La convivenza con l’orso – 2

La convivenza con l’orso – 2 (2-2)
(continua da La convivenza con l’orso -1)

E’ quasi obbligatoria a questo punto una dichiarazione di Ugo Rossi, presidente della Provincia. L’11 giugno 2015 il Consiglio provinciale è incandescente. L’argomento è l’orso. Dopo l’aggressione a Cadine, diversi consiglieri tornano a contestare il Progetto Life Ursus.
Ecco l’intervento di Rossi:

Ugo Rossi
ConvivenzaOrso-2-rossi_large

 

«Siamo di fronte ad un episodio molto grave rispetto al quale non è opportuno fare strumentalizzazioni. Per prima cosa ho voluto informare sull’accaduto in base ai rilievi e alle verifiche fatte dalle autorità competenti. Sulla base di queste informazioni il dibattito si è sviluppato e io lo ho ascoltato. Le decisioni che adotteremo saranno basate sullo stesso principio adottato lo scorso anno in agosto quando si verificò l’altra aggressione: di fronte ad un fenomeno che è dentro le logiche naturali si valuta la gravità e prima viene la vita e la sicurezza delle persone e poi viene la conservazione della natura.

Lo scorso anno, dentro le regole di cui disponiamo, abbiamo applicato lo stesso principio. L’anno scorso io mi sono assunto la responsabilità di prendere provvedimenti che hanno portato poi a reazioni sulle quali non ho sentito molta solidarietà, nemmeno quando la Forestale dello Stato ha minacciato interventi. Quello che noi possiamo fare in relazione alle regole è scritto e ve lo leggo. Nel momento in cui un orso attacca senza essere provocato si possono adottare tre provvedimenti: cattura con rilascio e radiocollaraggio, cattura con captivazione, abbattimento. L’ordinanza dello scorso anno diceva esattamente questo. Io mi sono preso questa responsabilità assieme alla mia giunta l’anno scorso e siamo pronti ad assumerla anche quest’anno. Per assumersi questa responsabilità è necessario però identificare e riconoscere l’esemplare responsabile dell’aggressione. Questo è quello che faremo.

La videoconferenza con Ministero e ISPRA che è in corso in questo momento serve proprio per condividere questa procedura a livello centrale. Però siamo pronti a prenderci responsabilità in via autonoma ma vogliamo evitare che qualche organo centrale, sulla base di informazioni scorrette, possa fare rilievi, come lo scorso anno. Anche questa volta la cattura di un orso ha dei rischi come per l’evento infausto dell’anno scorso. L’altra volta abbiamo assistito ad un mettere in croce persone e istituzioni rispetto a quella decisione. Noi quei rischi ce li prenderemo anche quest’anno. Abbiamo le regole e le abbiamo sempre utilizzate e le utilizzeremo fino in fondo.

Quanto al cambiarle, già lo scorso anno la Provincia di Trento ha formalizzato ciò che ho sentito dire in quest’aula, e che condivido, sulla necessità di modificare alcune regole del progetto Life Ursus. Il progetto del 1993 non prevedeva un numero massimo, noi stiamo chiedendo di definire modalità che vadano oltre a quelle che abbiamo per cercare di modificare ciò che è possibile, compreso la riduzione del numero degli orsi. Le decisioni le abbiamo prese e difese, talvolta un po’ troppo soli».

Qualche giorno dopo si stabilisce, dalle indagini e dai rilievi, che la responsabile dell’aggressione è stata l’orsa di dodici anni KJ2, nata da Kirka e Joze. 

Nel diluvio di dichiarazioni e commenti, non è mancato il fiorire di consigli in caso d’incontro avventuroso con l’orso, in alcuni casi contraddittori.

La Provincia Autonoma di Trento (PAT) con un comunicato sostiene che “in caso di incontro ravvicinato, non bisogna correre o muoversi con concitazione, anzi allontanarsi lentamente”. Sul sito del Parco dello Stelvio è scritto: «Sdraiati a terra e fingiti morto: rimani sdraiato sulla pancia in posizione fetale, con le mani strette attorno alla testa. Uno zaino può proteggere la schiena. Cerca di rimanere più calmo e silenzioso possibile». Anche la Provincia di Bolzano è su questa linea: «Se dovesse verificarsi un attacco di una persona, mettere davanti a se un oggetto, ad esempio il cestino dei funghi o lo zaino. Se questo non dovesse essere d’aiuto, sdraiarsi a terra in posizione fetale proteggendo la testa con le braccia».

Sembrerebbe dunque che bisogna fare rumore prima, per avvisare della propria presenza, ma una volta che ci si trova faccia a faccia con l’orso niente gesti bruschi, niente urla e anzi immobilizzarsi.

Tuttavia altri non sono d’accordo. La Guardia Forestale Nazionale nel proprio vademecum non si sbilancia: «Se si incontra un orso lungo un sentiero, conviene alzare le braccia, fare rumore in modo da allontanare l’animale. Ma se l’incontro è ravvicinato non fare rumore e non alzare le braccia». Insomma, dipende dalla distanza, anche se non viene specificata. Addirittura per il National Geographic «non è una buona idea fingersi morto, si potrebbe attirare la curiosità dell’animale». Il National Geographic, a corredo di un articolo con l’opinione di alcuni esperti del settore, mostra questo video:

