Simon Messner: «Giro un film su mio padre. Lui con me è stato rigido e assente». Il figlio del grande alpinista è un regista e scalatore: «Il suo matrimonio? Non mi ha invitato e non accetto che sua moglie abbia l’età di mia sorella. Ora una spedizione sul Karakorum».
Intervista a Simon Messner
di Silvia M. C. Senette
(pubblicata su corrieredelveneto.corriere.it il 6 luglio 2021)
Schivo, riservato, di una gentilezza rara. Simon Messner, figlio trentenne del «Re degli Ottomila», è quanto di più lontano si possa immaginare rispetto a Reinhold Messner, noto per il suo carattere determinato, spigoloso e a tratti burbero. Differenze che, negli anni, hanno tracciato un solco incolmabile tra i due. Pur lavorando fianco a fianco per i progetti della «Messner Mountain Movie», la loro casa di produzione cinematografica, conducono vite parallele che hanno come unici punti di contatto i documentari di cui Reinhold — che Simon chiama per nome — è ideatore, sceneggiatore e spesso protagonista. Il giovane regista si divide tra i lungometraggi «di famiglia» e la passione per l’alpinismo che ha scoperto «da solo a 17 anni vincendo le vertigini e gli attacchi di panico». Oggi l’amore per le vette è diventato la bussola della sua vita. «Sto preparando una spedizione in Pakistan. A fine mese io e Martin Sieberer, un amico alpinista austriaco, andiamo sul Karakorum per risalire una montagna di settemila metri mai scalata. Non sarà facile, il clima è diventato molto caldo e se non c’è ghiaccio può diventare pericoloso».
Cosa la affascina di questa sfida?
«Il fatto che il K2 sia più famoso e a portata di mano, ma troppo battuto. Due anni fa abbiamo scalato per primi il Black Tooth e, se riusciamo, in questa spedizione faremo qualche ripresa. Fare il film-maker è il mio lavoro, ma la mia passione è l’alpinismo. E non è stato Reinhold a trasmettermela».
Perché non ha preso un’altra strada?
«Sarebbe stato tutto molto più facile. Ho scoperto la montagna piuttosto tardi, a 17 anni, proprio perché la tematica era così presente in casa e non mi interessava. Ma poi, quando ho provato ad arrampicare, mi ha conquistato. Eppure soffrivo di vertigini: da piccolo bastava un’altezza di due metri e mi prendeva il panico. Poi quando tornavo a terra volevo risalire per capire cosa mi faceva paura. Così, vincendo i miei limiti, sono diventato un alpinista».
Come reagiva suo padre alle sue difficoltà?
«Non ne ho idea, non c’era. Non sono mai andato con lui in arrampicata né mi ha mai portato nelle sue avventure. Ma in quota impari molto dalle emozioni che vivi, dalle paure che devi superare: è un rapporto molto intimo e personale che riguarda solo te e le montagna».
Tutti i suoi film hanno per protagonista la montagna.
«È il filo rosso della mia vita. Abbiamo concluso da poco Niemandsland (terra di nessuno): un film sull’inglese Beatrice Tomasson che agli inizi ‘900 ha fatto la prima ascensione della parete sud della Marmolada e del Gran Zebrù, e sulle due guide che erano con lei, Michele Bettega e Bortolo Zagonel, legati da profonda amicizia ma divisi dalla guerra».
Da poco, invece, ha iniziato le riprese di un documentario drammatico.
«Ricostruisce la tragica spedizione sul Manaslu del 1972. Reinhold aveva solo 28 anni e perse due compagni in quella tempesta. Il film inizia con il raduno a Castel Juval, la residenza di Reinhold in Alto Adige, dei veri sopravvissuti che ricordano l’accaduto. Abbiamo fatto riprese fantastiche dall’elicottero per raccontare una storia molto forte e far capire in quali condizioni si arrampica, ma anche ammettere che l’alpinismo è una disciplina egoistica: chi parte sa che può non tornare ma non pensa a chi gli sopravvivrà».
Altre passioni, oltre a film e arrampicata?
«Mi occupo delle aziende agricole a Castel Juval. Tre anni fa Reinhold mi ha lasciato un maso molto impegnativo circondato da vigne: è una zona famosa per il Riesling e pare che il nostro sia uno dei migliori d’Italia. Abbiamo anche Pinot Nero e Pinot Bianco, ma non c’è un’etichetta Messner».
