È giusto chiudere le vie per prevenire incidenti? Il tema è delicato e può aprire un dibattito, soprattutto dopo i fatti della Marmolada. È giusto imporre divieti di salita oppure è meglio lasciare la scelta alla valutazione dei singoli?
La montagna vietata
di Carlo Ruga Riva
(pubblicato su Montagne360, settembre 2022)
La tragedia della Marmolada, dove il crollo di un seracco ha causato la morte di 11 persone, e il conseguente divieto di accesso disposto dal Sindaco di Canazei al versante nord del ghiacciaio, ripropone un interrogativo non nuovo, che trascende quest’ultima tragica vicenda: è giusto imporre divieti di salita a escursionisti e alpinisti? O sarebbe meglio lasciare la scelta degli itinerari alle valutazioni consapevoli degli interessati? Il tema è certamente delicato. Da un lato i pubblici amministratori (sindaci, presidenti di parco, ecc.) emettono ordinanze di chiusura temendo che, in caso di incidenti, verrebbero chiamati a risponderne, sia in sede penale che civile. D’altro lato gli appassionati di montagna, in linea di massima, vorrebbero essere liberi di scegliere gli itinerari e, se del caso, di prendersi alcuni rischi, ben consapevoli che un qualche livello di rischio è inevitabilmente insito nell’andare per monti. Il dibattito, imperniato sul dilemma classico libertà/autorità, si è andato arricchendo negli ultimi tempi di un nuovo protagonista: l’ambiente. È giusto, per tutelare l’ambiente, vietare alcuni itinerari (ad esempio su ghiacciaio, su terreni friabili o in zone abitate da animali rari o vulnerabili, ecc.)?
Parliamo di auto-responsabilità
Lasciando momentaneamente da parte l’ambiente, il tema dei divieti in montagna può essere impostato da un punto di vista paternalistico o da un punto di vista libertario. L’approccio paternalistico punta a regolamentare la vita del cittadino “per il suo bene” imponendogli cautele (l’uso di cinture di sicurezza, del casco, della mascherina). In montagna abbiamo i recenti casi di obbligo, a certe condizioni, di Artva, pala e sonda per scialpinisti e per ciaspolatori. Dietro l’approccio paternalistico sta l’idea che i cittadini non siano sufficientemente auto-responsabili, e che dunque sia giusto promuovere (sotto minaccia di sanzioni) determinati comportamenti a loro tutela. Negli esempi riportati la fruizione della montagna non è vietata in assoluto, ma è subordinata a certe condizioni: indossa l’Artva, munisciti di pala e sonda, e via dicendo.
Viceversa, il divieto di accesso a certe vie o cime è un divieto incondizionato: suona “tu da lì non sali, comunque equipaggiato”.
La “filosofia” della regolamentazione è la medesima, ma evidentemente diverso è il grado di incidenza sulla libertà di circolazione, che in base all’art 16 della Costituzione può essere limitata solo per ragioni di sanità o, appunto, di sicurezza. All’opposto, un approccio libertario lascia alle scelte di ciascuno il se, come e quando salire, partendo dall’assunto che l’autoesposizione al rischio, più o meno elevato, è questione privata, che l’alpinista valuta in base alla propria esperienza e alla sua personalissima propensione ad accettare un certo livello di rischio. Peraltro, in un sistema come quello italiano che offre sanità pubblica e – in linea di massima – Soccorso alpino gratuito finanziato dallo Stato, è evidente che il peso di certe scelte private ricade inevitabilmente sulla collettività. Che fare, dunque?
Uno spazio libero dal diritto?
Sul tema sono naturalmente legittime opinioni diverse, e qui si vuole aprire un dibattito più che fornire soluzioni preconfezionate. Muoviamo da un parallelo con la circolazione automobilistica. Cautele di vario tipo sono imposte universalmente e sono generalmente accettate (ad esempio limiti di velocità e obbligo di cinture di sicurezza); in taluni casi si arriva alla chiusura di singole strade (specie montane…) per frane (o valanghe) avvenute o ritenute imminenti. Altre cautele, pur possibili e sicuramente utili a prevenire incidenti (generalizzato limite di 30 km/h, cilindrate minime, eccetera) non sono imposte per varie ragioni, sintetizzabili nella logica del bilanciamento con altri interessi (alla celere circolazione, al piacere di andare a 130 km/h). Veniamo ora al cuore del nostro discorso. I sentieri di montagna sono uno spazio diverso dalle strade asfaltate? Ha senso che la montagna goda di uno statuto diverso dalle altre esperienze di vita? Un Rechtsfreier Raum, ovvero uno spazio libero dal diritto? Una zona franca, dove ognuno sceglie ed è responsabile, pagandone il prezzo, delle proprie scelte, giuste o sbagliate, rischiose o meno, senza subire imposizioni?
Il ruolo formativo del CAI
Certo, la tentazione romantica di guardare alla montagna come a un luogo “altro” è forte, e a sventare i rischi che le scelte private abbiano ricadute sulla collettività basterebbe un unico obbligo: di assicurazione medica e sul soccorso (questa ultima come è noto coperta per esempio dall’iscrizione al CAI).
Naturalmente la libertà andrebbe coniugata con l’auto-responsabilità, che presuppone oneri di informazione e competenze adeguate: di qui il ruolo formativo del CAI, non solo attraverso i propri Corsi, ma anche attraverso formazione nelle scuole e partecipazione al pubblico dibattito attraverso i mass-media e i social.
Tuttavia, in un ordinamento come il nostro, ove un insieme di fattori (obbligatorietà dell’azione penale; protagonismo dei giudici; elevato grado di litigiosità giudiziaria dei cittadini; provvedimenti amministrativi adottati in ottica difensiva) spingono a un eccesso di regolamentazione, un certo livello di paternalismo è, temo, inevitabile, e del resto in linea con una diffusa – per quanto criticabile – tendenza a trovare responsabili anche rispetto a eventi naturali imprevedibili (si veda la condanna in primo grado di alcuni componenti della Commissione Grandi Rischi, rei di non avere preveduto il terremoto dell’Aquila e i relativi morti, decisione poi ribaltata nei gradi successivi e che ha scatenato le critiche della comunità scientifica internazionale).
Come ridurre il rischio
In questo contesto invocare l’assenza di regole “esterne” in montagna, compensandole con l’autoregolamentazione consapevole, è verosimilmente utopistico.
Forse vale la pena tentare di ridurre le regole a quelle:
a) che nel limite del possibile e del ragionevole non vietano certe attività, ma si limitano a consentirle con modalità meno rischiose (ad esempio obbligo di Artva per scialpinisti);
b) non mirano a prevenire astratti rischi (ad esempio il crollo generalizzato di seracchi; il sempre possibile distacco di una valanga o la caduta di sassi), ma mirano a prevenire concreti pericoli resi attuali da seri indizi (ad es. eventi-campanello come piccoli o grandi distacchi o caduta ripetuta di sassi da certi versanti); in quest’ottica si pone correttamente la citata ordinanza trentina, nonché la recente ordinanza del Sindaco di Macugnaga, che, sentiti il Presidente della locale Sezione del CAI, il Soccorso Alpino locale e un esperto di valanghe ha vietato (per un largo tratto) un singolo itinerario (il giro del Lago delle Locce), al contempo prevedendo un programma di monitoraggio aereo della parete est del Monte Rosa, senza divieti generalizzati di frequentazione dell’area.
