materiali di qualità adatti all’ambiente.
Metto qui un link ad un bellissimo video che dimostra come si possano aprire itinerari di spessore, senza spit e sul mare:
https://youtu.be/D-flInRN8p4?si=oUa0jzTkKljEKblu
AggiungoChe schifo!Nylon marcio ovunque alla faccia della sicurezza e delle microplastiche.
Questo articolo mi pare una autoassoluzione da parte di Grill che non ha trovato i soldi per chiodare né col Ti né col 316.
@Matteohai presente quanti anni sono passati dalla nostra salita de L’aspettativa??? Almeno 15 se non di più… (ti ricordi che anche lì i primi due tiri li avevo già aperti io diversi anni prima ma non era stato citato che i chiodi (peraltro ancora presenti) erano stati già trovati? Poco male… mollammo a causa delle pulci che ci avevano impestato e poi per motivi di distanza (abitavo ancora a Trieste) e diverse varianti e variabili di vita non ci misi più piede (solo lì, in Sarca ci andai eccome…) ma un minimo di onestà me la sarei aspettata. Vabbé la via è bella e ne vale la pena…Quindici anni però non sono pochi, e continuare a riempire la valle di tue vie che credi lascerà? Oltre al fatto che vengono pulite, ripulite e modificate a seconda della parete e/o della via… ma è alpinismo questo? Non credo!Credo piuuttosto sia auto-osannazione, pericolosa sindrome psicologica di egocentrismo acuto.Personalmente ho dato vita ad una parete nell’Alto Garda bresciano, dove anche lì abbiamo scalato assieme e poi hai scalato con altri compagni di cordata ma dopo aver dato vita alla situazione mi sono tirato indietro lasciando spazio ad altri che avevano voglia e capacità.Credo alla mia età che questo possa venir definito atteggiamento corretto.Poi ognuno è libero di pensarla come vuole ma allora si evitino polemiche inutili per farsi dare ragione.
@Matteo.
Ho letto le motivazioni di Grill, e pure cosa ho scritto. E mantengo le mie opinioni. Altresì, pur dopo aver passato una vita sugli spit, ma magari potresti provare ad andare a ripete anche una mia via fatta senza (per completezza di informazioni), quando Grill parla costi per giustificare quello che reputo un “obbrobrio”, io delle domande me le pongo. Concludendo, mantengo la mia opinione che quando hai aperto centinaia di vie (tanto di cappello, forse), una semplice constatazione di lasciare qualcosa anche per gli altri, dovrebbe passare per la testa. Salvo non si tratti di “opere d’arte”, ma faccio fatica a pensare ad un’opera d’arte con clessidre scavate.
OT è provato nel tempo che non c’è differenza tra tassello e resinato per i problemi citati da Grill. Ero io presente al convegno UIAA a Malta dove si discuteva di questo.
Stefano non avevo idea della disavventura del Ciavazes e ho parlato per quello che conosco e ho visto, quindi limitato per definizione.
La mia non vuole essere una difesa a prescindere di Grill e potrebbe benissimo essere che le cose siano cambiate come dici tu.
Sull’Aspettativa eravamo assieme in allegra brigata, se ben ricordo, e di certo resta una gran bella via.
Comunque sia, come ho detto nel mio primo intervento, non credo che in realtà il problema vero non sia spit si o no (o clessidre trapanate, o Grill, o ecc.), ma provare a definire dove/come/quando un metodo di apertura sia desiderabile, accettabile o meno.
Sempre nel mio primo intervento scrivevo appunto “non credo comunque che debba diventare universale” [lo stile di Grill]
E siamo alle solite, esprimere un’opinione, una critica è fare polemica.
Speriamo che in Italia arrivi una bella dittatura, così raginiamo e ci comportiamo tuuti alla stessa maniera: allineati, coperti e, sopratutto muti e rassegnati.
Personalmente, la penso come ka Guida siciliana e credo che dopo 40 anni che faccio alpinismo, solo Grill e co. abbiano sollevato questioni assurde di questo tipo (non conto spit e no spit…), oltre ad altre che non sto a menzionare qui, ora.