La discussione in merito è molto accesa e interessante anche sul gruppo Facebook «Convivere con l’orso sulle Alpi». Qui si ribadisce che gridare e alzare le braccia è sbagliato:
Da quanto abbiamo in mano, a differenza di quello che i media stanno pericolosamente diffondendo (e cioè – ancora una volta! – che di fronte ad un’aggressione da orso ci si salva solo lottando con tutte le forze, e grazie alla prestanza fisica), la reazione della vittima – e del cane, legato a lui – all’apparire dell’orso (“ho fatto come dicono, ho alzato le braccia e ho gridato”) potrebbe, invece, addirittura aver peggiorato la situazione. Una reazione “fight or flight” (lottare o fuggire) in circostanze simili resta comunque del tutto comprensibile e non condannabile: fa parte del nostro istinto reagire così in circostanze pericolose. E’ radicata nel nostro DNA, e nei casi estremi della vita ha da sempre aiutato la nostra, e altre specie, a sopravvivere.
Ma con l’orso non funziona, quando attacca per neutralizzare una presunta minaccia. Corpose moli di dati da tutto il mondo dicono questo.
Mantenere la calma stando fermi e senza gridare può dare risultati sorprendentemente positivi, anche di fronte a un orso apparentemente deciso a farci del male. E in caso di contatto fisico, restare a terra a pancia in giù, senza difendersi attivamente – facendo però tutto il possibile per coprirsi viso, nuca e testa con gli arti superiori! – sono atteggiamenti in qualche modo “contronatura”. Che si riescono a fare solo con un grande autocontrollo, e soprattutto con una preparazione mentale adeguata (vale a dire, provare a immaginare una scena simile, allenare la mente a simili eventi e a come comportarsi di conseguenza); ma hanno aiutato tanta gente, anche in zone del mondo dove gli orsi sono decisamente più aggressivi dei nostri. Difficile da fare, di sicuro: ma grazie a questo ci si può salvare la pelle, o da ferite peggiori, o – come più spesso accade – addirittura uscire indenni e senza nemmeno un graffio dalla contesa… Rimane una considerazione da fare: in Trentino c’è ancora molto da fare nel campo dell’informazione su questi aspetti della convivenza con l’orso. Gli orsi sono cresciuti di numero in fretta ma, a nostro avviso, negli anni non c’è stato un adeguato impegno istituzionale nella preparazione dei residenti alla prevenzione e gestione degli incontri ravvicinati.
Infine: in seguito al grave ferimento, il governatore della Provincia ha firmato l’ordinanza per la rimozione dell’esemplare, una volta conosciuta la sua identità.
Siamo fermamente convinti che la convivenza con l’orso bruno passi anche attraverso queste decisioni; che sicuramente solleveranno ulteriori polemiche, ma sono in linea con i protocolli in vigore e con ogni norma di buon senso.
A maggior ragione in una zona antropizzata come quella alpina, per gli orsi più aggressivi non ci può essere futuro: pena l’incolumità di orsi che passano la vita senza disturbare nessuno, e soprattutto l’incolumità delle persone.
E, per quanto “antropocentrico” possa suonare a qualcuno, la vita e l’incolumità di una persona, per noi, è giusto che valga più della vita di un orso
”.

Un divertente video di Lucio Gardin (www.luciogardin.it) su come comportarsi in un incontro con l’orso

Il progetto Life Ursus
(tratto da http://www.pnab.it/natura-e-territorio/orso/life-ursus.html)

Per cercare di risollevare le sorti dell’ultimo nucleo di orso bruno delle Alpi italiane, nel 1996 ha preso avvio mediante finanziamenti LIFE dell’Unione Europea il Progetto Ursus tutela della popolazione di orso bruno del Brenta, più noto come Life Ursus.

L’intervento di salvaguardia nei confronti del plantigrado – promosso dal Parco Naturale Adamello Brenta e condotto in stretta collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (oggi ISPRA) – si è basato su una attenta fase preparatoria.

In base ad un apposito Studio di fattibilità, la reintroduzione è stata individuata come l’unico metodo in grado di riportare gli orsi sul Brenta: 9 individui (3 maschi e 6 femmine di età compresa tra 3 e 6 anni) sono stati indicati come il contingente minimo per la ricostituzione, nel medio-lungo periodo (20-40 anni), di una popolazione vitale di orsi sulle Alpi Centrali, formata da almeno 40-50 individui. Lo Studio di fattibilità ha inoltre stimato – mediante un’approfondita modellizzazione del territorio comprendente il Trentino occidentale e parte delle province di Bolzano, Brescia, Sondrio e Verona – in più di 1700 kmq le aree idonee alla presenza del plantigrado: superficie giudicata sufficientemente ampia per ospitare la popolazione minima vitale.

Proprio in base all’estensione territoriale dell’area interessata dal progetto ed alla sua complessità, numerosi sono stati i partner che hanno collaborato all’iniziativa. Sono infatti stati formalizzati accordi operativi, oltre che con le quattro province confinanti a quella di Trento, anche con l’Associazione Cacciatori Trentini, che collabora tuttora anche al monitoraggio degli orsi immessi, con il WWF – Trento e con numerosi altri enti, organizzazioni ed associazioni di categoria.

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Dato l’elevato impatto emotivo della specie, la fase preparatoria del progetto ha previsto altresì la realizzazione di un sondaggio di opinione (affidato all’Istituto DOXA di Milano): più di 1500 abitanti dell’area di studio sono stati intervistati telefonicamente per verificare l’attitudine, la percezione nei confronti della specie e la possibile reazione di fronte ai problemi derivanti dalla sua presenza. I risultati sono stati sorprendenti: più del 70% dei residenti interpellati si sono dichiarati a favore del rilascio di orsi nell’area e la percentuale ha raggiunto addirittura l’80% di fronte all’assicurazione che sarebbero state adottate misure di prevenzione dei danni e gestione delle situazioni di emergenza. Questi ultimi provvedimenti sono stati adeguatamente e dettagliatamente pianificati dal Parco nell’ambito delle Linee guida che, oltre a definire l’organizzazione generale del progetto, hanno permesso di individuare gli enti e le figure coinvolte a vario titolo, identificando compiti e responsabilità nell’ambito di tutte le attività previste per favorire una positiva realizzazione della reintroduzione.

La fase operativa del progetto ha preso avvio nel 1999, con la liberazione dei primi due esemplari: Masun e Kirka, catturati nelle riserve di caccia della Slovenia meridionale. Tra il 2000 e il 2002 sono stati liberati altri 8 individui, per un totale di 10 complessivi (l’ultima femmina, Maja, è stata liberata per sostituire Irma, morta nel 2001 a causa di una slavina).

Tutti gli orsi rilasciati sono dotati di un radiocollare e di due marche auricolari trasmittenti. Questi dispositivi hanno consentito di monitorare gli spostamenti degli animali per il periodo successivo al rilascio, confermando le previsioni dello Studio di fattibilità e l’ottimo adattamento degli individui reintrodotti al nuovo territorio di vita.

Il progetto, seppure di tipo sperimentale, ha assunto di lì a poco – a seguito della spontanea ricomparsa dell’orso in territorio italiano – una valenza ben più ampia della semplice tutela della popolazione trentina: contribuire al rinsaldamento tra le popolazioni ursine presenti e in espansione sull’Arco Alpino centro-orientale. Il progetto Life Ursus, conclusosi nel dicembre 2004 dopo una seconda fase di finanziamenti europei, ha dato i suoi frutti: grazie ad un rapido accrescimento, il nucleo di orsi che ha l’Adamello Brenta come sua core area è oggi stimato in circa 50 esemplari. Oltre che dall’incremento numerico, il successo dell’operazione di reintroduzione è confermato anche dall’espansione territoriale: la presenza della specie non è infatti più limitata al Trentino occidentale ma comprende aree distanti dal Parco. L’esplorazione del territorio lascia ben sperare per un eventuale futuro ricongiungimento di tutte le popolazioni alpine, anche se il pericolo di estinzione non può ancora dirsi scongiurato.

Per chi desiderasse ulteriori dettagli è qui a disposizione e integrale il Documento del Parco n. 18 – L’impegno del Parco per l’orso: il Progetto Life Ursus.

