Reinhold Messner rispetta le decisioni del governo: “La montagna non è solo sci”. E’ concorde con la scelta di chiudere le piste: “Aspettare gennaio, se gli indici di contagio lo consentiranno, non è una scelta: è un dovere”.
La montagna non è solo sci
a cura dell’Huffington Post
(pubblicato su huffingtonpost.it il 24 novembre 2020)
Prima Alberto Tomba poi, subito dopo, Federica Brignone si erano schierati nettamente a favore dell’apertura delle piste da sci e quindi contro la decisione del governo. Oggi, un altro gigante della montagna, alpinista nonché politico, si definisce in linea invece con quanto deciso dal premier Giuseppe Conte. Reinhold Messner, 76 anni, in un’intervista a La Repubblica ricorda a tutti come la montagna è sempre stata vista come luogo dove sciare. In realtà questa è un’analisi errata o quantomeno parziale. Lo sci è una delle tante attività che si possono svolgere sulle vette, ma non l’unica.
“Si riducono la montagna, la neve e il turismo, all’industria degli impianti di risalita e ai caroselli sciistici. Chi vive nelle città, in Europa e in Italia, viene convinto che non ha senso il tempo libero in alta quota senza gli sci ai piedi su una seggiovia. Il CoViD-19 offre l’opportunità per aggiungere a tutto questo il più vasto universo della libertà. La montagna autentica in inverno resta anche sci alpinismo, sci da fondo, slitta, ciaspole, escursionismo e pattinaggio su ghiaccio. Non si può concludere che senza piste da discesa aperte si vieta alle persone di rigenerarsi nella natura alpina”.
Sulla decisione di chiudere o meno gli impianti, quindi, Messner non ha dubbi. Anche per chi si ritiene “anarchico” come lui, con il CoViD-19 rispettare le regole è fondamentale. Il governo di Giuseppe Conte sembra “si stia muovendo bene” anche perché “non si possono sacrificare migliaia di vite per avere il consenso di chi pretende di comportarsi come se il virus non uccidesse più”. L’unica speranza è che passato il Natale la situazione torni sotto controllo.
“Aspettare gennaio per riaprire piste e impianti, se gli indici di contagio lo consentiranno, non è una scelta: è un dovere. Ma deve essere chiaro che la montagna, anche in inverno, resta un universo di libertà immenso, sicuro e ricco di opportunità”.
Ma il problema riguarda tutta Europa e non solo il nostro paese. Per questo, Messner spera che questa, per le Alpi così come per l’Ue, possa essere “la grande occasione per dimostrare che la montagna non è solo un’industria e che la Ue non è solo una somma di lobby statali. Io prego che oggi questi due mondi sappiano lottare contro il CoViD-19 con lungimiranza e unità”. Serve coesione tra tutti i paesi europei e una coordinazione, per evitare di commettere gli stessi errori del recente passato e non lasciare nessun indietro.
“Europa e Regioni si sono mosse in ritardo e in ordine sparso, anteponendo le pressioni economiche alle ragioni sanitarie. Il risultato è stata la riesplosione dei contagi. La concorrenza sleale in Europa? Questo è il problema e tocca alla Ue risolverlo, pensando anche alla parità dei ristori per la filiera turistica. Se la Francia offre 100, l’Italia non può promettere 50. Sull’inverno dell’emergenza CoViD-19 le Alpi si giocano il futuro, l’Europa anche il presente”.
Insomma, per Messner la ricetta è una sola: “Prima salute e istruzione, poi tutto il resto”. Mettere al centro le priorità sarebbe “il regalo più bello che le istituzioni possono fare ai cittadini per le festività”. Anche perché “i primi a non voler trasformare le feste di fine anno sulle Alpi nel Ferragosto in Costa Smeralda sono i montanari, gli impiantisti e gli albergatori”. E lo dice uno che di montagna se ne intende.
