Intervista a Federica Mingolla

Intervista a Federica Mingolla
di Matteo Bertolotti
(pubblicato su Lo zaino n. 18, autunno 2022 e su lozaino.it)

Torinese, 27 anni, vive in Valle d’Aosta. Alla montagna ha scelto di dedicare la sua vita professionale, ma questa è prima di tutto una grande passione. Stiamo parlando di Federica Mingolla, la conferma femminile dell’alpinismo italiano. Avvicinatasi alla montagna da giovanissima, grazie al papà, Federica scopre l’arrampicata sportiva a 14 anni, innamorandosene istantaneamente. Ai primi approcci seguono le competizioni sportive, che la consacrano tra le migliori a livello italiano ed europeo. Ben presto nasce però la voglia di sperimentare e mettersi alla prova su terreni inviolati. Il richiamo all’alpinismo è grande. Talmente grande da spingerla in poco tempo verso la ricerca di spazi sempre nuovi e motivanti. Nascono così ripetizioni da sogno, come quella di Digital Crack (8a), sul Monte Bianco. Federica è la prima italiana e la seconda donna al mondo a riuscire nella salita di quella che è ritenuta una delle più difficili vie brevi del Monte Bianco. Poco dopo tocca alla Via Attraverso il Pesce, icona della Marmolada, su cui Federica segna la prima libera femminile. E ancora Tomahawk Dance, al Caporal. Ma la vita di Federica è fatta anche di spedizioni extraeuropee e nuove vie. In Pakistan è stata due volte, nel 2017 e nel 2022, riportando sempre interessanti risultati alpinistici. Senza dimenticare le esperienze in Groenlandia e sul Monte Bianco. A completare il ricco pacchetto dì esperienze che caratterizzano il curriculum di Federica Mingolla, la scelta di intraprendere il percorso per diventare guida alpina.

Federica Mingolla libera Fuga dal Ghetto (8b, il suo terzo). Sua è la prima ascensione di questo itinerario chiodato da Gianluca Furiozzi. Foto: Gianluca Furiozzi.

Federica, che significato dai al mestiere di guida alpina?
Penso che questo lavoro non debba ridursi all’aiuto a chi si accompagna. Il rapporto tra guida e cliente deve essere prima di tutto umano, ed è su questo che ritengo debba essere fondato il rapporto di fiducia per le salite che si intendono realizzare insieme.

Non sono ancora molte le donne che scelgono questa professione in Italia…
Ci sono molte donne che vanno in montagna, tante appassionate. Quelle che scelgono il professionismo sono poche, è vero. E una strada che richiede passione e molto tempo. Oggi, purtroppo, andare in montagna rimane un’attività complicata per le donne. Spesso, quando si ha la maturità per vedere nella montagna determinati obiettivi, si è anche in quella fase della vita dove bisogna prendere delle decisioni tra famiglia e carriera. La società ancora oggi vede nella donna un determinato ruolo e servono ancora cambiamenti prima di avere un’immagine del tutto emancipata dai vecchi canoni. Le donne hanno il potenziale per fare meglio degli uomini, per realizzare prestazioni interessanti che davvero possono aggiungere qualcosa alla storia dell’alpinismo.

A proposito di alpinismo, in che fase siamo in Italia? Qual è il nostro livello?
Abbiamo un livello molto alto, anche se forse non ce ne rendiamo conto. Basta guardare le salite che si realizzano ogni anno, sia sulle nostre Alpi sia sulle più importanti montagne del mondo per comprendere quanto sia ricco l’attuale panorama alpinistico italiano. Sugli Ottomila spiccano i nomi degli alpinisti italiani che portano a termine nuove realizzazioni e salite in velocità. Ogni anno abbiamo due o tre spedizioni che raggiungono pareti inviolate in luoghi remoti del Pianeta, mettendosi alla prova con difficoltà estreme. Cosa potremmo chiedere di più?

Secondo te, quindi, non manca nulla all’alpinismo italiano?
Forse la consapevolezza dei propri limiti da parte di molti appassionati.

