Intervista a Putin – 1

“Intervista del secolo, dice qualcuno. Pochi, in realtà… perché per i grandi Media occidentali, italiani in particolare, è come se non fosse avvenuto alcunché. Più importante, decisamente, John Travolta che fa il “Ballo del qua qua”. O le dichiarazioni di tale cantante – mi sembra si faccia chiamare BigMama – su quanto sia bello essere ‘queer(inchiostronero.it)”.

Totem&Tabù vi propone in due puntate tre diverse presentazioni della notizia dell’intervista: la prima, che possiamo definire mainstream; la seconda, che si pone all’estremo opposto; la terza, che cerca di mediare un’informazione “corretta”.
Infine, la traduzione integrale del testo dell’intervista, in modo che ciascuno possa farsi la propria idea.

Putin si fa intervistare da Tucker Carlson, giornalista arcisostenitore di Trump
a cura della Redazione di rainews.it
(pubblicato su rainews.it il 9 febbraio 2024

Ci furono colloqui di pace con Kiev che erano “quasi finalizzati”, ma poi l’Ucraina “ha gettato via tutti questi accordi e ha obbedito alle istruzioni dei Paesi occidentali, dei Paesi europei e degli Stati Uniti di combattere la Russia ad oltranza”. Vladimir Putin incolpa in particolare Boris Johnson, l’ex premier britannico che avrebbe dissuaso Volodymyr Zelens’kyj dal firmare un accordo di pace nelle prime fasi del conflitto.

Sono parole consegnate al giornalista americano Tucker Carlson durante un’intervista di due ore. 
Carlson è un ex anchorman di Fox News, network televisivo americano esplicitamente di destra, e una delle persone più vicine a Donald Trump. In un video pubblicato prima dell’intervista, Carlson ha detto di aver condotto l’intervista perché i “media in lingua inglese sono corrotti – mentono ai loro lettori e spettatori”. “La maggior parte degli americani non ha idea di cosa stia accadendo in questa regione, ma dovrebbero saperlo. Sono loro a pagare in gran parte questo”.

Vladimir Putin e Tucker Carlson. Foto: Natalia Kolesnikova, Giorgio Viera/AFP.

A dicembre, il Cremlino aveva dichiarato che impegnarsi in colloqui di pace con l’Ucraina è “irrealistico” – l’Ucraina sostiene che la pace può basarsi solo su un ritiro completo dal territorio che la Russia ha conquistato da quando l’ha invasa nel 2022. Ma nell’intervista Putin dice a Carlson che la Russia e gli Stati Uniti parlano ancora “attraverso varie agenzie” per porre fine al conflitto.

Il messaggio della Russia agli Stati Uniti, dichiara Putin, è: “Se volete davvero smettere di combattere, dovete smettere di fornire armi. Sarà tutto finito nel giro di poche settimane“. Putin aggiunge che l’ultima volta che ha parlato con Joe Biden è stato prima che la Russia invadesse l’Ucraina. “Gli ho detto, allora, che stava commettendo un errore di proporzioni storiche sostenendo tutto ciò che accadeva lì, in Ucraina, e allontanando la Russia“.

In un video rilasciato prima dell’intervista, Carlson ha detto di essere stato spinto a parlare con Putin, in parte, perché il pubblico americano “non ha idea del perché Putin abbia invaso l’Ucraina o quali siano i suoi obiettivi ora”.  Una tesi più volte ripetuta negli ultimi due anni soprattutto da Donald Trump che, al netto di affermazioni roboanti come la promessa di far finire la guerra in 48 ore, non ha mai nascosto di volere la stessa cosa di Putin: fermare il flusso di aiuti verso Kiev. 
Come hanno già cominciato a fare i suoi uomini nel Senato o al Congresso che non permettono all’Amministrazione di inviare nuovi aiuti agli ucraini

Non sorprende quindi che Putin abbia accettato la richiesta di intervista: Carlson è stato uno dei primi, prominenti difensori dell’invasione russa dell’Ucraina; tanto autorevole che nei giorni successivi all’aggressione i media statali russi hanno trasmesso spezzoni delle sfuriate di Carlson sull’Ucraina e contro gli aiuti militari degli Stati Uniti a Kiev.

Parla lo Zar
a cura della Redazione di inchiostronero.it
(pubblicato su inchiostronero.it il 12 febbraio 2024)

Tucker Carlson – uno dei maggiori giornalisti statunitensi, tuttavia oggi emarginato proprio perché fa il suo mestiere e non rende ossequio alle veline del potere – intervista nientepopodimeno che Vladimir Putin.

Intervista del secolo, dice qualcuno. Pochi, in realtà… perché per i grandi Media occidentali, italiani in particolare, è come se non fosse avvenuto alcunché. Più importante, decisamente, John Travolta che fa il “Ballo del qua qua”. O le dichiarazioni di tale cantante – mi sembra si faccia chiamare BigMama – su quanto sia bello essere “queer” …

Vladimir Putin e Tucker Carlson. Foto: AP.

Che ci volete fare… questo è lo stato dell’informazione nei nostri paradisi democratici…

Comunque, nonostante tutto, l’intervista è arrivata anche da noi. Attraverso canali YouTube, specie di samizdat dei nostri tempi.

E, subito, qualcuno si è affrettato a dire che, in fondo, Putin mica aveva detto ‘ste gran robe. Anzi, in tutta la prima parte sì era lanciato in divagazioni sulla storia russa, antica e recente. Per poi limitarsi ad alcune osservazioni, abbastanza scontate, sul presente.

Divagazioni… a me, sinceramente, la cosa ha fatto ben altra impressione. Perché parlando di storia, Putin ha, di fatto, spiegato la sua visione della guerra con l’Ucraina. Che, appunto, nella complessa storia russa, ed europea, affonda le sue radici. Anche perché Ucraina significa “terra di confine”. Ed è in questo insita la ragione prima del conflitto.

Vladimir Putin

Piaccia o meno, Putin, simpatico o antipatico, è un autentico uomo di Stato. E senza bisogno di “patenti” generosamente concesse dalla anglosfera.

Uno Statista, uno dei pochi oggi sulla piazza. Ed uno Statista è tale se ha una visione della politica, e della geopolitica, che vada al di là del momento presente.

Una visione ampia, capace di leggere nella Storia le linee guida del destino di un popolo. E cercare di interpretare il momento presente.

Non se il suo sguardo non si spinge oltre il GRA.

Intendiamoci… nessuna intenzione di fare, qui, l’apologia di Putin. Né di sposare acriticamente le sue posizioni sulle grandi crisi attuali.

Però, va detto che anche su queste dimostra una lucidità di visione, ed una coerenza di scelte, che non trovano contraltare in quello che dovrebbe essere il suo, principale, avversario. E, ovviamente, non sto parlando della marionetta di Kiev, ma di quel nonnetto che, parlando nello Studio Ovale con fantasmi e conigli rosa immaginari, sta scatenando conflitti in giro per tutto il mondo.

Ma torniamo alla questione della Storia.

Un uomo di Stato, un autentico leader politico – buono o cattivo, non conta, sempre poi che queste categorie abbiano un senso… – deve avere una visione della storia. E deve determinare le sue decisioni anche in base a questa. Non solo navigando a vista tra le secche delle contingenze.

Strano, vero? Solo per noi, ormai abituati a governanti che non vedono oltre il ventisette del mese. Che manco si preoccupano di ciò che accadrà fra un anno. E totalmente ignoranti del passato. Ignoranza coltivata e compiaciuta, per altro.

Un’ultima riflessione…
Ogni popolo ha il governo e i governanti che si merita.
Triste. Per noi.

