La crisi della natura protetta in Italia
Lettera aperta di Mountain Wilderness in difesa della Legge Quadro sui Parchi
8 luglio 2016. Il Corriere del Trentino pubblica quello che immediatamente è definito uno scandaloso delirio antiParchi (e boschi e lupi) di Gian Luca Galletti, attuale Ministro per l’Ambiente.
Luigi Casanova, portavoce di Mountain Wilderness, racconta che già il 28 giugno a Bormio si era tenuto l’incontro insediativo del Comitato di coordinamento del Parco dello Stelvio. Alle ore 9.00 Galletti e il governatore lombardo Roberto Maroni avevano tenuto una conferenza stampa sullo stampo di quanto poi è stato ribadito in Trentino. Alle 10.30 si riuniva il nuovo comitato. Galletti, sempre a fianco del Maroni, apre e saluta il comitato neo-insediato, poi si allontana, sempre assieme a Marroni lasciando soli gli altri membri, sconcertati e confusi. Così è partita la nuova governance del parco nazionale dello Stelvio.
In sostanza Galletti, anche sulle TV trentine, ha promesso il superamento della “vecchia 394/1991” e un’articolazione dei parchi moderna, aziendalista.
Carlo Alberto Graziani
Il 12 luglio 2016, ore 17.28, Carlo Alberto Graziani (ordinario di Istituzioni di Diritto Privato, Università di Siena) scrive in pubblico al decano dell’ambientalismo italiano Franco Pedrotti:
“Dopo le esternazioni del Ministro dell’Ambiente riportate dal Corriere del Trentino dell’8 luglio scorso io non ho più alcun dubbio: la prima cosa che dobbiamo fare è chiedere le dimissioni dell’on. Gian Luca Galletti per manifesta incapacità di svolgere il ruolo ministeriale che gli è stato affidato. E’ una incapacità dovuta non solo alla sua incompetenza dimostrata nel corso di oltre due anni di gestione ministeriale, ma anche alla sua, forse inconsapevole, lontananza dai problemi reali…
La seconda cosa da fare è quella di organizzare per il mese di settembre (o al massimo ottobre) un convegno sul Corpo Forestale dello Stato (CFS), in cui fare emergere la grande importanza storica che esso ha avuto, le gravi responsabilità di chi, sia sul piano politico che su quello istituzionale, avrebbe avuto il dovere di difenderlo e invece ha taciuto, la manifesta illegittimità costituzionale della trasformazione del personale da civile a militare, le assurde conseguenze che sul piano concreto l’assorbimento nell’Arma dei Carabinieri produrrebbe.
La terza cosa riguarda le aree protette e le modifiche alla legge quadro (394/1991) che si stanno votando in Commissione ambiente del Senato e che verranno votate anche in Aula. In vista del successivo passaggio alla Camera dobbiamo essere noi – in mancanza di altri che dovrebbero farlo – ad aprire un dibattito, il più ampio e trasparente possibile, sia intorno alle tematiche generali sulle quali si stanno creando gravi equivoci, come dimostra la dichiarazione del Ministro, quali la missione dei parchi e delle aree protette, il rapporto tra territorio protetto e resto del territorio, il rapporto con la Rete Natura 2000, la classificazione, sia sui temi più specifici: dagli organi alle
piante organiche, dai finanziamenti ai servizi ecosistemici, dalla gestione della fauna al ruolo di Federparchi, dal Parco dello Stelvio all’istituzione di nuovi parchi nazionali, dai problemi che affliggono le aree marine protette al rapporto tra parchi regionali e aree marine limitrofe, ecc.
La situazione è grave ed è giunta l’ora della chiarezza, ma anche della durezza. Non siamo né vogliamo essere un’associazione ambientalista. La nostra forza è data dalla passione per la natura e da quel po’ di competenza che ciascuno è in grado di esprimere. Di qui però anche la nostra grande responsabilità: quella responsabilità che altri dimostrano di non volere assumere e che è quella di indicare, anche in controtendenza, gli obiettivi che oggi occorre perseguire con
urgenza per conservare, e salvare, la natura”.
Franco Pedrotti
Il 12 luglio 2016, ore 19.15, Alessandro Spinelli scrive: “La richiesta delle dimissioni del Min. Galletti deve essere immediata e possibilmente le associazioni ambientaliste dovrebbero far sapere la loro posizione in merito. Per la vicenda della Forestale mi sembra che tutto sommato, visto anche il rinvio di sei mesi, potremmo anche farcela ma la battaglia più dura sarà quella contro la legge quadro sulle aree protette. Dobbiamo riuscire a mobilitare il mondo universitario, associazioni scientifiche, ambientaliste, gruppi d’interesse, singoli studiosi, cittadini e indire convegni, riunioni ovunque sia possibile martellare la stampa nazionale e locale e non disdegnare (in maniera trasversale) rapporti con quelle forze politiche che da un punto di vista ambientale danno alcune garanzie”.
Michele Serra, giornalista, nella sua rubrica L’amaca (La Repubblica, 13 luglio 2016) scrive:
“E’ in vista una nuova legge sui Parchi nazionali. Sintetizzando una polemica che si preannuncia molto accesa (per molti versi analoga a quella sui beni culturali): il ministro dell’Ambiente Galletti mette l’accento sui parchi come risorsa economica da sviluppare; le associazioni ambientaliste temono che questo significhi meno tutela della natura, via libera alla speculazione.