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Nelle settimane seguenti ai due incidenti, continuano gli interventi scritti su giornali e social. Particolarmente interessante è quello di Giuliano Castellan su L’Adige, 8 agosto 2015:
I trentini hanno iniziato a cambiare il proprio approccio al bosco. Non ci si va più, semplicemente. Non ci si va più con il cuore aperto di chi si sente accolto da un abbraccio balsamico, protettivo e silente. Tutto ciò è diventato sbagliato: almeno per certa comunità «scientifica» che ritiene che i trentini vadano rieducati alla loro secolare cultura del bosco, per il più buffo atteggiamento dell’assessore, che fa mettere cartelli e invita a far rumore nei boschi, restare sui sentieri, coprirsi di campanelli, come appestati d’antan.

Ma tranquillo assessore, ormai perfino gli scout trentini fanno i campi in Sudtirolo, figuriamoci il semplice camminatore. E molti altri ospiti del Trentino se ne andranno altrove. E chissà poi perché tutta questa agitazione da parte dell’assessore «competente» visto che pare non abbia uno iota di competenza, che spetta invece tutta al ministero.

Ministero lontano, forse sorpreso dal successo del progetto: pensa, perfino in Francia è fallito, che rispettosi ‘sti villici trentini, altro che i montagnards francesi. Ma di reagire con un piano alla situazione di oggettivo pericolo, nessuna fretta. Né a sommesso avviso di chi scrive, nessuna voglia. Gli orsi, secondo il ministero, sono pericolosi uno per uno, individualmente presi. Va data la prova circostanziata che quell’orso, che in quel luogo ha aggredito, senza provocazione (concetto che diverrà amplissimo: eri coperto di campanelli sul sentiero e facendo abbastanza rumore, magari idealmente a bordo di un quad?) era per di più «problematico». Noi che dall’orso ci aspettiamo solo che faccia l’orso, ossia oggettivamente pericoloso, siamo totalmente spiazzati. Ma come, non dovevano essere al massimo quaranta? Quanti sono? Non si sa. Non dovevano solo servire a rinsanguare il parco dell’Adamello Brenta? E invece pare normale che passeggino attorno a Zambana e Terlago.

L’orso problematico, per me, è quello lì, che se ne sta fuori dagli stretti limiti di un parco naturale, e che lì deve stare calibrando il numero di esemplari che quel ridotto territorio può sopportare. Il resto è violenza fatta a comunità di insediamento diffuso che subiscono danni. «Tanto li rimborsano» mi pare una risposta cinica, di chi disprezza il lavoro degli altri. Perché a chi lavora in montagna, o semplicemente ci vive, si deve rendere la vita ancor più dura? E perché andare a respirare un po’ d’aria fuori dal bailamme e della camera a gas della Val d’Adige è diventato angoscioso? Invece che rispondere seriamente alle ragioni che presidiano questa gratuita violenza dell’immettere animali pericolosi in boschi vicinali ormai a ridosso di zone densissimamente abitate, alcuni, anche sull’Adige, hanno evocato il concetto di «buffo».

Ossia, invece di spiegare, ricorrono come sofisti greci all’arte della persuasione di chi si sente superiore, portatore di una civiltà più evoluta, cittadina, meglio, transatlantica. Quella certa cultura cui non va mai niente bene dell’America, quando si tratta dell’orso e della sua gestione nel parco dello Yellowstone diventa acritica e entusiasta. Senza un grammo di discernimento sulle altrove ben rimarcate differenze culturali (e dico io, semplicemente di densità abitativa). Non lasciamoci turlupinare. L’orso in Trentino non potrà mai essere trattato come l’orso in Canada o in America, ma neppure come l’orso marsicano. A meno di non ridefinire tutta la cultura materiale e antropologica del Trentino.

Il risultato sarebbe tracciare anche qui quella terribile cesura tra natura e aree abitate che ho potuto percepire percorrendo l’appennino, in particolare tra alto Lazio e Abruzzo. Lì ho intuito cosa i romani intendessero per timore panico, ossia la paura degli spazi silvestri: sì, di un bosco! In Trentino, un mondo di malghe, masi, una fitta rete di sentieri e alpeggi, agritur e rifugi, su fino alla croce di vetta non può essere distrutto da un’ideologia pro orso invasiva e irrispettosa. Serve subito una norma di attuazione che ci restituisca la saggia amministrazione del nostro Trentino”.

Castellan cita il paragone tra le due convivenze, quella con l’orso alpino e quella con l’orso appenninico (marsicano). Ed è così che ci siamo incuriositi, e siamo andati a informarci su quanto succede in Abruzzo.

Chi volesse avere maggiori ragguagli sulle differenze tra orso alpino e orso appenninico può consultare http://www. parchionline. it/orso-bruno-in-italia. htm: non si direbbe però che le differenze fisiche vadano molto oltre le dimensioni che gli esemplari possono raggiungere.

Nel frattempo, in questo periodo di più o meno ingiustificati allarmismi e palesi strumentalizzazioni che vedono in Italia l’orso e la fauna selvatica maggiore al centro di nauseanti campagne mediatiche di demonizzazione, fa piacere riscontrare una intelligente iniziativa editoriale curata dal Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, con la collaborazione dell’Associazione Teriologica Italiana (ATIt).

Si tratta di un opuscolo di 25 pagine (Edizioni Il Centro) che spiega, con l’aiuto di immagini e simpatiche illustrazioni, le principali caratteristiche, abitudini e problematiche legate alla presenza dell’orso bruno marsicano sul territorio montano abruzzese.

Un opuscolo per informare e promuovere il rispetto per questa specie, nell’ottica di una convivenza possibile quanto necessaria. Per fugare paure ingiustificate e isterismi collettivi in una terra che da sempre convive con i grandi predatori e può e deve considerarli parte del proprio patrimonio naturale e culturale.

Ne consigliamo la lettura, soprattutto perché aiuta a stabilire un differente approccio globale al problema, lontani dalle polemiche trentine.

Eccolo, in versione integrale:
E’ pericoloso l’orso bruno marsicano?

Anche dopo questa lettura permangono mille dubbi, tanto che più di prima ci sembra che siano in pochi ad affrontare il problema in un’ottica davvero globale. Tra questi è di certo Barbara Chiarenzi, le cui note conclusive, apparentemente pessimiste, dovrebbero spronarci a lavorare tutti in quella direzione.