Cosa ha detto veramente Putin nell’intervista a Tucker Carlson
di Alessandro Ricci
(pubblicato su geopolitica.info il 12 febbraio 2024)

L’intervista rilasciata da Vladimir Putin a Tucker Carlson rappresenta anzitutto un fatto di enorme rilevanza nella comunicazione occidentale e più in generale nel sistema mediatico del nostro mondo e nella sua possibile evoluzione, ma soprattutto indica alcuni elementi di estremo interesse geopolitico che vanno messi nella giusta luce, al di fuori della logica propagandista dell’una e dell’altra parte.

Nelle due ore di dialogo, in cui per la verità le domande del giornalista americano sono state non sempre incalzanti, Putin ha espresso alcuni concetti che ha già ribadito a più riprese dal fatidico 24 febbraio 2022, sapendo benissimo che il pubblico di riferimento – contrariamente alle altre occasioni – sarebbe stato prevalentemente quello statunitense e dell’“Occidente allargato”, di quel “miliardo d’oro” occidentale cui più volte nel corso dell’intervista ha fatto riferimento.

Il primo elemento che salta agli occhi è la volontà del presidente russo di mostrarsi lucido e lineare nella sua argomentazione, sebbene non sempre sia apparsa convincente, nonché aperto a trattative di pace e a pervenire a una pacificazione mondiale. Fin dalle prime battute ha voluto ripercorrere le tappe storiche di lunghissimo periodo per ribadire la comune identità ucraina con quella russa, richiamandosi alla legittimità dell’azione bellica per una rivendicazione che, nella sua visione, sarebbe pienamente motivata dalla storia e dalla geografia. Questa lunga premessa storico-geografica si discosta un poco dalla solita narrazione del Cremlino basata prevalentemente sui fatti più recenti: e in effetti all’osservatore neutrale rischia di sembrare un richiamo forzato all’uso della forza militare, mentre le vicende da Euromaidan in poi hanno avuto assai meno spazio nel corso dell’intervista.

Sebbene molti commentatori abbiano messo in luce le ripetute allusioni di Putin a poteri collaterali a quelli ufficiali delle amministrazioni statunitensi, evidenziando in quante occasioni dopo un accordo verbale con presidenti americani non si sia potuto dar seguito a quegli accordi per via dell’intromissione di generici “staff presidenziali”, in realtà le questioni più interessanti dell’intervista sono altre. Putin anzitutto quasi discolpa i suoi interlocutori, mettendone in luce gli aspetti più umani e quasi la loro non colpevolezza per errori del passato, dettati più che altro da soggetti non chiaramente identificabili: è il caso ad esempio del suo amico George W. Bush, descritto in maniera inedita rispetto a un certo immaginario collettivo. Non risparmia poi accuse assai più taglienti ai governanti europei, che vengono delineati come totalmente appiattiti a logiche estranee all’interesse nazionale e sopraffatti da una logica collettiva che va contro i loro stessi popoli. Esplicita più chiaramente il caso tedesco e l’illogicità di certe politiche energetiche e delle sanzioni contro la Russia: “le persone sono molto incompetenti e la testa di certi governanti è come il legno di questo tavolo”.

Uno degli elementi più rilevanti delle due ore è il passaggio sulla distruzione del Nord Stream e la parziale distruzione del Nord Stream2. Non solo perché il capo del Cremlino ha accusato apertamente la Cia di aver pianificato l’azione di sabotaggio, ma soprattutto perché ha riproposto all’attenzione del pubblico un tema cruciale, sebbene elementare: “cui prodest?”. Questa semplice domanda, che dovrebbe essere alla base di ogni analisi di carattere geopolitico e di politica internazionale, è stata troppo spesso trascurata dai media occidentali per lasciare invece spazio a bizzarre congetture che non riuscivano a dar conto della realtà dei fatti e delle vere motivazioni alla base di certe politiche. Oltretutto, non è ancora giunta alcuna smentita ufficiale da parte statunitense sul fatto specifico.

Certamente, però, il nodo cruciale di tutto il dialogo, quello che avrebbe dovuto fare i titoli dei principali quotidiani italiani, i quali hanno invece preferito trascurare quasi totalmente quella che molti definiscono una storica intervista, è la disponibilità dichiarata più volte da Putin – sottolineata soprattutto nel finale dell’intervista – a pervenire a negoziati con l’Ucraina e la perseveranza occidentale nel reiterare le sanzioni e la difesa ucraiana. In parte smentisce ciò che aveva dichiarato poco prima: a domanda esplicita di Carlson sul “perché non chiama Biden e risolve questo problema”, è lui stesso che sostiene che non ha intenzione al momento di dialogare con l’amministrazione statunitense, ritenuta la vera interlocutrice della proxy war, che da par sua dovrebbe terminare la fornitura di armi, non ricordando nemmeno quando abbia parlato l’ultima volta con Biden.

Ebbene, l’altro elemento storico è la diretta accusa a Boris Johnson di aver volutamente sabotato i negoziati che erano stati avviati dopo le prime battute dell’invasione, un’accusa che peraltro non ha lasciato silente l’ex premier britannico, il quale ha genericamente risposto che Putin ha rilasciato dichiarazioni false. Queste accuse di Putin fanno poi il paio con quel mantra, ripetuto spesso in questi due anni, dell’allargamento a Est della Nato e della minaccia percepita dalla Russia.

Smentendo poi la davvero debole argomentazione di molti media occidentali, relativa a una presunta volontà russa di estendere il proprio raggio d’azione a Occidente, Putin ha semplicemente risposto a Carlson che la minaccia russa viene enormemente “gonfiata dai media occidentali”, perché non “abbiamo interessi né in Polonia né in Lettonia e risponderemmo solo in caso di un attacco ricevuto” e “non abbiamo interesse ad allargarci territorialmente che porterebbe a una guerra globale”.

C’è un’ulteriore questione su cui Putin si è soffermato in diversi momenti dell’intervista: la differenza culturale tra l’Occidente e la Russia. È, questo, un aspetto poco considerato nelle analisi di questi giorni, che per lo più si sono basate su attacchi personali al giornalista statunitense e non sulla lettura delle parole del presidente russo, ma che risulta centrale nella narrazione putiniana: non solo perché si è riferito agli elementi in comune della storia, della cultura e della religione con l’Ucraina, ma ancor di più perché ha fatto riferimento a quelle radici identitarie su cui sa di poter fare leva sul proprio popolo e, forse, anche su una certa sensibilità occidentale a quei valori religiosi e più in generale tradizionali evocati da Putin. Infine, la questione comunicativa: piaccia o meno, quello di Carlson è un colpo di enorme importanza comunicativa e politica, sottolineata dallo stesso leader russo, che ha implicitamente apprezzato il lavoro del suo interlocutore affermando che “I giornalisti lavorano come medici, perché un mondo suddiviso in due è come una persona bipolare, che va curata”. Non solo il giornalista ex Fox news ha inaugurato – d’intesa con Elon Musk – un nuovo modo di comunicare senza filtri di editori esterni, e con enormi numeri di spettatori, ma ha forse aperto nuovi spazi mediatici, in cui il pubblico sembra sempre più affidarsi a giornalisti freelance piuttosto che alle piattaforme tradizionali. E sarebbe bello che questo modo di fare giornalismo trovi interpreti anche da noi, piuttosto di alimentare una visione unilaterale, troppo spesso dettata da wishful thinking e da pressioni esogene, che non contribuiscono alla pacificazione mondiale e alla ricostruzione vera e oggettiva dei fatti storici. Il potere dei media è ancora effettivo. E giornalisti veri potrebbero, in tal senso, fare davvero la differenza

La traduzione integrale dell’intervista rilasciata da Vladimir Putin a Tucker Carlson
(pubblicato su lindipendente.online il 9 febbraio 2024)
versione in inglese: http://en.kremlin.ru/events/president/news/73411