Detto che la questione è complicata, la domanda cruciale è: possibile che il valore di tutto ciò che esiste (beni pubblici, beni artistici, cultura, paesaggi) sia misurabile solo in termini di sfruttamento economico, insomma che non esista valore al di fuori di quello che si misura in quattrini? La domanda è tutt’altro che “romantica”: perché se l’unico valore riconosciuto e riconoscibile è il rendimento economico, una buona quantità delle cose che abbiamo e dei rapporti che coltiviamo non hanno alcuna speranza di meritare la nostra cura. Vada all’inferno tutto ciò che non porta quattrini. Eppure quando diciamo che “ci sono cose che non hanno prezzo” diciamo che nella vita esiste una dimensione non speculativa così preziosa che senza di essa ci sentiremmo dei gusci vuoti. Il ministro Galletti è un commercialista. Si capisce che sappia leggere un bilancio. Si spera sappia che tra le voci di un bilancio, anche il più puntiglioso, non figura il valore (inestimabile) di infinite cose. Tra di esse la bellezza, il rispetto, il tempo”.
Il 13 luglio 2016, ore 8.35, Marco Pezzotta, funzionario del Corpo Forestale dello Stato, condivide i tre punti di Graziani:
“Il primo sarebbe un segnale forte e concreto, anche se dubito che al suo posto venga poi una nomina alternativa, degna del ruolo da ricoprire. L’ambiente, prima ricchezza del Paese, non può non essere gestito da un addomesticato rappresentante di consorterie affaristiche… Sul secondo non mi posso esprimere. Sullo smantellamento della 394, chiedo di andare in direzione opposta a quella di “valorizzazione delle rappresentanze locali”! E’, viceversa, necessario più Stato! I parchi sono paralizzati dai rappresentanti di istanze locali interessate solo allo sfruttamento dei beni oggetto di tutela e conservazione. I parchi non riescono ad avere un regolamento degno di questo nome perché i sindaci non vogliono ingerenze nella gestione delle questioni locali e ne bloccano l’approvazione attraverso Consigli direttivi ormai costituiti quasi ovunque da personaggi privi di qualunque competenza in campo ambientale e scientifico! I membri in quota ministeriale sono dai ministri nominati in barba ai necessari requisiti di essere rappresentanti dello Stato, esperti agro-forestali o ambientali. Un esempio: in un parco, il membro del Consiglio direttivo in quota MIPAAF è il vice-sindaco di uno dei comuni del parco stesso. Competenze in campo ambientale e agro-forestale: nessuna, a leggere il suo cv…”.
Il 13 luglio 2016, ore 9.29, Stefano Chelli, assegnista di ricerca dell’Università di Camerino, dissente parzialmente: “Se l’obiettivo fosse quello di evitare stravolgimenti della 394 o comunque avere voce nel processo di scrittura di una ipotetica nuova legge, chiedere le dimissioni del Ministro dell’Ambiente sarebbe una mossa sbagliata. Che piaccia o meno, lui è uno dei principali interlocutori in campo, e se vogliamo avere un ruolo in questa fase che si sta aprendo non è possibile “scegliere” con chi avere a che fare. Il rischio, chiaramente, è quello di ridurre il mondo della conservazione a essere completamente marginale, mentre invece, dalla mia esperienza, posso garantire che è molto più forte e consapevole rispetto ad anni fa”.
Luigi Casanova
Il 13 luglio 2016 ore 9.48 Marco Cervellini, botanico, è d’accordo con Chelli “ma al di là dell’opinione è importante definire obiettivo e relativo scenario di conseguenze prima di agire… In ottica di sistema il nostro gruppo d’interesse non deve considerarsi ‘ormai’ marginale, nell’opinione pubblica il valore delle aree protette è estremamente importante in termini di qualità della vita.
Ragione in più quindi per definire attentamente, fra noi e prima di agire, obiettivo, strategia, tattica (strumenti) e scenari di possibili conseguenze.
Poi, una volta scelti, si porta avanti l’azione, ma non sottostimiamo l’influenza di questo gruppo eterogeneo e di riferimento”.
Il 13 luglio 2016, Kevin Cianfaglione, botanico, scrive: “Sono d’accordo sul fatto che la devoluzione in campo ambientale ha portato solo sciagure. I parchi funzionano già male di loro, per vari motivi. Ma quelli locali sovente funzionano peggio, sono quelli dove i dirigenti possono essere spesso assolutamente non qualificati, sono quelli più in balia di regioni, provincie o comuni che li gestiscono. I fondi spesso sono stornati con ricatti vari verso le associazioni che tirano avanti le baracche, ecc. Lo dico per esperienza personale”.
Nella stessa data, ore 10.36, Fabio Vallarola, architetto: “La richiesta di dimissioni del Ministro fa parte della logica con cui si amministra in Italia. Se una notizia non raggiunge le pagine dei giornali è come se non ci fosse. Se le associazioni e i firmatari degli appelli in difesa della 394 chiedessero le dimissioni del Ministro si porterebbe finalmente all’attenzione della collettività il lavoro di smantellamento delle aree protette nazionali e regionali in corso da almeno quindici anni.