A suo tempo diedi pubblicamente il mio sostegno a Heinz ma oggi dopo che, probabilmente è scivolato in una condizione di delirio d’onnipotenza, come dire in parole povere…: ci scassò la minchia…
Troppi spit su vie lunghe non mi piacciono, riducono l’avventura dell’alpinismo ma veder penzolare cordoni ogni dove è anche peggio. La questione comunque fu già motivo di polemica diversi anni fa dopo che alcuni colleghi trentini seguirono una sotto-specie di etica similare e li mettemmo a tacere convincendoli a non infierire avanti (discutendone eh… non come fa Grill che lapida chi non condivide la sue idee, massacrandolo alle sue conferenze, Cosa che purtroppo ho avutop modo di vedere e contestare qualche anno fa) . Credo che Grill debba essere piuttosto ridimensionato. Vero che la montagna è libera ma anche in Germania (Baviera) c’è montagna, perché non prova lì a fare i suoi giochetti? La risposta probabilmente non serve…
Matteo non hai molta contezza di ciò che credi… o forse non vuoi vedere… in valle del sarca di vie “corrette” ce ne sono decine senza contare la mia via sul ciavazes alla quale mancavano venti-trenta metri per uscire e guarda caso due anni dopo (non avevo avuto tempo di finirla in quel lasso di tempo tra meteo avversa e mancanza di tempo), arriva Grill apre una “via nuova” sulla stessa linea, toglie i miei cordoni, variando il primo tiro ma non dice nulla riguardo ciò che ha trovato in parete (chiodi e cordini)… alla faccia della correttezza alpinistica.
Letto e considerato il tutto, utilizzo sempre questa frase: ” meglio uno scalatore in più che un delinquente in piazza…”. Fortunatamente viviamo questa passione ancora senza troppe regole e limiti…quindi riteniamoci fortunati! Poi ognuno faccia quello che vuole, ormai c’è di tutto e di più, pure ben peggio di clessidre forate… In ogni caso quando Grill apri la Via della POLEMICA, dopo oltre 10 anni, ripeto 10 ANNI, c’erano due ripetizioni, una con un mio amico ed una di Ivo Rabanser. Non c’erano clessidre forate ne fix, pochissime protezioni e tutti ne stavano alla larga, poi richiodata tutti a corse a ripeterla!!! Inoltre se qualcuno in zona vuole una via senza clessidre forate, andate a ripetere la YETY di Toni Zuech, poi mi direte…o quelle di Larcher con fix chilometrici!!! Passo e chiudo, Buone arrampicate a tutti e divertitevi piuttosto che innescare inutili polemiche…
Luigi non ho idea di cosa abbia fatto sul monte Gallo, ma mi pare strano che abbia “calpestato” vie preesistenti, perché non è proprio il suo stile. Per quello che ne so nelle sue relazioni ha sempre dichiarato quando ha incontrato tracce di passaggi precedenti e segnato tutti gli incroci; quando ha rimesso a posto vie altrui ha sempre chiesto il permesso (Marco Furlani appena intervenuto può confermare)
E, ripeto, alcune delle sue vie sono molto belle e su roccia ottima, in posti dove le ultime vie erano di decenni prima e su roccia discutibile, come Aspettativa dei mondi superiori al Casale.
Mi pare che il tuo commento sia leggermente prevenuto nei confronti di Grill.
Cara Grazia, ho letto benissimo. Ho letto infatti che “molte guide alpine, come Renzo Corona, preferiscono ormai, le clessidre forate”. Mentre un’altra guida alpina stavolta siciliana ha gridato – giustamente secondo me – allo scandalo. Più che contrapporre voci “autorevoli” per stabilire cosa sia più “giusto”, credo sia più opportuno rispettare una sensibilità locale che nel trapanare clessidre vede una falesizzazione arbitraria delle pareti di ambiente, un’arroganza mascherata da buon samaritano. Altrimenti, rendendo tutti i mezzi leciti, rischiamo una omologazione massiva. Facilitare in questo modo per me equivale a barare. Scalare resta un’attivita selettiva, oserei dire nobile, a patto che resti anche “pulita”.
