Il 22 aprile 2020, in concomitanza con l’Earth Day, la Giornata Internazionale della Terra, Yvon Chouinard – fondatore del brand outdoor Patagonia – ha scritto una lettera ispirazionale indirizzata ai membri del movimento 1% for the Planet per motivarli, in questo momento di crisi mondiale dovuto all’emergenza sanitaria, a tenere alta la guardia sui problemi altrettanto evidenti che affliggono il nostro pianeta.
A partire dal 1985, Patagonia ha devoluto l’1% delle proprie vendite alla tutela e al ripristino dell’ambiente naturale. Più di 89 milioni di dollari in contanti e in donazioni in natura sono stati destinati a gruppi di attivisti a sostegno dell’ambiente, sia a livello nazionale che internazionale, che lavorano per fare la differenza nelle rispettive comunità locali. Nel 2002, Yvon Chouinard, fondatore di Patagonia, e Craig Mathews, proprietario di Blue Ribbon Flies, hanno creato un’organizzazione non-profit per incoraggiare altre aziende a fare lo stesso.
1% for the Planet è un’alleanza fra aziende che hanno compreso la necessità di proteggere l’ambiente. Queste aziende sono consapevoli che profitti e perdite sono direttamente collegati alla salute dell’ambiente e si preoccupano dell’impatto socio-ambientale del settore in cui operano.
Destinando l’1% delle vendite nette annuali a gruppi di attivisti per la salvaguardia dell’ambiente, i membri di 1% for the Planet hanno la possibilità di influenzare concretamente lo stato delle cose. E beneficiano di altri vantaggi: la soddisfazione di diffondere una maggiore responsabilità aziendale nella comunità degli imprenditori e il riconoscimento, il sostegno e la tutela di consumatori coscienziosi che danno valore a un serio impegno per l’ambiente.
La lettera
di Yvon Chouinard
Non ho mai celebrato la Giornata della Terra. Ho sempre pensato che tutta quell’attenzione in un solo giorno ci distraesse dalla necessità di agire ogni giorno a favore del pianeta.
Ma questi sono tempi straordinari. Questa pandemia ci mostra chiaramente che se rimandiamo ciò che deve essere fatto, la situazione ci si rivolterà contro. Sapevamo da molto tempo che ci sarebbe una pandemia globale e non abbiamo fatto nulla. Sappiamo da decenni del riscaldamento globale e non abbiamo fatto nulla. Dobbiamo scegliere di agire.
I membri e i partner non profit di 1% for the Planet hanno fatto questa scelta. E durante questo periodo non è semplice, ma è la cosa giusta da fare. Quando Patagonia in passato ha affrontato tempi difficili, come quello in cui ci troviamo ora, l’ultima cosa cui non avremmo mai rinunciato è il nostro 1%. Si tratta del costo da pagare per fare affari su questo pianeta. Non è filantropia, è una necessità assoluta per noi che viviamo sulla Terra. È il contrario di non fare nulla.
È altrettanto importante che restiamo uniti. Una lezione che ho imparato è che questa pandemia ci sta sicuramente confermando è che non siamo isolati. I problemi che stiamo affrontando ora devono essere affrontati su base globale e possono essere risolti solo da persone che lavorano insieme e che rimangono insieme nella difficoltà, come chiunque nella community di 1% for the Planet.
Quindi, resta lì, mantieni la rotta e ricorda che questa comunità è importante in questi momenti anomali e in ogni altro momento.
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Trovo molto interessante questo documentario, promosso da Ivon Chouinard, sull’impatto degli allevamenti sugli eco-sistemi.
https://m.youtube.com/watch?v=XdNJ0JAwT7I
Primo: produrre solo il necessario utilizzando sempre meno materie prime. L’offerta supera spropositatamente la domanda, creando solo confusione che non premia la qualità. Oggigiorno si può produrre qualsiasi cosa, l’unico problema è convincere la gente che ha bisogno di quel prodotto lì.