Vita privata?
«Ho una fidanzata, Anna, che ha 30 anni come me. È austriaca e viviamo insieme a Innsbruck. Lei non scala: ci siamo conosciuti cinque anni fa nel laboratorio in cui abbiamo scritto la tesi per il master in biologia molecolare. Vorrebbe sposarsi, ma io non sono interessato al matrimonio».
Suo padre, invece, ci crede tantissimo: si è appena sposato per la terza volta. Che effetto le fa?
«Devo dire che mi dà molto fastidio. Non sono andato al matrimonio; non sono stato invitato. Non accetto che sua moglie abbia l’età di mia sorella. Ma lui è Reinhold: se ha qualcosa in testa lo fa. E io tengo le distanze. Non è più come una volta».
Com’era una volta?
«Non è mai stato facile. Lui non lascia molto spazio libero agli altri ma finché ero giovane era più semplice. Oggi non voglio più cercare di farmelo andare bene: io ho la mia vita e lui la sua».
È complicato condividere il set?
«Mi fa soffrire ma lui è il boss, da sempre. La nostra non è mai stata una relazione padre-figlio, lui non è un genitore come gli altri».
Che padre è stato Reinhold Messner?
«Rigido, assente: era sempre in giro. Ha la testa dura come il marmo e può essere molto volubile. Non è stato facile essere il figlio di una leggenda: tutti lo vedono come un mito ma a un bambino non serve una leggenda, serve un padre e lui non lo è mai stato. Cercherò di fare meglio quando avrò dei figli miei».
Sogni nel cassetto?
«Tantissimi e tutti hanno a che fare con l’arrampicata su montagne inviolate. Per me ha un valore inestimabile, sono obiettivi che mi rendono felice. Come le sei settimane che mi aspettano in Pakistan: non sono molto social, ma se riusciremo ad arrivare in cima farò un post su Facebook».
È schivo anche sul web?
«Sono cresciuto con un padre sotto i riflettori, quando volevo sapere qualcosa di lui dovevo leggere la Bild (il tabloid tedesco, NdR). La vita vera è un’altra cosa, fatta di alti e bassi e non sempre facile. Come la montagna richiede spalle larghe e guardare dritto avanti, sperando che vada tutto bene».
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Alessandro Mosca. Sempre un piacere il condividere. Anche il libro di Cognetti nelle descrizioni del padre che lo trascinava in montagna e nelle descrizioni delle sue serate da solo in rifugio trasudano di elementi autobiografici nascosti. Ti confesso che ho pianto pensando al mio di padre e ai miei rapporti difficili. Per non parlare del libro di Albino Ferrari dedicato alla madre, ma dove incombe in ogni pagina il padre mai conosciuto. Come vedi siamo ogni tamto un po’ cazzoni ma io ho imparato dal capo inglese della filiale italiana della mia azienda (baronetto, monarchico sfegatato e narratore di aneddoti salaci sulla famiglia reale) a parlare seriamente del tempo atmosferico e con leggerezza delle cose serie.
Grazie ancora Roberto per il puntatore: non ero a conoscenza di questo lavoro di Mirella Tenderini in prefazione al libro di Harlin. Vado a leggermelo volentieri!
Infatti.
