La catena di aghi
(scritto nel 1995)
Più volte mi sono domandato se il mio scrivere su temi vari abbia un senso per il lettore. Non potrebbe essere che questi voglia da me delle semplici informazioni sul territorio che gli sto presentando, senza coinvolgimenti soggettivi, problematiche, argomenti filosofici e morali? Non ho dato risposta mai. Ma questa volta ho deciso: parlerò del gruppo delle Odle (Geisler, in tedesco) come potrebbe farlo un geografo. È una catena che si prolunga da est a ovest per circa 7 km, tra la Valle di Funés a nord e la Val Gardena a sud, nel pieno cuore del Sud Tirolo, all’estremità nord occidentale delle Dolomiti.
Il gruppo si collega a nord con il Sass de Pùtia (Peitlerkofel) tramite la Furcia di Curveies e il Passo Poma, mentre a oriente il termine è segnato dalla Forcella della Roa, oltre la quale si estende il gruppo del Puez, prosecuzione del gruppo delle Odle, senza soluzione di continuità verso la Val Badia.
Il gruppo delle Odle è diviso in due sottogruppi dal Passo di Brogles. A ovest si estende il sottogruppo dei Resciesa (o Rasciesa), formato da rocce porfiriche: esso presenta un andamento assai uniforme, caratterizzato da ampie distese di pascoli; in seguito v’è il prolungamento boschivo del Monte Campo, una lunga costiera che va ad appoggiarsi sui grandi terrazzi a prato degli abitati di Laiòn e Gudòn, proprio sopra al fondo della valle dell’Isarco. A est invece, dopo i primi rilievi del Seceda, inizia una lunga e splendida successione di guglie assai imponenti e ardite, dalle linee quasi sempre verticali che s’innalzano dai prati e dai ghiaioni dell’Alpe di Cisles (a sud) e della Gschnagenhardt alm (a nord).
Le Odle propriamente dette sono le formazioni rocciose a guglia (odle, in ladino = aghi, quindi guglie di roccia) che si succedono tra la Forcella Pana (a est del Seceda) e la Forcella de Mesdì, ma il nome è stato esteso anche al vicino Sass Rigais e alla Furchetta, fino alla Forcella della Roa: essi sono infatti, anche se più imponenti, la naturale prosecuzione delle Odle, per figura e caratteristiche. L’insieme è una catena stupenda, tra le più belle delle Dolomiti: al di là della verticalità e dell’arditezza, le Odle stupiscono per le loro forme, spesso strane, contorte, disposte in fila con apparente regolarità ma di aspetto del tutto caotico, sconvolgente e selvaggio.
Le vette più alte del gruppo sono il Sass Rigais e la Furchetta, entrambe di 3025 metri. In tutto il gruppo non è visibile alcuna formazione glaciale: piccoli nevai e neve residua perenne si annidano, battuti da frequenti scariche di sassi, soltanto nei più profondi solchi del versante settentrionale.
L’unico valico turistico (il più semplice passaggio tra Val Gardena e Valle di Funés) è il Passo di Brogles: tutti gli altri valichi (Forcella de Mesdì, Forcella Munt da l’Ega 2642 m e Forcella della Roa) costituiscono dei passaggi d’interesse prettamente escursionistico e a volte alpinistico, perché non facili e in genere disagevoli. Da qui deriva una diversa frequentazione dei due sottogruppi: mentre i Resciesa accolgono numerose comitive di escursionisti e di amanti delle facili passeggiate, in uno scenario sempre dolce e pittoresco, le Odle sono invece terra di avventura alpinistica, a parte i sentieri che ne percorrono le basi. Anche se non è possibile traversare escursio-nisticamente il gruppo delle Odle in via longitudinale (a parte la Forcella de Mesdì), la facilità di accesso dai centri abitati, la comodità dei punti d’appoggio e la bellezza dei sentieri ben segnalati consigliano una visita approfondita di queste montagne.
L’adiacente gruppo di Puez è compreso tra la Valle di Longiarù a nord, la Val Badia a est, il Passo e la Val Gardena a sud e la Forcella della Roa a ovest, con ciò formando un vastissimo altopiano a forma vagamente equilatera, del tutto isolato su quasi tutti i versanti.
Possiamo dividere il massiccio gruppo di Puez in quattro sottogruppi. Il primo è l’altopiano della Stevìa: esso origina dalla Forcella di Forces de Sieles e continua verso sud alla Stevìa, fasciato tutto attorno da grandi barriere rocciose che precipitano nella Valle di Cisles e nella Valle Lunga. Il secondo è la breve catena delle Cime del Puez, tra la Forcella della Roa e la Forcella del Puez. Il terzo è dato dal vasto e uniforme altopiano della Gardenaccia, tra la Forcella del Puez e la Forcella di Ciampài: due le diramazioni, a nord il Pradic’, tra la Valle di Longiarù e la Val Badia, a sud il Sassongher, sopra Corvara. Il quarto è l’altopiano di Crespéina che forma verso ovest due dorsali, divise dalla piccola Val Chedul: a nord è il Mont de Soura, a sud è la catena dei Pizes da Cir, elegantissimi a nord del Passo Gardena.