Nella giornata dell’8 febbraio 2024 il presidente russo, Vladimir Putin, ha rilasciato una lunga intervista al giornalista americano Tucker Carlson. Oltre un’ora di colloquio in cui il presidente russo ha fornito la sua versione su una grande quantità di temi: dalla guerra in Ucraina ai rapporti con gli USA, dalle trattative di pace ai motivi del conflitto con l’Occidente, passando per i BRICS, il multipolarismo, le differenze tra mentalità russa e occidentale, i rapporti con l’Europa e l’intelligenza artificiale. Al solito sui principali media si trovano solo brevi estratti sensazionalisti e decontestualizzati. Tuttavia, si tratta di argomenti di assoluta rilevanza e interesse pubblico, per questo abbiamo ritenuto fosse importante riportare per intero il contenuto dell’intervista, tradotto e trascritto in italiano:

Tucker Carlson: Il 22 febbraio 2022, quando è iniziato il conflitto in Ucraina, ti sei rivolto al tuo Paese nel tuo discorso nazionale e hai detto che agivi perché eri giunto alla conclusione che gli Stati Uniti attraverso la NATO avrebbero potuto avviare una citazione: “attacco a sorpresa contro il nostro Paese”. E alle orecchie americane questo suona paranoico. Spiegaci perché ritieni che gli Stati Uniti potrebbero colpire la Russia all’improvviso. Come ne sei giunto alla conclusione?
Vladimir Putin: Non è che gli Stati Uniti avrebbero lanciato un attacco a sorpresa contro la Russia, non l’ho detto. Stiamo facendo un talk show o una conversazione seria?

Era una bella citazione. Grazie, è terribilmente serio!
Inizialmente hai studiato storia, per quanto ne so?

Sì.
Quindi, se non ti dispiace, mi prenderò solo 30 secondi o un minuto del tuo tempo per darti un po’ di background storico.

Per favore.
Vediamo da dove è iniziato il nostro rapporto con l’Ucraina. Da dove viene l’Ucraina?

Lo stato russo iniziò ad esistere come stato centralizzato nell’862. Questo è considerato l’anno della creazione dello stato russo perché quell’anno gli abitanti di Novgorod (una città nel nord-ovest del paese) hanno invitato Rurik, un Varangiano principe dalla Scandinavia, per regnare. Nell’882, il successore di Rurik, il principe Oleg, che in realtà stava interpretando il ruolo di reggente, venne a Kiev. Ha estromesso due fratelli che, a quanto pare, una volta erano stati membri della squadra di Rurik. Quindi, la Russia iniziò a svilupparsi con due centri di potere, Kiev e Novgorod. La data successiva, molto significativa nella storia della Russia, fu il 988. Questo fu il Battesimo della Russia, quando il principe Vladimir, pronipote di Rurik, battezzò la Russia e adottò l’Ortodossia, o cristianesimo orientale. Da questo momento lo stato russo centralizzato cominciò a rafforzarsi. Perché? Per un unico territorio, legami economici integrati, una stessa lingua e, dopo il Battesimo della Russia, la stessa fede e governo del Principe. Lo stato russo centralizzato cominciò a prendere forma.

Nel Medioevo, il principe Yaroslav il Saggio introdusse l’ordine di successione al trono, ma dopo la sua morte tutto divenne complicato per vari motivi. Il trono non passò direttamente dal padre al figlio maggiore, ma dal principe defunto al fratello, quindi ai suoi figli in linee diverse. Tutto ciò portò alla frammentazione e alla fine della Rus’ come un unico stato. Non c’era niente di speciale in questo, la stessa cosa accadeva allora in Europa. Ma lo stato russo frammentato divenne una facile preda per l’impero creato in precedenza da Gengis Khan. I suoi successori, vale a dire Batu Khan, vennero in Russia, saccheggiarono e rovinarono quasi tutte le città. La parte meridionale, inclusa Kiev, tra l’altro, e alcune altre città, semplicemente persero l’indipendenza, mentre le città settentrionali conservarono parte della loro sovranità. Dovettero rendere omaggio all’Orda, ma riuscirono a preservare parte della loro sovranità. E poi cominciò a prendere forma uno stato russo unificato con il suo centro a Mosca.

La parte meridionale delle terre russe, compresa Kiev, cominciò gradualmente a gravitare verso un altro “magnete” – il centro che stava emergendo in Europa. Questo era il Granducato di Lituania. Fu anche chiamato Ducato lituano-russo, perché i russi costituivano una parte significativa della sua popolazione. Parlavano l’antica lingua russa ed erano ortodossi. Ma poi ci fu l’unificazione, l’unione del Granducato di Lituania e del Regno di Polonia. Qualche anno dopo fu firmata un’altra unione, ma questa volta già in ambito religioso. Alcuni sacerdoti ortodossi divennero subordinati al Papa. Pertanto, queste terre divennero parte dello stato polacco-lituano.

Per decenni i polacchi furono impegnati nella “polonizzazione” di questa parte della popolazione: vi introdussero la loro lingua, cercarono di radicare l’idea che questa popolazione non era esattamente russa, che poiché vivevano ai margini (u kraya) erano “ucraini”. In origine, la parola “ucraino” significava che una persona viveva alla periferia dello stato, vicino ai margini, o era impegnata nel servizio di frontiera. Non si riferiva ad alcun gruppo etnico in particolare. Quindi i polacchi cercarono in tutti i modi di polonizzare questa parte delle terre russe e in realtà la trattarono piuttosto duramente, per non dire crudelmente. Tutto ciò ha portato al fatto che questa parte delle terre russe ha iniziato a lottare per i propri diritti. Scrissero lettere a Varsavia chiedendo che i loro diritti fossero rispettati e che le persone fossero inviate qui, anche a Kiev…

Scusa, puoi dirci in che periodo… sto perdendo il conto di dove siamo nella storia?
Era il tredicesimo secolo. Ora racconterò cosa è successo più tardi e fornirò le date in modo che non ci sia confusione. E nel 1654, anche poco prima, le persone che detenevano il potere su quella parte delle terre russe, si rivolsero a Varsavia, ripeto, chiedendo che fossero rispettati i loro diritti e che inviassero loro governanti di origine russa e di fede ortodossa. Poiché Varsavia non ha risposto e di fatto ha respinto le loro richieste, si sono rivolti a Mosca affinché Mosca li portasse via. Affinché tu non pensi che mi sto inventando delle cose, ti lascio dei documenti…

Non sembra che tu lo stia inventando, ma non sono sicuro del motivo per cui sia rilevante per quello che è successo due anni fa.
Ma questi sono comunque documenti d’archivio, copie. Ecco le lettere di Bogdan Khmelnitsky, l’uomo che allora controllava il potere in questa parte delle terre russe che ora si chiama Ucraina. Scrisse a Varsavia chiedendo che i loro diritti fossero rispettati e, dopo essere stato rifiutato, iniziò a scrivere lettere a Mosca chiedendo di prenderli sotto la forte mano dello zar di Mosca. Esistono copie di questi documenti. Li lascerò per il tuo buon ricordo. C’è una traduzione in russo, puoi tradurla in inglese più tardi.

Nel 1654 l’Assemblea panrussa dell’alto clero e dei proprietari terrieri guidata dallo zar (Zemsky Sobor), che era l’organo rappresentativo del potere dello stato della Vecchia Russia, decise di includere una parte delle terre della Vecchia Russia nel territorio di Mosca. Regno. Come previsto, iniziò la guerra con la Polonia. Durò 13 anni e poi nel 1654 fu conclusa una tregua. E 32 anni dopo, credo, fu firmato un trattato di pace con la Polonia, che chiamarono “pace eterna”. E queste terre, l’intera riva sinistra del Dnepr, inclusa Kiev, andarono alla Russia, e l’intera riva destra del Dnepr rimase in Polonia.