E meno male che il figlio è riservato…
Alessandro Mosca. Se ti intriga il tema padri e figli maschi in montagna con i connessi risvolti edipici leggi la prefazione di Mirella Tenderini al libro del figlio di John Harlin “L’ossessione dell’Eiger” di cui abbiamo già lungamente parlato. Il discorso semiserio sui A & B è nato come una costola secondaria del tema della differenza tra persone reali e “santini” ad uso devozionale. La scoperta dei risvolti privati non rende le persone meno degne di stima e ammirazione, quando meritata. Anzi, li rende più umani. Gli elementi che a volte emergono con pura sincerità dalle puntate della autobiografia di Alessandro Gogna non sminuiscono la grande stima che ho per lui, che molti altri condividono. Anzi me lo rendono ancora più simpatico e vicino. A proposito del Dottore, come viene chiamato in Mediaset B. Prescindiamo per un momento da qualunque discorso morale o politico o di simpatia/antipatia. Parliamo dell’uomo. Ho conosciuto per ragioni professionali molte persone che hanno lavorato con lui fino dalla fondazione e ti posso assicurare che pur avendo una sconfinata ammirazione, hanno una visione molto realistica delle sue luci e delle sue ombre come uomo, che sono anche all’origine di alcune sue indubbie cadute. E sono fonte di una miriadi di aneddoti scherzosi e anche un po’ goliardici, come succede ad ogni uomo che sta sul palcoscenico e che ama starci. Come i due Messner che hanno messo sul Corriere il loro Lessico familiare senza alcun ritegno. Ciao
aleM sta per Alessandro Mosca. Caro Roberto, grazie per il tuo messaggio. Come scrivi, il fastidio che provo di tanto in tanto leggendo i commenti su questo blog è evidentemente un problema mio e di nessun altro. Mi scuso con tutti per il tono esagerato del mio precedente messaggio! Mi pareva solo un po’ fuori luogo “mandare in vacca” un discorso che poteva prendere invece una piega più interessante ma, ripeto, capisco perfettamente che fa parte del gioco e che nessuno, neppure io, è forzato a partecipare se non lo desidera. Auguro a tutti una buona giornata.
aleM. Rileggiti quanto e’ stato scritto in modo ponderato sui rapporti difficili padre e figlio in montagna e non solo in altri post e nei commenti all’intervista a Messner. Compresa una rassegna delle testimonianze che si trovano in varie autobiografie. Se ti infastidisce il variare dei registri, da quello serio a quello comico, il problema è tuo. Basta che tu non legga i commenti scritti col registro che non ti aggrada. Lascia perdere poi il riferimento ai dipendenti Fiat e Mediaset. Forse non ci sei vissuto dentro e non sai cosa dicono nel bene e nel male dei due soggetti. Le persone sanno reggere il fatto che i loro datori di lavoro abbiano aspetti diversi e a volte contraddotori, come tutti, molto più di quanto tu creda. Te lo garantisco personalmente per esperienza diretta. Poi quando si insulta bisogna avere la buona grazia di firmarsi con nome e cognome, visto che gli atri ci mettono la faccia. Come minimo. Stammi bene.
la M finale dell’acronimo (forse) del commentatore 22 sta per Messner?
Oppure c’è un forte legame di amicizia con il citato Simon?
Altrimenti non capisco il motivo di tanta gratuita acredine….
… curioso che per non parlare dei sentimenti che può provare un figlio ad avere a che fare con un padre che non è mai presente, nè fisicamente, nè emotivamente, vi sbellichiate dalle risate ricordando le scopate dei Berlusconi e degli Agnelli. E dire che parlate sempre di tutto e esprimete giudizi su tutto ma, curioso davvero, su questo tema, chissà perchè, no. Vi ricordo che tacere è una opzione sempre valida e profondamente nobile in alcune circostanze.Non ho il tempo per entrare nei dettagli delle boiate che scrivete a poposito delle doti manageriali di entrambi questi personaggi ma, tant’è, prendo atto che la vostra goliardica prosopopea si ferma al sesso clandestino e alle gitarelle in elicottero (spero davvero che non vi legga un ex-operaio della FIAT o di Mediaset… qualcosa mi dice che riderebbe molto meno di voi!). Peccato che a ‘sto giro nessuno della gang abbia ancora ricordato qualche aneddoto da camerata sul vinello, i fiaschi, i bicchieri: non avrebbe stonato per niente. Volontari?Andate in montagna và, che è quello che sapete fare (credo, almeno), e lasciate riposare dita e tastiera di tanto in tanto: sono certo che ne gioveranno la vostra “tenenza”, la vostra anima e, soprattutto, la stragrande maggiornaza di quelli che leggono questo blog e non ne possono più di sentire cosa ne pensate “di tutto” (e anche “del tutto”, visto che alcuni qui non nascondono le loro filosofiche doti da quattro spicci)!
Pas de jugement, le ressenti de Simon est tout aussi respectable concernant son père, j’ai fait moi aussi les mêmes erreurs avec mes fils et je ne m’appellent pas R.MESSNER, il est dur de pouvoir comprendre avec des SI…refaire le monde, la sagesse de l’Age est bien la seule chose qu’il reste quand on vieilli, alors bon vent Simon au Pakistan.