In linea con questa impostazione è fondamentale la collaborazione con gli esperti (e dunque anche con il CAI), e non si deve puntare a imbrigliare l’attività all’aperto nel suo complesso, ma al più adottare regole puntuali, limitate nel tempo e nello spazio, di fronte a pericoli seri, attuali e incombenti.
A mio parere dovrebbe poi rimanere al di fuori di qualunque regolamentazione l’alpinismo “di ricerca”, quello praticato da alpinisti di alto livello, in cui il rischio è elevato ma praticato da soggetti dotati di altissima preparazione ed esperienza, che consapevolmente agiscono “al limite”.
L’ambiente e la biodiversità
Dicevamo all’inizio di un terzo incomodo: l’ambiente.
Divieti di salire certe vie di arrampicata in certi periodi dell’anno perché lì nidifica l’aquila; di percorrere certi itinerari scialpinistici per tutelare l’incolumità del gallo forcello, ecc. Qui non è più questione di uomini che limitano l’attività di altri uomini, ma di divieti volti a tutelare habitat, flora e animali, cioè l’ecosistema nel quale l’uomo vive. Se vogliamo, si tratta di regolamentazioni che indirettamente e sul lungo periodo (“le future generazioni”) tutelano anche l’uomo, il suo sogno di vivere in un ambiente ricco di biodiversità. In quest’ultimo caso direi che i divieti posso essere accettati con una certa serenità: limitati nel tempo e nello spazio, a tutela di contesti ed esseri viventi che al pari dell’uomo hanno diritto di vivere e prosperare.
Carlo Ruga Riva è Professore ordinario di Diritto Penale, Università di Milano-Bicocca.
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E’ una gran faticaccia Luciano 🙂
Vedi, io mi sono messo in gioco, ho riletto Crovella, ho capito che non avevo capito, e ora lo applaudo. Anche sull’ultimo intervento concordo al 100%.
Bisogna mettersi con animo aperto. Io l’ho dimostrato. Ora se mi si dice è un dato di fatto il cambiamento climatico di origine antropica, ma è un dato di fatto un bel niente.
Poi ovvio ho della strumentazione che vuoi non avete, come voi avete altra strumentazione che io non ho per comprendere che c’è sotto una fregatura.
C’è il cambiamento climatico? per me c’è sempre stato ma sono disposto a capire se le variabili ambientali in gioco, meno a capire che derivi dall’uomo per una serie di incoerenze che vi ho gia’ citato, perchè so che la dottrina minoritaria in qualsiasi campo non è da sottovalutare perchè sovente ha ragione per i meccanismi che ho citato.
Ma anche voi. Tutto quello che dico è sbagliato. Neanche una minima riflessione. Lo comunico male? benissimo anche Crovella aveva iniziato a prendermi in giro e io nonostante tutto ho voluto approfondire uno che effettivamente mi trattava male.
Perchè non mi chiedi cosa dice Pareto, cosa dice Michels, cosa hai visto sui mercati finanziari? a sociologia all’universita’ si ammoniva su i paper scientifici che erano oro colato perchè? cioè io vi do a gratis come è giusto su un blog anni di studi, di spese universitarie, di notti passate a guardare il grafico dell’oro, delle borse, delle materie prime di secoli e secoli fa e voi no tutta merda neanche la briga di approfondire.
Come detto cazzi vostri, sapete che il presupposto di Crovella da cui parte è sacrosanto. Avrete la liberta’ limitata dall’alto ma non solo sulla montagna, ma in tutte le attivita’. State dando una societa’ in cui i figli saranno controllati anche nei peli del buco del culo. Complimenti. I ns avi hanno lottato per renderci liberi e noi andiamo a perdere questo valore.
La soluzione poi credo che risieda nel concetto di Crovella. Capendo l’andazzo, capendo che effettivamente siamo in tanti e saturiamo risorse limitate, prima di andare a subire le limitazioni meglio limitarci. La perplessita’ mia unica che ho è che questa autolimitazione poi tanto non serva poichè i piani sono gia’ ben chiari dall’alto. Ma tanto vale provarci e poi agire di conseguenza se va bene o male.
Stefano, mi inchino di fronte a tanta sapienza e capisco che per te dev’essere molto difficile discutere con individui dotati di un Q.I. molto inferiore al tuo. Stammi bene.
Luciano, quando ti troverai a non poter fare niente perchè consumi co2 mentre la Cina e India se ne sbattono e vivono e vivranno bene FORSE capirai che il tuo QI è molto scarso. E’ ovvio che i riferimenti delle persone che ho messo basta andare sul loro CV e reperire le loro opere, e ne ho messi di altri l’altra volta, neanche questo sei capace di fare. E io perdo tempo con questa gente qua. Te non capisci minimamente di come si muove la societa’ e citi fonti non capendo niente di quello che ho scritto.
Per enne prof e ricerche che dicono causa antropica ce ne sono enne che o sono pubblicate ma non diffuse adeguatamente (citate), o proprio non le fanno pubblicare perchè ci sono interessi. Interessi volpe mia che puoi capire se studi Pareto, Michels, se studi uno straccio di mercati finanziari come si muovono. Siccome sei ben distante da queste tematiche ti dico…continua a crederci ma se poi te o peggio ancora i tuoi figli faranno una vita di merda (e Crovella che è anni luci piu’ sveglio di te l’ha ben capito) saranno cazzi tuoi. Purtroppo stare insieme ad ignoranti come te (si perchè il tuo post non è stato per niente civile e mi permetto altrettanto) ci rimette gente come il sottoscritto che dovra’ adattarsi a tutte le stronzate che si inventeranno (tracking co2 che solo un demente puo’ pensare di istaurare quando tutta l’Asia ne produce enne volte superiore come detto e han gia’ detto che non si adegueranno).
ohhh e il genio mette la BBC la prima ad essere foraggiata con finanziamenti da un riccone che guarda caso cita sempre il cambiamento climatico…chissa’ che interessi ha questo riccone… ma il buon Luciano crede nel buon samaritano, nella FILANTROPIA, povero m..a.
In più che un elemento relativamente nuovo che cerco di sintetizzare come una “illuminata” presa di coscienza interna alla comunità degli appassionati di montagna. Le recenti iniziative, in alcuni casi riportate anche qui nel Blog, si stanno infittendo e si diffondono a macchia d’olio. Qui, sia chiaro, non c’entra nulla la smania del sistema di controllare sia per esigenze di sicurezza sia per il rispetto dell’ambiente. C’entra invece l’emergere di una consapevolezza degli “alpinisti” (intesi come appassionati di montagna) per un comportamento maturo e responsabile, sotto ogni punto di vista. Riporto dall’odierno post di Altri Spazi:…
“Rispetto, amore, memorie d’infanzia, passo lento, sogno e natura, luoghi del cuore, voglia di wilderness, selvaggio, valore, spreco, dovere, distruzione, vita, silenzio e ferita, tutela, basta, bellezza, patrimonio, ossigeno, incontaminato, interessi, Terra, noi…”
Senza un limite all’azione umana (anche in termini di performance individuale) perderemo tutto questo. E se non ci autoregolamentiamo, alla fine ci penserà “qualcun altro” a inquadrarci, dall’alto. Meglio agire da noi. Prima metabolizziamo tutto ciò e più probabilità avremo di avere una montagna ancora relativamente “libera”. Del tutto libera non sarà più, ormai il dado è tratto, ma in parte possiamo ancora giocarcela. Certo occorre che cambi radicalmente la mentalità.