L’intervento (18 marzo 2015) di Barbara Chiarenzi Daniza, a sipario chiuso, a commento dell’uccisione di Daniza, si concludeva con queste amare parole:
A fronte del fatto che esiste un habitat naturale in grado di sostenere una popolazione alpina di orso, non vedo infatti al momento un habitat sociale che sia disposto ad accettarne i rischi che vadano un po’ oltre la tolleranza nei confronti di qualche pecora mangiata e alcuni apiario rovesciati.
La nostra società, a tutti i livelli, è in questo momento disponibile a una fruizione solo mediata, magari solo informatica, certamente non diretta, di certi fenomeni naturali. Siamo interessati agli animali selvaggi, ma che essi se ne stiano buoni buoni in un habitat che non dev’essere il nostro. L’orso Yoghi ha permeato di sé un’intera generazione e ci piace vedere l’orso con questo filtro. In effetti non siamo disponibili al rischio di un incontro, a parte chi con telefonino schierato non sa neppure a che rischio si sta esponendo.
L’amministrazione non vede di buon occhio fenomeni che non siano riconducibili a una qualunque responsabilità: e in definitiva anche noi siamo stati trasformati.
Di questa immensa trasformazione culturale e sociale, sicuritaria, garantista all’eccesso per tutte le responsabilità e in fuga da ogni imprevisto, la conservazione dell’orso in Italia dovrà tener conto, se vorrà avere un futuro”
.

La convivenza con l’orso – 2 ultima modifica: 2015-10-04T06:00:42+02:00 da GognaBlog

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19 pensieri su “La convivenza con l’orso – 2”

  1. ” ma giocare noi a fare il Padreterno Creatore meglio di no.”

    Mi sa che nel futuro con la manipolazione delle cellule ne vedremo delle belle.

  2. Concordo con Giando.
    Sterminare una specie o reintrodurla forzatamente sono due facce della stessa medaglia, quella secondo cui l’Uomo si ritiene superiore alla Natura e quindi col diritto di gestirla come meglio crede, tanto in modo distruttivo quanto costruttivo. La realtà ci dice invece che comunque ci muoviamo nei delicati equilibri naturali facciamo pasticci.
    Ben venga difendere quanto la Natura ci ha voluto donare, ma giocare noi a fare il Padreterno Creatore meglio di no.

  3. Ma infatti non credo che ci sia qualcuno, a parte qualche bracconiere, intenzionato a far fuori tutti gli orsi. Il punto è che siamo arrivati al paradosso in base al quale c’è una considerevole fetta di persone che non vorrebbe nemmeno prendere dei provvedimenti nei confronti di un orso difficile da gestire, trovando mille scuse (aveva la prole, era impaurito bla bla bla) e dando addirittura la colpa al malcapitato di turno di non essersi comportato in maniera adeguata. Tutte le volte si cercano giustificazioni inconsistenti che potrebbero avere un senso relativamente ad uno sprovveduto che va appositamente in giro per i boschi con l’obiettivo di incrociare un’orsa con la cucciolata.
    La realtà però è un po’ diversa, la realtà racconta, almeno per quanto concerne gli ultimi due episodi, che il plantigrado se lo sono trovati davanti senza avere nemmeno il tempo di pensare. E’ come se io, percorrendo un sentiero montano, e girando l’angolo, incrociassi mamma orsa coi cuccioli. Che minchia faccio? Suono il campanellino, mi fingo morto, me la faccio nelle braghe? Allora, cerchiamo di ragionare su fatti concreti.
    Ormai ogni volta che ci troviamo in presenza di un’aggressione ci troviamo a discutere delle stesse identiche cose, con le solite raffigurazioni, tirando in ballo la solita storia trita e ritrita dell’uomo che aggredisce la natura, che si sente superiore, ecc., dell’orso che si diifende per proteggere la prole o per paura, ecc.. Ma basta, basta! Non se ne può più.
    Il progetto relativo alla reintroduzione dell’orso parla chiaramente, se c’è un plantigrado problematico bisogna metterlo in condizione di non creare problemi e, qualora sia necessario, va pure abbattuto, con buona pace di tutti quegli animalisti, ambientalisti, pacifisti, e chi più ne ha più ne metta, che l’orso l’hanno visto solo in cartolina e con buona pace anche di coloro che hanno voluto l’orso solo per poter credere che il Trentino sia una wilderness come i parchi nazionali americani e canadesi.
    Gli amministratori saranno quel che saranno, i politici li conosciamo, ma se ci scappa il morto poi la denuncia penale chi se la becca? No, perchè non penseremo mica che la famiglia del decuius se ne stia zitta e buona gridando alla fatalità. Lì scattano denunce penali e richieste di risarcimenti per milioni di euro, a questo ci si è pensato? Secondo me sì e no, come sempre, perché fino a che tutto va bene ok ma quando poi vien fuori il problema c’è qualcuno che se l’ha fa addosso veramente, molto di più che se si trovasse davanti ad un orso incazzato.
    Io dico, era proprio necessario ripopolare una zona con quasi 78 abitanti per chilometro quadrato? Lasciamo pure che stiamo parlando di medie, è chiaro che una città come Trento ne fa di più che un paesucolo abbarbicato su qualche strapiombo alpino ma è l’idea di fondo che fa acqua.
    Comunque io spero vivamente che Alessandro non metta più sul blog articoli riguardanti gli orsi perché tutte le volte mi riprometto di non dire nulla ma poi non ce la faccio, quando leggo frasi del tipo “andiamo a casa LORO” mi va al sangue alla testa. Trovo questo approccio lontanissimo da una realtà che è molto ma molto più complessa e che dovrebbe essere trattata con grande rispetto, sia per coloro che al progetto ci hanno dedicato tempo e passione, sia per coloro che sono stati aggrediti, sia per l’orso che è diventato un attore inconsapevole di un dramma tragicomico creato ad arte.

  4. Giando , quando parlo di arroganza, di furbizia, di violenza… non mi riferivo tanto agli uomini, ma al comportamento che ha l’uomo nei confronti della natura e degli animali in genera.
    Ogni giorno che passa sempre più territorio viene sottratto alla natura con la scusa dei bisogni umani. Ma sono sempre e comunque veri “bisogni”…. oppure sono speculazioni?

    Ti sembra quello dell’uomo un comportamemto equilibrato, di rispetto? A me no!
    Non so se l’effetto serra è tutta responsabilità dell’uomo . Ma certamente con tutto quello che sputiamo in atmosfera una bella mano gli si da.
    Sei mai andato sulla spiaggia dopo una mareggiata? Vai a vedere quanto pattume, rifiuti di tutti i generi butta il mare. Anche questo è giustificabile?

    Marco Furlani fa un esempio storico che visto in una certa epoca è comprensibile. Anche una volta da noi si mangiavano i gatti. Si mangiavano per un bisogno, per fame, perchè non c’era altro. Oggi sinceramente mangiare un gatto mi sembrerebbe da folli. Non ti pare?

    Io non ho detto che se un’orso diventa pericoloso non vada soppresso però non si può adesso fare fuori gli orsi perchè sono diventati scomodi. E’ un pò come coloro che acquistano un animale e poi siccome non è un soprammobile che sta dove lo mettti, si stufano e l’abbandonano, quando addirittura lo sopprimono. Troppo facile.