Il cercare ancora di ragionare con i Ministeri in maniera costruttiva è cosa tentata per almeno dieci anni.
I Parchi nel frattempo stanno lentamente morendo. Serve una scossa. Gli italiani devono sapere cosa sta succedendo prima che la legge venga definitivamente distrutta.
Io sono per un atto eclatante come la richiesta di dimissioni con tutte le firme importanti del mondo ambientalista e scientifico italiano.
Poi il Ministro resti anche al suo posto ma sia chiaro che i Parchi non possono essere demoliti senza che nessuno lo sappia”.
La crisi della natura protetta in Italia
(a cura dei componenti del Comitato Etico – Scientifico dell’associazione Mountain Wilderness Italia)
Lettera aperta
Al Presidente della Repubblica
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Ai Capigruppo di Camera e Senato
Ai Parlamentari delle Commissioni ambiente di Camera e Senato
Ai Presidenti delle Associazioni nazionali di protezione ambientale
Noi sottoscritti, componenti del Comitato Etico – Scientifico dell’associazione Mountain Wilderness Italia, a vario titolo impegnati nell’azione a difesa dei parchi nazionali e della natura, fortemente preoccupati per la situazione in cui versano le aree protette sottoscriviamo il seguente documento:
1. I parchi e le altre aree naturali protette di terra e di mare, in qualsiasi parte del pianeta siano situati, rivestono un’importanza straordinaria: la loro gestione costituisce un indicatore fondamentale del livello di civiltà di un paese.
In Italia la vicenda quasi secolare delle aree protette e in particolare dei parchi nazionali ha costituito la parte più significativa della storia della conservazione della natura e nello stesso tempo ha impresso una spinta decisiva nella formazione e nella crescita della coscienza ambientale dei cittadini e in particolare dei giovani. E’ una vicenda che, per le sue peculiarità, si inserisce a pieno titolo in quel paesaggio e in quel patrimonio storico e artistico tutelati dall’art. 9 della nostra Costituzione e che ha trovato nei principi della legge quadro n. 394 del 1991 una sua adeguata sistemazione. Bastano a
dimostrarlo risultati raggiunti: la rapida estensione della superficie protetta, il progressivo aumento dei visitatori, la nascita di nuove importanti professionalità, il progresso della ricerca scientifica specifica anche interdisciplinare.
Questo patrimonio oggi è a rischio: dilagano equivoche interpretazioni del ruolo delle aree protette e si assiste ad una loro progressiva, strisciante marginalizzazione. Con la giustificazione della criticità della situazione economica generale si cerca di imporre ai Parchi Nazionali un modello aziendalistico, come se le aree protette dovessero autofinanziarsi per giustificare la loro esistenza e non invece operare, con competenze effettive e mezzi adeguati, perché siano le comunità locali a produrre ricchezza ( anche culturale) per il proprio territorio sulla base di una nuova economia compatibile con la conservazione della natura e la dignità delle persone. Cavalcando il miraggio del made in Italy si tende a propagandare un’immagine delle aree protette in chiave prevalentemente mercantilistica con sfumature degne al massimo di una pro-loco. E’ un atteggiamento che trascura le loro peculiarità e priorità, tradendo nei fatti quel rapporto natura-persona che di esse è la vera anima. Con il pretesto della partecipazione (di per se stessa più che auspicabile, seppure nelle forme adeguate) si espelle la componente scientifica dagli organi gestori e al suo posto si inseriscono gli interessi corporativi, come quello degli agricoltori e, in forme più o meno palesi, si rende sempre più localistica la gestione. Non è estranea a questa pericolosa deriva l’assenza quasi totale del ruolo propulsore che la legge assegna al Ministero competente. Tutto ciò risulta in aperta contraddizione non solo con uno dei principi fondamentali della legge quadro, ma anche con la convinzione che, di fronte agli attuali problemi sempre più complessi, la democrazia si dovrebbe realizzare ricercando la linea di composizione tra scienza e politica e tra istituzioni statali e istituzioni locali nel segno degli interessi generali e non di quelli di parte. La democrazia partecipata non esclude, anzi presuppone, un forte ruolo di indirizzo e di controllo centralizzati.
Di queste interpretazioni banalizzanti e “al ribasso” il recente intervento del Ministro dell’Ambiente a Trento – uno dei pochissimi, se non l’unico, da lui effettuati sui parchi – è lo specchio fedele. Secondo il Ministro è giusto che i parchi tutelino il territorio, ma oggi devono fare qualcosa di più e di diverso: devono diventare motore di sviluppo dell’economia locale poiché la biodiversità in essi contenuta costituisce un patrimonio economico ricchissimo che occorre sfruttare; il Parlamento, sostiene il Ministro, sta modificando la legge quadro, che è una legge di conservazione, ormai invecchiata e inadeguata al presente, proprio per permettere alle imprese che operano nel settore green di svilupparsi sfruttando il grande patrimonio naturale; ad esempio quello boschivo che non ci si può limitare a custodire come nel passato, ma che occorre appunto mettere economicamente a frutto. Quanto allo smembramento del Parco nazionale dello Stelvio, esso può, sempre secondo il Ministro, diventare un modello di questa nuova visione, proprio perché con la divisione in tre parti (Lombardia, Province di Trento e di Bolzano) gli enti locali acquistano maggiori responsabilità e maggiori spazi decisionali. Dimenticando però che nessun altro paese del mondo, fino ad ora, ha frazionato in questo modo i propri parchi nazionali.