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Sciare si sciare no impianti etc etc.sono solo uno dei tanti problemi più o meno grandi di fronte a questo virus.oOra scrivo ,mi ero impegnato a non partecipare più ad alcun social,specie dopo aver scritto la parola pirla riguardo il passo Lavazzè,che comportò un profluvio di considerazioni specie da un certo, w.crovellati e pasionel terray…..credo,ma qui sono in compagnia..in effetti è apparso di nuovo il termine foriero di atroci disquisizioni.Presente alcune scene del Signore degli social….Il problema è,e chi lo scrive ha una notevole esperienza in campo sanitario, solamente dato che i posti letto in ospedale non sono infiniti ,gli operatori,specie quelli preparati non sono infiniti e non sono neanche poi tante infinite le cure, e questo a riguardo il Covid,poi vi sono tutte le altre patologie di cui si peggiora e si muore che sono infinite e con un aumento esponenziale di non poterle più seguire.Il resto sono chiacchere basti riflettere cosa potrebbe significare oper cause varie un decremento produttivo e di logistica nel settore farmaceutico.
Caro Serra, il SarsCov2 è post-moderno: non ha un approccio ideologico, è molto democratico, contagia tutti, sciatori e non sciatori, puristi e consumisti. Se i “signorini e pure i signori di città” si riversano nelle località alpine più famose e si convertono tutti insieme appassionatamente alla ciaspola, al curling, al pattinaggio, alla meditazione, al calcetto su ghiaccio, alla pippa alpina (intesa come tiraggio in gruppo di coca con vista su immacolate cime) e poi festeggiano alla sera allegri e gioiosi tutti insieme e magari con mammina, papà e nonnino la nuova purezza montana acquisita attraverso la rinuncia al volgare, poco ecologico e datato sci da discesa non avremo fatto grandi passi avanti, almeno rispetto all’obiettivo di evitare la terza ondata. Certo potremo consolarci quando saremo ricoverati in ospedale pensando di aver dato una bella botta all’odiato business della discesa. Cosa faceva il marito geloso della famosa storiella per far dispetto alla moglie? Mi sembra ci fosse qualche riferimento ad un uso improrio delle forbici…..
Dire «la montagna» e dire «lo sci» non è la stessa cosa, avverte Reinhold Messner. Non per caso, dice il contrarlo esatto di Alberto Tomba. Si può salire nelle valli per fare anche tante altre cose, camminare, riposare, respirare, fare attività fisica con la neve sotto i piedi e il vento in faccia. Andare a piedi, a cavallo, In bicicletta. Godersi lo spazio e il silenzio. In nessun luogo come in montagna è possibile scoprire che il distanziamento non è solo una misura sanitaria, può anche essere la riscoperta di una libertà dimenticata.
Messner ha ragione, e chi ama la montagna lo sa. Dunque il messaggio che arriva in queste ore sulla “distruzione dell’economia alpina” se le piste da sci rimangono chiuse è un messaggio autolesionista. Cattiva pubblicità. Riduce la montagna a una monocoltura invadente e fragile, quella degli impianti di risalita, ignora tutto il resto, che è tantissimo. L’indimenticabile prete di religione dei miei anni di liceo, don Giovanni Barbareschi, era un valtelllnese scolpito nella roccia. All’Alpe di Motta, nello spartano dormitorio dove organizzava settimane bianche decisamente non vanziniane, tuonava contro «i signorini di città con la giacca a vento firmata» che andavano in montagna senza capirla: ed eravamo ancora negli anni Settanta del secolo scorso. Oggi i signorini di città sono migliorati, se chiudono le piste sanno cosa cercare oltre i milleduecento metri. La montagna ne approfitti, si rivolga a loro come se fossero amici e non clienti, come se fossero Messner e non Tomba, e la stagione invernale sarà quasi salva.
Se uno nasce pirla anche se frequentasse per tutta la vita un ambiente che lo può educare rimane un pirla.
Fabio, io non ne sono così convinto. Ma è un’opinione.
Ragazzi, io sono sempre stato convinto, sin dai miei vent’anni, della funzione educatrice dell’alpinismo e dello scialpinismo, e pure dell’escursionismo, dello sciescursionismo, delle ciaspolate.
Una dura giornata in montagna, di fatica e sudore (e coscienza del rischio, responsabilità verso se stessi, responsabilità verso i compagni, valutazione delle difficoltà, autocontrollo, consapevolezza della precarietà della nostra vita, ecc. ecc.), moltiplicata per mille volte, per mesi e per anni, educa! Eccome se educa! E quella educazione me la sono portata appresso per tutta la vita, anche in pianura.