Tornando al tema cardine, scomodo una sentenza evangelica e dico che molti (moltissimi…) di voi puntano a cogliere la pagliuzza nell’occhio altrui e non si rendono conto della trave del proprio occhio. In parole povere: vivisezionate i miei parallelismi (esempio: se la patente autostradale/nautica sia o non sia comparabile con l’ipotetica patente montanara…tutte scemenze in visione prospettiva, perché i tecnicismo giuridici saranno adeguati alle decisioni strategiche future) e non vi accorgere dei mega trend socio-politici che scorrono ben SOPRA le nostre teste e la nostra singola volontà. Tali trend, di “controllo” dei singoli, erano già in essere, seppur abbozzati e nascosti fra le pieghe burocratiche, ben prima del Covid. Ma il Covid, con tutti i provvedimenti presi in questi ultimi anni (in quel momento per necessità sanitarie) ha dato una accelerazione incontrollata a tali trend generali. Pass, vaccini, autorizzazioni, selezione fra individui tipo A e individui tipo B ecc ecc ecc sono ormai stati sdoganati. Questo in tutta la realtà dell’0esistenza, non solo per la montagna. L’andar in montagna è l’ultimo dei risvolti, in termini di importanza, dell’esistenza globale dell’umanità, ma i trend arriveranno ANCHE a tale risvolto. La controprova? Tre o cinque anni fa non sarebbe stato pubblicato un articolo come questo qui di M360. Oggi sì e in questo io vedo la conferma dei ragionamenti socio-politici. Il resto sono dettagli: se il sistema punta a maggiori controlli, troverà i modi tecnici e giuridici per ottenerli.
@46 Interrompo questa piacevole conversazione per precisare a tal claudio, autore del commento 46, che ho fatto mente locale e mi sono accorto che, nel recente passato, non ho contribuito per qualche giorno di seguito al Blog, perché, oltre ai soliti impegni quotidiani, sono stato molto impegnato con la selezione delle foto per un prossimo libro di montagna. Non ti fornisco maggiori dettagli sul punto perché ti verrebbe un infarto… Quindi ti confermo che non c’è stata nessuna “sospensione” a mio carico, come dai idea di insinuare fra le righe nel tuo commento 46. Buona giornata!
Luciano, è inutile: siccome non capisce quello che c’è scritto ed è incapace di seguirne il ragionamento, è evidente che quanto scritto è falso e fatto apposta per abbindolarlo…ma lui mica ci casca!
59. A parte la spocchia che traspare da ogni tua parola e che già basterebbe per mandarti a ca..re invece di perdere tempo a risponderti, ma davvero sei convinto che decine di migliaia di studiosi del clima che concordano su un dato, siano tutti ma proprio tutti sovvenzionati da fantomatiche lobbyes, mentre chi si dichiara contro sono tutti amorevolmente e gratuitamente interessati al bene dell’umanità, lo fanno per noi, per metterci in guardia dai cattivoni catastrofisti?
Ma davvero pensi che le opinioni che hai postato, senza nemmeno uno straccio di link ad uno studio, possano valere più di zero?
https://www.ucsusa.org/resources/global-warming-skeptic-organizations
questi sono per l’attività solare responsabile, secondo il tuo amico, del riscaldamento globale: (magari un ripassino di materia da scuola superiore non sarebbe male)
https://www.sciencefocus.com/planet-earth/will-increased-sun-activity-make-climate-change-worse/
https://www.imperial.ac.uk/media/imperial-college/grantham-institute/public/publications/briefing-papers/Solar-Influences-on-Climate—Grantham-BP-5.pdf
e questo è proprio sul tuo amico:
https://www.climalteranti.it/2022/07/26/unirresponsabile-e-ostinata-ciclomania/#more-11459
Vedi Carlo, a te sono aliene queste materie, tematiche SCIENTIFICHE
a) adverse selection e Moral Hazard
b) concetto di elite e della psicologia delle masse
in piu’ tu non hai dimostrato niente, perchè io ho riportato altrettanto materiale che confuta, ma te hai portato materiale che confuta me.
E quindi si va alla ricerca della fonte piu’ autorevole senza sapere che questa fonte è condizionata da B).
In particolare prendendo il punto A) la gente oltre a non conoscerli pensa che
Moral hazard e adverse selection non esistano
non esistano i conflitti di interesse
non esista la corruzione
non esistano finanziamenti di lobby, etc.
Vivete in un mondo fantastico che vi ha creato la TV dove tutti vogliono il bene di tutti gli altri. Che è una grande stronzata. Basta entrare in un’azienda (e posso dirtelo per diretta esperienza) e hai delle bellissime scenette di gente che ti sorride, ti da la massima disponibilita’ e giura fedelta’ salvo poi alle spalle incularti a sangue. O basta pensare ad una persona privata che finanzia gran parte dell’OmS senza pensare che voglia realizzare i propri interessi a scapito della collettivita’.
Scendete dal pero che i 6 anni li avete passati.
Credere che un report scientifico sia VERITA’ perchè è stato validato da un team nulla vieta che questo team e gli autori siano foraggiati oltre poi ad esserci problemi di campionamento. Ho analizzato decine e decine di report scientifici, tutti ben impostati, con un bel campionamento, risultato? enne risultati diversi…chi dava importanza a X chi invece a Y chi a Z.
Come ho gia’ citato per altra tematica… come si fa ad essere sicuri sulla così detta infallibilita’ della scienza medica quando tutti dicono il contrario di tutto (prof. Burioni, Bassetti, Galli, etc dicono X, altri Prof Bizzarri, Frajese, Cosentino dicono Y e sempre citando rapporti scientifici). Figurati poi su quella ambientale.
L’uomo ha bisogno di certezze e non le avra’ ne con Dio (che non lo vede e non sa se esiste) ne con la così detta scienza proprio per le cose dette sopra.
E se vogliamo fare a gara ma io ho messo la fonte piu’ autorevole guarda te la do subito vinta perchè tanto non è così.
https://www.isprambiente.gov.it/it/archivio/notizie-e-novita-normative/notizie-ispra/2013/10/v-rapporto-sul-clima-ipcc-l2019uomo-responsabile-al-95-del-cambiamento-climatico#:~:text=Secondo%20il%20rapporto%2C%20dall%27inizio,atto%20tra%20i%20gas%20serra.
EH SI, PROPRIO COSI
“MG (49) mi permetto di precisare che ci siano più che evidenti prove scientifiche che lo scioglimento di ghiacci e di permafrost siano di origine antropica. Ma a prescindere da ciò, mi pare evidente che le cose stanno peggiorando. Seracchi che cadono, frane, inondazioni e che daranno sempre più frequenti e gravi.”
EH!!!
https://www.nicolaporro.it/franco-prodi-il-clima-nessuna-prova-sia-colpa-delluomo-ma-io-vengo-perseguitato/
https://www.meteoweb.eu/2022/04/clima-tutto-inutile-scafetta-modelli-catastrofisti-hanno-fallito/1786870/
https://www.ilfoglio.it/scienza/2019/09/26/news/anche-la-scienza-ci-dice-che-il-cambiamento-del-clima-si-affronta-senza-isteria-276379/
“Se durante una inondazione vado sull argine per vedere dove arriva l’acqua e l’argine cade, secondo me non è colpa del sindaco che mi ha impedito di andarci ma dell’evoluzione che seleziona gli stupidi.”
bene, direi di ritornare tutti con la Colt al fianco. far west. può essere un’opzione.
MG (49) mi permetto di precisare che ci siano più che evidenti prove scientifiche che lo scioglimento di ghiacci e di permafrost siano di origine antropica. Ma a prescindere da ciò, mi pare evidente che le cose stanno peggiorando. Seracchi che cadono, frane, inondazioni e che daranno sempre più frequenti e gravi. Questi “pericoli probabili nel quando ma certi nel dove’ autorizza a vietare l’accesso ad un luogo da parte della P.A.?