Luigi, forse non hai letto attentamente l’articolo, se fai di tutta l’erba un fascio a proposito delle guide alpine: Heinz scrive che una guida alpina siciliana si è opposta allo scempio.
Che le montagne possano gioire delle nostre gesta la trovo una visione limitata.
Sembra l’ennesimo articolo creato per pilotare una morale da condividere. Peggio ancora per legittimare un modo di agire opinabile nonchè per reprimere eventuali sensi di colpa (sulla perforazione indiscriminata) e/o critiche nascenti. A questo punto – se tutto è lecito sotto la bandiera della sicurezza, dell’estetica – perchè non scavare le prese o metterle artificiali?! Il punto di vista delle guide alpine potrebbe essere viziato e non universale, anche il mio per carità. Ma da fruitore antico dei luoghi ho notato che si parla un po’ troppo di gioia etica bellezza, l’articolo ne è intriso. Peccato che manchi un’altra parola chiave: RISPETTO. Ovvero rispetto della naturalità della montagna che, al contrario di quanto dichiarato, NON mantiene affatto la sua dignità, semplicemente NON parla quindi siamo davanti a una mera interpretazione di comodo. Rispetto delle vie preesistenti: le vie di Grill a Monte Gallo – ne ho fatto qualcuna – sono frutto di un agire indisturbato, risultano seriali e congeste. Specie sulla porzione destra della parete calpestano vecchie vie trad di Roby Manfrè ben documentate sulla guida cai touring e nate senza bisogno di clessidre artificiali. Il prodotto offerto al turista risulta ben confezionato,un bel giocattolo trad costruito su una terra considerata di nessuno. A quanto pare dalle parti di Trento, Grill non incanta più nessuno. Palermo probabilmente è un nuovo palcoscenico da colonizzare per il solito benefattore di turno alla faccia del rispetto per l’etica e la storia locale.
Emanuele, di eterno non c’è assolutamente nulla e tantomeno uno spit! Un po’ meglio il fittone inox resinato, semmai.
Non capisco però perché ti scagli contro Grill…proprio tu che hai passato una vita sugli spit!
Trovo le due giustificazioni date dal Sig Grill un poco “opinabili”. Mentre per gli spit in acciaio adeguato è provato che durino pressochè in eterno, il crearsi le clessidre mi pare una vera e propria taccagneria. Per carità, quando hai aperto un centinaio di vie, devi ancora trapanare ovunque perchè hai finito i soldi? Ma il semplice prendere atto di lasciare spazio anche a chi verrà dopo, non è mai preso in considerazione? Lorenzo Massarotto usava il martello della Salewa perchè aveva la punta per allargare l’entrata del cordino di Kevlar, ma non ho mai sentito “Il Lorenz” avallare lo scavo con il trapano di ancoraggi nel nulla.
Allora mi correggo, viva le clessidre, uniche, rare e naturali. State alla larga da imitazioni! Ma usate sempre le vostre protezioni, mai fidarsi troppo.Faccio pure pubblicità progresso.
A parte gli scherzi, essendo una pratica poco diffusa e nuova non ho ancora una idea netta. C’è da dire che la manutenzione di una clessidra è nettamente più economica e praticabile da chiunque disponga di uno spezzone di corda e sappia fare un nodo. Anzi, non c’è bisogno proprio di manutenzione, potendo lasciare libera la clessidra e utilizzando i propri cordini recuperabili dal secondo. Questo è l’unico pro che vedo, un fattore economico. Ed ecologico, potendo riciclare vecchie corde ancora in buono stato.
Se mi venisse il gusto di ripulire una via, togliendo piastrine o tagliando fix resinati resta in eterno un anima in acciaio ben visibile. Se tolgo cordoni da clessidre, queste n. anni dopo saranno solo buchi che potranno ben confondersi perché la roccia si ossida e riprende colori naturali. Tra le due comunque non me ne piace nessuna. Non mi riferisco a falesie ma a pareti montane dove è in atto un abuso indiscriminato e a volte stupido nel marcare il proprio territorio.
