Metadiario – 213 – Il Sentiero dei Pianeti (AG 1997-006)
La Val d’Anniviers inizia a Sierre, la città del sole sulle rive del Ròdano, e termina ai piedi di una sezione della «Corona imperiale», la chiostra di celebri montagne del Vallese oltre i quattromila metri: Bishorn, Weisshorn, Zinalrothorn, Obergabelhorn e Dent Blanche, con visioni sui più arretrati Cervino e Dent d’Hérens. È un posto per entusiasmanti vacanze: se c’è quasi sempre bel tempo, alla fine sei più stanco di prima! Con moglie Bibiana, figlie Petra ed Elena e tata Maria Elescano c’installiamo in gran comodità a St-Luc. Ogni giorno si fa qualcosa, anche nell’unico di pioggia, quindi alla sera siamo sempre distrutti, ma convinti che così si debba impiegare il tempo.
In breve veniamo a conoscenza di ogni luogo sparso in valle di produzione spontanea di mirtilli e lamponi. A Grimentz vediamo fare e facciamo il pane come si faceva una volta, dall’impasto all’estrazione dal forno. Al Lac Noir (4 agosto) conosciamo degli olandesi con un magnifico cane groenlandese che al posto delle slitte tirava i bambini; il Lac de Combavert (10 agosto) ci dischiude i suoi colori turchese, mentre il Lac d’Armina (15 agosto) ci minaccia di una grande lavata di pioggia anche se luci incredibili si alternano a ovest dove il sole scende inesorabile. Alla diga di Moiry (12 agosto) vagheggio di percorrere un canale di gronda su un piccolo gommone. In gita alla cabane de Moiry, al laghetto temporaneo del Glacier de Moiry (5 agosto), Elena e Petra scoprono il fascino della neve estiva e degli iceberg galleggianti in un’acqua blu immobile. E quando la pioggia ci sorprende all’uscita delle miniere di rame, in alto sopra Zinal (7 agosto), nell’attesa la nostra guida estrae una bottiglia di vino bianco: fa così freddo che ne bevono tutti, anche le bambine.
Naturalmente il mio soggiorno è anche legato alla realizzazione del volume III dei Grandi Spazi delle Alpi: perciò ho due escursioni in programma, da fare senza famiglia.

