La millesima salita sul Basso
di Carlo Crovella
Andar in montagna non è solo dislivelli, gradi, difficoltà. C’è anche il risvolto umano, dei sentimenti e dell’emotività. Ci sono storie che con le “difficoltà” non hanno niente a che fare.
Lo conferma un episodio accaduto sul Campanil Basso, nelle Dolomiti di Brenta.
La presenza di un libro in vetta al Basso ha consentito per lungo tempo la numerazione progressiva delle ascensioni.
Così la platea degli appassionati era al corrente quando, nell’estate del 1940, ci si stava avvicinando alla millesima salita: tutti ci tenevano a lasciare nella storia il proprio nome collegato al fatidico “1000”.
Occorreva procedere con prudenza: non accelerare le ripetizioni, ma non farsi beffare da altri. Però prese il sopravvento l’astuzia e si susseguirono diverse “burlate”.
Alcuni alpinisti locali, appurato che l’ultima ascensione risultava la 995ma, comunicarono ad una cordata amica che si era giunti alla 998ma.
Quel giorno salirono due forestieri, però scesi dal versante opposto. La cordata amica pensava che quella dei forestieri fosse la 999ma salita e attaccò, ma in cima scoprì, consultando il libro, di aver realizzato la 997ma!
A quel punto entrò in gioco Gino Pisoni, noto accademico del CAI, trentino.
Il 4 agosto 1940 si fece accompagnare da quattro allievi. Nel frattempo altri due trentini, Paolo Graffer e Marcello Friedrichsen, si erano nascosti nei pressi dell’attacco: contavano che Pisoni e i suoi si legassero in due cordate, realizzando la 998ma e la 999ma salita, così li avrebbero immediatamente seguiti.
Ma Pisoni aveva preparato un tiro davvero mancino. Iniziò la via in cordata con gli allievi e, dopo poche lunghezze, li invitò a legarsi due a due, dicendo: “Salite avanti a me: senza guida, maggior onore”. Gino li seguiva in solitaria: in tal modo gli allievi avrebbero realizzato la 998ma e la 999ma salita e lui la millesima!
I rivali dal basso iniziarono a protestare veemente, ma Pisoni rimase fermo nei suoi propositi, anzi pare che li sbeffeggiasse dall’alto.
Allora i due lo scongiurarono perché li attendesse in nome dell’amicizia: si vede che riuscirono a toccare qualche corda sensibile di Pisoni, che alla fine decise di aspettarli.
In vetta i tre firmarono il libro: in corrispondenza del magico “1000” disegnarono un triangolo riportando i loro nomi uno per ogni lato.
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Lo scontro del col della Seigne è un episodio sporadico (cioè non toglie che chi si è beccato una pallottola, ci sia “rimasto”). Nulla in confronto con le battaglie avvenute a sud (a livello della Provenza-Costa azzurra) dove gli episodi sono stati numerosi e le vittime sono state decisamente di più. Al Colle del Gigante non risulterebbero scontri si rilievo. Nelle due postazioni contrapposte c’erano soldati che spesso erano fra loro parenti e amici, nati – per puro gioco del caso – di qua e di là dello spartiacque. Non avevano nessuna voglia di spararsi l’un con l’altro: magari erano cugini che avevano giocato insieme da piccoli. I responsabili delle due postazioni (per gli alpini, Chabod al rifugio Torino) era come se si conoscessero di persona e magari si erano incontrati fino a poco prima sulle vie del Bianco. Hanno fatto di tutto per evitare episodi significativi. Può darsi che qualche fucilata sia scappata qua e là, dato il nervosismo generale, ma tutto è rientrato molto in fretta. Per fortuna il momento di tensione è durato poco, per la capitolazione generale della Francia.
Ps. Ringrazio Moretti e Cominetti per le indicazioni bibliografiche utili per inquadrare la vicenda e quegli anni drammatici, che non sono poi così lontani per ora, avendo i più vecchi di noi conosciuto persone che li hanno vissuti.