Se durante una inondazione vado sull argine per vedere dove arriva l’acqua e l’argine cade, secondo me non è colpa del sindaco che mi ha impedito di andarci ma dell’evoluzione che seleziona gli stupidi. Se salgo in Marmolada e vengo travolto da una scarica non è colpa del sindaco o della guida che mi accompagna ma del destino. Se vengo travolto da una slavina è segno solo che li non dovevo esserci, anche se è stata provocata da un altro che evidentemen
M.G. non solo non ha attinenza ma è pure un parallelismo sbagliato nella forma e nella sostanza.
Nel caso delle barche a vela la patente è necessaria solo se navighi oltre le sei miglia nautiche e con barche oltre i 10 metri, entro questi limiti non è richiesta. Non è un caso che quasi tutti i produttori di barche a vela hanno un ampio catalogo con barche lunghe 9.98 metri. E per esperienza personale ti garantisco che se non sei capace, guasti in porto e in mare li puoi combinare eccome… 😉
Insomma con questa arguta analogia Crovella avvalla che per fare il supercouloir al Tacul sarebbe necessaria la patente, ma se vai a fare Lillaz Guilly a Cogne sei entro le sei miglia nautiche! 😉
Link articoli 2019:
https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-1/
https://gognablog.sherpa-gate.com/piu-montagna-per-pochi-2/
Nessun pippone, ma segnalo che nemmeno tu scherzi al riguardo. Per gli interessati, specie se di recente affiliazione Blog, rimando a due miei articoli pubblicati sul Blog a settembre-ottobre 2019, cioè 3 anni fa. In realtà parlo pubblicamente di questi temi da oltre 15 anni, ma l’intervallo di 3 anni è significativo perché nel frattempo c’è stata la pandemia con tutto il rimescolamento socio-politico-ideologico che si è portata dietro. In 3 anni si è verificato un profondo cambiamento come, in altre fasi, è accaduto in 20 oppure in 30 anni. Per cercare gli articoli del 2019 utilizzare La funzione cerca (si trova in alto a destra del Blog) e digitare: più montagna per pochi.
Ciao!
ps, la pianterei anche con il parallelismo patente auto/barca etc che non ha alcuna attinenza con la questione amontagna. si tratta di documenti che verificano la sussistenza di abilità tecniche idonee a condurre in area publica mezzi che possono risultare potenzialmente lesivi nei confornti di terzi, non a salvaguardare il conducente.
Tanto è vero che in area privata sono libero di ammazzarmi guidando qualunque mezzo privo di qualunque omologazione targa o altro. Ne deriva che, almeno sinora, e io mi auguro che così rimanda sine die, la componente “paternalistica” statale ha una connotazione di garanzia nei rapporti fra individui e poco si ingerisce nella sfera individuale.
e ora godetevi, a breve, l’ennesimo pippone fuori tema. bye bye
ps, la pianterei anche con il parallelismo patente auto/barca etc che non ha alcuna attinenza con la questione amontagna. si tratta di documenti che verificano la sussistenza di abilità tecniche idonee a condurre in area publica mezzi che possono risultare potenzialmente lesivi nei confornti di terzi, non a salvaguardare il conducente.
Tanto è vero che in area privata sono libero di ammazzarmi guidando qualunque mezzo privo di qualunque omologazione targa o altro. Ne deriva che, almeno sinora, e io mi auguro che così rimanda sine die, la componente “paternalistica” statale ha una connotazione di garanzia nei rapporti fra individui e poco si ingerisce nella sfera individuale.
e ora godetevi, a breve, l’ennesimo gippone fuori tema. bye bye
@claudio: semmai andrebbe cancellato il 39, dove costui da del cretino e del leguleio all’interlocutore (dal dizionario, sostantivo maschile Avvocato di mezza tacca, o anche pedante e cavilloso), mostrando la sua eccelsa struttura dialettica (se non bastasse quel che scrive nel merito).
@carlo: va precisato che gli ennesimi pipponi del solito e la sua evidente poca attitudine alla comprensione del testo hanno ingenerato un equivoco. nell’articolo non si riconduce la responsabilità da cosa in custodia della PA per le strade a quelle connessa alla montagna, ma si utilizza il parallelismo unicamente per evidenziare l’estensione e pertinenza del vincolo con riferimento ad un dato contesto. In ogni caso la giurisprudenza su responsabilità ex art 2051 c.c. della Pubblica Amministrazione con riferimento alla c.d. insidia stradale ha avuto una evoluzione che può essere interessante anche per la montagna, poiché è comunque connessa alla prevedibilità, esigibilità e concorso della condotta causale del danneggiato. Così che la responsabilità non sarà identica per la buca nella stradina in mezzo alle foreste casentinesi e per quella nella strada più trafficata del quartiere così come il soggetto che finisce dentro una buca palesemente e immediatamente percepibile darà un apporto causale all’evento che può essere tale da elidere totalmente la responsabilità del custode.
Allora continuare a parlare di patentini, corsi, formazione è una scemenza non per questioni ideologiche o politiche, ma per la sua attuabilità e per la congruità rispetto al problema da risolvere il problema (piuttosto che a limitare acriticamente e genericamente la libertà del cittadino).
Nessun sindaco sarà ritenuto responsabile per la pietra che cade in testa al malcapitato di turno su una via al Crozzon di Brenta ma potrebbe esserlo se sono cinque giorni che al Crozzon di Brenta si manifestano anomale frane (il caso giudiziario legato alla valanga sulla Brenva di una trentina di anni fa è esemplificativo).
Quindi a fronte di evidenti mutamenti e peggioramenti del terreno, legati alla evoluzione dei ghiacciai e dei limiti delle nevi sulle alpi (sulla quale la causa antropica è tutta da verificare), abbia poco senso agire per divieti e differenziazioni dei soggetti abilitati a frequentarle e che non siano invece legate a specifici casi, connessi alle caratteristiche del territorio, desunte da un attività di monitoraggio che dovrebbe competere agli enti pubblici, esattamente come avviene ormai da molti anni per le valanghe.
Ci sta che poi ci sia qualche chiusura cautelativa in zone a possibile rischio (mi viene in mente il ghiacciaio delle jorassess qualche anno fa), ma quello è comunque insito in un sistema che comporta necessariamente (e per fortuna) responsabilità civili verso terzi connesse all’esercizio di funzioni pubbliche (e non)) che non possono essere azzerate per ragioni più che evidenti.
e la montagna
@46 guarda che hai preso Roma per Toma: si tratta di un parallelismo di cronaca, non è sottintesa nessuna insinuazione politica. In ogni caso le mie posizioni politiche sono chiare ed esplicite da tempo: non ho bisogno di ricordarle, né mi interessa. Non ricordo invece a cosa ti riferisci in merito al commento di tempo fa, ma non credo sia stato cancellato per questioni “politiche”. Le tempistiche di miei interventi NON dipendono da censure, bensì dalla tematica trattata di volta in volta (alcune mi interessano, altre no) ed anche dai mie impegni. Se lavoro alla scrivania in ufficio, è ovvio che sono più facilitato dalle condizioni oggettive a intervenire, anche frequentemente. Se invece “giro” di più, per lavoro o altri impegni di varia natura, normalmente intervengo di meno, a volte per nulla anche per giorni e giorni. L’intervallo di tempo da te segnalato sarà dipeso da fattori del genere, magari combinati fra di loro. In ogni caso, non mi risulta che ci sia mai stata una censura sul blog per manifestazioni politiche, né in un senso né nell’altro, purché nei toni consoni.