Alberto, guarda che quella che hai dato tu è proprio parte della definizione di “quantitativo” che intendo io, visto che si tratta comunque di togliere…roccia.
La secondo differenza quantitativa è nel numero totale di “clessidre” che riesci a creare con poca fatica usando un trapano.
Usando i rinvii con i moschettoni con le aperture contrapposte è normale che succeda. Soprattutto se l’ancoraggio è un cordino che gira.
Insomma non è proprio un fatto puramente quantitativo.
Un conto è con la punta di un chiodo o del martello togliere una sottile foglia di roccia su una colonna o scaglia, dove la clessidra è già ben delineata.
Altro conto è creare una clessidra con il trapano bucando una placca compatta, o una colonna completamente chiusa, come se fosse un abalakov su ghiaccio, facendo il foro talmente largo e perfetto da poterci infilare più cordini.
Certamente Massarotto non avrà usato il trapano ma solo il martello.
Grill ha aperto belle vie, ne ho salite parecchie in valle del Sarca che ho apprezzato, ci siamo anche incontrati casualmente su vie in Dolomiti, dove ho potuto apprezzare la sua abilità di scalatore, ma non sempre mi vedo d’accordo con il suo agire. Non si può esprimere un’opinione in merito? Avere opinioni diverse e farle presenti, visto che è stato pubblicato un articolo il cui titolo richiama ad un “problema”, non mi sembra sia una mancanza di rispetto, quanto piuttosto esprimere visioni diverse che in alpinismo, in arrampicata ci sono sempre state, come è giusto che sia. Visto che l’alpinismo, l’arrampicata sono libertà di agire, che riflettono una libertà di pensare e di esprimere tali pensieri. Dire se ci sono le clessidre trapanate non le passi, è come dire se ci sono stati messi gli spit, anche se prima non c’erano, che problemi ti fai? Non li passi! Non mi sembra una buona giustificazione
Capisco che è una vecchia e annosa questione, quella delle protezioni, ma per come la vedo e la vivo io se non sei in grado di salire facendoti sicura con quello che naturalmente ti offre la parete, dovresti cercarti altre pareti e altre salite. Anche perché con il criterio di forare la qualunque è evidente che nessuno è più in condizioni di mettere dei limiti mentre chi fora (la qualunque) impone agli altri i suoi, perché anche non usando le protezioni inserite artificialmente la salita non sarà più la stessa per nessuno.
Non intervengo sulle questioni filosofiche (d’altra parte in Wenden foravano le rigole già negli anni 90), ma solo per dire che mi fa sorridere leggere di vie sicure, poi metti il rinvio dove il moschettone sulla protezione ha la leva dal lato della roccia (ultima foto).
Innanzitutto grazie Heinz per tutte le bellissime giornate che ho passato sulle tue vie! Ben vengano le clessidre, speriamo che non arrivino i talebani schiodatori e iniziano a “ sclessidare” in nome della loro etica del …..
Non sono completamente d’accordo con il mio amico Drugo circa la polemica Massarotto/clessidre trapanate.
Non sono un cultore di Massarotto, quindi non so in che contesto abbia detto la frase riportata (in realtà nemmeno se l’abbia detta veramente!), ma trovo che aprire una clessidra con un martello o con un trapano faccia poca differenza “etica”, ma al massimo quantitativa.
D’altra parte però, Massarotto potrebbe essere un utile riferimento per definire quello che credo dovrebbe essere il punto vero da dibattere, ovvero del perché si aprono nuove vie. Solo poi la risposta dovrebbe essere declinata nel come, nel quanto, nel dove, nel fino a dove.
Qui la differenza appare subito evidente: Massarotto, a differenza di Grill, non apriva le sue vie perché fossero ripetute in sicurezza da tanti
Non so dire se lo stile di Grill sia giusto o meno e nemmeno fino a che punto o dove sia giusto venga applicato. Anche se ho ripetuto tante sue vie trovandole belle e alcune siano decisamente dei capolavori, non credo comunque che debba diventare universale.