Cosa intendi?
Oggi andare in montagna è molto più facile, grazie sia allo sviluppo dell’attrezzatura sia grazie ai minori costi. Anche grazie a questo stiamo assistendo a un aumento esponenziale degli appassionati. Ben venga, ma con maggior formazione. Non tutte le montagne sono accessibili senza una preparazione specifica. Serve sia per gestire la salita in sicurezza, sia per evitare brutte conseguenze. Per questo consiglio sempre a tutti quelli che mi scrivono di seguire corsi e formarsi quando vogliono fare qualcosa che va oltre il trekking.

Secondo la tua esperienza negli anni sono aumentate le persone che si rivolgono a una guida alpina o a un corso di alpinismo?
Non saprei quantificare rispetto al passato. Posso però dire che oggi molte persone scelgono di chiamare una guida alpina, almeno per le prime uscite. Anche i corsi hanno un sempre maggior successo tra gli appassionati.

Oltre a quanto viene già fatto, quale potrebbe essere in futuro il ruolo dei corsi?
Sia il CAI che le guide alpine attraverso le loro attività formative possono diventare luoghi di formazione per bravi alpinisti. Oltre a fornire le informazioni basilari per un approccio in sicurezza alla montagna possono diventare trampolino di lancio per nuovi talenti, che poi devono avere la voglia e la forza per continuare in autonomia la propria strada. Certo, avere un maestro all’inizio è un grande aiuto.

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Intervista a Federica Mingolla ultima modifica: 2022-12-01T05:55:00+01:00 da GognaBlog

23 pensieri su “Intervista a Federica Mingolla”

  1. Butti un sasso in un lago piatto e subito si formano delle onde. La grandezza delle onde è proporzionale alla grandezza del sasso e non alla grandezza del lago. In poco tempo l’effetto del sasso sparisce e il lago ritorna piatto.
    Il sasso rimane in fondo al lago! 

  2. Cominetti. Sono d’accordo. Sulla bravura sua e del giovane bergamasco non ci possono essere dubbi. Le osservazioni erano sullo stile e sul modo di porsi. Osservazioni non valutazioni o giudizi, almeno da parte mia. In tempi diversi o nello stesso periodo di tempo danno prestazioni eccellenti persone anche molto diverse, con atteggiamenti diversi. Io , magari sbagliando perché non la conosco e usando solo una certa intuizione addestrata, ho percepito in Mingolla  la volontà di comunicare un certo stile molto professionale, caratteristico di giovani donne super motivate che ho percepito anche in altri campi. Un po’ anche per alzare la palla rispetto a certi termini magari non gradevoli per un orecchio femminile. Sarebbe un po’ come dire “pistolone” o “cazzone” al ragazzo bergamasco, ma lui probabilmente non se ne avrebbe male. Fa parte della cultura maschile. 

  3. Il video Tedx è di 6 anni fa. Sicuramente Federica è cresciuta in tutti i sensi.
    Certo che è un peccato avvertire la lettura (di uno scritto un po’ infantile e scontato) mentre si descrive, ma mettetevi nei suoi panni di 23enne femmina. Sono sicuro che oggi saprebbe sostenere la stessa parte andando a braccio. D’altronde ho visto alpinisti blasonati e molto più vecchi recitare un copione freddo e che non trasmetteva nessuna emozione. E qui mi fermo.
    Comunque vivere di alpinismo ha questo terribile risvolto che è la comunicazione, a cui bisogna sottostare, così come agli sponsor, ma in cambio si ha il tempo di fare ciò che più si ama. 
    Se Feferica fosse davvero figlia di papà viziata farebbe l’alpinista e basta. Vuole fare la guida alpina che… è sempre meglio che lavorare (cit. C. Maestri) e personalmente le auguro tutto il meglio, anche se non la conosco di persona.
    Antipatica, simpatica  empatica, fredda… tutte cose che per salire le montagne non hanno senso alcuno. E poi diciamocelo: a molti fa invidia e certi commenti ne sono la prova.