A me pare del tutto insensato che ci sia un giudice alla base delle montagne che decida chi deve salire dove.
A me pare del tutto insensato paragonare la buca mal segnalata in centro strada ad una pietra che cade.
A me pare del tutto insensato che ci sia un ente che possa rilasciare un patentino di buon alpinista.
Farei anche una statistica su quanti quelli recuperati dal soccorso alpino speleologico siano iscritti al c.a.i. …giusto per capire quanto siano poi validi i loro corsi.
Torno a ribadire che sarebbe tutto più semplice togliendo la colpa all’amministratore e costringere i giudici ad usare il buon senso punendo il sindaco che lascia la buca nella strada in paese e sollevandolo se una pietra ha colpito e ucciso qualcuno.
Cum granus salis mi sembra di dica quando si parla di applicazione delle leggi
Il commento di Crovella delle 12:08 dovrebbe presto (e giustamente) essere cancellato, come del resto fu cancellato, qualche settimana fa, pochi minuti dopo la pubblicazione, un altro commento in cui Crovella ci faceva partecipi delle sue idee in politica. La cosa bella è che dopo essere stato censurato Crovella non intervenne più, per almeno un paio di settimane. Speriamo.
@44 nello specifico pare che la responsabilità della manutenzione di vie attrezzate (quindi spit su vie di arrampicata o intero ambaradan delle vie ferrate, ecc) sia di chi le ha attrezzate (anche da amatore no profit) o di chi ha deliberato la prima posa dell’attrezzatura.
@42 io non ho nessun problema, meno che mai in termini di considerazione della tua persona: vivo benissimo. Sei tu invece che continui solo a “denigrare”: non mi scalfisci di un millimetro, ma non aggiungi nulla al dibattito, l’ho già argomentato a dovere. Prendi spunto dalla vita politica: la parentesi dei vaffa si è definitivamente conclusa. Nella scorsa campagna elettorale Letta del PD ha saputo solo dire: “votate noi perché gli altri sono il male.” E alla fine hanno vinto gli altri, alla grandissima. Perché gli altri avanzano delle proposte, dei programmi. Chi sa solo denigrare e dire “schifo questo”, Schifo quella2 non va più da nessuna parte. Tornando sul tema, io registro che, rispetto ad anni fa quando mi davano solo del pazzo visionario, le idee hanno iniziato a girare, fanno presa, c’è dinamismo…
41@ e simili…Immaginiamo un arrampicatore che vola, strappa una protezione e si fa male. (UGH) E’ responsabile il sindaco che quindi si cautelera’ con una ordinanza tipo la scalata della via XYZ sulla Torre ABC e’ vietata perche’ insicura? Dove sta il limite tra responsabilita’ oggettiva e soggettiva? Come trovare un quadro normativo? andremo a leggere i fascicoli delle assicurazioni che recitano: non sono assicurabili gli incidenti dovuti a …… paracadutismo…arrampicata senza guida…arrampicata oltre il terzo grado e stronzate simili ? mah
Ce ne rendiamo conto benissimo, ma la pensiamo completamente all’opposto.
Montagna e alpinismo sono simboli di libertà, ognuno la montagna la vive come meglio crede. L’alpinismo è un’attività in cui l’individuo si esprime in base al proprio concetto e alla propria personalità e non perchè c’è una commissione che gli dice cosa fare, come fare, con chi farlo, chi si e chi no.
Che c’inseguino pure lungo le pareti.
vedi Crovella, come al solito di comporti da maleducato. Dove hai mai letto che io ti considero un cretino.
Dico solo che scrivi scemenze (è diverso, ma magari non cogli la differenza).
E scrivo che se un rivoltatore di frittate (anche quello è diverso): una volta scrivi corso caiano obbligatorio per tutti , anche per andare a pian della mussa a mangiar la polenta, e niente barbiere piemontese per chi non ha il green pass e la volta dopo dici che tu non invochi affatto restrizioni, anzi, e che sono i tuoi lettori scemi che non capiscono e fanno minestroni o o casari e prendono toma per roma.
E infine dico che sei ammorbante e sterlizzante per qualunque ambiente di discussione, perché monopolizzi ogni argomento con pipponi chilometrici che ripetono lo stesso concetto lungo due righe, condotta ancor più grave da parte di un autore che dovrebbe mantenere un minimo di terzietà nell’ambiente in cui scrive.
Siccome sei poi un aggressivo dai toni inurbani e un saccente che spesso parla con sicumera di cose che non conosce, o di cui ha una conoscenza didascalica (ad esempio il diritto), ogni tanti trovo un sottile piacere a far notare questi aspetti.
detto ciò non ti considero un cretino, ma semplicemente uno che ha idee diverse dalle mie e che non condivido nè nella sostanza nè nel modo di esporle. se tu mi consideri tale, direi che è un problema tuo.
E chi definirebbe chi ha diritto a ritenersi un alpinista di ricerca?
Penso che la regolamentazione potrebbe avere senso esclusivamente sugli itinerari segnati e controllati da Enti Pubblici o Privati quindi fino ad EEA… per il resto é terreno d’avventura nel quale ognuno dovrebbe essere responsabile di se stesso e nel quale l’obbligo di soccorso da parte dello Stato dovrebbe ricorrere solo in condizioni di basso rischio per gli operatori. Basterebbe una legge di un solo articolo per esentare da qualsiasi responsabilità gli Amministratori locali o gli Enti Parco.
Precisazione: il commento 39 è riferito al commento 35.
Buona giornata a tutti!
Non riesci proprio ad andare oltre. Lo sanno anche i muri che mi consideri un cretino. Che pensi di ottenere a ripeterlo a vanvera? Mettilo agli atti, come dite voi legulei. Anche io ti considero un cretino: non c’è da stupirsi, apparteniamo a posizioni radicalmente opposte. Ma non sto continuamente a ripeterlo: l’ho detto tempo fa e da allora lo considero agli atti. Non è in queste insinuazione che puoi fornire un effettivo valore aggiunto al dibattito: si percepisce lontano un miglio che scarichi solo frustrazioni e ira che ti acceca. Intendiamoci, mi mi scalfisci di un millimetro (sono un sabaudo “goregn” e se vuoi sapere cosa si intende risali ai commenti dell’articolo del 19 luglio scorso – Battaglia dell’Assietta). Quindi non mi accorgo neppure delle tue farneticazioni. Segnalo invece che tu non avanzi mai una proposta, un tema, uno spunto. Rileggi i tuoi interventi, anche solo in questa sequenza: sono solo “NO questo”, “NO quello”, “Schifo questo”, “Schifo quello”, “Vomito questo”, “Vomito quello”… Che interesse e vantaggio può trarre il blog da questo approccio? Nessuno. Formalizza invece una tua proposta, un quadro strutturale, una visione di medio-lungo termine. I lettori avranno elementi per fare dei confronti fra posizioni dialetticamente contrapposte. Questo intendo.
34@ e simili. Ma secondo voi autolimitandosi eviteremo l’insorgere di divieti e prescrizioni? Esattamente il contrario! Prolifereranno. E poi mi si scusi ma trovo stancante ed inutile leggere pipponi chilometrici. Tre righe bastano per esprimere un pensiero, tutto il resto e’ vanagloria e seghe mentali Amen
@30 perfettamente d’accordo con Benassi, e sarei il primo a dirlo (oltre che qno qui mi ha detto che sono un troll a dire questo) ma se guardo la reazione nei primi 2 anni direi che non ci siamo proprio, ma zero proprio.