Le esternazioni del Ministro sono purtroppo un segno ulteriore della sua evidente inadeguatezza a coprire il ruolo istituzionale assegnatogli; ma sono anche la dimostrazione dell’approssimazione con cui una parte della politica, al di là del caso specifico, gestisce la cosa pubblica, soprattutto quando si tratta di misurarsi con le sfide ambientali.
Occorre prenderne atto e trarne le conseguenze: è una richiesta che il comitato etico-scientifico di Mountain Wilderness Italia fa all’intero mondo della scienza e della cultura, alla società civile e a quella parte della politica che ha ancora a cuore le sorti di ciò che rimane del Bel Paese. In una parola a tutte le persone di buon senso.
Carlo Alberto Pinelli
2. La situazione, dunque, è molto grave: è necessario e urgente dare nuove prospettive – e una nuova centralità – alla politica per le aree protette. La Carta di Fontecchio – alla cui elaborazione e approvazione Mountain Wilderness ha contribuito in maniera determinante, in una con molte delle più importanti associazioni ambientaliste italiane – offre indicazioni fondamentali sul ruolo che esse devono svolgere partendo dalla considerazione che la natura non ha confini e che quindi può essere salvata solo se si cura il territorio nella sua unitarietà e nella sua complessità. In questo quadro i parchi, che sono le aree protette più complesse e importanti, debbono conservare, potenziandola, la loro funzione tradizionale di baluardo fondamentale di conservazione in quanto eccezionali serbatoi di biodiversità, ricchi di paesaggi, di testimonianze storiche e artistiche, di bellezza; e nello stesso tempo, debbono porsi come veri e propri modelli di uno sviluppo effettivamente sostenibile: modelli ricchi di sfaccettature, articolati, non interpretabili in senso esclusivamente economico perché basati su un intreccio virtuoso tra partecipazione democratica, conoscenza scientifica dei problemi, rapporto profondo tra le persone e la natura. Nell’interesse autentico dell’intera comunità nazionale e di quella internazionale.
Ma vi è un altro ruolo che oggi assume particolare rilevanza e che viene indicato nella Carta di Fontecchio: la natura, proprio perché non conosce barriere fisiche, è in grado di abbattere le barriere esistenziali, sociali, geopolitiche che dividono l’umanità; le aree protette, se viste come uno dei perni di una nuova visione dello sviluppo, sono in grado di dimostrare come sia possibile salvaguardare, con i fondamentali valori della natura, sia i diritti delle persone, a partire dalla inclusione dei più deboli, sia i diritti dei popoli e perciò la pace tra le nazioni e la collaborazione tra gli stati.
Profondamente convinti di tutto questo, nell’immediato chiediamo al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio dei Ministri di prendere in seria considerazione l’opportunità di restituire rilevanza centrale al Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare, nominando un nuovo Ministro, in grado, per cultura, formazione e convinzioni profonde, di porsi come valido punto di riferimento nei confronti di quella parte della società civile in cui non si è ancora spenta la speranza di una auspicabile pace tra le attività umane e la natura. Una pace sottolineata con forza anche dal Sommo Pontefice Francesco, nell’Enciclica Laudato Sii.
Chiediamo al Parlamento di sospendere l’attuale pericolosa e angusta corsa alle modifiche della legge quadro e di avviare un processo riformatore coraggioso e trasparente, di ampio respiro, che miri alla conservazione della natura in tutte le sue possibili articolazioni. Un processo che non tema di confrontarsi con percorsi apparentemente utopici. Perché, come insegna la Carta di Fontecchio, utopico è solo ciò che non si ha il coraggio di affrontare.
