La Corona Imperiale
Sull’Allalinhorn avevo portato alcuni clienti bresciani, una delle rare occasioni in cui esercitai il mestiere di guida alpina in senso classico. La sera seguente avremmo raggiunto la Britanniahütte e da lì avremmo fatto, per l’Adlerpass, la traversata su Zermatt. Poi saremmo andati alla Schönbielhütte, senza sapere che, il giorno dopo ancora, il cattivo tempo avrebbe interrotto la nostra Haute Route per Arolla fermandoci con una violenta bufera al Col de Valpelline e facendoci tornare a Zermatt.
Dalla vetta dell’Allalinhorn la superba serie di Quattromila del Vallese sembrava un po’ più a portata di mano, come sempre quando si è su una cima e non sotto alle grandi pareti. L’emozione dell’aver raggiunto la vetta, la gioia della fatica terminata per quel giorno, la soddisfazione di aver fatto una bella cosa insieme facevano possibile ogni progetto, ogni voglia di scalare altre montagne. Alphubel, Täschhorn, Dom e Lenzspitze verso nord, Strahlhorn e Rimpfischhorn verso sud erano le montagne più vicine. Ma dietro a queste ecco il Monte Rosa ancora più gigantesco, e poi i Lyskamm, i Breithorn, fino al Cervino. A ovest la Dent Blanche, l’Obergabelhorn, lo Zinalrothorn e il Weisshorn, solo per citare i più importanti, chiudevano la cosiddetta Corona Imperiale.
Il Feegletscher cominciava proprio in quel momento a essere animato da veloci puntolini che aumentavano sempre più di numero, fino a diventare un piccolo formicaio che più s’infittiva più s’allontanava dal nostro mondo di silenzio e di vento: ciò che lì appariva davvero significativo era l’immensità delle montagne alla nostra altezza, la Corona Imperiale appunto.
Alba con il teleobiettivo da Saas Fee verso la vetta dell’Allalinhorn
Pensai quanto sarebbe stato bello progettare una grande traversata, ma quel pensiero non andò oltre. E altri lo realizzarono. All’inizio del 1986 i due più forti alpinisti svizzeri del momento, André Georges ed Erhard Loretan si accordarono per il concatenamento invernale di queste 38 vette, delle quali 30 di 4000 metri. Georges aveva già tentato due volte, con Michel Siegenthaler, nel 1983 e 1984. Una valanga all’Adlerpass per poco non aveva ucciso quest’ultimo. Al bar della stazione di Sion, il 12 febbraio 1986 Loretan aspettò per tutto il giorno e inutilmente il compagno Georges, bloccato dalla polizia per questioni di servizio militare. Loretan racconta in Les 8000 rugissants che il carnevale era finito la sera prima, che si era da poco tolto il costume da indiano, che il calumet della pace gli bruciava ancora in gola, l’acqua di fuoco era scorsa a fiumi e i bisonti stavano galoppando sul suo scalpo. Dopo due giorni di bel tempo persi, i due riescono finalmente a partire il 14 da Grächen. La loro impresa durò 19 giorni, di cui solo 7 di bel tempo e 3 bloccati dalla bufera nei bivacchi fissi del percorso. Il cielo azzurro era diventato un optional, un «elemento decorativo». Il 4 marzo l’avventura si concluse a Zinal. I giornali avevano inneggiato all’impresa, i puristi gridato allo scandalo, il club alpino parlato di «gloria personale». «A me rimane nel cuore un episodio che occulta tutte le critiche: durante la giornata di riposo al Teòdulo, la più vecchia guida di Zermatt, la più famosa, nata con il secolo (1900), Ulrich Inderbinen, ancora attivo, è venuta a darci il suo incoraggiamento. Il resto sono chiacchiere da salotto».
Questa è soltanto una delle vicende che una terra grande e bella come il Vallese può raccontare, quando non si vada là solo per il semplice divertimento di trovare centinaia di km di piste a propria disposizione. L’incontro di uomini e montagne ha fatto la storia che noi non potremo mai sapere e che dovremo accontentarci di conoscere un pezzetto qua e là. Tutto ciò si respira tra queste montagne, magari non le più alte delle Alpi ma di certo le più concentrate e ricche di fascino.
Fascino che rischia di essere altamente compromesso dalle follie del marketing. Un esempio? Era il marzo 1999 e in un comunicato stampa diffuso dall’ufficio turistico di Saas Fee lessi testualmente: «Nella sua nuova linea di comunicazione, Saas Fee cambia il look ed evolve nella sua coscienza turistica. Per essere precisi, si tratta della riscoperta dei valori del turismo antico… stabilendo il proprio sviluppo a lungo termine con l’accettazione di cinque visionari principi guida. Il turismo non è più considerato da un punto di vista meramente materiale, ma si connette ai cinque livelli di spirito, cuore, intelletto, emozione e corpo. Con riferimento al best seller Le profezie di Celestino queste cinque idee fondamentali saranno il motivo-guida del turismo». Eccone il riassunto: «1) Saas Fee, la magia della natura… a livello corpo, la vacanza è percepita come il risveglio dalla vita di ogni giorno… il soggiorno è bello quando vi si può trovare il significato della propria vita… mentre i locali provvedono agli spazi e all’incontro con altra gente; 2) Saas Fee, qualità di vita per ospiti e abitanti… il livello cuore è determinato dal comune battito nell’unione delle aspirazioni; 3) Saas Fee mantiene le promesse… il livello intelletto cresce mentre si offre un servizio davvero professionale e a prezzo giusto e mentre si raccomanda all’ospite di arrivare con la mente sgombra e rilassata; 4) Saas Fee, ritmo, gioia di vivere e sensualità… il livello emozione è assicurato dalla felicità degli ospiti… l’abbondanza di energia vitale rende la gente aperta ed altruista; 5) Saas Fee s’impegna allo sviluppo sostenibile e a propria misura… il livello corpo si esprime nella facile scelta di un luogo libero dalle auto».
Curling a Saas Fee. Foto: Sandro Vannini
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Alessandro, questo scritto mi piace, è talmente semplice da essere… SEMPLICE! e poi mi ricorda una grande traversata a “volte” dimenticata, due formidabili Alpinisti .. grazie Alessandro, buon 2016
ivo