Non vi piace il verbo “educare”? Sostituitelo con “insegnare”. La montagna insegna, e noi (forse) impariamo.
… … …
Una volta si diceva: “La montagna è una maestra severa”. Noi diciottenni, scherzando (ma non troppo), aggiungevamo: “E chi sgarra è perduto”. Che tempi!
Criticare i cannibali usando i social è una contraddizione in termini. I social (compreso questo) hanno aperto la comunicazione alla frequentazione di massa senza barriere di reddito, di stile, di gusto estetico, di cultura, di capacità linguistiche. Esattamente come gli sport di massa della montagna, primo fra tutti la discesa. Della modernità non si può prendere solo ciò che piace e fa comodo. Certamente gli eccessi fanno orrore e vanno contrastati, ma il pacchetto è fatto di cose che sono collegate tra loro e si finanziano a vicenda. Altrimenti sarebbe piu coerente comunicare tra pochi, con belle letterine scritte con lentezza e ponderazione alla scrivania, magari prima in minuta e poi infilate in una busta, leccando il francobollo e aspettando qualche giorno per una meditata risposta.
Anche il Crovella for Vice President.
comunque vorrei dire che i cosiddetti cannibali si stanno già espandendo da molti anni anche nel mondo dello sci-alpinismo, delle ciaspole (e ci mancherebbe, qui forse sono la maggioranza), per cui secondo me il passaggio non sarà sicuramente impossibile. Forse probabilmente è meglio aprire tutti gli impianti, così almeno saranno confinati in questi ambiti, ed evitiamo di ritrovarceli in fila sulle tracce.
@3 suvvia, ti dà così fastidio che un po’ di gente, caiani e caini inclusi, salga dalle nebbiose pianure a respirare un’aria meno fetida o preferisci che i tuoi compaesani si affollino nei supermercati? I francesi hanno già ufficialmente detto che sarà l’occasione per fare fondo, pelli e ciaspole >> https://www.ledauphine.com/societe/2020/11/28/ces-sports-de-neige-que-vous-pourrez-pratiquer-le-15-decembre-hiver-noel-ski-fond-rando-raquettes-isere-savoie-haute-savoie-alpes-station
Cominetti. Parlavo dal punto di vista dell’efficacia del testimone sull’orientare l’opinione di un settore dell’opinione pubblica, in questo caso i circa 4 milioni di sciatori di discesa. Se parla uno che appartiene ad un altro gruppo di interessi la sua dichiarazione ha meno influenza. Se parla un testimone organico a quel mondo il suo peso è ben diverso. Se sull’alpinismo parla Gogna noi lo ascoltiamo e la sua opinione influenza l’atteggiamento e il comportamento. Se parlasse Tomba di alpinismo la maggior parte se ne fotterebbe e forse direbbe anche: “ Ma non rompere….pensa alle tue discese e a campare con quelle”.
Bertoncelli for president.
Lo sci su pista non può considerarsi sport ma semmai attività ricreativa.Altrimenti come spieghereste gli ski bus o l’auto presi per fare 35 m, i tapirulan (so che si dice tapis roulant ma la prima espressione mi è sempre piaciuta di più) installati per superare dislivelli di 80 cm, la quantità di grassi, alcol e fritti consumati nei ristori lungo le piste, la quantità enorme di maestri di sci che fuma, l’estremo consumismo compulsivo verso attrezzature e capi d’abbigliamento, il piacere di parcheggiare a pagamento anche a costi da ladri, ecc.
I praticanti di questa disciplina oggi incolore e informe molto difficilmente si convertiranno ad attività faticose che devono lottare contro la forza di gravità anziché assecondarla. Quindi c’è la speranza che non si rechino in montagna perché non saprebbero cosa fare. Potremo trarre conclusioni concrete solo dopo il 6 Gennaio e speriamo di esserci sbagliati tutti.
Pasini, concordo con te sull’aspetto umano della vicinanza pericolosa, ma non capisco perché a dire la loro sulla questione dovrebbero essere campioni di sci alpino. Ne conosco un po’ di persona e non tutti la pensano allo stesso modo anche perché coinvolti in modo diverso. E comunque Tomba e Brignone hanno già detto che aprirebbero tutto. In TV pochi giorni fa ho saputo che non appena Mauro Corona ha detto (giustamente) che non si vaccinerebbe subito contro il Corona virus, gli hanno tolto l’audio perché tacciato di negazionismo. Infatti s’è incazzato.