Firmano come componenti del Comitato etico-scientifico di Mountain Wilderness Italia: Prof. Luisella Battaglia, ordinario di Filosofia Morale e Bioetica, Università di Genova. Prof. Pietro Bellasi, già docente di Sociologia dell’Arte, Unversità di Bologna. Dr. Salvatore Bragantini, economista e editorialista del Corriere della Sera. Alpinista. Prof. Remo Bodei, ordinario di Filosofia Teoretica, Università di Los Angeles e di Storia della Filosofia e Estetica, Normale di Pisa. Prof. Luisa Bonesio, già prof. di Estetica e Geofilosofia del paesaggio, Università di Pavia. Prof. Duccio Canestrini, docente di Sociologia e Antropologia del Turismo, Università di Pisa e Lucca. Probiviro dell’associazione italiana Turismo Responsabile. Dr. Alberto Cuppini, esperto in energie rinnovabili. Dr. Federica Corrado, presidente di CIPRA Italia. Ricercatrice in tecniche e pianificazione urbanistica, Politecnico di Torino. Enrico (Erri) De Luca, romanziere, poeta, traduttore, saggista. Alpinista. Fausto De Stefani, Alpinista, garante di Mountain Wilderness International. Presidente onorario di Mountain Wilderness Italia. Kurt Diemberger, alpinista, scrittore, film maker. Presidente onorario e garante di Mountain Wilderness International. Vittorio Emiliani, giornalista, saggista, presidente del Comitato italiano per la bellezza, medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte. Dr. Massimo Frezzotti, dirigente ricerca ENEA, già responsabile dell’ unità tecnica Antartide. Presidente del comitato glaciologico italiano. Alpinista. Prof. Carlo A. Graziani, ordinario di Istituzioni di Diritto Privato, Università di Siena. Già presidente del Parco Naz. dei Sibillini. Alessandro Gogna, alpinista, guida alpina, scrittore, giornalista. Garante di Mountain Wilderness International. Prof. Cesare Lasen, già presidente del Parco Naz. delle Dolomiti Bellunesi; botanico e protezionista. Prof. Sandro Lovari, ordinario di Scienze Ambientali e Fauna, Università di Siena. Prof. Paolo Maddalena, prof di Diritto per il patrimonio culturale e ambientale. Università della Tuscia; magistrato. Già Giudice Costituzionale. Dr. Mario Maffucci, già dirigente RAI. Giornalista. Esperto in comunicazione. Prof. Ugo Mattei, ordinario di Diritto Civile, Università di Torino. Competenze in giurisprudenza, beni comuni e ambiente montano. Franco Michieli, scrittore, pubblicista, alpinista. Garante di Mountain Wilderness International. Prof. Carlo Alberto Pinelli, alpinista, regista, scrittore. Docente di Cinematografia Documentaria, Università Suor Orsola Benincasa, Napoli. Garante di Mountain Wilderness International. Prof. Stefano Rodotà, prof. Emerito di Diritto Civile, Università La Sapienza, Roma. Già garante per la privacy. Già membro del Parlamento. Strenuo difensore dei diritti comuni. Prof. Italo Sciuto, docente di Filosofia Morale, Università di Verona. Arch. Francesco Scoppola. Direttore Generale Beni Culturali, Ministero dei Beni Culturali e del Turismo. Alpinista. Dr. Lodovico Sella, Presidente Fondazione Sella, Garante di Mountain Wilderness International. Michele Serra. Giornalista, opinionista, scrittore. Prof. Salvatore Settis, ordinario di Archeologia Classica, Normale di Pisa. Dr. Stefano Sylos Labini, dirigente ENEA, geologo, esperto di energie rinnovabili e politiche economiche. Prof. Francesco Tomatis, alpinista; ordinario di Filosofia Teoretica, Università di Salerno. Garante di Mountain Wilderness International. Dr. Stefano Unterthiner , firma del National Geographic. Zoologo e fotografo.
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Settembre 2016: aggiunto al post il dossier predisposto dal Servizio Studi Senato sulle modifiche alla 394.
COMUNICATO STAMPA
La lettera è stata sottoscritta da altri numerosi e autorevoli esponenti del mondo scientifico e della cultura, tra i quali Franco Pedrotti, Adriano La Regina, Paolo Matthiae, Luciana Castellina, Tomaso Montanari, Roberto Gambino, Piero Craveri, ecc.
L’occasione è data da alcune recenti esternazioni del Ministro: a) in merito alla biodiversità italiana, vista come un mero patrimonio da sfruttare economicamente; b) in merito alla legge quadro sulle aree protette ( 394/91) che a suo avviso è oramai irrimediabilmente “invecchiata” e deve essere modificata per permettere alle imprese che operano nel settore green di svilupparsi a spese del territorio protetto; c) in merito al Parco Nazionale dello Stelvio che oramai, con la divisione in tre parti (Lombardia e Province di Trento e Bolzano) potrà essere assunto come modello della nuova visione, cara al Ministro.
Queste parole – sottolineano i firmatari – confermano l’estraneità del Ministro rispetto alla grande questione della conservazione della natura di cui egli non è in grado di cogliere né il valore ideale né i problemi concreti. Così non si rende conto che la rilevanza economica della biodiversità non risiede nel suo “sfruttamento”, ma negli eco-servizi che essa è in grado di offrire solo qualora venga pienamente tutelata; che la legge quadro non è una vecchia e inadeguata legge di conservazione, da rottamare, ma è una delle migliori leggi degli ultimi decenni, come dimostrano i risultati straordinari ottenuti sia sul piano dell’estensione della superficie protetta sia su quello delle nuove professionalità e delle nuove occasioni di lavoro; che le modifiche di tale legge attualmente in discussione in Parlamento (delle quali il Ministro si è sempre disinteressato) sollevano, senza risolverli, problemi delicatissimi e appaiono lontane da quella che dovrebbe essere l’autentica vocazione del Parchi Nazionali; che la crisi dei parchi ha le sue cause, oltre che nei gravi e crescenti limiti finanziari, in una interpretazione economicistica, burocratica e
banalizzante del loro ruolo e nella incapacità delle istituzioni competenti, e innanzi tutto del Ministero dell’Ambiente, di dar vita a una vera e coraggiosa politica per riportare le aree protette al centro di una lungimirante progettazione dello sviluppo e della qualità della vita collettiva; che l’istituzione del nuovo Comitato nazionale per il Parco dello Stelvio non garantirà affatto l’unitarietà del Parco perché è composto da una schiacciante maggioranza di portatori di angusti e centrifughi interessi localistici.
La lettera fa poi riferimento alla Carta di Fontecchio – alla cui elaborazione e approvazione Mountain Wilderness ha contribuito in maniera determinante, a fianco di molte delle più importanti associazioni ambientaliste – la quale apre nuove prospettive sul futuro delle aree protette e sulla loro importanza strategica: veri e propri modelli di uno sviluppo effettivamente sostenibile, non interpretabili in senso esclusivamente economico e mercantilistico perché basati su un intreccio virtuoso tra partecipazione democratica, conoscenza scientifica dei problemi, rapporto profondo tra le persone e la natura.