  4. Mario. Un’ipotesi interpretativa molto intrigante la tua. Io mi permetto di aggiungere non tanto perché donna forse, ma per il tipo di donna. Forse figlia ideale per certi versi, ma sicuramente un competitore molto tosto in una società dominata da maschi anziani. 

  5. …Eppure da prima che il primo commento su questo post fosse scritto   non mi esce dalla testa  che la Mingolla stia sulle palle a molti  qui ed altrove , e visto che i motivi espressi fin qui non mi smuovono (viziata, disponibilita’…e cazzeggi vari) il solo motivo che mi resta in testa e’ che Mingolla e’ femmina in un mondo di maschi , ma di quelle femmine che non stanno dietro agli uomini ma gli stanno se possibile davanti… 

  6. Benassi. Da un lato,  il tempo passa e gli atteggiamenti cambiano (secondo qualcuno in modo ciclico). Dall’altro, è naturale che proviamo più simpatia e afflato per chi ci somiglia o verso il quale è più facile proiettare i nostri ideali. Probabilmente a qualcuno alcune diatribe e problematiche che qui ci appasssionano appaiono lunari. 

  7. sarà che a me allenarmi, organizzarmi,   mi è stato sempre sui coglioni, ma questa gente: super motivata, super allenata, super organizzata, sempre sicura di se stessa, con la strada chiara e limpida da seguire, non mi ispira ne simpatia, ne emozioni.

  8. Siamo talmente abituati alle super-prestazioni, anche in diretta (troppo in diretta!!!) , che oramai non ci fa meraviglia nulla. Gira e rigira alla fine tutti dicono sempre le stesse cose, copia e incolla.

  9. Ho visto il TED segnalato da Cominetti. Si sente la mano di una scrittura professionale ma è una conferma. Freddezza, determinazione, focalizzazione, disponibilità a sgobbare duro, obiettivi e progetti chiari, nella vita e nella professione. Niente fronzoli. In linea con lo spirito del tempo. Ho notato questo approccio in molte giovani donne moderne anche sul lavoro quando facevo selezione. Mingolla è di scuola sabauda, ma il massimo di potenziale si raggiunge nelle giovani donne meridionali che si trasferiscono a studiare nelle prestigiose università del Nord e poi magari all’estero. Vere macchine da guerra, in grado di raggiungere risultati notevoli nel loro campo, nei contesti sociali e organizzativi ovviamente dove non vengono bloccate dal soffitto di cristallo. Certo bisogna vedere cosa succederà in futuro: la vita è una prestazione lunga, una specie di Tor des Geants. Come abbiamo visto per la nostra generazione, a volte partenze brillanti non sono seguite da altrettanto felici maturità e vecchiaie.  I coetani maschi per ora spesso arrancano, a volte un po’ confusi, dispersivi, iperprotetti dalle madri o schiacciati da padri invadenti o troppo permissivi. Un fenomeno interessante, da monitorare nella sua evoluzione, non solo in montagna. 

  10. ps. In proposito è rimasta famosa la risposta del primo vincitore del Giro d’Italia (mi pare) al cronista eccitato che si aspettava grandi risposte sui sentimenti e vissuti dell’essere arrivato primo: “El me brusa el boc del cu’”. Così non si andava lontano come si è andati con le successive saghe ciclistiche e i loro eroi. 

  11. Spesso si commette l’errore di avere aspettative un po’ troppo elevate su chi ottiene prestazioni eccellenti in un certo campo specifico. Ci si aspetta profondità, ispirazione, valori, storie interessanti. Qualcosa che vada oltre e ci faccia sognare, riflettere, ispirare. Ma sono nostre proiezioni. Non sempre è così. A volte per il protagonista è pura prestazione specifica, frutto di abilità, tenacia e passione, ma senza fronzoli o chissà che altro significato. Senza bisogno di muovere mondi e montagne. Soprattutto in un’epoca postmoderna. Sono poi gli editori o i media che spingono verso narrazioni più colorate, perché altrimenti la zuppa sarebbe insipida, tutta uguale e sostanzialmente poco attraente. Non è una novità. Forse è proprio questa “freddezza” che colpisce in questa intervista (chiamarla intervista e’ un’esagerazione in realtà). Non è molto diverso l’atteggiamento di Honnold, anche se più ironico e scanzonato. Uno stile “terra terra” come dicono gli americani.

