Inaccessibile e moderno sulla Fin

Freddie Wilkinson, Peter Doucette e Ben Gilmore hanno vinto The Fin 4069 m sopra il ghiacciaio Yetna nella catena dell’Alaska centrale. La loro salita alla parete esposta a sud, precedentemente inviolata, è terminata a circa 140 m di dislivello dalla vetta di The Fin, adiacente alla vetta madre, il Mount Foraker 5304 m. Quando hanno raggiunto la sommità della parete, presi dal maltempo sulla cresta sommitale, si sono sentiti paghi, decretando che la nuova via era una “via moderna”. La spedizione ha avuto in seguito il Mugs Stump Award 2007.

Inaccessibile e moderno sulla Fin
di Freddie Wilkinson
(pubblicato su alpinist.com l’11 maggio 2007)

Paul Roderick ha lasciato Ben Gilmore, Peter Doucette e me sul ghiacciaio Yentna il 20 aprile 2007. L’intera parte superiore dello Yetna si trova all’interno del confine del Parco nazionale del Denali nella catena montuosa dell’Alaska centrale, e questo significa che non ci sono atterraggi di aerei commerciali. Perciò abbiamo traversato il selvaggio ghiacciaio con gli sci per stabilire un campo base nel circo sotto la seraccata che porta a The Fin.

The Fin Wall, alla fine dell’Upper Yetna Glacier, visto dal campo base. Foto: Freddie Wilkinson.

Per riscaldarci, abbiamo aperto due nuove vie con partenza dal North Fork dello Yetna. Entrambi sono alte circa 1100 m, con neve prevalentemente ripida e pendii a 70 gradi con brevi passaggi chiave di misto a M5. Non ho ancora trovato alcuna informazione documentata su nessuna di queste cime, quindi è molto probabile che le nostre salite a queste vette possano essere state prime ascensioni assolute, anche se non ne sono ancora sicuro. Abbiamo battezzato la Quota 8900 ft Rogue Peak, Peter ed io l’abbiamo salito lungo la parete nord-est (M5, 1100 m). Nel gruppo del Mantok, abbiamo salito la Quota 9300 ft per uno stretto canale esposto a est che abbiamo chiamato The All Talk Couloir (M5, 1100 m). Tutto questo è stato il riscaldamento per la meta principale…

Tracciato dell’itinerario sulla parete sud del Fin, con il lungo e pericoloso avvicinamento. Foto: Freddie Wilkinson.

La parete sud del Fin è di circa 1200 m e non era mai stata tentata, per quanto io ne sappia. Ma è impossibile separare il percorso dall’avvicinamento e dalla discesa. la parete è protetta da un complesso ghiacciaio di 1000 metri e di sei miglia di sviluppo, caratterizzato da una massiccia seraccata. Per aggirarla, abbiamo risalito i pendii a nord della seraccata, oggettivamente sicuri ma che in caso di maltempo sarebbero diventati molto soggetti a valanghe. Sopra la seraccata, ci si deve sciroppare un altro paio di miglia oltre i seracchi per raggiungere la crepaccia terminale, finalmente al sicuro.

The Fin 4069 m, sul lato sud-ovest del Mount Foraker 5304 m, Central Alaska Range, Alaska. Freddie Wilkinson, Peter Doucette e Ben Gilmore hanno effettuato la prima salita della difficile parete sud, visibile qui, dal 3 al 5 maggio 2007. Sebbene abbiano raggiunto la sommità del muro, circa a 140 m di dislivello dalla vetta di The Fin, il maltempo sulla cresta soprastante ha convinto i tre a tornare al campo base. Foto: Freddie Wilkinson.

La nostra scalata è durata tre giorni, dal 3 al 5 maggio 2007. Il 3 maggio abbiamo fatto l’avvicinamento in circa sette ore, portando gli sci oltre la cascata di ghiaccio e poi salendo con le pelli il più in alto possibile prima del rush sotto a un seracco per raggiungere la relativa sicurezza della crepaccia terminale. Sfortunatamente, la parete è concava e accumula neve da spindrift in quasi tutte le condizioni. Anche la nostra tenda ha subito alcuni leggeri strappi a causa della caduta di sassi, rendendo necessario il trasferimento in una grotta di neve scavata frettolosamente. Il 4 maggio abbiamo lasciato la nostra attrezzatura da bivacco nella grotta alla crepaccia terminale alle 6 del mattino e abbiamo scalato l’intera parete fino alla cresta sommitale in quindici ore. Abbiamo seguito il percorso di minor resistenza, che collegava canali di neve e traversi con occasionali tiri ripidi di misto. Il punto chiave della via era

L’approccio alla parete. Foto: Ben Gilmore.
La tendina piantata all’attacco e subito smontata. Foto: Freddie Wilkinson.

un camino di misto verticale “tirato” da Ben Gilmore in tre lunghezze. Il tempo, durante la giornata, è stato coperto con nuvole in aumento. Abbiamo raggiunto la cresta sommitale a circa 3930 m alle 21 e abbiamo deciso di sostare e guardare il tempo. Non c’è nessuna via normale di discesa da The Fin; sapevamo che avremmo dovuto scendere a doppie l’intera parete e poi ripercorrere al contrario l’itinerario di accesso. La vetta sembrava essere a due ore di cresta semi-tecnica. Alle 23 il tempo non era migliorato e abbiamo deciso di chiamare la nostra salita una salita moderna e iniziare le doppie.

La tendina è stata usata come porta della buca di neve nei pressi della crepaccia terminale. Foto: Freddie Wilkinson.
Freddie Wilkinson all’inizio della prima lunghezza. Foto: Ben Gilmore.

Abbiamo raggiunto la nostra grotta alle 8 del mattino, più di venti calate dopo e dopo ventisei ore di azione. Abbiamo fatto un’altra interruzione e ci siamo addormentati per un paio d’ore, solo per svegliarci con la formazione di raffiche di neve. Sapendo che il ritorno per l’itinerario di accesso sarebbe diventato brutto, abbiamo immediatamente fatto i bagagli e abbiamo iniziato la discesa, arrivando al campo base alle 23 del 5 maggio. A mezzogiorno del giorno successivo, erano caduti un bel 50 cm di neve.

Ben Gilmore conduce attraverso un tiro in camino sulla parete sud di The Fin. Foto: Freddie Wilkinson.
Tiro chiave, superato da Ben Gilmore, che ha appena lasciato appeso a un ancoraggio il suo zaino. Foto: Freddie Wilkinson.

Sulla via non avevamo alcun modo di comunicare: avevamo una radio dell’aviazione VHF al campo base, ma nessun telefono satellitare o comunicazioni affidabili. Infatti, in venti giorni, abbiamo visto un solo aereo. Forse la via può essere meglio paragonata dal punto di vista geografico alle vie sul contrafforte sud del Denali, come la parete Isis, il Pilastro di Mascioli e la via di Kelly Cordes e Johnny Copp. In termini di impegno, sembrava più serio della Diamond Arete. Inizialmente ero attratto da The Fin perché combina il classico terreno misto alpino ripido con una vera esperienza nella natura selvaggia: Entropy Wall, la via di Colin Haley e Jed Brown al Mount Moffit è stata una grande ispirazione. Se c’è un futuro per l’arrampicata in Alaska, è combinando un terreno ripido e tecnico “new school” come quello che si trova sul contrafforte nord del Mount Hunter o sulla parete sud del Denali con avvicinamenti e discese “old school” di più giorni per raggiungere luoghi che sono inaccessibili agli aerei.

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