Il gruppo del Puez potrebbe chiamarsi così a causa della sua aridità rocciosa e della conseguente scarsità di pascolo (puez o puec’, da paucus = poco, povero). Presenta, nella sua struttura, notevolissime analogie con il vicino e più famoso gruppo di Sella. Come questo infatti è costituito da enormi lastronate calcaree, di un grigio uniforme e disposte in orizzontale, a quota media 2400 metri. Alcune fratture sono riuscite nel tempo a solcarne la compattezza e a creare qualche profondo vallone che spezza la continuità dell’altopiano, che per il resto è fasciato all’esterno e in ogni lato da grandi muraglie verticali. I due valloni più importanti sono disposti in direzione contraria l’uno all’altro e nel tempo hanno parecchio ravvicinato le loro testate, così da formare una specie di strozzatura nell’altopiano: la Forcella di Ciampài rappresenta un vero e proprio taglio. La valle principale è la Valle Lunga, che da Selva s’addentra pianeggiante verso la Forcella del Puez e la Forcella di Ciampài. Al di sopra dell’altopiano si elevano, di poco, svariate cime abbastanza tozze, insignificanti per il grande ammasso di ghiaie e di scaglie che presentano nella zona sommitale: la più alta è la Punta Occidentale del Puez 2918 m.
La quota non elevata e la sconfinata uniformità orizzontale non trattengono a lungo la neve sull’invadente monotonia che caratterizza il Puez. Desolazione e tristezza possono essere le dominanti di una visita a queste montagne: ma non dimentichiamoci che le stesse cose possono apparirci diverse se lo stato d’animo è diverso. Solitudine e silenzio sono punti positivi per chi ha scelto questi luoghi alti e lontani, senza vita. Solo nella parte orientale v’è qualche pascolo, come pure sulla Stevìa. Per il resto, pietre e solo pietre ammonticchiate, tra le quali qualche fiore e magre zolla d’erba hanno il coraggio di sopravvivere a stento.
Istituito nel 1977, il Parco Naturale del Puez e delle Odle ha una superficie di 9400 ettari a una quota media di 2500 m. Comprende tutto l’altopiano roccioso del Puez, la catena delle Odle e il Sass de Pùtia. Il principale accesso alla zona protetta è da nord ovest per la bellissima Valle di Funés. Percorrendo questa, la visuale sulle Odle è una costante: le guglie emergono dagli scuri boschi della testata della valle. Esse sono il simbolo della valle stessa e concretizzano quel profondo senso di rispetto per la propria terra che qui gli abitanti hanno da sempre, senza bisogno della formalizzazione di un parco. Altrettanto interessante è l’accesso da nord est e cioè dalla Valle di Longiarù. A contrasto con la parte orientale del parco, gli aridi altopiani calcarei della Gardenaccia e di Crespéina, ecco estendersi nella parte occidentale la Foresta Demaniale di Funés, la maggior superficie boschiva della provincia di Bolzano e la seconda produzione legnosa dopo il Latemàr. Si hanno notizie di questa foresta già nel 1557, quando il Regolamento boschivo del Distretto di Chiusa ne impedì lo sfruttamento comune e arbitrario per potenziare invece le vicine miniere della Valle dell’Isarco (armamento delle gallerie e legname per la fusione del metallo). Su una superficie di complessivi 2057 ettari la Foresta di Funés comprende anche lo Schwarzwald (Selva Nera), proprio sotto le Odle. Il 60% della superficie a bosco è occupato dall’abete rosso, il 32% dal pino cembro, il 6% dal larice e il 2% dal pino silvestre.
21
Questi articoli geografici sarebbero davvero noiosi se dietro ad essi non si celasse almeno qualche frammento personale. Forse a volte pensiamo sia facile, ma è in realtà difficile descrivere un luogo come se lo si osservasse sotto a una luce asettica. Essa è sempre colorata dalle sfumature delle nostre esperienze, dai giudizi, da preferenze personali frutto di chissà quali vicende che nemmeno ricordiamo, ma che ci sono. Insomma credo che anche in questo tipo di articolo qualcosa di chi scrive traspaia ed è anzi proprio ciò a renderlo bello da leggere, come in questo caso.
Articolo proprio bello e esauriente.
Per quanto riguarda i commenti, è’ proprio questione di gusti. A me il Gran Piz da Cir visto da est piace molto. Ci salgo quasi tutti gli anni e dalla vetta si ammira un panorama grandioso. Un ricordo curioso, il mio amico Claudio, leggendo una vecchia guida, aveva deciso di salire il camino Adang. Dopo aver girato un’ora alla base in cerca dell’attacco aveva rinunciato. Chiedendo lumi nel rifugio sottostante scoprì che i primi cento metri della via erano crollati parecchi anni prima.
Molto bella la descrizione di questi luoghi, che sono tra quelli che frequento di più, per quanto mi è possibile.
Per quanto sia bello esplorare, vedere luoghi sempre diversi, il tornare in luoghi a me familiari come questo dà un senso di pace.
Concordo con Marcello il Cir non mi sembra un gran che.
Articolo interessante e lineare nel quale trovo però una descrizione in cui non mi ritrovo. Ovvero quando dici che il Cir da Passo Gardena è molto elegante. Personalmente trovo il Cir una montagna esteticamente orribile. Questione di gusti.