Sotto il governo di Caterina la Grande, la Russia rivendicò tutte le sue terre storiche, anche a sud e a ovest. Tutto questo durò fino alla Rivoluzione. Prima della prima guerra mondiale, lo stato maggiore austriaco faceva affidamento sulle idee dell’ucrainizzazione e iniziò a promuovere attivamente le idee dell’Ucraina e dell’ucrainizzazione. Il loro motivo era ovvio. Poco prima della prima guerra mondiale si voleva indebolire il potenziale nemico e assicurarsi condizioni favorevoli nella zona di confine. Così l’idea emersa in Polonia secondo cui le persone residenti in quel territorio non sarebbero realmente russi, ma appartenessero piuttosto ad un gruppo etnico speciale, gli ucraini, iniziò ad essere propagata dallo stato maggiore austriaco.

Già nel 19° secolo apparvero i teorici che chiedevano l’indipendenza dell’Ucraina. Tutti però sostengono che l’Ucraina dovrebbe avere ottimi rapporti con la Russia. Hanno insistito su questo. Dopo la rivoluzione del 1917, i bolscevichi cercarono di restaurare lo stato e iniziò la guerra civile, comprese le ostilità con la Polonia. Nel 1921 fu proclamata la pace con la Polonia e in base a quel trattato la riva destra del fiume Dnepr fu nuovamente restituita alla Polonia.

Nel 1939, dopo che la Polonia collaborò con Hitler – collaborò con Hitler, si sa – Hitler offrì alla Polonia la pace e un trattato di amicizia e alleanza (abbiamo tutti i documenti rilevanti negli archivi), chiedendo in cambio che la Polonia restituisse alla Germania il cosiddetto Corridoio di Danzica, che collegava la maggior parte della Germania con la Prussia orientale e Konigsberg. Dopo la prima guerra mondiale questo territorio fu ceduto alla Polonia e al posto di Danzica emerse la città di Danzica. Hitler chiese loro di darlo amichevolmente, ma loro rifiutarono. Tuttavia collaborarono con Hitler e si impegnarono insieme nella spartizione della Cecoslovacchia.

Posso chiederti… Stai sostenendo che l’Ucraina, alcune parti dell’Ucraina, l’Ucraina orientale, in effetti, sono state Russia per centinaia di anni, perché non avresti dovuto prenderla semplicemente quando sei diventato presidente 24 anni fa? Tu hai armi nucleari, loro no. In realtà è la tua terra. Perché hai aspettato così a lungo?
Ti dirò. Ci sto arrivando. Questo riassunto storico volge al termine. Potrebbe essere noioso, ma spiega molte cose.

Non è noioso.
Bene. Bene. Sono così felice che tu lo apprezzi. Grazie.

Pertanto, prima della seconda guerra mondiale, la Polonia collaborò con Hitler e, sebbene non cedette alle sue richieste, partecipò comunque alla spartizione della Cecoslovacchia insieme a Hitler. Poiché i polacchi non avevano dato il corridoio di Danzica alla Germania, ed erano andati troppo oltre, spingendo Hitler a iniziare la seconda guerra mondiale attaccandoli. Perché il 1° settembre 1939 scoppiò la guerra contro la Polonia? La Polonia si rivelò intransigente e Hitler non poté fare altro che iniziare ad attuare i suoi piani con la Polonia.

A proposito, l’URSS – ho letto alcuni documenti d’archivio – si è comportata in modo molto onesto. Chiese il permesso alla Polonia di far transitare le sue truppe attraverso il territorio polacco per aiutare la Cecoslovacchia. Ma l’allora ministro degli Esteri polacco disse che se gli aerei sovietici avessero sorvolato la Polonia, sarebbero stati abbattuti sul territorio polacco. Ma non importa. Ciò che conta è che la guerra iniziò e la Polonia cadde preda delle politiche che aveva perseguito contro la Cecoslovacchia, poiché in base al noto patto Molotov-Ribbentrop, parte di quel territorio, compresa l’Ucraina occidentale, doveva essere ceduta alla Russia. Così la Russia, che allora si chiamava URSS, riconquistò le sue terre storiche.

Dopo la vittoria nella Grande Guerra Patriottica, come chiamiamo la Seconda Guerra Mondiale, tutti quei territori furono infine consacrati come appartenenti alla Russia, all’URSS. Quanto alla Polonia, ricevette, apparentemente in compenso, le terre che originariamente erano tedesche: le parti orientali della Germania (queste sono ora le terre occidentali della Polonia). Naturalmente, la Polonia riacquistò l’accesso al Mar Baltico e a Danzica, alla quale venne nuovamente dato il nome polacco. Quindi fu così che si sviluppò questa situazione. Nel 1922, quando venne fondata l’URSS, i bolscevichi iniziarono a costruire l’URSS e fondarono l’Ucraina sovietica, che prima non era mai esistita.

Giusto.
Stalin insisteva affinché quelle repubbliche fossero incluse nell’URSS come entità autonome. Per qualche ragione inspiegabile, Lenin, il fondatore dello Stato sovietico, insistette affinché avessero il diritto di ritirarsi dall’URSS. E, sempre per ragioni sconosciute, trasferì alla neonata Repubblica Sovietica d’Ucraina alcune terre insieme alle persone che vi abitavano, anche se quelle terre non erano mai state chiamate Ucraina; eppure facevano parte di quella Repubblica sovietica dell’Ucraina. Queste terre includevano la regione del Mar Nero, che fu ricevuta sotto Caterina la Grande e che non aveva alcun legame storico con l’Ucraina.

Anche se risaliamo al 1654, quando queste terre tornarono all’Impero russo, quel territorio aveva le dimensioni di tre o quattro regioni della moderna Ucraina, senza la regione del Mar Nero. Questo era completamente fuori discussione.

Nel 1654?
Esattamente.

Vedo che hai una conoscenza enciclopedica di questa regione. Ma perché per i primi 22 anni da presidente non hai sostenuto che l’Ucraina non era un vero paese?
All’Ucraina sovietica fu assegnata una grande quantità di territorio che non le era mai appartenuto, compresa la regione del Mar Nero. Ad un certo punto, quando la Russia li ricevette a seguito delle guerre russo-turche, furono chiamati “Nuova Russia” o Novorossiya. Ma non importa. Ciò che conta è che Lenin, il fondatore dello Stato sovietico, ha fondato l’Ucraina in questo modo. Per decenni, la Repubblica Sovietica Ucraina si sviluppò come parte dell’URSS e, ancora una volta, per ragioni sconosciute, i bolscevichi furono impegnati nell’ucrainizzazione. Non era semplicemente perché la leadership sovietica era composta in gran parte da persone originarie dell’Ucraina. Piuttosto, ciò si spiegava con la politica generale di indigenizzazione perseguita dall’Unione Sovietica. Le stesse cose furono fatte in altre repubbliche sovietiche. Ciò ha comportato la promozione delle lingue e delle culture nazionali, il che in linea di principio non è negativo. Così venne creata l’Ucraina sovietica.

Dopo la seconda guerra mondiale, l’Ucraina ricevette, oltre alle terre che prima della guerra appartenevano alla Polonia, parte delle terre che in precedenza appartenevano all’Ungheria e alla Romania (oggi conosciuta come Ucraina occidentale). Così alla Romania e all’Ungheria alcune delle loro terre furono portate via e cedute all’Ucraina e continuano a far parte dell’Ucraina. Quindi, in questo senso, abbiamo tutte le ragioni per affermare che l’Ucraina è uno stato artificiale formato per volontà di Stalin.

Credi che l’Ungheria abbia il diritto di riprendersi la sua terra dall’Ucraina? E che le altre nazioni hanno il diritto di tornare ai confini del 1654?
Non sono sicuro se debbano tornare ai confini del 1654, ma visti i tempi di Stalin, il cosiddetto regime di Stalin – che come molti sostengono vide numerose violazioni dei diritti umani e dei diritti di altri stati – si potrebbe dire che potrebbero reclamare quelle loro terre, pur non avendone il diritto, è almeno comprensibile…

Ha detto a Viktor Orbán che può avere una parte dell’Ucraina?
Mai. Non gliel’ho mai detto. Nemmeno una volta. Non ne abbiamo nemmeno parlato, ma so per certo che gli ungheresi che vivono lì volevano tornare nella loro terra storica.