Matteo, Matteo ! Giudice severissimo. Persino i New Taleban si sono ammorbiditi. Non sgozzano più come una volta, solo lame sterili gentilmente offerte dai Navy Seals, e sono attenti al look. In ufficio ci andava. Non provocare così i fedeli. Sei crudele. Certo, così dicono nei peggiori bar di Torino, pare avesse il braccino corto e prediligesse donazioni gratis. Sicuramente non paragonabile al Cavaliere, lavoratore attivissimo e indefesso su entrambi i fronti, ancora adesso, e soprattutto grandissimo e generosissimo pagatore. Ma si sa, la cultura ambrosiana ha una marcia in più, magari anche con qualche aiutino, ma signora mia l’importante è impegnarsi a fondo e con tenacia, pardon “resilience”. Però ora dobbiamo chiudere altrimente interviene il Papa, non proprio un Santo a quanto scrive lui stesso, ma sicuramente severo coi vecchi discoli, quel che basta. Ciao
Sai che gran manager! si divertiva (ma lavorava ?)..Cossiga disse che lo Stato soccorritore finanziatore ( anche con tasse di acquirenti utilitarie )avrebbe potuto comprarsi la Gran ditta per un euro simbolico, se avesse fatto un conguaglio con i fondi elargiti. Quando il soccorso di stato lo vietò la Eu…lo fece Obama con la Chrisler-Fca.Lanciato il Sestriere, adesso ..https://www.corriere.it/Primo_Piano/Economia/2006/06_Giugno/06/ferrari.shtml.
Essere lavoratori non è di per se’ un pregio (per citare un grande: “quelli che hanno cominciato a lavorare da piccoli, non hanno ancora smesso adesso e non sanno che cazzo fanno. Oh yeah!”), ma essere parassiti inutili e sfruttatori di sicuro è un difetto
A lavorare e guadagnare son capaci tutti. Lavorare poco (meglio sarebbe proprio non lavorare), stare bene e magari divertirsi è più difficile. Per me essere dei gran lavoratori non è affatto un pregio. In questo l’avvocato faceva bene a comportarsi come voleva. Finché non si invade l’altrui libertà va bene.
“Spero mi chiarirai il dilemma: durante il lavoro, dopo o nelle pause?” Pasini, ma che dubbio è?
Avesse mai lavorato una volta in vita sua…
Caro Simon se sei veramente così riservato come dici di essere, certe interviste lasciale perdere e certe affermazioni su tuo padre, non le dare in pasto, tienile per te.
“Vanno amati perché ci hanno messo al mondo, perché ci hanno tirato su anche se ci hanno tirato su in un modo che non ci piaceva; del resto anche loro sono stati tirati su dai loro genitori in un modo che non gli piaceva, non per questo si proibivano di amarli (Fallaci 1963, p. 159).”
Un” qualche modo” lo si e’trovato per criticarli noi e quando e’ arrivato il turno, si e’stati criticati..basta che quel” qualche” sia non troppo pesante. C’e’anche un”parecchio”che contro bilancia ,anche questo un avverbio vago di quantita’ e qualita’ non misurabili.
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1997/11/17/infortunio-ad-agnelli-si-frattura-un-femore.html
anche i ricchi piangono..(piansero)..ma l’uso dell’ elicottero per spostarsi in montagna al Sestriere ..scateno’ invidie , poi venne perdonato per i numerosi incidenti alla gamba. Singolare quello a Saint Moritz, dove si insinuo’ si fosse rifugiato per il suo hobby volendo sfuggire ad atti di contestazione o attentati. .Invece incontro’ “maleducati”.
Bragantini. Lo farò. Grazie. Spero mi chiarirai il dilemma: durante il lavoro, dopo o nelle pause ? Non mi fa dormire la notte. Mi intrigano sempre i dettagli delle storie dei Santi. Sono però convinto che i fedeli non sono certo scalfiti da questi ed altri particolari a volte un po’ imbarazzanti. E li capisco. Anche per me è così coi miei preferiti. La fede supera ogni ostacolo. Anche il fondatore peraltro disse “Chi è senza peccato scagli la prima pietra”. E lui se ne intendeva, col caratterino permaloso e irascibile che si ritrovava. Però sul suo terreno specifico era veramente un Dio. Quindi possiamo comprendere pure Messner e Agnelli. Miseria e Nobiltà.