  12. Mah, più che ad essere penose le domande e/o le risposte, è proprio l’argomento che latita. Cosa vuoi dire ancora sul mestiere di guida alpina che possa interessare a una platea di gente che va in montagna da una vita, a meno che non si tratti di polemiche (giuste o sbagliate che siano) con altre tipologie di guide?
    Personalmente l’unica domanda che farei ad una futura guida alpina è se porterà clienti a sciare con l’eliski, per il resto son fregnacce.

  13. @ Enri al 6. Le domande o le risposte? Se a me facessero delle domande penose non risponderei.

  14. Il riferimento che facevo ieri sera ad un commento di Pasini intendeva dire che qui nel blog vi sono N mila commenti su temi non relativi alla scalata e a volte Zero o quasi su articoli ad essa riferiti. Il che’ e’ una constatazione, non per forza una critica. Detto questo,  ci andrei piano a fare la tara sui risultati alpinistici dei singoli in base alla loro quantità’ di soldi tempo libero ecc.. 
    Non si scala sull’8c solo perché’ si e’mantenuti… e comunque, al limite, la valutazione e’ sulla performance e non sulla persona. Anche io ho sempre pensato che un mio socio di corda scalasse mezzo grado sopra di me perché’ aveva 10 cm un più’ di braccia….poi ho pensato semplicemente che scalasse meglio…
    Dire che la Mingolla è’ viziata e per questo ha avuto modo e tempo per dedicarsi ai suoi progettazione alpinistici forse è’ vero, io però’ non lo posso sapere e mi resta quindi il solo fatto che ha fatto delle difficilissime prime, che il 99 % degli altri viziati può’ solo sognarsi.
    Ps, bene siamo riusciti a scrivere 4 poat

  15. No Cominetti, non ci sono altri commenti perché la Mingolla nell’intervista ha detto una serie di luoghi comuni e baggianate, soprattutto sul suo futuro lavoro di guida. 
    La ragazza non è altro che una figlia viziata con genitori che le hanno permesso tutto, fisicamente dotata per l’arrampicata e sicuramente con autostima. Anche essere figa non basta per un commento in più, se non il solito ” bella figa!”. Ottimo rappresentante dei tempi moderni con giovani senza infamia e senza lode.
    Però il mio giudizio è da 61enne e come diceva il Faber ” senza più vizi, senza più voglie.”
    E un po di invidia. 

  16. La Mingolla è proprio figa.
    È bella, scala bene, si diverte, ha una buona dose di autostima, sarà presto guida alpina. Che altro dire?
    Se non l’augurarle di proseguire così!
     
    Forse per questo non ci sono altri commenti.

  17. Nel novembre 2016, nell’ambito dell’iniziativa “Monza Montagna”, ho assistito a una sua conferenza. In quell’occasione ha detto di aver cominciato a 14 anni in una palestra al coperto portataci da sua sorella. Non riusciva nella danza classica né in quella moderna né nella ginnastica ma ad arrampicare si è trovata subito benissimo (e qualche arrampicatore mi ha detto che non è un caso che abbia avuto esperienza di ginnastica o danza).
    Ha raccontato che un giorno, in un vallone piemontese, c’era un sasso alto 12-15 metri con difficoltà di 8a-8b che nessuno riusciva a salire. Per sfida ha provato lei ed è salita. Una guida alpina che si trovava lì ha intuito le sue potenzialità e l’ha avviata verso l’alpinismo.
    Il resto è noto.
     

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