Quindi giocoforza capendo che non ci siamo dico… anche un risultato second best (quello di Crovella) mi sta benone.
Meglio pitost che gnent si dice.
Essendo uno dei tanti Carlo B. trovo il tutto estremamente interessante ma anche leggermente inquietante. Non sarei del tutto sicuro che i toni troppo accesi giovino alla causa…
“ Non c’è contraddizione fra le mie posizioni: è solo che siete abbagliati dall’ira e fate un minestrone dell’ostrega.”
David copperfield (l’illusionista, non l’altro)
A forza di continuare a inneggiare “libertà, libertà” innescherete solo una accelerazione della risposta restrittiva da parte del sistema. Risposta che sarà tanto più severa e ravvicinata nel tempo quanto più saranno accentuate e diffuse le spinte verso l’anarchia. In ogni caso: basta aspettare e il futuro dimostrerà se andrà come prevedo io oppure no. Non più tardi di tre anni fa, il concetto stesso di restrizioni e divieti in montagna era un tabù assoluto. Ora se ne parla apertamente, il concetto è quanto meno “sdoganato”. Non è più un tabù assoluto: solo pochi residuali abitanti del Jurassic Park restano attaccati ai “vecchi” parametri. In questo vedo una corrispondenza fra le mie posizioni e la pubblicazione dell’articolo in questione. Un articolo del genere pochi anni fa non sarebbe stato pubblicato, ora sì e questo è un segnale dei tempi che cambiano. Sbagliate a non voler rendervene conto.
Dove ci porterà la deriva del sistema generale che, per esigenze sicuritarie, vuole “controllare” tutto e quindi anche l’attività in montagna? Nessuno può dirlo ora, almeno con esattezza. Forse ci fermeremo a divieti parziali e circostanziati (cioè locali), forse andremo oltre (divieti generalizzati, es vietato metter piede sui ghiacciai) e forse arriveremo addirittura a controllare i singoli individui attraverso il corrispondente del SGP in versione alpinistica. quella che io per semplicità chiamo la patente.
Non c’è contraddizione fra le mie posizioni: è solo che siete abbagliati dall’ira e fate un minestrone dell’ostrega. Non faccio il tifo perché si arrivi necessariamente alla patente, ma non sarei né scandalizzato né sorpreso se ciò avvenisse: lo troverei un modo efficace per gestire la massa di chi va in montagna (premesso che io spero, in prima battuta, ad una scrematura dell’attuale massa che approccia la montagna).
D’altra parte l’articolo di M360 fa un parallelismo fra strade automobilistiche e sentieri di montagna. Per procedere su una strada con un automobile è indiscutibilmente necessaria la patente. Lo è per condurre una barca a vela. e così via. Non vedo quindi lo scandalo per l’eventuale introduzione di una patente finalizzata ad autorizzare il singolo ad accedere a sentieri, ghiacciai e pareti. I tempi stanno cambiando e il peggioramento ambientale sta accelerando la tempistica dei trend.
Nell’ambito del contesto in cui si arriverà, eventualmente, alla patente, non vedo altra alternativa immediata alla formazione offerta dal CAI. Non da un punto di vista giuridico (circa il quale ci può stare che esista una libera iniziativa di più soggetti), ma in termini di riduzione dei tempi e di ottimizzazione dei risultati a breve. Infatti il modello didattico del CAI (=insieme delle scuole) esiste da 90 anni circa, ha una organizzazione ben calibrata e ormai provata dal tempo, con una Commissione e una Scuole centrale (che provvedono ad aggiornare sistematicamente le tematiche), più Commissioni e scuole territoriali, più le singole scuole che operano sul territorio con distribuzione capillare e soprattutto garantendo un messaggio omogeneo su tutto il territorio nazionale. E’ questo il punto chiave: significa che ricevono la stessa formazione tanto l’allievo di una Scuola di Bressanone quanto l’allievo di una scuola di Palermo. MA QUALE ALTRA ORGANIZZAZIONE PUO’ AVERE, SPECIE NELL’IMMEDIATO, UNA IMPOSTAZIONE DEL GENERE?
Ovvio che le GA sono capacissime di offrire formazione (oltre che legittimate a livello giuridico), magari anche in modo più specialistico e mirato, ma al momento non mi pare che dispongano di un’immediata architettura organizzativa che garantirebbe l’omogeneità del messaggio sull’intero territorio nazionale. Devono costruire tale architettura organizzativa: riconosco alle GA la massima capacità di farlo, ma probabilmente ci metterebbero un po’ di tempo, non è una cosa che si fa dalla sera alla mattina. In ogni caso, nell’ambito dell’ipotetico quadro di formazione “obbligatoria” (e certificata da una patente), quella delle GA è l’unica alternativa che vedo al modello didattico del CAI. Anzi in un futuro molto lontano potremmo addirittura arrivare ad un’inversione di priorità, che in fondo è più coerente con le finalità di professionisti e istruttori amatoriali. Ovvero la formazione di base sarà appannaggio solo delle GA, una volta che avranno costruito il loro modello didattico che garantirà omogeneità in tutto il territorio nazionale, e le Scuole del CAI si occuperanno del “perfezionamento” e degli aggiornamenti periodici dei patentati.
Sul piano dell’ottimizzazione della formazione non vedo invece altre alternative tipo ASD o altro ecc. Sono realtà marginali, sia numericamente che come peso operativo, e soprattutto non sono collegate in una architettura nazionale.
RIASSUMENDO: più la platea degli appassionati di montagna strilla “libertà, libertà” e più sarà severa e ravvicinata sarà la restrizione del sistema “sicuritario”. Al momento non sappiamo con precisione fin dove si spingerà tale restrizione. Non si può escludere che arrivi fino in fondo, cioè al controllo del singolo, la cui maturità di approccio alla montagna sarà certificata da una patente che sarà la conferma dell’aver partecipato con profitto (cioè con superamento di un esame finale) ad un iter di formazione. Su questo terreno, al momento non vedo alternative, immediatamente spendibili, al modello didattico del CAI, già in essere e perfettamente efficace. In un futuro più lontano è evidente che le GA potranno organizzarsi in modo tale da subentrare nel ruolo di sistema di formazione di base (quello che rilascia le patenti), avendo tra l’altro una fonte di business sistematico, mentre le Scuole CAI si occuperanno di perfezionamento e aggiornamento periodico dei già patentati.
Tutto fila, quindi nessuna figuraccia. Piuttosto iniziate a riflettere sul fatto che questi concetti stanno prendendo piede, specie nelle generazioni più giovani.
ma perchè un alpinismo di “ricerca” lo fanno solo i cosiddetti alpinisti di punta???
E chi sono gli alpinisti di punta , quelli delle riviste patinate??
Sarebbe meglio che certi professori se ne andassero a mangiare tordelli al rifugio, invece di parlare di alpinismo di ricerca.
Esiste già un patentino per andare in montagna, ed è la patente della macchina, se ci portano via quella il 99% degli arrampicalpinescursciatori se ne sta a casa. Soprattutto quelli dotati di altissima preparazione e i professionisti della montagna.