Le parole sono come pietre, pesano, anche a seconda di chi le pronuncia.
È piú facile che Bertoncelli salga la parete nord del Cervino in solitaria invernale piuttosto che un fighetto pistaiolo si converta allo scialpinismo su montagne dai pendii immacolati.
Augh! Ho detto.
QUELLA MISTIFICAZIONE: LO SPORT
Sarebbe strano che un alpinista non sia completamente d’accordo con Messner, e quindi qui ci sarebbe solo da fargli i complimenti.
Invece qualcosa da dire c’è, sul non detto: sulla contrapposizione fra alpinisti e sciatori da discesa, con risalita meccanica.
Si è imposto un linguaggio mistificante che, con una parola ambigua, nasconde quella contrapposizione, confondendo i due opposti.
La parola così perfettamente mistificante è: SPORT.
Vengono chiamate così, con la stessa parola, tante attività del tutto diverse, per molti aspetti contrapposte.
Cosa hanno in comune chi si fa una bella gita in montagne innevate, silenziose e poco o niente frequentate con chi, bene abbigliato e in luoghi affollati, si fa trasportare in salita pagando un prezzo e poi consumando una discesa?
Cosa ha in comune chi si fa una bella corsa in bici con professionisti che, lussuosamente pagati dagli sponsor, gareggiano in pista su motociclette?
Cosa hanno in comune ragazzi o adulti che si godono il piacere di giocare a palla fra loro con la grande industria dello spettacolo calcistico? E del potere di consenso politico che ne deriva? E del fatto che la morte di un solo famoso calciatore pesa enormemente più di tante altre migliaia?
Addirittura, la mistificazione arriva al punto di chiamare “sportivo” anche chi tifa per chi dà spettacolo in uno sport. I tanti “bar dello sport” non sono bar in cui si pratica un qualche sport, ma luoghi in cui persone che normalmente non ne praticano nessuno ci godono a parlare fra loro di altri che lo fanno.
Sarebbe come chiamare “amanti” i guardoni, senza particolare offesa per i guardoni, ma solo per i tifosi.
Messner fa benissimo ad affermare che si potrebbe andare sulla neve anche con le ciaspole e che sarebbe molto meglio se così si facesse.
Ma tace, pur sapendolo bene, che perchè così facessero gli sciatori discesisti dovrebbero convertirsi, rieducarsi, regredire dal loro consumismo e tornare ad esseri veri, vivi, capaci di godere nel loro rapporto completo (quindi anche fisico) con la natura. Di riscoprire che l’impegno fisico in una salita è parte del rapporto con la montagna, che ha le sue salite e discese, che non è sgradevole e disprezzabile fatica.
Sarebbe un miracolo? No, penso che sarebbe possibile, ma certo molto, molto difficile; non sarebbe solo un problema individuale dello sciatore discesista, ma sarebbe una guerra contro nemici ricchi e potenti che hanno trasformato luoghi meravigliosi come le montagne in imprese redditizie e che hanno il potere di manipolare cultura e linguaggio, di inserire nei cervelli parole come “sport” che impediscono di esprimere e di meditare sulle differenze che contano.
Geri
Alessandra. Tutti i contagiati che conosco si sono contagiati in famiglia. La ragione lo sa, ma il “cuore ha delle motivazioni che la ragione non può comprendere”. È il cuore a dirci che un nostro caro non sarà mai un pericolo e una minaccia per noi. Questa per molti sarà ed è la vera rinuncia, la vera sofferenza. Il resto ( sci, montagna….) sono cazzatelle per tardo adolescenti viziati.
Approvo e sottoscrivo in toto. Aggiungo anche: i discesisti duri e puri e caciaroni, che poco c’entrano con la montagna, possono anche stare a casa per un anno, che tanto….ce li immaginiamo con le pelli? O a far sci nordico, dove si fa fatica?
A casa! A casa tutti se vogliamo uscirne. Stiamo a casa anche noi se serve!