    Anche noi facciamo parte della natura e come tutti gli altri animali abbiamo il diritto di difenderci. Quindi se un orso ci attacca certo che ci difendiamo e magari lo facciamo anche fuori.
    Ma c’è una grande diversità. L’animale uccide per fame , per paura, per difendere se stesso o la prole L’uomo uccide anche per il gusto di uccidere. Per sete di potere.

    Hai visto i combattimenti tra animali ad esempio per conquistare la femmina, per il controllo del territorio, del branco. E’ molto difficile che il più forte arrivi ad uccidere il più debole. Tutto si ferma molto prima.
    L’uomo non è proprio così.

    Si siamo un briciola nell’universo. Ma ci comportiamo come se fossimo il centro pensando di essere immortali e di essere padroni di questo pianeta.

  5. Alberto, su molte cose che dici sono in generale d’accordo però ho la sensazione che tu ponga l’accento su comportamenti dell’essere umano, i quali, pur avendo in taluni casi un impatto considerevole non sono tenuti dalla stragrandissima maggioranza della popolazione.
    L’arroganza, la violenza, la furbizia, l’intelligenza malvagia.. Ma chi veramente fa uso di tutto ciò? I dittatori, i criminali, qualche squilibrato, ma in genere l’essere umano è pacifico e quando commette delle atrocità lo fa per sopravvivere.
    I soldati in guerra commettono delle atrocità ma, tanto per fare un es., italiani ed austriaci, entrambi in trincea, talvolta s’incontravano e forse nemmeno tanto di nascosto. Quanta gente fa cose che non dovrebbe fare per paura? Per paura di perdere la propria vita, per paura di perdere il lavoro e ritrovarsi a vivere sotto i ponti, per paura di creare problemi alla propria famiglia. Non è che tutti sono dei Panagulis disposti a farsi martirizzare per una giusta causa.
    Marco Furlani ha citato ciò che accadeva nell’impero Austroungarico. Vogliamo colpevolizzare chi, ammazzando un orso, dava da mangiare alla sua famiglia per un anno? Certo, possiamo farlo, ma con la mentalità di oggi, con la mentalità di chi va al supermercato e che se proprio non è uno sfigato che lavora per due soldi in un call center può permettersi, qualche volta, di acquistare il caviale e lo champagne.
    Tutto va contestualizzato. Anche l’aggressione di un orsa con relativa prole va contestualizzata ma la contestualizzazione non va fatta a senso unico, come fanno tanti, va fatta a tutto tondo e, pertanto, se esiste un diritto, sempreché esista (naturalmente parlando) del plantigrado a tutelare la propria specie, allo stesso modo esiste un diritto dell’essere umano di tutelare sè stesso ed i suoi simili.
    Quindi, io dico, abbiamo voluto l’orso (personalmente non l’ho voluto ma va bene così, non è che smetto di andare in Trentino, ci sono andato anche quest’estate), bene, adesso ce lo teniamo e lo tuteliamo. Questo però non vuol dire che l’animale in questione possa fare quel cavolo che gli pare e se non ragiona come un uomo non me ne frega niente perchè io non posso pensare che un essere umano, in particolare bimbo o bimba, ci lasci le penne in un incontro ravvicinato non voluto.
    Capiamoci, non è che Wladimir Molinari sia stato aggredito nel nord delle Dolimiti di Brenta (zona notoriamente poco frequentata) bensì a dieci chilometri da Trento, lungo un percorso frequentato anche da famiglie. Quindi quando leggo cose del tipo “andiamo a casa LORO” mi si accappona la pelle.
    Insisto nel dire che l’uomo fa parte della natura e solo se quest’ultima gli consente di fare determinate cose l’essere umano le fa. Prendiamo come esempio il solito Wyoming ed il Parco di Yellostowne. Come mai quello stato americano, grande poco meno dell’Italia, ha una popolazione di 500.000 e rotti abitanti? Perché l’uomo ha deciso di non andarci a vivere? No, semplicemente perché la natura ha fatto sì che l’uomo non ritenesse appetibile vivere nel Wyoming. E il Parco di Yellowstone l’hanno fatto lì e non a New York o Los Angeles per gli stessi motivi. Nel Wyoming l’uomo ha scelto di essere ospite, o meglio, la natura ha fatto sì che l’uomo, nel Wyoming, si senta ospite. Nel Trentino, e più in generale nelle Alpi, le cose sono andate diversamente. E’ colpa dell’uomo? Bah.. Visione molto discutibile.
    Io credo che tutte le volte in cui ci prendiamo i meriti e le colpe non abbiamo una chiara visione del mondo, del posto a noi riservato e della storia che contribuiamo a scivere. Siamo una briciola nell’Universo e sbagliamo sia quando crediamo di poter fare tutto ciò che vogliamo sia quando crediamo di essere responsabili di tutto quanto accade. SIamo veramente responsabili dell’effetto serra? Mah.. Francamente ho dei dubbi sebbene nell’incertezza sia sempre meglio correre ai ripari (prevenire o curare non è mai sbagliato).
    Ciò che bisogna veramente fare è trovare la propria collocazione e comprendere quale sia il nostro ruolo. Solo in questa maniera è possibile fare la cosa giusta. L’alpinista che scala una montagna, questo lo sai meglio di me, non deve mettersi in contrapposizione con essa ma non deve nemmeno subirla, deve piuttosto cercare di entrare in sintonia con ciò che lo circonda. A quel punto ogni gesto diventa naturale, è come entrare in ua sorta di trance.
    La nostra accettazione dell’orso passa anche da questo, non dobbiamo sterminarlo ma nemmeno subirlo. L’azione deve essere fluida e in linea con la natura. E’ sbagliato uccidere un orso per dimostrare la propria virilità mentre non è sbagliato sopprimerlo quando mette in pericolo l’incolumità della nostra specie. Fa parte della natura.
    Se vado in un bosco del Trentino non vado a casa dell’orso bensì a casa di entrambi, poi me la gioco. Io non devo cercare di rompere le balle all’orso ma l’orso non deve rompere le balle a me. Quando questi equilibri si rompono bisogna agire perché l’azione, è inevitabile, e se vince il più forte viene semplicemente applicata una legge della natura.
    Se colloco degli extracomunitari in un paese del Trentino e gli dò casa e poi questi aggrediscono un italiano residente cosa faccio? Colpevolizzo l’Italiano perché non è stato sufficientemente attento? Perché ha messo piede a casa LORO? Mi rendo conto che sia più facile stare dalla parte di un orso perché meno intelligente rispetto ad un essere umano però ci troviamo di fronte a principi universali, secondo i quali ad ogni azione corrisponde una reazione, la quale deve essere proporzionata all’offesa.
    Quindi, prima di porre in essere determinati interventi sul territorio bisognerebbe sempre chiedersi come s’intendono affrontare i problemi nel momento in cui si presenteranno, ma non a tavolino bensì sul campo e seriamente. Il vero problema è che siamo ormai troppo disconnessi da una realtà la quale non ci appartiene più, perché il più puro dei puri è stato civilizzato, e, quindi, quella fluidità d’azione di cui parlavo prima è andata a farsi fottere. Allora, se non ne siamo capaci, lasciamo perdere che è meglio.