Sonia Martin, che normalmente lavora con il locale ufficio del turismo, mi accompagna nella salita al Blanc de Moming: nel pomeriggio dell’8 agosto saliamo alla cabane du Mountet 2886 m. L’alba del giorno dopo ci coglie mentre saliamo rapidamente e con facile arrampicata sulla cresta sud-ovest del Dôme du Blanc de Moming 3657 m. Lo scopo, ampiamente raggiunto, era quello di fotografare la Dent Blanche dal versante settentrionale.
La seconda escursione è al Bishorn: sono con me Jean-Louis Favre, Benoît Germann e Pierre De Preux: quest’ultimo è reduce dalla corsa a piedi Sierre/Zinal, classica competizione che si tiene tutti gli anni. La gara, che dal Ròdano porta in alta montagna, è abbastanza simbolica del modo di vivere degli anniviards. Dopo aver pernottato alla cabane de Tracuit 3256 m il 14 agosto 1997 saliamo per la via normale al Bishorn 4159 m. La giornata stupenda mi permette di scattare delle bellissime foto al Weisshorn.
Fino all’inizio del XX secolo gli abitanti della valle erano praticamente nomadi. Proprietari di vigneti a Sierre, possedevano del bestiame, coltivavano la terra e si occupavano degli alpeggi: e così, durante l’arco dell’anno, vivevano in ben quattro luoghi diversi, da Sierre fino alle malghe più alte. Queste abitudini, meno chiuse che in altre valli alpine, favorirono il primo turismo dell’Ottocento, con la costruzione del Grand Hôtel de Chandolin e dell’Hôtel Weisshorn, appollaiato in vedetta sopra St-Luc a 2337 m.
Questo mi raccontano Georgy Vianin, guida di Zinal, e sua moglie Claire, autrice con Bernard Crettaz del bellissimo libro Zinal, défi a la montagne. Nell’unico pomeriggio piovoso siamo andati a trovarli nella loro casa del 1768. I racconti che gli anniviards ti fanno sono sempre gloriosamente annaffiati con un vino particolare, il vin des glaciers, spillato da vecchie botti di làrice immerse nella fredda pace di un’oscura cave casalinga. Anche oggi non si fa eccezione: Georgy mi racconta, e ha gli occhi lucidi, dei suoi giorni grandi con l’amico Gabriel Melly, la prima traversata invernale (8-10 gennaio 1976) dalla Cabane du Grand Mountet alla Cabane de Tracuit (Crête de Moming, Schallihorn, Weisshorn).
E così pure le guide Nicolas Theytaz e Noël Melly, custodi rispettivamente della Cabane du Grand Mountet e della Cabane de Tracuit, dopo aver servito tutte le tavolate serali, ci chiamano in cucina e ci offrono vino e racconti.
Le grandi pareti nord di questa valle sono state salite dal 1930 al 1932. La prima fu la Nord-nord-est dell’Obergabelhorn, poi fu la volta della Nord-est del Grand Cornier (Lucien Devies e Jacques Lagarde, 8 agosto 1932) e infine della parete nord-nord-est della Dent Blanche (Karl Schneider e Franz Singer, 26-27 agosto 1932). Retrocedendo di settant’anni, poco prima della conquista del Cervino e quando non v’era ancora alcun rifugio, le cime più importanti cedevano una dietro l’altra. Il 19 agosto 1861 il Weisshorn (John Tyndall con Johann Joseph Bennen e Ulrich Wenger), il 18 luglio 1862 la Dent Blanche (Thomas Stuart Kennedy e William Wigram con Jean-Baptiste Croz e Johann Kronig), ma entrambe per vie che salivano da altre valli. Il 22 agosto 1864 fu il turno dello Zinalrothorn e questa volta per una via dal versante Mountet (Leslie Stephen e Florence Crawford Grove con Melchior e Jakob Anderegg). Erano tempi lontani, Stephen poteva raccontare che l’arrivo della sua piccola comitiva a Zinal aveva più che raddoppiato la popolazione locale… e Melchior Anderegg poteva dire che il Rothorn era la salita più difficile, la sola dove una buona guida non potesse aiutare più di tanto il cliente e aggiungere che quell’ascensione mai avrebbe potuto diventare un sogno per le signore. L’idea forse gli veniva dalla punta di Le Besso, proprio lì di fronte, con il suo Chemin des Dames.
Storie oggi dimenticate, tempi persi in memoria di carrozze a cavalli, di posta scritta e non elettronica. Non riusciamo a trasferirci in quell’epoca, perché tutto oggi è diverso. Ci sfugge l’evoluzione del tempo, così immateriale. E anche lo spazio è fatto soprattutto di vuoto. Tra pianeti, stelle e galassie, il nulla è la maggioranza dell’universo. Questa considerazione deve aver ispirato la costruzione, qui, del Sentiero dei Pianeti, un modello in scala del nostro sistema solare, con un percorso che rappresenta fisicamente le grandi distanze tra il sole e i suoi nove pianeti, per la facile comprensione di tutti. In un momento, dal Sole si raggiungono i simboli in alluminio di Mercurio, Venere, Terra e Marte. Qualche minuto in più per raggiungere Giove; ben più lontano è Saturno, e lì ci fermiamo perché Urano, Nettuno e Plutone sembrano irraggiungibili, freddi e lontani come i grandi Quattromila che ci circondano (3 agosto) . Weisshorn e Dent Blanche, ma anche il Cervino, visti da qui sono una bianca corona in contrasto con i verdi boschi e pascoli in cui siamo adagiati ora: sono un altro mondo, forse troppo siderale.

Ma a ben guardare anche i boschi e i pascoli dove l’uomo ha tracciato con intelligenza questo modellino di sistema solare fanno parte di un altro universo, quello della montagna svizzera, così vicino e così differente dal nostro. La potenza espressiva di questo ambiente ricorda che boschi, pietraie, cime e ghiacciai sono lì da un milione d’anni: e questo tempo enorme, così difficile da immaginare, ci riporta proprio all’immensità spaziale cui la miniatura dello Chemin des Planètes e la storia dell’alpinismo cercano di dare una qualche dimensione. Le mie piccole faticano a comprendere questo gioco da grandi. E i grandi, nel tentativo di chiudere un cerchio camminando a piedi alla velocità della luce, tentano di aprire la mente su spazio e su tempo per poi ritrovarsi ancor più piccini.

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La Bibi è sempre bellissima e i tuoi racconti sempre profondamente umani.