Concordo con benassi.
se l’uomo si fosse accontato sempre del male minore, oggi avremmo delle ottime leggi razziali che erano sempre meglio dello sterminio…
Concordo anche con chi ha scritto che la questione degli alpinisti di punta è una brutta faccenda. Come ho già detto lo scritto è giusto da rivista del cai, un contentino apparentemente dialettico e buonista alla discussione sui divieti.
laddove afferma “A mio parere dovrebbe poi rimanere al di fuori di qualunque regolamentazione l’alpinismo “di ricerca”, quello praticato da alpinisti di alto livello, in cui il rischio è elevato ma praticato da soggetti dotati di altissima preparazione ed esperienza, che consapevolmente agiscono “al limite”.”
introduce un patentino di elite preoccupante (chi attesta chi sono i ricercatori?)
lasciando perdere la deriva totalitaria (che vedo più in altri settori che in quello di nicchia della montagna) credo che l’eccesso di cautela e il controllo che ha travolto negli ultimi trent’anni molte attività sia volto ad evitare responsabilità civili con una forma preventiva molto marcata ( si pensi alla medicina cautelativa, laddove oggi, pur di evitare cause successive si prescrivono tonnellate di esami spesso inutili che servono a cautelare il medico più che il paziente, a fronte di una responsabilità da colpa medica che ha avuto una evoluzione responsabilizzante nella giurisprudenza degli ultimi decenni).
Allora il problema non si risolve né con i patentini né con i divieti, ma con gli avvisi e l’informazione, resta poi la valutazione sulla singola condotta da parte del giudice, posto che – a differenza della ennesima scemenza scritta dal giurista sabaudo – le leggi non si aplicano affatto in maniera identica dal mare alla montagna ma la valutazione della colpa va contestualizzata in ordine alle circostanze dell’accadimento e alle caratteristiche del soggetto (l’antonelliano si legga la recente sentenza sui suoi colleghi istruttori caiani condannati per i morti della valanga di pila).
Anche la storia dell’erva è una palese scemenza, almeno in determinati contesti. una rete a maglia larga che serve ad evitare responsabilità e a semplificare più che a salvare vite: sull’appennino tosco emiliano vige l’obbligo per tutto l’inverno, obbligo che spesso attiene a luoghi dove ci sono tre centimetri di neve (o neanche quelli) o dove il rischio valanga è -1 …
Allora l’alpinismo potrà essere un motivo di rivolta per difendere la libertà.
Mario, capisco quello che dici. Personalmente e lo dico a chiare lettere sono per la totale liberta’ dell’individuo. La montagna per me è LIBERTA’ per definizione e dire quello che ho scritto ha un unica motivazione.
Quello che dice Crovella è giusto. Io non so perchè tutti non se ne accorgono, ma stiamo appunto per entrare in uno stato totalitario. Il covid è l’inizio di questo. Forti controlli di tutte le azioni umane via green pass e tracking Co2. E’ la storia che ce lo insegna… la democrazia e la liberta’ non sono infinite nel tempo. Il perchè di questo è fisiologico nell’agire umano (leggi Michels e Pareto in primis).
Ora posto questo stato di cose che sono in pratica sicuro al 99% che avverra’, ma te lo ammanteranno sempre con la scusante dell’ambiente, del farlo per il tuo bene, per il bene dei tuoi figli etc. la soluzione perchè non ci sia lo stato totalitario anche in montagna è quello indicato da Crovella. Chiaro ad oggi a te e alla gran parte della gente sembra un’abominio, ma credimi sara’ una passeggiata di salute se applicato, diversamente come dice Crovella ci saranno le morse normative che saranno un inferno a confronto del volontariato.
27@ Quella del volontariato obbligatorio è una chicca totalitaria che nemmeno il sabaudo nella sua forma più sfolgorante aveva ancora raggiunto. Siamo allo stalinismo alpino…seguiranno i gulag: paludi piattissime e maleodoranti dove i cannibali saranno costretti e rieducati al rispetto delle regole caiane . Perché la montagna ha da essere severa. Ma fammi il piacere
Posto quello che ho detto oggi e confermo sulla bonta’ del discorso dell’accesso alla montagna, Crovella aveva indicato in un corso formativo Cai il requisito. Un corso che dia al soggetto il giusto approccio alla montagna. Non mi strapperei i capelli per questa scelta, cosa è mai un corso formativo…
In piu’ invece inserirei anche una cosa piu’ concreta. Si sa che la montagna, i pascoli etc. sono presi da degrado in taluni posti… sentieri non curati e anche in stato di pericolo, etc.
Bene suggerirei insieme al corso, che annualmente chi vuole accedere alla montagna dedichi qualche giorno all’anno a volontariato come fanno quelli del Cai. Ma da aggiungersi a costoro che gia’ lo fanno. Si discriminerà chi è in pensione e chi no (il pensionato dovra’ dare qualche giorno in piu’ rispetto a chi ha un lavoro).
Credo che sia una manifestazione concreta di approcciare la montagna.
In piu’ per enne motivi sono sicuro che lo farebbero in pochi selezionati amanti della natura poichè il “cannibalismo” crovelliano è incompatibile con perdere tempo in tali attivita’ che non consistono in mero gesto narcisista.
Psicologicamente il volontariato smaschera il cannibale.
Messo così….
corso
volontariato
smantellamento delle comodità (rifugi, impianti, etc)
sostentamento costi recupero (eccetto casi fortuiti e gravi infortuni)
scremano almeno l’80% dei frequentatori della montagna.
Le marmotte son piu’ tranquille, chi arriva in cima non vede piu’ i fiumi di persone, droni che girano ovunque, etc. basta chiasso sulle cime, etc.
Rimane il nodo guide alpine che vedrebbero ridursi i flussi della clientela.
Farei così. L’accesso è consentito come detto sopra e solo a chi va con guide alpine. Così le guide non perdono clienti anzi ne hanno ancora di piu’.
Si porterebbe così la scrematura al 70% e non all’80% ma direi che è un ottimo risultato.
Lo scritto del Prof Ruga Riva ,ove immagina una libertà di agire in montagna riservata alla eletta scelta degli alpinisti estremi , appare eversivo di alcuni principi costituzionali , che vi risparmio per non apparire didascalico . Fabrizio Rulli
Introducete pure il patentino, lo useremo nei bivacchi, come carta per accendere il fuoco per cuocere le salsicce, continundo ad andare il montagna come, quando e quanto ci pare a noi.
Non si dia pena, Carlo, ho spalle grosse per sopportar strali e un’età per capire se son diretti a me
@Crovella. non solo non sai leggere ma soffri anche di sdoppiamento della personalità: pochi post fa (in quello sul cambiamento climatico) hai scritto “ Oltre ad una formazione a prova di bomba (da cui deriva la mia convinzione dell’obbligatorietà per tutti di partecipare ai corsi CAI), “
e da oltre due anni inneggi a greenpass, regole lasciapassare, galere per i no vax, e razza eletta piemontese che emargina chi non ha il patentino verde. ma un po di dignità e coerenza personale ce l’hai o pensi di poter dire tutto e il contrario di tutto?
dalle mie parti si chiamano figure di m.
Rinnovo Il suggerimento al mio omonimo Carlo (comento 11 e 19) di aggiungere il cognome o, se non vuole, almeno una lettera diversa da C (esempio Carlo B). Lo dico nel suo interesse: rischia di venir confuso con me e di prendersi anche lui i vituperati che molti lettori indirizzano al sottoscritto.
Preciso solo una cosa, che a me pare evidentissima ma che non capisco perché non entri in testa a molti lettori (ad esempio vedasi finale del commento 17). Ovvero: io non INVOCO il patentino. Non lo desidero affatto.Semplicemente, osservando i trend in modo asettico e “terzo”, non riesco a vedere una conclusione diversa nel medio-lungo termine, se non cambiamo il modo dominate di comportarci in montagna.