  6. Vorrei ritornare sull’esempio che ho fatto, relativamente agli Ebrei, in quanto potrebbe scatenare reazioni inappropriate.
    Ciò che ho voluto dire è semplicemente questo: non esiste un diritto acquisito a ripopolare dei territori che, per le più svariate ragioni, sono stati abbandonati, anche se con la forza, in quanto coloro i quali hanno vissuto in tali territori nei secoli successivi non possono accollarsi le colpe dei padri (peraltro i primi a cacciare gli Ebrei sono stati i Romani..). Ergo, come non esisteva un diritto acquisito da parte degli Ebrei a ripopolare la Palestina allo stesso modo non esiste un diritto da parte dell’orso di ripopolare i boschi del Trentino. I presupposti per certe azioni vanno valutati di volta in volta senza rinvangare costantemente il passato in quanto, di volta in volta, ci si trova di fronte a situazioni completamente nuove che coinvolgono persone, animali e cose assolutamente estranee alle vicende del passato.
    Ne consegue che se in passato l’uomo ha cacciato l’orso contribuendo alla sua pressochè totale estinzione non è che oggi dobbiamo lavarci la coscienza riportando il plantigrado dalle nostre parti, come a voler chiedere scusa per le colpe dei nostri avi. I presupposti vanno valutati oggi, tenuto conto della situazione attuale e, quindi, dell’urbanizzazione, dell’antropizzazione delle zone coinvolte e, pertanto, in ultima analisi della situazione di chi attualmente abita determinati luoghi.
    Voler avere a tutti i costi la wilderness de noartri è una di quelle cose che mi fa veramente sorridere.

  7. Ribadisco che non è il SUO ambiente, è l’ambiente di tutte le specie che in esso si trovano a convivere e che le leggi della natura, perchè anche l’uomo fa parte della natura, hanno portato ad una quasi estinzione dell’orso. Se si parte da questo presupposto è possibile impostare le cose con la dovuta serietà, in caso contrario si continueranno ad intavolare polemiche sterili ed infinite.
    In natura non esiste il buono e il cattivo, esiste semplicemente una lotta per la sopravvivenza la quale comporta la soccombenza del più debole a vantaggio del più forte. Anche l’uomo soccombe in non poche circostanze (vedi alluvioni, terremoti, ecc.) e se non disponesse di un’intelligenza superiore a quella degli altri animali continuerebbe a soccombere di fronte a molti predatori perché in uno scontro fisico senza armi l’essere umano è estremamente debole.
    Fatte le suddette premesse non voglio dire che sia giusto abbattere gli orsi e non trovo nemmeno giusto che nei secoli passati questo animale sia stato cacciato ben oltre il necessario per la sopravvivenza umana. Sappiamo perfettamente quanti animali, non solo gli orsi, sono stati uccisi per motivi futili (vedi trofei). La questione è un’altra e riguarda due principi fondamentali: quello di legittima difesa e quello di tutela, in primis, della specie a cui apparteniamo, il quale non può essere sacrificato a vantaggio di altre specie, nonostante a volte verrebbe la voglia di agire diversamente.
    Voler giustificare l’aggressione di un orso nei confronti di un essere umano senza cattive intenzioni, al fine di difendere la cucciolata, è come voler giustificare il furto nell’abitazione di un pensionato minimo da parte di un ladruncolo che muore di fame. In entrambi i casi ci si trova di fronte ad episodi comprensibili ma non per questo giustificabili. Non me ne frega nulla se l’orso non ha un cervello atto a consentirgli di fare dei ragionamenti così raffinati, è un problema suo, non mio di essere umano aggredito senza aver fatto nulla di male nei suoi confronti. E non si può invocare una sorta di legge del contrappasso per le nefandezze commesse in passato dagli uomini.
    L’animale in questione non dico vada soppresso tout court ma sicuramente va messo in condizione di non poter creare ulteriori problemi. Il come non è un problema mio nel senso che non sono un tecnico del settore, sarà compito degli addetti ai lavori (veterinari, guardie forestali, ecc.) occuparsi del problema ma una cosa è certa, non è possibile consentire al plantigrado in esame di aggredire nuovamente per il semplice motivo che potrebbe scapparci il morto, magari un bambino o una bambina.
    In questo ci sta’ pure una maggiore attenzione e preparazione di noi esseri umani ma senza per questo dover porre delle limitazioni tali da dover pensare che “siccome andiamo a casa LORO dobbiamo comportarci in un certo modo”. Quale casa LORO? Fino a fine anni ottanta-novanta si poteva andare nei boschi del Trentino senza correre alcun rischio d’incontro ravvicinato con plantigradi (quantomeno il rischio era pressoché inesistente visto il nuemro dei capi all’epoca presenti sul territorio), oggi bisogna prendere mille precauzioni per non rischiare d’incappare in un orso che noi stessi abbiamo rimesso in circolazione. Mi sembra di sognare. Questo è masochismo allo stato puro anche se possiamo accettarlo in nome della biodiversità.
    Questa storia non è molto differente da quella che riguarda gli Ebrei. E’ stato costituito lo Stato d’Israele sottraendo della terra a chi ci viveva da quasi duemila anni e oggi ci troviamo con un popolo, gli Ebrei appunto, che spadroneggia su popolazioni le quali, fino a prova contraria, avevano ben maggiori diritti di abitare la Palestina. Però tutti noi occidentali, cresciuti all’ombra della Bibbia, riteniamo che sia giusto così.
    Io non ho nulla in contrario al ripopolamento di specie in via d’estinzione purché ve ne siano i presupposti ed è per questo che la mia domanda è sempre la stessa: esistono realmente tali presupposti? Non mi pare che a tale domanda rispondano tutti in maniera affermativa, parlo anche di esperti, di persone che con l’orso ci hanno passato una vita intera e che fin dall’inizio erano scettiche nei confronti della buona riuscita del progetto Life Ursus.
    Io sarò malizioso ma sono abbastanza convinto che molti di coloro i quali hanno seguito tutta la vicenda dall’inizio non hanno mai avuto un reale desiderio di portare avanti il suddetto progetto per il bene dell’orso (ricordiamo che i primi esemplari sono stati, di fatto, deportati dalla Slovenia, alla faccia del benessere degli animali..) bensì per il bene proprio, per mettersi la classica medaglietta, gratificando più che altro sè stessi ed i proprio operato. Non parliamo poi dei politici, i quali ci hanno sicuramente marciato sopra per accaparrarsi voti e prebende oltreché fama agli occhi della pubblica opinione.
    Che poi in mezzo ci sia stata, e ci sia tutt’ora, un sacco di brava gente disposta a crederci veramente è un’altra storia.