Ma che problemi vi fate se non vi piacciono le vie di Grill non andate a farle se non vi piacciono le Clessidre trapanate non passatele
Infatti, si tende sempre più verso un’ alterazione , una manipolazione, un adattamento sempre più invasivo e personale della roccia. Come quelli che vogliono resinare la roccia dove presenta prese friabili per renderle solide a adattabili all’arrampicatore. La roccia viene sempre più considerata e trattata come una serie di panneli artificiali uno sopra l’altro.
Con tutto il rispetto… non si dovrebbe prendere in mano carta e penna o una tastiera dopo aver bevuto…😔 Eppoi…se una corda è vecchia sarà vecchia anche per fare gli spezzoni, o no ??
Per quello che vale la mia opinione, ho sempre pensato che se bisogna forare la roccia con il trapano per creare una clessidra, allora tanto vale piantare un fix.
Le clessidre artificiali oltretutto (viene detto anche nell’articolo) presentano spesso il problema che il primo di cordata difficilmente riesce a sostituire il cordino/one qualora questo sia usurato.
Per risolvere quest’ultimo problema, nell’articolo si propone la soluzione di scavare delle clessidre abbastanza grosse da permettere il passaggio agevole di un ulteriore cordone… ma a questo punto che differenza c’è fra questa pratica e quella di scavare delle prese artificiali?
Se i fix in ambiente marino si deteriorano rapidamente, esistono almeno due soluzioni:
1. usare materiale idoneo
2. astenersi dal posizionare materiale metallico fisso (il che comporta mettere in discussione lo stile di apertura/attrezzatura scelto)
A latere sono d’accordo con chi mi ha preceduto sull’opportunità di citare Massarotto.
Viva le clessidre e tutti i tipi di spuntoni e alberi che aiutano a proteggersi. In questo caso mi si storce il naso, non per un motivo estetico o etico, comparabile allo spit, ma per motivi tecnici. Il primo é: quale é il carico di rottura di una clessidra? Quale é lo spessore minimo per la sua efficacia? Sarebbe bello se nel mondo esistessero solo clessidre grosse come quelle al Procinto.
Bisogna parlare anche del deperimento del materiale lasciato in ambiente. Gli spezzoni di corda possono andare bene ma fettucce e cordini in kevlar si é visto avere una vita nettamente ridotta se lasciati fuori, sotto al sole e alle intemperie.
Che differenza c’è tra piantare un fix e allargare una clessidra (o addirittura creare una clessidra)? Fino a che punto è giusto pulire una via? Dai sassi mobili, ovviamente, ma anche dalle zolle di erba…
Veramente un articolo senza senso…
Presumo che Leo Massarotto sia Lorenzo Massarotto, e come giuistamente ha precisato Drugo, avvicinare il pensiero di Massarotto alla manipolazione e alterazione della roccia creando clessidre artificiali per realizzare delle vie, lo eviterei proprio. Primo perchè perchè Lorenzo Massarotto ha sempre basato il suo alpinismo nel rispetto massimo della roccia, secondo perchè Massarotto non può rispondere. Cosa avrebbe a che fare Massarotto con il trapano? NULLA!!!
Credo che inserire questo pensiero di Lorenzo Massarotto in una (legittima, per carità) elegia per la clessidra trapanata, sia frutto di crassa ignoranza.
Ovvero lo spero, che se così non fosse, sarebbe disonestà intellettuale.
Questo a prescindere da ogni intento tecnico o etico contenuto nell’articolo.
Non è corretto utilizzare altrui affermazioni decontestualizzate a suffragio di una propria visione che, nel lato pratico, si attua con un trapano, ovvero con quanto più Massarotto trovava alieno nella apertura di una via.
A parte che la tecnica di creare clessidre forando lame e colonne non è una novità, mi pare che in questo scritto si faccia tanta “filosofia” piuttosto confusa, con tanti concetti diversi buttati lì, l’uno opposto all’altro, forse per auto-giustificarsi e portare l’acqua al proprio mulino? Come spesso avviene.