La carota democratica

Qualche domanda e qualche considerazione guardando in casa nostra, consapevoli di essere osmotici a intenzioni che arrivano da fuori.

La carota democratica
di Lorenzo Merlo
(26 agosto 2019)

Non saprei da dove avviare la questione. Provo con una domanda. Chiedo, “È democrazia il popolo da un lato e il parlamento/governo dall’altro?” Domanda elementare la cui risposta è chiara e univoca per chiunque. Fatto salvo a chi, invece dei principi democraticamente ovvi, preferisce la dialettica politica fino all’eventuale contratto col nemico. Se u­­nire forze prive di consenso sia cosa costituzionalmente prevista non sposta l’importanza della questione.

Effettivamente le due posizioni – tra chi inorridisce a immaginare un governo estraneo al consenso popolare e chi no – sebbene inconciliabili nei loro principi, sono entrambe disponibili agli uomini. A quale verità vogliamo appartenere?

All’ambito popolare che non ha più nulla da spartire con quello dei suoi rappresentanti? Sembra un’imbecillità chiederselo, ma non lo è. Sono decenni che si osserva il crescendo della distanza tra le due parti. Ma è soprattutto la conseguenza implicita – anzi maledettamente esplicita – che dovrebbe iniziare ad essere presa popolarmente in esame: la democrazia è certamente stata concepita, ma è mai nata? La sua promessa quanto è stata mantenuta? Quanto ha fallito? O è abortita?

Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio. Foto: Fabio Cimaglia / LaPresse (10 dicembre 2018, Roma)

In ogni caso, la teniamo attaccata al polmone artificiale. Ci si prodiga ad allungarne l’agonia. Questioni affettive? Paura di perderla? Nella speranza si riprenda? Eppure da un punto di vista funzionale, non c’è più niente da fare. Stato vegetativo si direbbe personificandola. La nuce che conteneva non diventerà realtà. Comprensibilmente ci si esalta nei momenti in cui sussulta. Ma a questo punto sembrano più diversivi pilotati, assi che escono dalla manica del grande joker piuttosto che salute effettivamente riconquistata.

Allora torniamo alla domanda tanto elementare quanto fondamentale. È democrazia il popolo da un lato e il parlamento/governo dall’altro? Anche se ha una risposta per molti univoca è obbligata. Va posta, per riflettere, per svegliare, per creare il necessario che la scongiuri, per prendere coscienza che il lavoro è lungo e smettere di pretendere e accontentarsi di risultati immediati. Noi del popolo dobbiamo porcela e avviare processi privato-politici utili alla salute della moribonda democrazia. Dobbiamo porcela e darci da fare per evitare di essere collusi con il suo funerale. Al quale si accoderanno uomini scesi da ogni lato del parlamento.

Sergio Mattarella

“Per il bene dell’Italia”. È la risposta di coloro che ritengono che la democrazia sussista anche separata dal consenso popolare, assoggettabile a mediazione. Una prospettiva elastica fino ai lontani confini dell’ossimoro. Mi riferisco naturalmente al principio democratico, non a quanto esiste nel dibattito parlamentare. E proprio in quest’ultimo sono rintracciabili i virus del do ut des, malattia degenerativa della mercificazione e compravendita dello spirito che ha costretto la democrazia al reparto Terapia Intensiva.

Niente compromessi allora? Parlamento inutile? No. Rinunciare alla propria modalità di esecuzione di un progetto politico, accomodarla dopo aver ascoltato altre parti fa parte della dialettica. Rinnegare le promesse e gli impegni, svendere la propria idea politica, privilegiare l’interesse personale, imbrogliare il prossimo è altra cosa. È mercificazione di sé. È incompatibile con l’idea di democrazia che media e istituzioni seguitano a venderci.

“Per il bene dell’Italia”, passo-passo si è arrivati a stringere accordi con élite che non ci riguardano; a dimenticare a chi si era stretto la mano. Ai tempi, un gesto che valeva come la ceralacca, oggi, il tempo che trova. Chi s’è visto, s’è visto. O, meglio, business is business. Una formuletta magica onnipotente adatta a tutti i tavoli di lavoro, a mitigare tutti i mali, salvo non siano etici.

In sostanza siamo immersi nel genere – sì, come per i tipi di programma tv – democratico-mediatico. Del resto, nella società dello spettacolo sempre più citata in questi ultimi anni, è più opportuno riferirsi ai generi che non a progetti politici di lunga prospettiva. Dalle sue trincee di raso, chi dispone della comunicazione combatte una guerra che non perderà mai.

Ma anche noi partecipiamo al degrado. Chi vuole più aspettare? Dopo aver vissuto la Milano da bere, dopo aver visto il trionfo dell’edonismo individualista. Una spaccatura profonda della tradizione culturale italiana e molto milanese che aveva coperto di gloria sonante e in tempi brevi, schiere di giocatori in borsa e rampanti consulenti finanziari. Che questi avessero sostanzialmente derubato il loro prossimo, era cosa da sorvolare, la legalità glielo permetteva. Loro incassavano, gli altri piangevano. Meglio più furbi che più buoni.