Moretti. Hai ragione. Ho fatto casino confondendo i fratelli. Mi scuso. Lo scenario storico era comunque quello. Un momento veramente cruciale della storia, una guerra che si cominciava a capire avrebbe avuto uno sviluppo pesante anche sulle popolazioni civili. La mia è un’opinione personale ma io trovo interessante ricordare anche lo scenario storico delle storie di montagna. Mi sembra dia una chiave di lettura in più, visto che le storie di montagna sono storie di uomini, dei loro sogni, delle loro paure e dei loro sentimenti più che storie di appoggi e di appigli che alla fine sono tutte uguali e un po’ noiose. Però ripeto si tratta di un’opinione personale.
Pasini, credo abbia fatto confusione tra i fratelli Graffer: Paolo (1000 ascensione del Campanile Basso) e Giorgio (pilota che il 14 agosto combatteva a Torino).
Per la storia del Campanile Basso suggerisco il libro di Marino Stenico del 1975 che riporta anche la fotografia del libro di vetta con le firme della 1000 ascensione e in cui ovviamente si parla ampiamente dei fratelli Graffer.
Crovella 26, come sarebbe a dire che in zona Monte Bianco non si è sparato un colpo. Al Col de la Seigne gli alpini e i chasseurs des alpes francesi di colpi se ne sono sparati eccome. Il tenente Perenni e il capitano Bulle comandavano le due guarnigioni nemiche.
Tutti ragazzi di al massimo 20 anni montanari, sciatori e alpinisti, tra cui un amico e collega di Corvara, Germano Costner, che mi ha fatto in passato tanti racconti su quelle avventure.
Da quello che ne so, anche al Colle del gigante ci sono stati degli scontri a fuoco tra italiani e francesi.
A tale proposito cito il libro di Gianni Pastine, Lo sport e la seconda guerra mondiale
https://www.ibs.it/sport-seconda-guerra-mondiale-libri-vintage-giovanni-pastine/e/5000089577124
Errata corrige. Spiluccando ho fatto un errore ho confuso il 4 agosto con il 14. Il 4 è il giorno del Millesimo, il 14, dieci giorni dopo, Graffen torna a Torino e durante il bombardamento sperona un bombardiere della Raf guadagnandosi una medaglia. Lo stesso giorno inizia la fase più intensa della battaglia d’Inghilterra. Ognuno quando legge un pezzo rimane colpito da qualcosa. Ognuno quando legge una storia è colpito da qualcosa. A me ha colpito l’agosto 1940 forse perché in una notte insonne ho recentemente rivisto un vecchio film sulla battaglia di Inghilterra, ovviamente dal punto di vista dei vincitori, che si conclude con uno dei due discorsi bellici più famosi di Churcill, una rivisitazione del classico Happy few shakespeariano. Ho pensato “Ma questi con quel popo’ di roba che succedeva andavano a fare a gara per scrivere il nome per la 1000 volta…mah che strana gente a volte gli alpinisti”. Tutto qui : nessun giudizio, una solo reazione soggettiva, forse anche un po’ ingiusta ma così è, dipendiamo dal fluttuare dei dosaggi ormonali 😀
Certo ma nessuno sport si fermò completamente. Anche quelli che si disputano in stadi o palazzetti cittadini, come calcio e pallacanestro, hanno disputato i campionati fino alla stagione 42-43. Solo l’8 settembre ha impedito la partenza della nuova stagione per questi sport. Sul Po a Torino si fecero allenamenti e gare di canottaggio anche dopo il settembre 43. Le sezioni CAI non hanno mai smesso una regolare attività sociale, sia in sede che sui monti, di sicuro fino al 43, dopo meno ma c’era sempre qualcosa. Non si è mai smesso del tutto, anzi.
Crovella. Vero. Anche in guerra si balla e si canta …comunque il 14 agosto del 1940 gli inglesi bombardarono Torino per la seconda volta dall’inizio della guerra e fecero 18 morti. Qualcuno comincio’ a capire che non sarebbe stata una passeggiata. Così di passaggio..tanto per non dimenticare. Perché contestualizzare non significa giudicare ma solo ricordare. La storia dell’alpinismo non e’ la storia di un mondo parellelo, tuito si tiene.