Inoltre, vorrei condividere con voi una storia molto interessante, sto divagando, è personale. Da qualche parte nei primi anni ’80, ho fatto un viaggio in macchina dall’allora Leningrado (oggi San Pietroburgo) attraverso l’Unione Sovietica attraverso Kiev, ho fatto tappa a Kiev e poi sono andato nell’Ucraina occidentale. Sono andato nella città di Beregovoye, e tutti i nomi delle città e dei villaggi erano in russo e in una lingua che non capivo, in ungherese. In russo e in ungherese. Non in ucraino – in russo e in ungherese.

Stavo attraversando una specie di villaggio e c’erano uomini seduti accanto alle case e indossavano abiti neri a tre pezzi e cappelli a cilindro neri. Ho chiesto: “Sono una specie di intrattenitori?”. Mi è stato detto: “No, non sono intrattenitori. Sono ungheresi”. Ho detto: “Cosa ci fanno qui?” – “Cosa intendi? Questa è la loro terra, vivono qui”. Questo accadeva durante il periodo sovietico, negli anni ’80. Conservano la lingua ungherese, i nomi ungheresi e tutti i costumi nazionali. Sono ungheresi e si sentono ungheresi. E ovviamente se ci sono tensioni questo conta…

E credo che ce ne sia molte. Ma molte nazioni si sentono frustrate dai loro confini ridisegnati dopo le guerre del 20° secolo, e guerre risalenti a mille anni fa, quelle di cui parli, ma il fatto è che non hai reso pubblico questo caso fino a due anni fa, a febbraio. Ed anzi motivando la guerra hai parlato di una minaccia fisica da parte dell’Occidente e della NATO, inclusa potenzialmente una minaccia nucleare, affermando che è questo che ti ha spinto a muoverti. È una descrizione corretta di ciò che hai detto?
Capisco che i miei discorsi lunghi probabilmente non rientrano nel genere dell’intervista. Per questo all’inizio ti ho chiesto: “Faremo un discorso serio o uno spettacolo?”. Hai detto: “un discorso serio”. Quindi abbi pazienza, per favore. Stiamo arrivando al punto in cui è stata fondata l’Ucraina sovietica. Poi, nel 1991, l’Unione Sovietica crollò. E tutto ciò che la Russia ha generosamente concesso all’Ucraina è stato trascinato via da quest’ultima.

Vengo ad un punto molto importante dell’ordine del giorno di oggi. Dopotutto, il crollo dell’Unione Sovietica è stato effettivamente avviato dalla leadership russa. Non capisco su cosa fosse guidata la leadership russa in quel momento, ma sospetto che ci fossero diverse ragioni per pensare che tutto sarebbe andato bene. In primo luogo, penso che l’allora leadership russa credesse che i fondamenti della relazione tra Russia e Ucraina fossero saldi: una lingua comune, con più del 90% della popolazione che parlava russo; legami familiari, una persona su tre aveva qualche tipo di legame familiare o di amicizia; cultura comune; storia comune; fede comune; coesistenza all’interno di un unico stato per secoli ed economie profondamente interconnesse. Tutti questi erano fattori fondamentali. Tutti questi elementi insieme rendono inevitabili le nostre buone relazioni.

Il secondo punto è molto importante. Voglio che anche tu, come cittadino americano, e i tuoi telespettatori ne vengano a conoscenza. L’ex leadership russa riteneva che l’Unione Sovietica avesse cessato di esistere e quindi non esistessero più linee di divisione ideologiche. La Russia ha addirittura acconsentito, volontariamente e in modo proattivo, al crollo dell’Unione Sovietica e credeva che ciò sarebbe stato interpretato dal cosiddetto, e tra virgolette ,“Occidente civilizzato” come un invito alla cooperazione e all’associazione. Questo è ciò che la Russia si aspettava sia dagli Stati Uniti che dal cosiddetto Occidente collettivo nel suo insieme.

C’erano persone intelligenti, anche in Germania. Egon Bahr, un importante politico del Partito socialdemocratico, che nei suoi colloqui personali con la leadership sovietica sull’orlo del crollo dell’Unione Sovietica ha insistito sulla necessità di instaurare un nuovo sistema di sicurezza in Europa, che prevedeva l’unificazione della Germania e un nuovo sistema che includesse Stati Uniti, Canada, Russia e altri paesi dell’Europa centrale. Aveva affermato anche che la NATO non avrebbe dovuto espandersi, perché in quel caso tutto sarebbe rapidamente tornato come ai tempi della guerra fredda, solo più vicino ai confini della Russia. È tutto. Era un vecchio saggio, ma nessuno lo ascoltava. Aveva ragione, tutto è successo proprio come aveva detto.

Beh, certo, si è avverato e ne hai parlato molte volte. Penso che sia un punto giusto. E molti in America pensavano che le relazioni tra Russia e Stati Uniti sarebbero andate bene dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Ma è successo il contrario. Ma non ho mai spiegato perché pensi che ciò sia accaduto, se non per dire che l’Occidente teme una Russia forte. Ma abbiamo una Cina forte di cui l’Occidente non sembra avere molta paura. Che dire della Russia? Cosa pensi abbia convinto i politici ad averne paura?
L’Occidente ha paura di una Cina forte più che di una Russia forte perché la Russia ha 150 milioni di abitanti, mentre la Cina ha 1,5 miliardi di abitanti, e la sua economia sta crescendo a passi da gigante – oltre il 5% all’anno. Ma per la Cina questo basta. Come disse una volta Bismark, i potenziali sono molto importanti. Il potenziale della Cina è enorme: oggi è la più grande economia del mondo in termini di parità di potere d’acquisto e dimensioni dell’economia. Ha già superato gli Stati Uniti, parecchio tempo fa, e sta crescendo rapidamente.

Non parliamo di chi ha paura di chi, non ragioniamo in questi termini. E veniamo al fatto che dopo il 1991, quando la Russia si aspettava di essere accolta nella famiglia fraterna delle “nazioni civilizzate”, non è successo niente del genere. Ci avete ingannato (non parlo di voi personalmente quando dico “voi”, ovviamente parlo degli Stati Uniti), la promessa era che la NATO non si sarebbe espansa verso est, ma è successo cinque volte, ci sono state cinque ondate di espansione. Tolleravamo tutto questo, cercavamo di persuaderli, dicevamo: “Per favore, no, ora siamo borghesi come voi, siamo un’economia di mercato e non esiste il potere del Partito Comunista. Negoziamo”. Inoltre, l’ho già detto pubblicamente in passato (guardiamo ora ai tempi di Eltsin), c’è stato un momento in cui una certa spaccatura ha iniziato a crescere tra noi. Prima di ciò, Eltsin venne negli Stati Uniti, ricordate, parlò al Congresso e disse le belle parole: “Dio benedica l’America”. Tutto quello che ha detto erano segnali: fateci entrare.

Ricordate la guerra in Jugoslavia (nel 1999, NdR), prima che Eltsin fosse elogiato, non appena iniziarono gli sviluppi in Jugoslavia, alzò la voce a sostegno dei serbi, e noi non potevamo che alzare la nostra voce per i serbi in loro difesa. Capisco che lì fossero in corso processi complessi, lo so. Ma la Russia non ha potuto fare a meno di alzare la voce a sostegno dei serbi, perché anche i serbi sono un popolo speciale e vicino a noi, con la cultura ortodossa e così via. È una nazione che ha sofferto così tanto per generazioni. In ogni caso, l’importante è che Eltsin abbia espresso il suo sostegno. Cosa hanno fatto gli Stati Uniti? In violazione del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite hanno cominciato a bombardare Belgrado.