Secondo: studiare di più e quindi lavorare meglio, per lavorare meno facendo così anche lavorare tutti. E non produrre di più, magari male, per far lavorare tutti.
Terzo: distribuire equamente gli utili, che non dovrebbero essere l’obiettivo primario.
@Marcello Cominetti #12
lasciami precisare che Chouinard non è partito da fabbro, ma da uomo veramente libero, fino al disagio personale, da innamorato della natura e della libertà al punto da condurre una vita randagia e anche molto povera, di treni presi di contrabbando e giornate in galera per vagabondaggio.
Trovandosi poi al posto giusto nel momento giusto, ed essendo capace di creare insieme agli protagonisti il mito dell’arrampicata americana in Yosemite, ha forgiato quello che non c’era e che serviva a tutti.
Non si è mai fermato, continuando a essere libero di scalare, di pescare, di surfare, e di creare strumenti di qualità e di ricerca per la wilderness, e permettendo ai suoi dipendenti di viverla anche loro.
Tanto per dare un saggio delle sue qualità di alpinista, il passaggio chiave di una delle più belle vie delle Alpi, Luna Nascente in val di Mello, passaggio che era in artificiale, l’ha risolto lui in libera, a circa cinquant’anni suonati…
@Paolo Gallese #11 dispiace a me se sono risultato ruvido.
Non era mia intenzione.
Palms, mi sembra importante, se si vuole discutere di un messaggio, sapere che lo manda. Da chi viene, insomma.
Yvonne Chouinard è partito facendo il fabbro e ragiona ancora da fabbro, ovviamente essendosi adeguato.Di messaggi che promettono eco-bio-green, ecc… e che sono palesemente degli imbrogli per creduloni, ce ne sono a bizzeffe. Quindi una verifica sulla loro provenienza è il minimo.
L’1% del fatturato (e non del guadagno) è una cifra enorme, altro che balle. Patagonia comunque non è l’azienda “titanica” che in molti credono (The North Face/Esprit, invece si) e se riuscisse a coinvolgere in “One% for the Planet” almeno tutte le aziende di outdoor, ci sarebbe un cambio epocale nella gestione ambientale del pianeta intero.
Grazie Palms, capisco. Hai ragione, varrebbe più discutere il senso di una iniziativa come questa, in un panorama più ampio.
Chiarisco che io apprezzo l’atteggiamento di Chouinard, il mio post non era diretto contro di lui, ma può essere apparso fuorviante, mi spiace.
@Gallese commento 4.
Ho parlato per cercare di evitare quello che poi è successo nei commenti, che invece di discutere il messaggio di Chouinard – chi fa business sulla terra ha anche il dovere di interrogarsi in solido, ovvero contribuendo economicamente agli studi necessari a limitare l’impatto sulla terra della produzione – invece di discutere il messaggio, s’è discusso il messaggero.
Per esempio si sarebbe potuto discutere sulla necessità della produzione di beni e servizi sulla terra, e sulla possibilità odierna di realizzare tale produzione con un impatto decisamente minore sulle risorse naturali.
L’1% di Patagonia è di certo poca cosa, 89 milioni a favore di un’impresa titanica, ma si sarebbe potuto discutere invece dell’iniziativa 1%, che coinvolge più aziende, sotto la guida di Patagonia, fino a sognare di raccogliere l’1% del fatturato mondiale a favore della terra…
A me fa piacere sapere che ci sono aziende come la Patagonia, che da sempre produce articoli di ottima qualità fatti per durare nel tempo.
Non credo siano in molti a dare consigli su come far durare e riparare i capi, consigliando di comprare meno!
https://it.ifixit.com/Patagonia
Lorenzo, questo mi sembra già un grande passo.
Apprezzo anche la riflessione sulla celebrazione del Giorno del Pianeta: invece di concentrare la nostra attenzione ed energia in un sol giorno, è bene celebrare il Pianeta ogni giorno, pensando a tutto ciò che possiamo fare per migliorare la nostra salute e quella dell’ambiente in cui viviamo.
