La Cina è vicina
di Luca Schiera (pubblicato sul sito dei Ragni di Lecco l’11 dicembre 2014
17 novembre, nel garage
Non so come li abbia rimediati ma Paolino Marazzi si presenta con un numero mai visto di friends di ogni tipo.
Ne selezioniamo circa sessanta, di tutte le misure. Poi aggiungiamo: due corde singole, un cordino da cinquanta metri, due secchielli, dodici rinvii, un grigri, varie fettucce e moschettoni, nut, molto nastro, ma lasciamo a casa la tintura di iodio (fondamentale, avrei potuto immergermi).
Carichiamo i sacconi con tutto il materiale per tre settimane di fessure e aprire una via, poi partiamo.
Siamo diretti verso la Cina, in un posto da poco scoperto con foreste, pareti rosse di arenaria e molte fessure. Complice anche un articolo apparso su Stile Alpino n. 21 abbiamo deciso di andare a dargli un’occhiata.
Il viaggio
Primo volo: Milano-Hong Kong. Scalo. Volo per Kunming. C’è una grande confusione e fatichiamo a farci capire. In città ci sentiamo due alieni nel posto sbagliato (in effetti la barba di Paolino sembra attirare l’attenzione dei locali).
Riusciamo comunque a prendere il biglietto e ci sistemiamo nella cuccetta per le dieci ore di treno verso Lijiang.
Liming
Mi sforzo per stare sveglio a guardare il paesaggio ma spesso mi addormento, ad ogni dosso però sobbalzo e mi riprendo. Passano così le tre ore di auto fino a Liming.
Il clima è molto più freddo e mi sembra già di essere in montagna.
È appena arrivato il sole, vediamo subito le pareti principali e andiamo a fare un giro per vedere le prime fessure.
Decidiamo subito una tattica per sfruttare al meglio il tempo disponibile: abbiamo quindici giorni di arrampicata, faremo solo un giorno di riposo, a metà. Staremo attenti a gestire la fatica e la pelle che in fessura si consuma ovunque tranne che sui polpastrelli:
– braccia e caviglie (nelle offwidth),
– alla base dei pollici (fessure di mano),
– sopra i polsi (incastro di pugno),
– e sulle nocche (togliendo i friends incastrati).
Fessure
Scaliamo in tutti i principali settori e cerchiamo per tutto il tempo una linea logica di fessure per aprire una via, cosa non molto semplice! La roccia è spesso molto sporca e sabbiosa, e le possibilità di attrezzare una sosta sicura su protezioni veloci nelle fessure larghe sono pressoché nulle.
Facciamo un paio di tentativi che si concludono con lo stesso risultato: giù le doppie dopo il primo tiro.
Dopo il difficile (ma tutto sommato non pessimo) impatto iniziale con questo tipo arrampicata molto selettiva ci abituiamo ed entriamo nella dimensione “cracclaimbing”.
Tutti i giorni scegliamo un settore nuovo e andiamo ad arrampicare, facciamo in media quattro o cinque tiri al giorno, che sembrerebbero pochissimi rispetto allo standard. In realtà scopriamo di essere già più in alto rispetto alla media.
Ogni tiro infatti prima va trovato, poi va scelto il materiale adatto, scalato, ripulito dal materiale ed eventualmente ripetuto.
Dopo vari giorni con questa routine e molti tiri molto interessanti saliti, entro nel giusto stato di forma: ho capito che ho iniziato a fidarmi a tirare le dülfer con i piedi sul liscio, ogni tipo di incastro viene ottimizzato (anche se qualche escoriazione inizia a fare male) e ho capito quando è meglio scalare veloce piuttosto che fermarsi a piazzare una protezione.
Sono anche curioso di scoprire come sarà scalare di nuovo su granito, credo più semplice.
Mi trovo bene, ma la scalata in fessura non è semplice e a dir la verità dopo due settimane inizia a stancarmi.
Gli ultimi giorni li dedichiamo a ripulire un tiro abbandonato già salito in artificiale con qualche tacca da tirare (finalmente!), poi lo saliamo in libera.
Ritorno
Il viaggio di ritorno dura oltre sessanta ore, a ogni cambio di mezzo abbiamo una lunga pausa che sfruttiamo per immergerci nella cultura cinese, lontana anni luce rispetto all’occidente.
Per le note pratiche sul viaggio e altre informazioni tecniche, consulta il sito dei Ragni di Lecco.
Un grande grazie a Chiara per l’aiuto nell’organizzazione del viaggio.
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