L’alpinismo, seppur rarefatto rispetto all’anteguerra, non si è mai interrotto del tutto negli anni 40-45. Neppure nel periodo piu’ duro della guerra partigiana. Sto parlando proprio di alpinismo per diletto, non di frequentazione della montagna da parte di combattenti (dell’uno o dell’altro schieramento). Magari su una parete c’era gente che arrampicava con lo spirito ludico che abbiamo noi e, nel vallone a fianco, partigiani e tedeschi che combattevano a colpi di mitra. Bisogna sempre circostanziare le cose, oggi noi non siamo in grado di immaginare cosa passasse nella testa degli alpinisti del tempo. Nel 40, poi, in Italia la guerra era sentita davvero “lontana”. Nel giugno del 40 Gervasutti e Bollini han fatto il Pilier nord del Freney. Gervasutti aveva il cappello da Alpino, era ufficiale richiamato. È vero che in zona Monte Bianco praticamente non si è sparato un colpo, ma quello era proprio il periodo della guerra diretta Italia- Francia… Figuriamoci in Dolomiti, molto lontane dal fronte del momento: la’, nel 40, non si aveva nessuna percezione di cosa fosse quella guerra. Castiglioni, di cui conosciamo le vicende successive fino alla sua tragica scomparsa, nel 1942 ha dato alle stampe la Guida sciistica delle Dolomiti, pubblicata tra l’altro dall’editore Montes di Torino. Cioè si pensava serenamente a sciare e arrampicare senza farsi tanti scrupoli.
Matteo. Non conoscevo i dettagli della carriera militare di Graffen. Ora mi sono documentato. Può essere che il suo stato d’animo il 14 agosto 1940 il giorno dell’inizio della battaglia nei cieli d’Inghilterra fosse diverso dal nostro oggi, essendo un’asso nell’abbattimento dei piloti inglesi. Sempre sbagliato e ingiusto proiettare indietro le nostre emozioni. Verissimo. Quel giorno di agosto che oggi a noi puo’ parere poco adatto ad una simpatica impresa, magari per molti era il giorno della speranza di una grande Vittoria da festeggiare in lieta compagnia. Purtroppo dalla parte sbagliata purtroppo. Ed effettivamente poteva finire così. Sic transit gloria mundi. Chissà cosa magari penseranno di noi che andiamo in mare in montagna in attesa dell’uso dell’Ordigno Fine di Mondo imvece di scavarci un rifugio sotto casa 🤘 Enri scusa l’equivoco.
Se non erro, facendo zapping ho visto su RaiSport che davano Spagna-Ucraina di calcio. Per Pasini.
Io 13 non è’ il mio.
io sono Enri
Non conoscere Gino Pisoni, Paolo Graffer e Marcello Friedrichsen è decisamente grave!
Una bella storia.
Non conosco gli alpinisti di cui qui si narra. Magari poi sono stati degli eroi e quindi giù il cappello e tante scuse. Però a volte ho la sensazione quando leggo certe cronache che gli alpinisti, come tanti altri praticanti di attività ludico sportive, siano un po’ come dei ragazzi presi dai loro giochi in un mondo autoreferenziale. Per carità nessun giudizio morale o altro, ci mancherebbe, ma che voglia di fare sta’ competizione per il numero 1000 proprio il 14 agosto del 1940. Magari era solo serenità d’animo e atarassia, o voglia di distrarsi e di non pensare a cosa stava succedendo però ogni tanto me lo domando…..ma come è possibile non farsi contagiare da cosa ci succede intorno? Io mi sono fatto contagiare tante volte da molto meno e forse la mia e’ solo invidia o passione non così forte per un’attività collaterale. Però è una domanda che già altri ben più smart di me si sono posti come Rossa e Miotti, con esiti e storie di vita tragicamente diverse. Va beh vado a farmi un giro serale in mare che fa passare i brutti pensieri. Ciao
Caro Roberto, come dice sempre un grande saggio (modestamente, il sottoscritto 😅😅😅):
“Che cosa sarebbe della nostra vita in questo mondo di lacrime, se ci togliessero pure la gioia di un sorriso e di un pizzico di ironia?”.
Bertoncelli. Grazie. Dopo che mi hanno aggiustato il cuore, la pressione e il resto sono tormati quasi nuovi. Sono altre parti più basse del corpo che subiscono un prolasso immediato quando leggo certe cose, ma per fortuna ho imparato a prenderla con ironia.
Le storie sulla Guglia di Brenta (o Campanile Basso) sono altre. Questa al più è un piccolo aneddoto per riderci sopra.