Quelli che pensano che il coronavirus ci renderà migliori, sono degli illusi e dei distaccati dalla realtà.
Se mi guardo intorno vedo sempre più distanza (quella imposta per legge per certe persone sembra un piacere applicarla) e voglia di tornare come si era prima, nonostante si siano toccati con mano i vantaggi dello smart working, per esempio.
Penso che in molti ambiti lavorativi ci sarà una corsa all’abbruttimento per recuperare quello che si è perso in questi mesi, pienamente giustificato dal fatto che si deve guadagnare senza perdere.
Spero, e so, che non tutte le aziende faranno così, ma credo che quelle che cambieranno dopo il virus saranno un’infinitesima minoranza.
Let’s go surfing Forse e’ piu’ facile dirlo in un’azienda che produce materiale sportivo. Detto questo tre mesi di pandemia non ci hanno insegnato nulla, la maggior parte delle aziende sta facendo di tutto, per esempio, per tornare a lavorare in presenza e mantenere il ( presunto) controllo. Quando il lavoro da casa, perlomeno in parte, sarebbe una delle svolte del futuro. 1% puo essere poco, direi molto meglio che nulla.
Hochkofler, mi sono letto il tuo trattato sulla Patagonia. Complimenti. Però nel tuo commento non capisco a quale pirata ti riferisci.
Yvonne Chouinard è uno che “ci crede” e l’ho sentito dire con le mie orecchie di meravigliarsi di essere un imprenditore di successo. E’ una persona molto pragmatica che, a causa del suo credo ambientale, mette spesso i suoi manager in difficoltà. Normalmente in Patagonia Azienda i manager che cercano il successo sfruttando qualcosa che non sia in sintonia con la filosofia ambientale e la concezione del lavoro di Chouinard, hanno vita corta.
Patagonia è un’azienda diversa da tutte le altre per concezione e gestione del lavoro, dell’ approvvigionamento delle materie prime, della pubblicità, della libertà dei suoi dipendenti e infine della vendita.
Yvonne ci ha pure scritto un libro dal titolo Let’s my people go surfing che in pratica significa (parole sue): se sei appassionato di surf e hai le ferie quando il mare è calmo, il surf non puoi farlo. Idem se ti piace sciare nella neve polverosa e quando hai il tempo per farlo la neve è crostosa o non c’è. Quindi puoi prenderti le vacanze quando ci sono le onde o la neve fresca.
Provate a dirlo in un’azienda italiana, anche di quelle di successo…Dico questo alla luce dei miei ormai decenni di collaborazione con l’azienda di Yvonne Chouinard da anti-consumista quale sono.
E comunque sono anche appassionato della Patagonia geografica, per riallacciarmi alle prime parole del mio commento.
Mi occupo di Patagonia quella reale da vent’anni (la prima versione è Sur le voyage en Patagonie )
https://leplaisirdugeographe.files.wordpress.com/2013/05/sul-viaggio-in-patagonia.pdf
finalmente scopro ci è stato il pirata, non poteva que essere un gringo, che si impadronito di questi luoghi che ho percorso già 5 volte (ho in programma una sesta)
Palms, a chi ti stai rivolgendo?
Capisco la tentazione di farsi vedere, per chi altrimenti risulta invisibile, capisco la voglia di benaltrismo sempre accoccolata sulle tastiere, ma francamente inquinare il messaggio di Chouinard, proprio lui, mi suona ingiusto e ingeneroso, una cosa della sinistra autocastrante, cioè tafazziana, chiarisco.
Chouinard ha parlato e agito per l’ambiente sempre, dagli utensili che ha prodotto, all’etica dell’arrampicata, ai fondi del proprio FATTURATO, non guadagno, come pare tradurre l’articolo, per una produzione consapevole.