Infine i firmatari chiedono: al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio dei Ministri di prendere in seria considerazione l’opportunità di restituire rilevanza centrale al Ministero dell’Ambiente e conseguentemente di nominare un nuovo Ministro in grado, per cultura, formazione e convinzioni profonde, di porsi come punto di riferimento nei confronti di quella parte della società civile in cui non si è ancora spenta la speranza di costruire la pace tra le attività umane e la natura; al Parlamento di sospendere l’attuale pericolosa e angusta corsa alle modifiche della legge quadro e di avviare un processo riformatore coraggioso e trasparente, di ampio respiro, che miri alla conservazione della natura in tutte le sue possibili articolazioni.
Gandhi ha liberato l’India con l’arma della non violenza.
Penso che l’unico modo per limitare in montagna la gratuità di certe azioni sia la non partecipazione.
Le poche persone competenti e capaci, le aborrite elites, dovrebbero allontanarsi e per un po’ di tempo lasciare completamente fare agli incapaci e incompetenti le loro stupidaggini senza criticare e dare loro consigli.
Il castello di parole e di immagini crollerebbe.
E questo varrebbe per tutte le strutture che si ritengono depositarie della conoscenza e dei diritti in montagna.
Ma per la non partecipazione ci vorrà del tempo, ora è fondamentale essere connessi e partecipare.
Ma di che cosa ci dovremmo meravigliare? Ho visto foto di Tecnici del CNSAS, non in divisa e non in ambiente montano ma in giacca e cravatta e in una soiree, che si mettono in posa col Ministro Galletti.
Esisterebbe un bidecalogo ma soprattutto una logica che porterebbe ad opporsi eticamente a un disegno di legge quadro del genere.
Eppure…
da Wikipedia:
“Il 22 febbraio 2014 Galletti viene nominato Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare nel Governo Renzi. La sua nomina è stata commentata come un caso da manuale Cencelli, indicativo della scarsa rilevanza attribuita al ministero.[2] Monica Frassoni, dei Verdi europei, lo definisce “il commercialista di Casini”. “
Paolo, gli interessanti sono interessati.
Ma forse, dico forse, il loro interesse non è proprio quello dichiarato…
Antonio, provo a rispondere come al mio solito in modo un po’ provocatorio.
Forse, ma dico forse, gli interessati non sono interessati.
Ragionando ho provato a simulare l’eliminazione dei parchi e di tutto ciò che gira loro attorno.
Pensandoci proprio bene, e non da solo, non riesco a trovare grandi effetti differenti fra la presenza o l’assenza dei parchi….. vale anche per altre strutture montane (tante) che complicano solo la vita.
I soldi che spendiamo per stipendiare tutti quelli che ci lavorano e inventano attività fantasiose, potrebbero, ma ne servirebbero molto pochi, essere usati per fare campagne educative sui media e attività formative nelle scuole.
Forse, ma dico forse, gli effetti sul nostro territorio sarebbero buoni e i risparmi elevati.
Però forse le persone coinvolte nella gestione e nello sviluppo dei parchi non trovano nessun vantaggio personale a rispondere……….. deve essere una malattia diffusa a livello nazionale, anche al cai le risposte non vengono date e si fa di tutto. Però magari la gente si gestisce più facilmente coi proclami roboanti, anziché con l’intelligenza.
Boh, non capisco.
Caro Alberto, in linea di principio impossibile non essere d’accordo con ciò che dici però prendo atto che siamo arrivati al 15° commento (questo) e non vi è stato fino ad ora nessun intervento che sia entrato veramente nel merito della questione (come è accaduto in altre circostanze), intervento che solo persone direttamente coinvolte potrebbe fare.
Evidentemente o queste persone non seguono il blog, o sono in ferie oppure non sono interessate ad intervenire.
Antonio in Italia non esiste più la Wilderness quindi i parchi devono fare i conti con le popolazioni che ci vivono e ci lavorano.
Quindi tutto molto difficile per chi li gestisce. Non ci sono dubbi.
Questo però non vuol dire che chi gestisce non deve avere come principio primario la difesa dell’ambiente.
Lo scopo, lo spirito di un parco, secondo me , è prima di tutto difendere il territorio del parco, salvaguardando la natura , gli animali.
Poi viene tutto il resto ed è chiaro che se un parco è in un territorio abitato bisogna anche tenere conto delle esigenze della gente.
Ma certamente non può avvenire il contrario. Cosa che invece spesso e volentieri avviene, con mille scuse se non addirittura ricatti.
Ad esempio quello del lavoro.
A gestire un parco ci devono essere messe persone molto compententi, e non schierate politicamente. Non ci devono essere messi, ad esempio politici trombati, o personaggi che si sa già in partenza che faranno ben poco per la difesa della natura perchè devono rispondere a qualcuno che lì ce li ha messi.
Insomma colui che dirige un parco oltre ad essere molto competente deve essere anche una spina nel fianco.
Non mi sto’ agitando, semplicemente anch’io ritengo che si debba entrare maggiormente nel merito delle cose.