Ps. Tanto per una rinfrescatina: il 14 agosto del 1940 è l’Adlertag (il giorno dell’acquila) il primo giorno in cui inizia la battaglia d’Inghilterra destinata nelle intenzioni dei nostri alleati a distruggere le difese inglesi per preparare l’invasione che avrebbe dovuto avvenire a fine mese. Proprio quella battaglia del famoso discorso di Churchill “mai nella storia così tanti dovettero la loro salvezza a così pochi che sacrificarano la loro vita per loro”. Un po’ di contesto storico non fa male anche quando parliamo di montagna.
Commento romantico:
“Va’ dove ti porta il cuore: sul Campanile Basso”.
P.S. Caro Pasini, come va la pressione? Sta’ attento agli sbalzi! 😉😉😉
Caro Enri hai presente cosa stava succedendo nell’estate del 1940? E questi facevano la gara per chi saliva la 1000 volte il Campanile per lasciare la sua pisciatina sulla cima. E dovremmo pure metterci sull’attenti in reverente ricordo…..ma mi facci il piacere, scusa tanto sai ma mio babbo venticinquenne era su un incrociatore alla base navale di La Spezia e mi ha raccontato il suo stato d’animo il 10 giugno del 1940.
Resto basito di fronte alla qualità dei commenti, escluso il primo. È un bell’episodio di un alpinismo di altri tempi, che serve a raccontare la storia di una delle più belle guglie delle Dolomiti. Tutto il resto è noia!
Molto meglio che..”partimmo in mille per la stessa guerra…”
Commento per grazia ricevuta:
“Adèss ca sàun ché, ‘na gran ciavèda an la ciāp pió”.
(Un incerto e timoroso alpinista modenese, appena approdato sulla Via delle Bocchette dopo la scalata del Campanile Basso)
Commento tragico:
“Taglia, taglia, che almeno tu ti salvi.”
(Luciano Eccher a Cesare Maestri)
http://www.fotoagh.it/taglia-taglia-che-almeno-tu-ti-salvi/
“[…] alle scritte con la vernice e il punteruolo (vedi il tizio al colosseo)”
Un vecchio saggio modenese disse un giorno:
“Al nam di cretéin l’é scrétt dapartótt”.
P.S. Per la traduzione rivolgersi ad Andrea Parmeggiani.
Commento lirico:
Via, tra lo sdrucio de la nuvolaglia,
erto, aguzzo, feroce si protende
e, mentre il ciel di sua minaccia taglia,
il Campanile Basso al sol risplende.
(Giosuè Carducci… con modifiche!)
nella visione della montagna, manca un commento romantico.
Direi che la quasi totalità degli umani segna in vario modo e con diversa sistematicità i luoghi dove passa o arriva, dalle feci e all’urina, ai libri di vetta, alle scritte con la vernice e il punteruolo (vedi il tizio al colosseo), alla pubblicazione della propria autobiografia, alla partecipazione a un blog. La versione più moderna di questa segnatura etologica sono i selfie in rete. Poi esiste una piccola minoranza che non lo fa, programmaticamente e anche in funzione del grado di tenuta degli sfinteri e della vescica, per quanto riguarda le segnature più arcaiche e naturali. Difficile stimare il peso di questa variante comportamentale. È sicuramente esigua ma finora non è stata estinta e continua a riprodursi. L’evoluzione segue un suo percorso e forse ci sarà una ragione, oppure è solo casualità e l’estinzione è solo questione di qualche generazione. Vedranno 😀
Commento 1) ingenuità.
Commento 2) dissacratorio
Commento 3) realista
Commento 4) anarchico.
Visioni della montagna.
C’è sempre in giro un Drugo che piuttosto che firmare un libro di vetta si fa tagliare gli zebedei! 🙂
Bella storia. Ma la cosa più bella è che quasi certamente qualcuno, in quarant’anni, sarà arrivato sul Basso senza firmare il libro di vetta. E che quindi non sapremo mai chi ha fatto la millesima salita.
“Il triangolo no, non l’avevo considerato[…]la geometria non è un reato”
(Renato Zero)
È una stupenda storia di montagna vera, di forza di bravura tecnica, ma soprattutto dell’altruismo di Pisoni, infinito, dividere la millesima. Un gesto stupendo per tutti gli alpinisti del mondo. Grazie