La montagna (sana) ci saprà aspettare!
Meglio sarebbe stato che a prendere posizione in questo senso fossero stati campioni presenti e passati dello sci da discesa. Il vero test non sarà lo sci ma i ricongiungimenti familiari. Convincere gli italiani a non spostarsi a Natale. Convincere, perché proibire non ci riuscirai neanche con l’esercito. Anche militari e poliziotti tengono famiglia. Nel giorno del Ringraziamento si sono spostati, prevalentemente in auto, 50 milioni di americani, anche negli stati a totale maggioranza Biden. La cultura di un popolo è più forte della paura della morte. Non la cambiano facilmente ne’ guerre ne’ pandemie ben peggiori di queste, come ci insegna la storia.
Partendo da un paese situato in una valle, anche se ampia, gli itinerari facili adatti al cannibale natalizio eventualmente convertito alle pelli di foca o alle terribili ciaspe, sono non più di 4 o 5 al massimo. Se frequentati da qualche centinaio di persone, quando non da qualche migliaio, in base all’offerta ricettiva della località in questione, significherebbe colonne interminabili di sventurati tipo “ritirata di Russia” dove distanze e mascherine sarebbero utopia. E’ meglio stare tutti a casa.Quella frequentazione della montagna auspicata da Cognetti e da Messner, sulla quale sono anch’io d’accordo, necessita di anni e anni di avvicinamento e acculturamento, mentre le vacanze dei cannibali natalizi sono alle porte e per fermare l’eventuale patatrak occorrono polso fermo e mira precisa.
Ciao Marcello!
Son d’accordo con te che in un momento come questo gestire l’attuale modalità dello sci alpino è alquanto difficile dal momento che per la maggioranza dei turisti il gesto sciistico è perlopiù marginale. E dal momento che, come anche da documento redatto dalle regioni interessate che chiede l’apertura, ci si affida al senso civico degli utenti…beh meglio lasciare tutto chiuso.
Condivido completamente quanto affermato di Messner. Sotto tutti gli aspetti.
Vorrei aggiungere che bisognerebbe far prevalere il buon senso attenuando le spinte emotive anche se giustificate. Ritengo ogni forma di estremismo dannosa, non ha senso credo pensare di eliminare lo sci da pista, ma bisogna convincersi TUTTI che non bisogna più costruire nuovi impianti, ce ne sono già troppi, bisogna assolutamente salvaguardare la montagna libera che resta. Ritengo giusto: modernizzare gli impianti che hanno ragione di esistere con soluzioni tecnologiche atte al risparmio energetico, cancellare ripristinando l’ambiente quelli posti a quote ove ormai non nevica più, Stop ad ogni proliferazione di altri impianti ed all’abbattimento di alberi per creare nuove piste o ampliare quelle esistenti
Gli assembramenti che derivererebbero dall’apertura degli impianti sciistici rischiano di creare dei focolai che poi si ribalteranno nell’accentuazione della (attesa) terza ondata da fine gennaio in poi. La terza ondata sarebbe devastante sia sul sistema sanitario (ormai alle corde), sia su altri fenomeni di primaria importanza come la scuola ordinaria. Puntare a riaprire le scuole ordinarie, ovviamente in assoluta sicurezza (non solo negli edifici, ma in tutto l’ambaradan che ruota attorno al fenomeno della scuola ordinaria, trasporti in primis), questo è un obiettivo irrinunciabile, altrimenti si rischia di perdere l’anno scolastico.
Quindi sintetizzo: scuole ordinarie sì, scuola di sci no.
Tuttavia, pur condividendo in pieno il contenuto espresso da Messner, segnalo che c’è un punto debole nelle posizioni di chi propugna attività alternative per la montagna invernale (oltre a Messner, Corona e addirittura Paolo Mieli – noto editorialista del Corriere – hanno esplicitamente parlato di “pelli di foca”!).