Sono stati gli Stati Uniti a far uscire il genio dalla lampada. Inoltre, quando la Russia ha protestato ed espresso il suo risentimento, cosa è stato detto? La Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale sono diventati obsoleti. Adesso tutti invocano il diritto internazionale, ma allora cominciarono a dire che tutto era superato, tutto andava cambiato. Certo, alcune cose vanno cambiate perché sono cambiati gli equilibri di potere, è vero, ma non in questo modo. Eltsin fu subito trascinato nel fango, accusato di alcolismo, di non capire nulla, di non sapere nulla. Aveva capito tutto, te lo assicuro.

Ebbene, sono diventato presidente nel 2000. Ho pensato: okay, la questione jugoslava è finita, ma dovremmo cercare di ristabilire i rapporti. Riapriamo la porta che la Russia aveva tentato di varcare. E del resto l’ho detto pubblicamente, posso ribadirlo. In un incontro qui al Cremlino con il presidente uscente Bill Clinton, proprio qui nella stanza accanto, gli ho detto, gli ho chiesto: “Bill, pensi che se la Russia chiedesse di aderire alla NATO, pensi che accadrebbe? ” All’improvviso ha detto: “Sai, è interessante, penso di sì”. Ma la sera, quando abbiamo cenato, ha detto: “Sai, ho parlato con la mia squadra, no-no, ora non è possibile”. Puoi chiederlo a lui, penso che guarderà la nostra intervista, lo confermerà. Non avrei detto una cosa del genere se non fosse successo. Ok, beh, adesso è impossibile.

Eri sincero? Saresti entrato nella NATO?
Guarda, ho fatto la domanda: “È possibile o no?” E la risposta che ho ottenuto è stata no.

Ma se avesse detto di sì, avresti aderito alla NATO?
Se avesse detto sì, il processo di riavvicinamento sarebbe iniziato, e alla fine ciò sarebbe potuto accadere se avessimo visto qualche desiderio sincero da parte dei nostri partner. Ma non è successo. Beh, no significa no, okay, va bene.

Perché pensi che sia così? Giusto per arrivare al movente. Lo so, sei chiaramente amareggiato per questo. Capisco. Ma perché pensi che l’Occidente ti abbia respinto allora? Perché l’ostilità? Perché la fine della Guerra Fredda non ha risolto il rapporto? Cosa motiva tutto questo dal tuo punto di vista?
Hai detto che ero amareggiato per la risposta. No, non è amarezza, è solo una constatazione di fatto. Non siamo la sposa e lo sposo, amarezza, risentimento, non si tratta di questo tipo di questioni in tali circostanze. Ci siamo semplicemente resi conto che lì non eravamo i benvenuti, tutto qui. Ok bene. Ma costruiamo i rapporti in un altro modo, cerchiamo un terreno comune altrove. Perché abbiamo ricevuto una risposta così negativa, dovresti chiedere al tuo leader. Posso solo immaginare il perché, la Russia è un Paese troppo grande, con delle proprie opinioni e così via. E gli Stati Uniti, beh, sapete come vogliono siano risolti i problemi nella NATO.

Vi farò ora un altro esempio, riguardante l’Ucraina. La leadership americana esercita pressioni e tutti i membri della NATO votano obbedientemente, anche se qualcosa non gli piace. Ora vi dirò cosa è successo a questo proposito con l’Ucraina nel 2008, anche se se ne sta discutendo, non vi svelerò un segreto, non vi dirò nulla di nuovo. Tuttavia, in seguito, abbiamo cercato di costruire relazioni in modi diversi. Ad esempio, durante gli eventi in Medio Oriente, in Iraq, stavamo costruendo relazioni con gli Stati Uniti in modo molto morbido, prudente e cauto. Ho ripetutamente sollevato la questione secondo cui gli Stati Uniti non avrebbero dovuto sostenere il separatismo o il terrorismo nel Caucaso settentrionale. Ma hanno continuato a farlo comunque. E il sostegno politico, informativo, finanziario e persino militare venne dagli Stati Uniti e dai suoi satelliti ai gruppi terroristici nel Caucaso.

Una volta ho sollevato la questione con il presidente degli Stati Uniti. Disse: “È impossibile! Hai delle prove?” Ho detto: “Sì”. Ero preparato per questa conversazione e gli ho dato quella prova. La guardò e, sai cosa disse? Mi scuso, ma è quello che è successo, cito. Dice: “Beh, li prenderò a calci in culo”. Abbiamo aspettato e aspettato una risposta, ma nessuna risposta.

Ho detto al direttore dell’FSB: “Scrivi alla CIA. Qual è il risultato del colloquio con il Presidente?“ Ha scritto una, due volte, e poi abbiamo ricevuto risposta. Abbiamo la risposta nell’archivio. La CIA rispose: “Abbiamo lavorato con l’opposizione in Russia. Crediamo che questa sia la cosa giusta da fare e continueremo a farlo”. Semplicemente ridicolo. Allora ok. Ci siamo resi conto che era fuori questione.

Forze opposte a te? Pensi che la CIA stia cercando di rovesciare il tuo governo?
Naturalmente in questo caso si riferivano ai separatisti, ai terroristi che hanno combattuto con noi nel Caucaso. Così chiamavano l’opposizione. Questo è il secondo punto.

Il terzo momento, molto importante, è quello in cui è stato creato il sistema di difesa missilistica statunitense (ABM). L’inizio. Abbiamo convinto per molto tempo gli Stati Uniti a non farlo. Inoltre, ho avuto una conversazione molto seria con il presidente Bush e la sua squadra. Ho proposto che Stati Uniti, Russia ed Europa creassero congiuntamente un sistema di difesa antimissile che, a nostro avviso, se creato unilateralmente, avrebbe minacciato la nostra sicurezza, nonostante il fatto che gli Stati Uniti abbiano ufficialmente affermato che sarebbe stato creato contro le minacce missilistiche provenienti dall’Iran. Questa era la giustificazione per lo spiegamento del sistema di difesa missilistica. Ho suggerito di lavorare insieme: Russia, Stati Uniti ed Europa. Hanno detto che era molto interessante. Mi hanno chiesto: “Dici sul serio?”. Ho risposto: “Assolutamente”.

Posso chiederti di che anno si trattava?
Non ricordo. È facile scoprirlo su Internet, quando ero negli USA su invito di Bush Senior. È ancora più facile saperlo da chi adesso ti dico.

Mi era stato detto che era molto interessante. Ho detto: “Immagina se potessimo affrontare insieme una sfida di sicurezza così globale e strategica. Il mondo cambierebbe. Probabilmente avremo delle controversie, probabilmente economiche e anche politiche, ma potremmo cambiare drasticamente la situazione nel mondo“. Lui dice: ”Sì“. E chiede: ”Dici sul serio?“. Ho detto: “Naturalmente”. “Dobbiamo pensarci”, mi è stato detto. Ho detto: “Vai avanti, per favore”.

Poi vennero qui, in questo gabinetto, il Segretario alla Difesa Robert Gates, ex direttore della CIA, e la Segretaria di Stato Condoleezza Rice. Proprio qui, a questo tavolo, si sedettero da questa parte. Io, il ministro degli Esteri, il ministro della Difesa russo – da quella parte. Mi hanno detto: “Sì, ci abbiamo pensato, siamo d’accordo”. Ho detto: “Grazie a Dio, fantastico”. – “Ma con alcune eccezioni”.

Quindi, per due volte hai descritto i presidenti degli Stati Uniti mentre prendevano decisioni e poi venivano indeboliti dai capi delle loro agenzie. Quindi, da quanto racconti, sembra che tu stia descrivendo un sistema che non è gestito dalle persone elette.
Esatto, esatto. Alla fine ci hanno semplicemente detto di lasciar perdere. Non vi dirò i dettagli perché penso che non sia corretto, dopotutto è stata una conversazione confidenziale. Ma la nostra proposta è stata declinata, questo è un dato di fatto. Fu proprio allora che dissi: ”Guarda, ma poi saremo costretti a prendere delle contromisure. Creeremo sistemi di attacco che supereranno sicuramente i sistemi di difesa missilistica“. La risposta è stata: “Non lo stiamo facendo contro di voi, e voi fate quello che volete, supponendo che non sia contro di noi, non contro gli Stati Uniti“. Ho detto: “Va bene”.