  8. Marco che ci vuole equilibrio sono perfettamente d’accordo con te.

    Ma non mi vorrai mica dire che fino ad oggi su questo pianeta l’uomo si è comportanto con equilibrio. Dove è questo equilibrio dell’uomo.
    Sarò anche esagerato ma a me sembra che l’uomo stia facendo di tutto per rovinare questo pianeta e di conseguenza se stesso.
    Muoia Maciste con tutti i filistei.

    L’ uomo ha dei diritti in più rispetto agli animali? Per me NO!!
    Questo assurdo e ingiusto diritto l’uomo se lo è preso con arroganza, con la violenza, con furbizia e con un’intelligenza malvagia.

    Come un’uomo ha il diritto di difendere la propria famiglia. L’orsa ha il diritto di difendere il suo piccolo.

    La natura è natura. Non può essere ridotta ad uno zoo.

  9. Marco e meno male che invochi l’equilibrio. Siamo nel 2015, non nel 1800. Dunque un’orsa che difende la prole dalla intrusione dell’uomo nel SUO ambiente è considerata “pericolosa”? Ma che razza di natura volete?

  10. Alberto io riporto la storia e quello che devi capire è che ci vuole equilibrio, se cè qualche orso pericoloso va soppresso come in altri paesi che anno la coscienza ecologica ben più del nostro, come se cè qualcuno che ruba e che rompe i coglioni in vari modi come rubare risorse di tutti va messo in galera.

  11. E allora ??

    Uccidiamo tutte le balene così ci sfamiamo il tutto popolo giapponese.
    Uccidiamo tutti gli squali così non aggrediscono più chi fa surf e poi la pinna è afrodisiaca un vero viagra naturale.
    Uccidiamo tutti gli elefanti così facciamo tanto avorio e gli affricani diventano meno poveri.
    Per lo stesso motivo uccidiamo tutti i felini così facciamo tante pellicce.
    La tigre poi….è la mangiatrice di uomini.
    Poi uccidiamo tutte le foche, però a bastonate che se usiamo il fucile si rovina la pelliccia.
    Facciamo fuori anche l’orso bianco perchè è un pò troppo grosso e aggressivo.
    Poi facciamo fuori tutti i rapaci che con la loro mania di fare il nido sulle pareti limitano la libertà di noi arrampicatori.
    Facciamo fuori anche tutti i lupi che sono esseri spregevoli.
    Spariamo a fringuelli, merli, capinere, averle, pettirossi e cince allegre. Così i cacciatori si sentiranno più virili a far fuori queste uccellacci.
    Ect.
    Ect.

    Insomma eliminiamo tutti gli animli dalla faccia della terra perchè limitano l’ egoismo umano.

  12. Sapete cosa guadagnava una guida cacciatore se uccideva l’orso con l’impero Austroungarico? guadagnava da sfamare la sua famiglia un anno e se uccideva la femmina la sfamava due.
    Sapete cosa succedeva se un orso d’inverno scendeva in un paese ed uccideva una mucca mariva tutta una famiglia.

  13. Giando hai ragione è un problema molto difficile.
    Si la natura tende a riprendere possesso, però a causa di certi interventi questo possesso lo riprendo con degli eccessi forse non proprio naturali.
    Vedi il problema dell’ eccessivo numero di cinghiali , capre e mufloni con relativo incremento di zecche.
    Questo succede perchè non c’è più il loro predatore naturale. Il lupo sterminato dall’uomo.

  14. Sono d’accordo con te Alberto. L’uomo commette una valanga di errori però se non contestualizziamo gli eventi rischiamo di commettere altre stupidaggini.
    Credo che per quanto impegno possiamo profondere difficilmente siamo, e forse saremo, in grado di sovvertire completamente gli assetti terrestri. Ciò che in un certo periodo storico può sembrare defintivo fra cent’anni può mutare radicalmente. Leggevo, tanto per fare un esempio, che in Italia vive oltre un milione di cinghiali, i quali, peraltro, sono più pericolosi dell’orso, proprio per il numero non indifferente. I lupi sembravano in via d’estinzione e invece l’abbandono dei territori appenninici ha consentito un incremento del numero dei capi. Cosa significa tutto ciò? Che la natura fa il suo corso, riappriopriandosi degli spazi appena ne ha la possibilità.
    Pertanto, se l’orso alpino si era ridotto a tre-quattro esemplari, il motivo è abastanza semplice: non disponeva più dell’habitat naturale in cui riprodursi. Da qui a fare due più due e prendersela con l’uomo il passo è piuttosto breve ma questo solamente se si vogliono vedere le cose in un’ottica animalista e ambientalista un po’ salottiera, perchè se volessimo rendere l’ambiente alpino nuovamente attraente per l’orso dovremmo riportare le lancette dell’orologio all’età della pietra in quanto già nel medio evo la convivenza fra l’uomo e l’orso non era certo delle migliori.
    D’altronde non è che il leone, di gran lunga meno intelligente dell’uomo, faccia entrare altri predatori nel proprio territorio. E’ una questione di sopravvivenza.
    Oggi come oggi non basta essere informati su come andare nei boschi, su come comportarsi di fronte ad un orso, tutte cose che mi fan sorridere perché poi mi piacerebbe vedere i vari ben pensanti in una situazione di reale pericolo. L’orso è un animale che necessita di ampi spazi, avesse avuto un minimo di possibilità di sopravvivenza mica si sarebbe estinto.
    Ed è qui che casca l’asino, perché il vero problema sono gli spazi. L’orso macina chilometri e chilometri e in Trentino, più in generale nelle Alpi, non esiste più un territorio così vasto da percorrere. Quindi aldilà degli incontri più o meno casuali è evidente che un numero troppo elevato di plantigradi vada a cozzare con l’urbanizzazione, con l’antropizzazione. Cosa facciamo? Demoliamo le case, le infrastrutture, insomma tutto quanto possa essere d’impiccio a questi animali? Magari qualcuno, desideroso di riportare indietro le lancette dell’orologio perchè stanco della civilizzazione, dell’inquinamento, bla bla bla potrebbe anche essere contento ma la stragrande maggioranza di noi un rischio del genere non lo vuole correre manco di striscio, nemmeno quel 70% di trentini che all’epoca si dimostrò favorevole alla reintroduzione dell’orso.
    Onestamente, non credo che la reintroduzione dell’orso sia stata gestita in maniera dilettantesca, anche se possono esserci stati degli errori, il problema vero, secondo me, è ab origine nel senso che in un territorio con una densità di popolazione pari a 77-78 abitanti per chilometro quadrato l’orso non ci azzecca proprio. La reintroduzione del plantigrado avrebbe dovuto comportare una maggiore concessione a quest’ultimo proprio in termini di spazi ma la cosa non è possibile perché ciò significherebbe rinunciare a non poche cose, fonti non solo di reddito ma anche di vissuti personali. Insomma, aldilà delle questioni ideologiche, la cosa non è così semplice come spesso viene trattata.