Il punto è questo: ovvio che l’orda famelica è attirata dallo sci di pista, per cui se gli impianti restano chiusi, l’affluenza nelle valli sarà molto ridotta. Tuttavia una certa affluenza ci sarà e in alcuni casi si registrerà la convergenza in valle di turisti provenienti da località di residenza molto diverse. Tali turisti, anche nell’ipotesi di gite/ciaspolate/passeggiate “individuali” o semi-individuali, poi però si ritrovano in paese nel tardo pomeriggio, alimentando un circuito fatto di aperitivi, vin brulé, cenoni, brindisi di qua, feste casalinghe di là, “ehi tanti auguri!”, baci e abbracci ecc ecc ecc. Tutto quello che io l’altro giorno in un dibattito “politico” ho riassunto come “Jingle Bells”. Questo rimescolamento umano sarà pericoloso e fonte di contagi. La cosa negativa è che poi i vari turisti, dopo una o due settimane di Jingle Bells, torneranno nelle rispettive residenze, disperdendo i contagi per l’Italia.
(>Per inciso: è’ ovvio che io non amo il clima Jingle Bells, per cui ne starei molto ai limiti. Se sarà giuridicamente concesso spostarsi in valle, penso di andarci, tanto le piste non mi interessano e la caciara in paese meno che mai. Tuttavia se permarrà il divieto di uscire dal proprio comune, allora resterò in città, tanto cose interessanti da fare ne ho a bizzeffe.)
Riprendiamo il ragionamento. E’ ovvio che senza gli impianti aperti, l’orda numerica che, su in montagna, si mescolerà nel Jingle Bells sarà molto inferiore, ma un po’ ci sarà comunque: bisognerebbe evitarla del tutto. Secondo tale linea di ragionamento, non bisognerebbe proprio spostarsi dalle rispettive residenze, per queste vacanze.
Oggi come oggi il go0verno appare abbastanza tetragono sul NON agli impianti aperti. E’ anche vero che (almeno nelle occidentali) non c’è un filo di neve. L’altro giorno han fatto vedere un servizio al TG Regionale Piemonte e una giovane maestra di sci del Sestrieres indicava il parcheggio deserto del colle, dicendo ” guardate a cosa ci ci condannate senza gli impianti aperti!”. Poi però la camera ampliava la visuale e si vedevano esclusivamente prati secchi. Solo il cucuzzolo del Sises era imbiancato, ma proprio da una spolverata, per cui la neve inizia ben al di sopra dei 2500 m e solo in esposizioni pieno nord. Ora come ora non ci sarebbe neppure l’oggetto del contendere, perché l’eventuale neve sparata riempirebbe giusto due striscioline (dove appunto si ammasserebbero come mosche tutti i cannibali da pista). Tuttavia previsioni meteo accreditate segnalano l’ipotesi di nevicate anche a bassa quota verso l’Immacolata. Sono quindi curioso di vedere se il governo saprà resistere alle pressioni che emergeranno prepotenti a ridosso delle vacanze, facendo leva su un buon innevamento naturale. Sarà un bel test politico, molto più del passaggio parlamentare sulla revisione del Fondo Salva Stati (più o men o previsto a cavallo del 10 dicembre)
“La montagna non è solo lo sci”
“Prima salute e istruzione, poi tutto il resto”
E come si fa a non essere d’accordo…
Nel sintetico ed efficace articolo di Messner si trova magnificamente espresso il nobile concetto di anarchia quando si parla di necessaria coesione tra i membri della UE per combattere il virus. L’espressione di tale concetto si trova anche nel rispetto verso il prossimo indipendentemente dalla corrente politica cui appartiene. Un grosso limite della democrazia sta infatti nel concedere all’opposizione di opporsi, appunto, in tutti i modi, condizionando spesso negativamente chi è stato chiamato a governare. Immaginate di essere su un difficile passaggio verticale e rischioso mentre il vostro compagno di cordata, anziché farvi coraggio, vi tira la corda verso il basso o si dimostra distratto. Come fareste a procedere?
Tornando all’articolo, però, faccio notare come questo proponga argomenti utili a vedere il turismo montano oltre lo sci su pista con meno parole e più efficacia di quello di Cognetti, senza però trovare una soluzione a un problema imminente che è quello di come gestire l’ondata (se ci sarà, io spero di no) natalizia degli assatanati identificabili con un gruppo che gira da decenni in Dolomiti appiccicando pure adesivi ovunque che si chiama “MATI PE ‘E BAITE”. Io li terrei tutti a casa, l’ho già detto.