Molto bene, è andata così. E abbiamo creato sistemi ipersonici, con portata intercontinentale, e continuiamo a svilupparli. Ora siamo davanti a tutti – gli Stati Uniti e altri paesi – in termini di sviluppo di sistemi di attacco ipersonici e li miglioriamo ogni giorno. Ma non siamo stati noi, abbiamo proposto di andare dall’altra parte e siamo stati respinti.

Ora parliamo dell’espansione della NATO verso est. Ebbene, ci era stato promesso: niente NATO a est, neanche un centimetro a est, come ci era stato detto. E poi cosa? Hanno detto: “Beh, non è scritto sulla carta, quindi ci espanderemo”. Quindi ci sono state cinque ondate di espansione, gli Stati baltici, l’intera Europa orientale e così via.

E ora vengo alla cosa principale: alla fine sono arrivati ​​in Ucraina. Nel vertice di Bucarest del 2008 dichiararono che le porte per l’adesione di Ucraina e Georgia alla NATO erano aperte.

Ora su come vengono prese le decisioni lì. La Germania, la Francia sembravano contrarie così come alcuni altri paesi europei. Ma poi, come si è scoperto più tardi, il presidente Bush, ed è un tipo davvero duro, un politico duro, come mi è stato detto più tardi da parte tedesca: “ha esercitato pressioni su di noi e abbiamo dovuto essere d’accordo”. È ridicolo, è come all’asilo. Dove sono le garanzie? Che asilo è questo, che tipo di persone sono queste, chi sono? Vedi, sono stati pressati, hanno accettato. E poi dicono: “L’Ucraina non entrerà nella NATO, lo sai”. Io dico: “Non lo so, so che hai accettato nel 2008, perché non sarai d’accordo in futuro?”. “Bene, loro ci hanno insistito allora.” Dico: “Perché non insisteranno domani? E sarai d’accordo di nuovo.“

Beh, non ha senso. Con chi c’è cui parlare, proprio non capisco. Siamo pronti a parlare. Ma con chi? Dove sono le garanzie? Nessuno.

Quindi hanno iniziato a sviluppare il territorio dell’Ucraina. Qualunque cosa ci sia, ti ho raccontato i retroscena, come si è sviluppato questo territorio, che tipo di relazioni c’erano con la Russia. Ora, tutti i presidenti che sono saliti al potere in Ucraina, hanno fatto affidamento su un buon atteggiamento nei confronti della Russia, in un modo o nell’altro.

Viktor Yanukovich è salito al potere, ma la prima volta che ha vinto dopo il presidente Kuchma, è stato organizzato un terzo turno, che non è previsto dalla Costituzione dell’Ucraina. Questo è un colpo di stato. Immagina, a qualcuno negli Stati Uniti il ​​risultato non era piaciuto…

Nel 2014?
Prima. No, questo era prima. Dopo il presidente Kuchma, Viktor Yanukovich ha vinto le elezioni. Tuttavia, i suoi avversari non hanno riconosciuto quella vittoria, gli Stati Uniti hanno sostenuto l’opposizione ed è stato programmato il terzo turno. Cos’è questo? Questo è un colpo di stato. Gli Stati Uniti lo hanno sostenuto e il vincitore del terzo round è salito al potere. Immaginate se negli Stati Uniti qualcosa non fosse di gradimento a qualcuno e si organizzasse il terzo turno elettorale, che la Costituzione americana non prevede. Tuttavia, ciò si svolgeva in Ucraina. Ok, Viktor Yushchenko, considerato un politico filo-occidentale, salì al potere. Bene, abbiamo costruito rapporti anche con lui. È venuto a Mosca con le visite, abbiamo visitato Kiev. L’ho visitato anch’io. Ci siamo incontrati in un ambiente informale. Se è filo-occidentale, così sia. Va bene, lascia che le persone facciano il loro lavoro. La situazione dovrebbe svilupparsi all’interno della stessa Ucraina indipendente. A seguito della leadership di Kuchma le cose peggiorarono e alla fine Viktor Yanukovich salì al potere.

Forse non era il miglior presidente e politico. Non lo so, non voglio dare valutazioni. Tuttavia è emersa la questione dell’associazione con l’UE. Su questo siamo sempre stati indulgenti. Ma quando abbiamo letto attentamente quel trattato di associazione, per noi si è rivelato un problema, poiché avevamo una zona di libero scambio e frontiere doganali aperte con l’Ucraina e se l’Ucraina avesse aperto le sue frontiere all’Europa, le sue merci avrebbero inondato il nostro mercato. Abbiamo detto: “No, non funzionerà. Allora chiuderemo i nostri confini con l’Ucraina”. I confini doganali, cioè. Yanukovich ha iniziato a calcolare quanto l’Ucraina avrebbe guadagnato e quanto avrebbe perso e ha detto ai suoi partner europei: “Ho bisogno di più tempo per pensare prima di firmare”. Nel momento in cui ha affermato ciò, l’opposizione ha iniziato a compiere passi distruttivi sostenuti dall’Occidente. Tutto è dipeso da Maidan e da un colpo di stato in Ucraina.

Quindi per l’Ucraina era più importante il commercio con la Russia che con l’Europa?
Ovviamente. Non è nemmeno una questione di volume degli scambi, anche se nella maggior parte dei casi lo è. Si tratta dei rapporti di cooperazione su cui si fonda tutta l’economia ucraina. I legami di cooperazione tra le imprese erano molto stretti già dai tempi dell’Unione Sovietica. Un’impresa lì produceva componenti da assemblare sia in Russia che in Ucraina e viceversa. C’erano legami molto stretti.

È stato commesso un colpo di stato, anche se, non entrerò ora nei dettagli perché trovo che ciò sia inappropriato, gli Stati Uniti ci hanno detto: “Calmate Yanukovich e noi calmeremo l’opposizione. Lasciamo che la situazione si svolga nello scenario di una soluzione politica”. Abbiamo detto: “Va bene. Concordato. Facciamo così”. Come richiesto dagli americani, Yanukovich non ha utilizzato né le forze armate né la polizia, ma l’opposizione armata ha commesso un colpo di stato a Kiev. Cosa dovrebbe significare? “Chi ti credi di essere?”, volevo chiedere all’allora leadership statunitense.

Con il sostegno di chi?
Con l’appoggio della CIA, ovviamente. L’organizzazione a cui volevi unirti in passato, a quanto ho capito. Forse dovremmo ringraziare Dio che non ti hanno fatto entrare. Anche se è un’organizzazione seria. Capisco. Il mio ex vis-à-vis, nel senso che ho prestato servizio nella Prima Direzione Principale – il servizio di intelligence dell’Unione Sovietica. Sono sempre stati i nostri avversari. Un lavoro è un lavoro. Tecnicamente hanno fatto tutto bene, hanno raggiunto l’obiettivo di cambiare il governo. Tuttavia, dal punto di vista politico, è stato un errore colossale. Sicuramente si è trattato di un errore di calcolo da parte della leadership politica. Avrebbero dovuto vedere in cosa si sarebbe evoluto.