Le trattative a oltranza del suk

Era la nuova era, il nuovo equilibrio. Dove, anche a cercarla, non c’era più parsimonia, frugalità, senso della vita. Il piacere immediato aveva sostituito quello della pagnotta guadagnata. I media, di quello parlavano, mica dei poveracci. Con gli strilli dedicati ai nuovi ricchi vendevano. Nessuno di loro aveva letto fino in fondo la leggenda del re Mida. C’era solo da aspettare. La realtà gliela avrebbe servita.

Da lì, da quel punto, passaggio chiave di una via verso la giustizia sociale, la direzione della democrazia ha cambiato rotta. “Novanta a dritta” è stato l’ordine silente e convincente arrivato dalle eminenze ai capitani. Solo così avrebbero raggiunto il porto giusto. Al diavolo le alte vette della purezza. Ad attendere l’equipaggio festante c’erano gli oligarchi dell’ammiragliato. I capi della grande flotta che solca tutti i mari del mondo erano in banchina ad attenderli. In pochi semplici esami i nostri uomini hanno superato le richieste della commissione. Manco a dirlo i commissari erano tedeschi, francesi, americani, generali e qualche anonimo, che ha preferito rimanere nell’ombra.

Democraticamente la democrazia ha così camuffato – o cancellato? – se stessa. Sì, perché se si tolgono gli elettori dalla scena resta un giochetto per pochi oligarchi. Maestri del vincere facile.

Le scelte dei nostri prodi vassalli li avevano portati a giurare fedeltà a corone superiori con le quali il doppio gioco non è neppure pensabile. Così, per mantenere la nuova, edulcorata ma posticcia libertà, si attengono al giuramento che le hanno dovuto prestare. Quell’altro, compiuto con i loro elettori, che vuoi farci, complicava troppo le cose.

Girala di qui e girala di là, chi vuole ancora credere nella democrazia almeno faccia mente locale e si chieda se è in corso – per essere gentili – una sua parabola discendente. Se non siamo arrivati fin qui sospinti avanti, come l’asino, dalla carota democratica.

Quelli che invece ne hanno già visto l’arco ormai spento oltre l’orizzonte della giustizia sociale, del bene comune, della lungimiranza, dell’identità culturale con cui allevare i nostri figli, di un progetto condiviso per il quale rimboccarsi le maniche e strapparsi di dosso i lamenti dei bottegai – come successe per il boom economico – speriamo rimangano calmi e caccino via idee violente e dinamitarde.

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La carota democratica ultima modifica: 2019-08-28T10:46:11+02:00 da Totem&Tabù

9 pensieri su “La carota democratica”

  1. In ultima analisi la democrazia è in crisi perché i politici, che ci rappresentano molto bene, sanno che non siamo sufficientemente maturi e responsabili per la democrazia! La democrazia è infatti in crisi perché tutti vogliono tutto e subito. Perché non siamo capaci di fare i conti. Perché i giornalisti quando un politico dice “non eletto dal popolo” dovrebbero dire “cazzo dici?” e invece non lo fanno. Perché la gente non ha voglia di ricordare quanto hanno detto tutti (tutti) un anno fa rispetto agli altri partiti. Etc. etc. etc. Siamo gente poco seria rappresentata da gente poco seria. Inutile lamentarsi degli “altri” quando gli altri siamo noi! Così la vedo io. Concludo dicendo che se non era su gognablog avrei risposto molto male a questo delirio decisamente sottoprodotto moribondo di una finita cultura radical-chic-ex-anarchic-Parioli

  2. “La democrazia è certamente il peggior sistema di governo, eccettuati tutti gli altri”
    Lo scrisse W. Churchill che salvò l’Inghilterra e venne giubilato alla prima occasione appena finita la guerra.Però se gli inglesi avessero votato nel 1940/41 probabilmente l’avrebbero mandato via prima
    Non è pensabile votare sempre e su tutto, ma è essenziale che si voti: il bilanciamento è la cosa difficile

  3. La soluzione della crisi di governo che si delinea non mi trova d’accordo, ma essa è pienamente legittima. Viviamo in una democrazia parlamentare, dove le maggioranze si fanno, e si disfano, in parlamento.
    Con una legge elettorale come l’attuale, sostanzialmente proporzionale (salvo una correzione maggioritaria per il 32% di collegi  uninominali), per formare un governo è necessario che più forze, dopo essersi presentate su posizioni diverse alle elezioni, si accordino.
    Questo è successo dopo le elezioni del 2018, e questo sta nuovamente succedendo ora. Più “strano” era semmai l’accordo fra M5S e Lega, visto che quest’ultima si era presentata alle elezioni con Forza Italia e FdI, da Salvini precipitosamente abbandonati per siglare l’accordo con M5S. Ciò è avvenuto alla faccia del fatto che i voti di Forza Italia e FdI erano serviti alla Lega per far eleggere i suoi rappresentanti nei suddetti collegi uninominali.
    Questo accordo che si profila non mi piace ma chi ha ritenuto legittimo il contratto M5S-Lega, non ha titolo per contestarne la legittimità.
    La democrazie liberali vivono certo momenti assai difficili, anche per le torsioni cui sono sottoposte nel mondo di Internete ma, come disse il grande Winston, la democrazia è il sistema peggiuore, salvo tutti gli altri. Restya vero.