Pasini, se mi fai avere il tue e mail, tramite il blog, ti mando un mio lavoretto sul “grande” Gianni Agnelli…
Il Padre ha gettato la spugna per Ingegneria a Padova, meriterebbe una laurea honoris causa ( Isef e pure Marketing e pure Architettura e Geologia )il figlio almeno una laurea prestigiosa ce l’ha, per il resto si vedra.’Poi con 4 figli, uno leggermente divergente ci sta .! Non si sa mai ,anche il Padre di Valentino Rossi e’stato pilota agonistico di moto.Problemi con le partner ‘paterne? Che imiti se ci riesce e non avra’paternali e consigli !!
Dopo impresetta noi del volgo montano si cantava una canzone sgangherata
” Solista ….e noi dell’alpe siam dei monti le vedette , Coro – con i piedi sulle vette ci piace andar, …solista… e noi alpini non temiamo le le saette..! , coro-con le mani sulle ****e ci piace star!”
Crus e pà l’è u bel portà! Corna e pane è un bel portare!
Su un versante: Oedipus Rex. Sull’altro: la perfezione non ci appartiene. Non ai Messner, come ai merendos, ai tapascioni, alle femmine e cantanti……Se va bene si sviluppano una o due “virtù”, qualcuno in modo stra-ordinario, altri in modo più modesto. Sul resto meglio tacere. Sempre pericoloso intervistare camerieri/e, figli, ex mogli/amanti e chi ha condiviso la quotidianità in mutande. A proposito del mito calvinista del lavoro Gianni Agnelli. In quanto emerso in questi giorni sul malloppo nascosto e sulla lotta per la divisione da un lato e sull’intensa vita sessuale, dall’altro, c’è un dettaglio che ho trovato divertentissimo. In una vecchia intervista ripresa in occasione della sua morte Gaia Servadio, una delle sue tante amanti, ha raccontato che c’era un campanello con il quale la servitù avvertiva dell’arrivo imminente della moglie Marella nella villa torinese, così la fanciulla di turno aveva il tempo di rivestirsi e di uscire dalla porta di servizio. Bellissimo. Pura commedia francese brillante. Un dubbio mi assilla però: non è chiaro se avveniva in orario di lavoro o nel tempo libero dopo un’intensa giornata di fatiche e sudore, oppure nelle pause caffe’o nell’intervallo di colazione?
Le donne e gli uomini con la bocca larga non mi piacciono.
” Simon…lo conosco , per la sua amicizia , questa Intervista , mi ha fatto conoscere.., nel bene e nel male , un ragazzo molto sincero…, e deciso nelle sue parole..!! Complimenti…! per tutto..e Saluti..! Grazie…
Un giorno tra qualche anno si renderà conto che è stato meglio così! Senza forzature costrizioni e conseguenti castrazioni della propria vita ,comunque è vero il detto; il frutto cade sempre vicino alla pianta che lo produce.
Mi ricorda Dany Harrison, figlio di George. Ma di esempi simili c’è pieno. Mio figlio maggiore al colloquio per la selezione di accompagnatore di media montagna, interrogato da un mio amico e collega, alla domanda: ti senti figlio d’arte, visto che hai un padre alpinista? Risposta: mio padre è un invasato, io invece vorrei avere il titolo per arrotondare le entrate ogni tanto ma l’alpinismo non è di certo la mia passione. Bocciato!
Tutte le strade portano a Roma, generalmente poi non si hanno indicazioni. Interessante
Molto interessante. I giudizi di un figlio di soli 30 anni sul padre vanno però presi con beneficio d’inventario. Bisognerà fare a Simon un’altra intervista fra 20 anni, sperando che Reinhold ci sia ancora. Mi piacerebbe inoltre sapere le reazioni di Reinhold a questa prima intervista. Se ci sono state mi sono sfuggite.
Se cotanto Padre lo avesse forzato e portato in montagna ed addestrato , ora forse si annoierebbe e giocherebbe a tennis o qualsiasi altro sport in campo delimitato rettangolare con misure omologate. Quanto al resto dell vicende di rapporti in famiglia, ce ne sono moltissimi che le hanno affrontate come figli, uscendo quanto prima e facendosi una vita propria.Un master in biologia molecolare comunque puo’ sempre servire facendo conciliare due diversi campi di attvita’.