Così, nel 2008, per l’Ucraina si sono aperte le porte della NATO. Nel 2014 c’è stato un colpo di stato, hanno iniziato a perseguitare coloro che non accettavano il colpo di stato, ed è stato davvero un colpo di stato, hanno creato una minaccia per la Crimea che dovevamo prendere sotto la nostra protezione. Hanno lanciato una guerra nel Donbass nel 2014 con l’uso di aerei e artiglieria contro i civili. Questo è quando è iniziato. C’è un video di aerei che attaccano Donetsk dall’alto. Hanno lanciato un’operazione militare su larga scala, poi un’altra. Quando fallirono, iniziarono a preparare quello successivo. Tutto questo nel contesto dello sviluppo militare di questo territorio e dell’apertura delle porte della NATO.

Come non esprimere preoccupazione per quanto stava accadendo? Da parte nostra questa sarebbe stata una negligenza colpevole – ecco cosa sarebbe stato. È solo che la leadership politica statunitense ci ha spinto al limite che non potevamo oltrepassare perché così facendo avrebbe potuto rovinare la stessa Russia. Inoltre, non potevamo lasciare i nostri fratelli nella fede e, di fatto, una parte del popolo russo, di fronte a questa “macchina da guerra”.

Quindi, è successo otto anni prima che iniziasse l’attuale conflitto. Qual è stato il fattore scatenante per te? Qual è stato il momento in cui hai deciso che dovevi farlo?
Inizialmente è stato il colpo di stato in Ucraina a provocare il conflitto. A proposito, allora arrivarono i rappresentanti di tre paesi europei: Germania, Polonia e Francia. Erano loro i garanti dell’accordo firmato tra il governo Yanukovich e l’opposizione. Lo hanno firmato come garanti. Nonostante ciò, l’opposizione ha commesso un colpo di stato e tutti questi paesi hanno fatto finta di non ricordare di essere garanti della soluzione pacifica. L’hanno buttato subito nella stufa e nessuno se lo ricorda.

Non so se gli Stati Uniti sappiano qualcosa di quell’accordo tra l’opposizione e le autorità e i suoi tre garanti che, invece di riportare tutta questa situazione in campo politico, hanno appoggiato il golpe. Anche se, credetemi, non aveva senso, poiché il presidente Yanukovich aveva accettato tutte le condizioni, era pronto a indire elezioni anticipate che non aveva alcuna possibilità di vincere, francamente, questo lo sapevano tutti. Allora perché il colpo di stato, perché le vittime? Perché minacciare la Crimea? Perché lanciare un’operazione nel Donbass? Questo non lo capisco. Questo è esattamente l’errore di calcolo. La CIA ha fatto il suo lavoro per completare il colpo di stato. Credo che uno dei vicesegretari di Stato abbia detto che è costata una grossa somma di denaro, quasi 5 miliardi. Ma l’errore politico è stato colossale! Perché dovrebbero farlo? Tutto questo avrebbe potuto essere fatto legalmente, senza vittime, senza azioni militari, senza perdere la Crimea. Non avremmo mai preso in considerazione l’idea di muovere un dito, se non fosse stato per i sanguinosi sviluppi di Maidan.

Perché eravamo d’accordo sul fatto che dopo il crollo dell’Unione Sovietica i nostri confini dovessero coincidere con i confini delle ex repubbliche dell’Unione. Lo abbiamo concordato. Ma non abbiamo mai accettato l’espansione della NATO e inoltre non abbiamo mai accettato che l’Ucraina entrasse nella NATO. Non abbiamo concordato la creazione di basi NATO lì senza averne discusso con noi. Per decenni abbiamo continuato a chiedere: non fare questo, non fare quello.

E cosa ha innescato gli ultimi eventi? In primo luogo, l’attuale leadership ucraina ha dichiarato che non avrebbe attuato gli Accordi di Minsk, firmati, come sapete, dopo gli eventi del 2014 a Minsk, dove era stato presentato il piano per una soluzione pacifica nel Donbass. Ma no, l’attuale leadership ucraina, il ministro degli Esteri, tutti gli altri funzionari e poi lo stesso presidente hanno affermato che a loro non piace nulla degli accordi di Minsk. In altre parole, non lo avrebbero implementato. Un anno o un anno e mezzo fa, gli ex leader di Germania e Francia hanno dichiarato apertamente al mondo intero di aver sì firmato gli accordi di Minsk ma di non aver mai avuto intenzione di attuarli. Ci hanno semplicemente preso per il naso.

(continua in https://gognablog.sherpa-gate.com/intervista-a-putin-2/)

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Intervista a Putin – 1 ultima modifica: 2024-02-18T04:57:00+01:00 da GognaBlog

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4 pensieri su “Intervista a Putin – 1”

  1. O, come dice Putin, se altri per difendere i propri confini scatenano guerra a migliaia di km dal loro paese va bene, perché non dovrebbe poterlo fare la Russia sui suoi confini fisici?
    Come sempre il buon Crovella ha una capacità di semplificare e rivoltare tutto a suo piacimento: a Est cattivi, di qui buoni. Quasi persino gli eredi della grande cultura classica europea e mitteleuropea , quello coi baffetti intendo e il mascellone. 
    Su Navalny dico solo questo: 11 minuti dopo la pubblicazione della morte sul sito della prigione (che ovviamente qualcuno monitorava) le grandi testate europee e american avevano già pubblicato che era stato il regime di Mosca. 11 minuti!
    Crovella, la Siberia è parte effettiva della Federazione Russa ma tu ne scrivi come fosse un corpo estraneo… E gli abitanti russi sono 144 milioni 9 abitanti per lm2 (USA 330 milioni 19 abitanti per km2): numeri umani non gestibili?
    Per finire: chi ha detto che tutto il mondo DEVE seguire il NOSTRO modello di democrazia?

  2. Quando la Russia invade i Paesi dell’Europa dell’Est dal suo punto di vista dice di farlo per difendere le sue città principali, parlando di guerra convenzionale, costituendo un anello davanti ad esse e allontanando i confini. Se può apparire “folle” invadere la Russia e la sua paura immotivata è bene ricordare che negli ultimi secoli ci hanno provato almeno in quattro: gli svedesi, Napoleone e due volte i tedeschi.
    D’altra parte, dal punto di vista dei Paesi dell’Europa orientale, questo genera paura di essere invasi della Russia e attualmente essi hanno una sola possibilità per difendersi: chiedere alleanza militare agli Stati Uniti.
    La situazione appare irrisolvibile, a me che sono un semplice lettore e non sono nemmeno consigliere comunale.
    Riassumo la chiacchierata di Putin sulla storia in questa frase:  l’Ucraina è uno stato artificiale formato per volontà di Stalin.
    Quindi i confini dell’Ucraina sono stati decisi a Mosca, a Mosca hanno lavorato male e adesso Putin sta facendo pagare l’errore al popolo ucraino. 
     

  3. Non sono sorpreso per l’e4sistenza del regime putiniano. Credo che faccia parte della cultura e della visione del mondo tipica della Russia. Sarà per le sconfinate dimensioni geografiche (coinvolgendo anche la siberia), sarà per i numeri umani altrimenti non gestibili, la cultura russa dà l’impressione non solo di convivere serenamente con regimi assolutisti, ma addirittura di necessitarne. Dopo secoli di impero dei Romanov, fanno la rivoluzione e uccidono (quasi) tutta la famiglia imperiale, per mettere in piedi una dittatura, l’URSS, che si è macchiata di crimini come, se non peggio di quella nazista. Poi i tempi maturano, crolla il Muro di Berlino, pare che la Russia con Eltsin possa imboccare una evoluzione “democratica2, come intendiamo in Occidente questo termine. e invece il modello apparentemente democratico porta al potere Putin, ex capo del KGB.  Vedremo nelle imminenti elezioni presidenziali (marzo) cosa succederà, ma sicuramente non vincerà un altro, nonostante il recentissimo assassinio mascherato di Navalny (uno dei pochi oppositori). La russai è fatta così, le caratteristiche sono troppo profonde nella carne del suo popolo per preventivare una vera evoluzione democratica, anche in un futuro non ravvicinato. Quanto Putin morirà, arriverà al potere un “nuovo” Putin.

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