  4. L’idea anarchica rasenta la perfezione. 
    Non la realizza per un solo punto.
    Presuppone che tutti gli uomini possano raggiungere il livello di consapevolezza necessario a realizzarla. 
    Un aspetto irrilevante nei piccoli numeri, esiziale nei grandi.
    Un “errore” forse dovuto alla loro natura materialista-meccanicista.
    Oggi i Green Anarchy pare se ne siano emancipati. 

  5. Vedo che in più di cent’anni non si è trovata ancora una quadra nel dualismo popolo/parlamento-governo, quanto riporto qui sotto è  parte della corrispondenza tra Malatesta a Merlino del 2 febbraio 1897:

    Gli anarchici restano, come sempre, avversari decisi del parlamentarismo e della tattica parlamentare. Avversari del parlamentarismo, perchè credono che il socialismo debba e possa solo realizzarsi mediante la libera federazione delle associazioni di produzione e di consumo, e che qualsiasi governo, quello parlamentare compreso, non solo è impotente a risolvere la questione sociale e armonizzare e soddisfare gl’interessi di tutti, ma costituisce per se stesso una classe privilegiata con idee, passioni ed interessi contrari a quelli del popolo che ha modo di opprimere con le forze del popolo stesso. Avversari della lotta parlamentare, perchè credono che essa, lungi dal favorire lo sviluppo della coscienza popolare, tenda a disabituare il popolo dalla cura diretta dei propri interessi ed è scuola agli uni di servilismo, agli altri d’intrighi e menzogne. Noi siam lontani dal disconoscere l’importanza delle libertà politiche. Ma le libertà politiche non si ottengono se non quando il popolo si mostra deciso a volerle; nè ,ottenute, durano ed han valore se non quando i governisentono che il popolo non ne sopporterebbe la soppressione.Abituare il popolo a delegare ad altri la conquista e la difesa dei suoi diritti, è il modo più sicuro di lasciar libero corso all’arbitrio dei governanti.

    fonte
    Errico Malatesta e Francesco Saverio Merlino Anarchismo e democrazia: soluzione anarchica e soluzione democratica del problema della libertà in una società socialista

  6. Che la democrazia sia in crisi è un dato di fatto, soprattutto perché non ci sono più politici degni di tal nome, per non parlare di statisti che sono razza estinta. A contribuire al degrado della democrazia è anche la rete, dove tutti possono dire qualsiasi cosa senza controllo, senza la necessità di pensare prima di pestare sulla tastiera. Nel contempo è un megafono propagandistico, che diventa un’arma potente per chi la sa governare. Non vorrei essere frainteso: non difendo la censura, nè affermo che in passato non ci fosse il controllo dei media.
    Lo spettacolo di oggi, indipendentemente dalla parte politica, è a dir poco vomitevole. Più sono ignoranti più parlano e spacciano per verità assoluta le loro parole, pretendono sempre di parlare a nome degli Italiani, quando poi ne rappresentano una parte più o meno esigua. Fino a prova contraria la nostra è una democrazia parlamentare, rappresentativa e questa regola va seguita.
    Comunque sia l’articolo, al di là delle opinioni, è una buona analisi e dà da pensare.

  7. Caro Eros, il sarcasmo, il “perso” e lo “sciocco” buttati là non li raccolgo. Ci tengo però a spiegarti una cosa che probabilmente non hai capito. Lo spirito di Totem&Tabù è quello di far riflettere, NON di convincere o fare propaganda. Se qualcuno, prima di meditare, s’adira o sghignazza, di solito mi spiace perché il post rischia di fallire lo scopo.
    Quanto al tirarmi in ballo personalmente, ti posso assicurare che le mie idee sono assai diverse da quelle di questo post, che io però rispetto perché comunque ricerca la verità. La differenza con te è che io accetto la discussione, in genere ascolto quello che hanno da dire gli altri e soprattutto non ho paura di fare promozione contraria alle mie stesse opinioni. Tanto sono ottimista. Grazie comunque dell’attenzione.

  8. Oggi ho sentito dire:
    Viviamo nella democrazia della vanità.
    Mi piacerebbe trovare della intelligenza, ma dovunque sembra non essere più necessaria.

  9. Ecco altre chiacchere. Gogna è perso. La democrazia ha tante forme di governo che qui nemmeno si nominano. Democrazie illeberali? Totalitarismi? Gogna vai in Russia o Cina se ti piace. Vai vai. Ci farai un brl diario direttamente dai Gulag. Sciocco.

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