Quello delle Apuane è un vero scempio che si commenta da solo ma è anche vero che mettere d’accordo, come dice Antonio, persone che discutono se gli alberi vadano tagliati o meno per far respirare il bosco diventa difficile.
Come al solito si fronteggiano soggetti che stanno agli antipodi e questo potrà pur rientrare nella logica delle cose ma.. ragazzi, diventa difficile lavorare così.
Che poi ci sia una politica del menga non ci piove ma a mio modesto parere anche delle persone illuminate farebbero fatica a cavarci i piedi.
Scusate ma penso che non abbiate capito cosa volevo dire con “risposta forse troppo facile” e caro Giando non ti agitare perchè il mio non è uno slogan.
Vieni a vedere cosa succede in Apuane. Vieni a vedere cosa fa il Parco delel Apuane e poi potrai anche dire che parlo per slogan da bar del paese e rovino il blog.
Ho solo premesso che la mia!! è “una risposta forse troppo facile”,(quindi la critica e verso me stesso) perchè anchio so benissimo che i problemi sono molto più complicati e che dire solamente che bisogna stare da parte della natura e troppo semplice e non è una vera risposta. Ma, secondo me , è questo che dovrebbero fare prima di tutto certi Enti.
Scegliere da che parte stare e non fare doppi giochi. Poi naturalmente ci sono tanti problemi da risolvere. Ma prima di tutto viene la difesa dell’ambiente.
Certo che ci vogliono le competenze ma ci vuole anche l’ONESTA’ di no scendere a compromessi. L’onestà di stare da una parte.
Invece a capo di certi Enti ci vengono messi dei funzionari che guarda un pò…
Alberto Benassi
Ha ragione Antonio. Finiamola con gli slogan e le frasi ad effetto e cerchiamo di ragionare sulle cose se no va a finire che questo blog diventa l’appendice del bar di paese.
Giandomenico Foresti
Scusa ma cosa significa “risposta forse troppo facile”? Credo che ciascuno dovrebbe fare ciò che sa fare e non improvvisarsi a fare cose relativamente alle quali non ci capisce un’acca. Io prima di mettermi a fare qualcosa cerco di capire e poi, se ho capito o se credo di aver capito, cerco di trarre delle conclusioni.
Sul “difendere la natura” sono d’accordo ma credo che in linea teorica lo sarebbe la maggioranza delle persone interpellate al riguardo. il problema è “come” e per far questo ci vogliono le giuste competenze. Non è che l’agricoltore biologico, tanto per fare un esempio, si limiti a piantare gli alberi e ad aspettare che facciano i frutti. Una cosa del genere probabilmente non la faceva nemmeno l’agricoltore del neolitico. Per ottenere qualcosa di decente e di commestibile dovrà portare avanti delle azioni in linea col suo pensiero, azioni che saranno chiaramente diverse rispetto a chi produce con modalità non biologiche.
Tornando a bomba, non credo che difendere la natura significhi semplicemente non fare nulla e lasciare che la natura faccia tutto da sola, a meno che non si voglia vivere come gli indigeni di Papua Nuova Guinea.
Credo invece che si debbano fare le cose giuste.
Il problema è che oltre a chi ci mangia sopra senza ritegno non hanno le idee chiare nemmeno coloro i quali in teoria dovrebbero capirci qualcosa. Guarda tutto quello che è stato detto relativamente al parco boulder del Daone. Aldilà del fatto che il parco in oggetto si poteva benissimo non fare c’è qualcuno che ha capito se un taglio selezionato di alberi vada periodicamente fatto oppure no? C’è chi dice di sì e chi dice di no e allora come la mettiamo? Figuriamoci quando si deve gestire un parco intero.
“Io per esempio vivo in città e, quindi, non ho la minima idea di cosa si dovrebbe fare per gestire un parco e se mi affidassero un ruolo in tal senso non saprei da che parte cominciare.”
Risposta forse troppo facile, ma credo che la prima cosa che dovrebbe fare un ente parco e chi ci lavora dentro è DIFENDERE la natura. Stare dalla parte della natura. Il resto viene dopo.
In Apuane avviene esattamente il contrario.
Anche se l’arrampicata su certe pareti sono capaci di vietarla perchè, giustamente, disturba la fauna.
Le mine, i camion, le ruspe…invece no!
Ti ringrazio ma preferirei che mi rispondesse Giovanni in quanto, avendo lavorato come funzionario e dirigente del settore Parchi, può darci delle informazioni più precise e dettagliate riguardo a tutta una serie di aspetti che possono sfuggirci.
Io per esempio vivo in città e, quindi, non ho la minima idea di cosa si dovrebbe fare per gestire un parco e se mi affidassero un ruolo in tal senso non saprei da che parte cominciare.
Per scherzare un po?.
Antonio, forse Giovanni vuol dire che bisogna proteggere la “tetta” sinistra della mamma, ma quella destra può essere libera, basta che l’ombelico sia scoperto, però i capelli devono essere tagliati con la frangetta e per fare questo bisogna organizzarsi, fare strutture decisionali politiche che però un po’ costano e coinvolgere la popolazione più o meno ristretta che ne può fare uso.
Questo sviluppando ovviamente una legislazione che garantisca la sicurezza.
Poi la mamma si ribella e se ne va, ma a questo non avevano pensato.