  15. Giando che l’uomo come gli animali faccia parte della natura e non è fuori da essa non ci sono dubbi.

    Ma le conseguenze degli interventi sulla natura dell’uomo non hanno certo lo stesso peso di quelli degli animali. Non mi sembra che animali siano responsabili della distruzione di foreste.
    L’uomo è stato causa dell’estinzione di diverse razze animali. I bisonti sono stati quasi sterminati. Le foche ci sono arrivate vicine per la loro pelliccie. Ect. ect. Non mi sembra che questi animali si siano ribellati aggressioni a queste dell’uomo con violenza. Mi sembra che si limitino a fuggere.

  16. Ma come si fa a dire che “si va a casa loro”? I boschi non saranno dell’uomo ma nemmeno dell’orso, cerchiamo di essere seri per cortesia.
    Se partiamo da questi presupposti diventa difficile anche solo argomentare.
    Solo se si comprende che l’uomo fa parte della natura, e non è avulso da essa, è possibile affrontare la questione con serietà se no si fa solo propaganda e demagogia, in un senso o nell’altro. Non è questione di comprendere chi ha ragione e chi ha torto, non ha senso, è questione piuttosto di comprendere l’esistenza di certe dinamiche le quali, ci piaccia o no, non dipendono solo da noi. Se si ragiona in quest’ottica ci si rende conto che portare l’orso all’estinzione, prima, e reintrodurlo, poi, non sono altro che le due facce di una stessa medaglia perché in entrambi i casi si agisce partendo dal presupposto che possiamo fare di tutte le altre specie ciò che vogliamo. Pertanto, bisognerebbe chiedersi, prima di fare determinate scelte, cosa c’è stato alla base della scelta precedente e solo dopo averne valutato attentamente le ragioni procedere di conseguenza. Conclusione: è inutile girarci intorno, lo spazio per l’orso, oggi come oggi, non c’è. La densità abitativa non lo consente, quantomeno non lo consente con la giusta serenità d’animo.

  17. Molto bello l’articolo, quantomeno non schierato ne dalla parte dei mendaci (quasi tutti) presunti aggrediti, ne dalla parte dei “nazianimalari”! 😀 c’è da aggiungere e comunicare che quando certe persone si lamentano di non avere la libertà di poter andare nei boschi, devono capire che in determinate zone si va A CASA LORO, e farlo per lo piu nel periodo di maggio e giugno quando gli orsi sono in amore, sa tanto di ignoranza per dirla con gentilezza…
    Francesco Nønæ Calvisi, da facebook 4 ottobre 2015 ore 19:38

  18. Sono un po’ deluso da questi due articoli di Gogna dedicati alla questione orso. Perché non va oltre il diligente compitino del riassunto dei fatti, tra l’altro in parte assai opinabile. A me interessava sapere cosa pensa Gogna, non cosa pensa Rossi o Dallapiccola di cui già sappiamo tutto e anzi fin troppo. Cosa pensa l’autore della faccenda in questo caso, stranamente, non traspare. Eppure sono sicuro che un’idea ben precisa ce l’ha, anche se non la manifesta. Lo farà in futuro? Speriamo…

    Contesto comunque talune versioni dei fatti riportate nell’articolo. Dopo la presunta aggressione a Maturi da parte di Daniza, Rossi firmò l’ordinanza di abbattimento dell’orsa addirittura il giorno dopo, dagli USA dove si trovava, senza sapere nulla dell’esatta dinamica dell’incidente, che non è mai stata chiarita da nessuna indagine seria nei giorni immediatamente seguenti né successivamente. Il suo vice Olivi si rifiutò di firmare l’ordinanza in quella forma, che fu dunque modificata in favore della cattura e non dell’abbattimento.

    Lo stesso copione pressapochista si è ripetuto in occasione dell’incidente con l’orsa K12 che ha ferito Molinari. Anche in questo caso il comunicato stampa della Provincia del giorno dopo riportò l’incredibile versione secondo cui l’orsa aveva aggredito Molinari senza alcuna ragione, e per questo si disponeva la cattura o l’abbattimento. Solo parecchi giorni dopo e in seguito ad indagini più approfondite, la Pat dovette ammettere che l’orsa aveva dei cuccioli.

    Nel diluvio di dichiarazioni politiche sulla gestione dell’orso, dove mancava del tutto qualsiasi argomentazione scientifica, la Pat nel frattempo è riuscita a far modificare, d’intesa col Ministero, il protocollo “Pacobace” introducendo due nuove tipologie di orso: quello “problematico” e quello “dannoso”. Secondo queste definizioni aberranti si vorrebbe e si vuole avere, in soldoni, mano libera per eliminare gli orsi che danno noia: ovvero predano bestiame, sfasciano arnie, mangiano la frutta delle coltivazioni eccetera, insomma fanno gli orsi. Di più: si è arrivati all’assurdità di definire dannosa o problematica un’orsa che reagisce all’intrusione malaccorta dell’uomo per difendere i cuccioli! Questa è duqnue lidea di “biodiversità” della Provincia di Trento: gli orsi devono essere come dei pupazzi buoni solo per il marketing. Tanto vale allora mettergli la catena, o per eliminare qualsiasi rischio rinchiuderli nei recinti come è già stato fatto a Casteller e nelle strombazzate “aree faunistiche” coi recinti elettrificati che sono poco meno di lager.

    Quanto alle opinioni di Giuliano Castellan su L’Adige dell’8 agosto 2015 e riportate ampiamente nell’articolo di Gogna, secondo cui i trentini non andrebbero più nei boschi per timore dell’orso, sono emerite sciocchezze. Ci saranno pure dei trentini che hanno paura dell’orso ma ce ne sono altrettanti, e forse sono la maggioranza, che nei boschi continuano ad andarci esattamente come prima, anzi con la speranza di avere la fortuna di vedere l’orso.

    Il punto centrale insomma è che l’uomo si crede padrone di tutto, anche della natura e degli animali che pretende di gestire a suo piacimento. Abbiamo perso a tal punto il contatto con la natura che non siamo più disposti ad accettare o tollerare neppure un rischio infinitesimale di un incontro con l’orso, che non hai mai fatto un solo morto in Italia negli ultimi cento anni, mentre per la caccia ci sono ogni anno morti e feriti, per non parlare di quelli sulle strade. La pretesa e l’illusione di poter controllare tutto, perfino degli orsi a cui sono imposti umilianti collari, dimostra solo una triste ossessione: una grande paura di tutto.

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