Se ha avuto successo, se ha fatto i soldi, intanto non è una colpa, e poi dipende da una cosa, e una cosa sola: ha saputo offrire quello che serve per muoversi nella libertà dell’ambiente naturale.
Una qualità che secondo me merita rispetto e attenzione quando invece si viene presi dalla voglia di sfogarsi, senza badare a quale muro s’imbratta nei commenti.
Lorenzo è la prima volta che leggo un tuo commento come se sbottassi, alzandoti in piedi…! E sono d’accordo con te.
Alcuni ci provano a lavorare per cambiare qualcosa nella testa della gente. Ma questa Pandemia mi ha portato un certo scoramento. Riporto qui un mio breve sfogo, di quella giornata.
“Oggi sarebbe la giornata mondiale dell’ambiente. Ma sappiamo bene che tutti i paesi hanno ben altri problemi in questo periodo. Lo sappiamo bene anche noi, con la nostra piccola cooperativa, che per raggranellare 4 spiccioli (il termine è qui usato con cognizione di causa) nella pioggia di miliardi millantati dalle istituzioni, nazionali e locali, ci stiamo facendo un mazzo indicibile. Già perché noi lavoriamo nel campo della salvaguardia e diffusione di una cultura ambientale, sopratutto con le scuole. E capirete da soli che in questo momento di chiusura siamo abbastanza a terra.
Nella realtà del paese noi, per quello che facciamo, siamo niente. Nei grandi aiuti per la cultura c’è molto per le mega fondazioni (cui i milioni non mancano), la grande arte, insomma gli ambiti già ricchi e blasonati.
Noi, che già di nostro non riceviamo alcuna sovvenzione normalmente, cosa di cui non ci siamo mai lamentati (sono affari tuoi se decidi di lavorare nell’inutile), veniamo addirittura sollecitati a lavorare gratis. Sì, gratis.
Ci è stato chiesto dal Comune di Milano.
Così daremo lustro alle istituzioni. È un grande onore lavorare fregiandosi di marchi istituzionali, gratis.
Abbiamo rifiutato, con dignità. SIamo impegnati a redigere bandi, anche perché il resto dei pochi aiuti in realtà sono prestiti, che ci turbano e preferiremmo non avere sul groppone.
Ma siamo forti, entusiasti ed eticamente convinti di fare qualcosa di utile per la SOCIETÀ (insomma siamo fessi) per l’ambiente. Ambiente di cui oggi si festeggia la più inutile giornata della storia.
Animali uccisi, progetti devastanti alle porte, un mondo economico e produttivo che ha fatto già capire di avere ben altre priorità in questo momento (in parte comprensibili).
Poi c’è lui, un piccolo inconsapevole virus, arrivato dalle foreste che stiamo distruggendo.
Ma pare che la priorità sia portare a scuola l’educazione finanziaria.
Sapete? A volte penso che avrei dovuto studiare economia e diventare un ricco benestante radical, consumatore bio, frequentatore di paradisi naturali costosissimi, mettendolo in quel posto a tutti voi, con saggi investimenti in borsa.
Eh, oggi è la giornata mondiale per l’ambiente. Condite l’insalata km zero che mangerete con del fottuto sale rosa dell’himalaya (estratto da bambini poveri) e fate la differenziata, da integralisti paladini di un domani più pulito, soprattutto di una finta Natura, costruita da urbanisti e architetti green.
Ho scritto tutto anche male.
Sono incazzato.”
Bravo, ma per la Terra non serve una percentuale di noi, serve la piena dignità.
Quella che diamo a chi rispettiamo.
Diversamente si alimenta la cultura antropocentrica, proprio quella che ci ha portati qui.
La sensibilizzazione dovrebbe essere per il cambio di paradigma, con quello attuale ogni azione, dall’impatto zero, all’economia circolare, è solo un palliativo del sistema per mantenersi, ovvero per allungare l’agonia.