Paolo sei chiarissimo!
Ma quanti sono disposti a fare un passo indietro?
Perchè di un bel passo indietro si tratta.
Io credo ben pochi.
Penso che oramai siamo in un labirito senza via di uscita.
Tutti noi abbiamo oramai nel nostro DNA il cancro del “consumo”. Bisogna consumare: prodotti, territorio, divertimento. E più consumi, più devi consumare. Perchè il PIL deve sempre crescere. L’Italia deve crescere, deve correre.
Renzi ce lo dice tutti i giorni che l’Italia deve tornare a correre.
Correre verso cosa poi…?
I politici, gli affaristi, i predoni dell’economia, in tutto questo ci sguazzano alla faccia del branco di pecore, chi più chi meno, che siamo tutti noi.
Scusa Giovanni ma non è che ci abbia capito molto.. Proprio in considerazione dell’esperienza da te maturata potresti essere più analitico? E’ per capire, grazie.
Provo ad allargare il discorso perché noi umanità abbiamo preso una strada per me un poco strana.
Per prima cosa non capisco il nostro impegno per difendere la natura.
La Natura è infinitamente più grande e più potente di noi uomini.
Noi possiamo solo creare dei disturbi, se li facciamo grandi Lei penso ci eliminerà.
Possiamo solo educarci a non pensarci superiori e regolatori.
Forse considerandola Madre Natura, se la gente fosse educata così, ne avremmo più rispetto, quasi tutti rispettano la propria madre.
Per me è ovvio che tutti quelli che per motivi politici, per contestazione, per difesa o quant’altro si impegnano in suo nome, fanno solo i propri interessi con effetti più o meno positivi per l’umanità.
Per esempio: queste persone viaggiano in aereo, hanno mezzi di trasporto potentissimi, vivono in ambienti condizionati, hanno il telefonino, vogliono l’elettricità…… consumano, sprecano, inquinano tutti alla grande.
Secondo me se non vi sarà una profonda riflessione sul nostro vizio di consumare sempre di più senza evidente giustificazione, non si risolverà nulla.
Questo non è una critica al benessere collettivo o mondiale, è una critica al consumismo ingiustificato e gratuito che viene inculcato e assilla tutta la popolazione che raggiunge la sopravvivenza alimentare.
Si dice che il livello di povertà da noi sia di 803 euro: ci avete pensato che non vuole dire nulla e si può vivere anche con molto meno?
Secondo me ormai siamo andati via per la tangente e i politici ci sguazzano come sempre alla grande facendo i loro interessi.
Spero di essere riuscito a spiegare il mio richiamo alla vita semplice.
Credo che si debba distinguere tra Aree protette nazionali ed aree protette locali:in queste ultime si potrebbe accettare una maggior rappresentanza delle comunitá locali e di conseguenza un maggior livello di mediazione con queste. Inoltre, per quella che è stata la mia esperienza prima di funzionario e poi di dirigente del settore Parchi in Piemonte (fino al 2012), per alcune aree protette fluviali ed in particolare per il Po, il divieto assoluto di caccia previsto dalle norme nazionali per parchi e riserve ha determinato la cancellazione di aree di salvaguardia previste dalla normativa regionale e la conseguente impossibilitá di pianificare e progettare il recupero naturalistico di aree perifluviali sulle quali la pressione antropica ( es. cave ed agricoltura intensiva) sono più impattanti di forme controllate di prelievo venatorio. Infine,il fronte venatorio,ancorchè,numericamente irrisorio,essendo trasversale e tutti i partiti è uno dei principali ostacoli nell’istituzione di aree protette.
“Le esternazioni del Ministro sono purtroppo un segno ulteriore della sua evidente inadeguatezza a coprire il ruolo istituzionale assegnatogli; ma sono anche la dimostrazione dell’approssimazione con cui una parte della politica, al di là del caso specifico, gestisce la cosa pubblica, soprattutto quando si tratta di misurarsi con le sfide ambientali.”
Giando, il problema non è se Galletti capisce o non capisce di ambiente.
Secondo me a questa gente dell’ambiente non gli frega nulla. E’ li per ricoprire una carica e fa di tutto per buttare fumo negli occhi della gente. Fanno finta di occuparsi e preoccuparsi dell’ambiente.
UNo può fare il commercialista ma essere anche un ambientalista. Avere la passione per la natura.
Questi invece fanno il doppio gioco.
E’ un pò come il parco delle Apuane. Non fa nulla, ripeto NULLA!! per difendere l’ambiente apuano. E non fa nulla, ripeto NULLA! contro le cave.
E’ perchè non capiscono di ambiente?
Via dai svegliamoci, non siamo ingenui.
Gian Luca Galletti – Wikipedia.
Laureato in Scienze Economiche e Commerciali, ha esercitato come commercialista e revisore dei conti a Bologna dal 1989 per banche e società. È sposato e padre di quattro figli.[1][2]
Dal 1990 al 2009 è stato consigliere comunale a Bologna, oltre che assessore al bilancio tra 1999 e 2004 nell’unica giunta di destra a governare Bologna, quella di Giorgio Guazzaloca.[1][2]
Fermiamoci qui e poniamoci la seguente domanda: una persona con questo background cosa può capire di ambiente?
Ci siamo già risposti.
Buona giornata a tutti.