Dopo l’incidente accaduto al Tor des Géants nella notte tra l’8 e il 9 settembre 2013 in cui ha perso la vita l’atleta cinese Yuan Yang di 43 anni alcune riflessioni devono essere fatte, anche se necessariamente a caldo.
Non voglio entrare nel merito a problemi di responsabilità dell’Organizzazione, anche se non li escludo: segnalazioni, avvertimenti e protezioni fisiche sono obbligatorie da parte di chi organizza ed è giusto andare a indagare se gli adempimenti sono stati corretti. Ma, ripeto, non vuole essere questo mio intervento diretto a ciò.
Mi preme di più far risaltare quanta verità ci fosse (e ovviamente ci sia ancora oggi) in ciò che da tempo vado affermando (e non da solo), cioè che nel l’esercizio di attività outdoor in montagna (o altri ambienti selvaggi, mare, deserto, distese glaciali, ecc.) non ci si deve mai dimenticare dell’ambiente in cui essa si svolge.
Tor des Géants 2010 (© Stefano Torrione). Col Malatrà – Courmayeur.
Grandi raid scialpinistici, corse di skyrunning, e altre attività similari o comunque competitive sono a rischio dimenticanza dell’ambiente: una dimenticanza individuale propria dell’atleta che, teso al risultato, trascura i segnali e i dettagli, a volte anche evidenti, che gli dovrebbero far capire di praticare una maggiore attenzione.
Lo stesso fenomeno è avvenuto più volte anche in incidenti propriamente alpinistici, quindi in ambiente scevro da necessità competitive (numero sulla schiena, ecc.): perché alla competizione in questo si sostituisce un altro concetto ugualmente distraente, l’ansia di produrre un risultato per una sponsorizzazione o altri motivi che nulla hanno a che fare con il rapporto uomo-montagna.
E’ mia impressione che nel rapporto uomo-montagna l’uomo non possa concedersi di relegare la montagna-ambiente in secondo piano (o addirittura nello sfondo materiale e basta) per averla sostituita con ansia competitiva o necessità di essere all’altezza degli impegni presi con lo sponsor (cioè aver sostituito il sano confronto con la montagna con il confronto artificiale con altri uomini o con un business o una convenzione).
La mia impressione è che, chi vuole misurarsi con altri individui in un ambiente potenzialmente pericoloso, non possa permettersi di dimenticarsi, anche solo per un attimo, che ciò che più importa non è il suo risultato ma il modo in cui un qualunque risultato viene ottenuto. Esercitarsi a sentirsi, ad ascoltarsi. Vedere i segni. Valutare quanto è grande la propria paura, dubitare di quando è troppa ma anche di quando è troppo poca. A costo di arrivare ultimi.
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Mi racconta un praticante di corsa in montagna : caddi e battei la nuca a terra..su un ciuffodi erbe ..a pochi centimetri c’era affiorante una roccetta appuntita .
“ex voto per grazia ricevuta, ma un caschetto??” “No, non ce l’hanno gli altri vuoi che sia solo io il fifone?
Considerato che il tema delle corse in montagna è di grande attualità, vi ricordo questo vecchio articolo del settembre 2013.
condivido in toto la riflessione !