Il sistema politico-sociale-giuridico non può non ricercare “sicurezze”, intese al plurale (sia individuali che istituzionali): se la platea di chi va in montagna dimostra, a maggioranza, che non sa comportarsi con giudizio (e in effetti così sta accadendo), il sistema stringerà progressivamente la morsa. Della serie: “dimostrate solo che agite come bambini dell’asilo? e io sistema vi tratto da bambini dell’asilo”. Per cui: divieti, restrizioni, numeri chiusi e, se non basteranno, si arriverà alla patente, un Mountain Pass che attesti l’aver partecipato con profitto (cioè avendo superato un esame-verifica finale) un iter di formazione. Formazione il cui obiettivo non e’ quello di imparare a fare il mezzo barcaiolo o usare l’ARTVA, ma acquisire una mentalità matura e giudiziosa in termini di approccio alla montagna. Cosa che oggi manca in modo significativo e mette all’angolo il sistema, anche se i giuristi ritengono che non sia così. Basta aspettare: l’evoluzione potrebbe risultare anche più rapida di quanto oggi stimabile.
Io trovo che lo scritto del prof. Ruga Riva sia certo didascalico ma anche, nelle conclusioni, sensato. Saltando a piè pari i commenti di Crovella e compagnia, che nulla aggiungono e nulla tolgono, c’è invece una cosa che mi è venuta in mente da dire, ed è che siamo in Italia: l’Italia è un posto strano, dove coesistono un innegabile eccesso di regole – che è unico al mondo – e allo stesso tempo la mancanza dilagante di rispetto delle regole, il lassismo e l’incapacità di dare vita a una rispettosa coesistenza anche a livello di condominio. Circoli viziosi che il legislatore crede di poter invertire con infusioni di paternalismo scorreggione. Faccio alcuni esempi.
La morte improvvisa di un paio di calciatori fa sì che, da un certo momento in poi, per praticare sport agonistici in Italia si debba fare una visita medica: è una cosa che, per certi sport e per certe fasce anagrafiche, non esiste da nessuna altra parte al mondo. Qualcuno si è chiesto se ha un senso? Non credo. Al più, tanti si sono inventati una maniera per falsificare il certificato, o per ottenerlo a prezzi scontati.
Altro esempio, la tutela della biodiversità del Parco Nazionale d’Abruzzo: non divieti puntuali e ben motivati ma, stando a ciò che riportano alcuni scialpinisti locali, un divieto generalizzato e di difficile attuazione. Infatti ci sono anche quelli che se ne “catafottono”. Serve a qualcosa fare le cose in questo modo? Servirà a qualcosa fare la multa a uno o due sfigati?
Dove mi chiedo se “serve a qualcosa”, non mi riferisco all’educazione della gente al rispetto, ma intendo proprio la soluzione del problema: serve a qualcosa far fare a visita medico sportiva a migliaia di persone? abbiamo salvato quante vite da quando c’è la legge? una decina? Serve a proteggere gli orsi se estendiamo un divieto di circolazione fuori dai sentieri battuti ad un’area geografica grande decine di km quadri?
Gli italiani amano i divieti perché con i divieti si sentono protetti, che funzionino o meno, non importa. E allo stesso tempo gli italiani odiano i divieti, perché siamo oramai immersi in una giungla di regole e complicazioni che ci rendono la vita impossibile.
Forse la cosa più assurda che mi viene in mente è l’obbligo di indossare le mascherine all’aperto, che non serviva a niente di niente – era pura e semplice scaramanzia – eppure anche quello era un cavolo di obbligo: potevi trovare per strada un vigile che ti intimava di rialzare la mascherina, o di allontanarti dagli altri se non la indossavi. L’hanno fatto entrare nella testa della gente a forza, ci sono ancora delle persone che vanno a passeggio con la mascherina, ancora oggi! Questo accade solo in Italia, non accade negli altri paesi d’Europa. Forse dovremmo chiederci perché.
Visto che SI DEVE avere responsabilità è bene che i cittadini di Rocca Pietore e Canezei inizino a tirare ka cinghia visto che i loro sindaci dovranno pagare in solido le 11 vittime della Marmolada, anzi no che la Marmolada colpe non ha, ma vittime dell’amministrazione comunale….o dovrà risponderne l’intera comunità occidentale colpevole di inquinamento doloso del pianeta. Oppure, al solito, la legge è uguale del censo
Quando Carlo propone meno rifugi, meno strade e meno impianti di risalita io sono del tutto d’accordo. Da decenni cerco di privilegiare montagne solitarie, sin da prima delle famose gite dei duecento caini scialpinisti torinesi.
Tuttavia lo slogan “Più montagna per pochi” non corrisponde a quanto da lui propugnato e può trarre in inganno: sembra quasi che si debba limitare d’autorità il numero dei frequentatori. Ebbene, no!
Ciascuno di noi deve invece essere libero di salire sui monti, ma partendo dal fondovalle. E, se ci sono impianti, si dà la preferenza a un altro versante. Per esempio, per salire sul Breithorn Occ. si parte da Saint Jacques e non da Cervinia in funivia. Questo è un consiglio che bisogna dare alle nuove leve, in modo che possano godere appieno delle gioie della montagna; alla Gaston Rébuffat, per intenderci.
Crovella dice: “Limitiamoci spontaneamente, prima che ce lo impongano altri”. In altre parole, dovremmo reprimerci di nostra iniziativa affinché non ci reprima l’autorità: masochistico.
La montagna è il regno della libertà: così ho imparato da giovane e cosí la penso tuttora. Beninteso, libertà responsabile.
Che significa “responsabile”? Significa decidere con la testa sulle spalle, ponderando i pro e i contro relativamente all’itinerario, alle sue difficoltà, al dislivello, alla scelta del compagno, al proprio allenamento, alle proprie capacità tecniche, alle previsioni meteorologiche, alle condizione della neve, alla temperatura, alle probabilità di cadute di pietre e di seracchi, ecc. ecc.
Questa è la libertà responsabile. Cosí mi hanno insegnato e cosí salgo sui monti. Conscio che il rischio c’è e non si azzera, e che siamo su questo mondo come passeggeri.
Augh! Ho detto.
poi non intervengo più perchè trovo il ternd penoso.
così come trovo penoso un grafomane compulsivo che continua a ripetere la solita stucchevole nenia e che ora giubila alla comparsa di un nuovo adepto folgorato sulla via di damasco dai sermoni crovelliani.
mi limito ad osservare che: sono intervenuto poiché trovo comico che uno che ha militarizzato questo blog con le sue teorie (che non definirei neanche sicuritarie ma aberranti, certo ci daranno in futuro la montagna – grazie Stefano – come in passato il green pass ci ha dato l’ora d’aria), oggi grifi al miracolo, sbracando nell’ennesimo sermone senza senso, perché un docente di diritto confermerebbe le sue teorie che altri professionisti del diritto hanno ridicolizzato in più occasioni.
Detto ciò, anche quello è un intervento volto alla ragion critica, continuare a pesnare che io attacchi Crovella (che fa già tutto da solo) è un tantino autoreferenziale
Continuare a piagnucolare che intervengo solo sulle scempiaggini che scrivi perchè ho astio nei tuoi confronti e che sono poco credibile perché non scrivo articoli è semplicemente stupido: sino a che non cambieranno le regole di questo blog, ritengo di poter intervenire su quel che mi apre e di poterlo fare anche senza dover in cambio scriver qualcosa. Se così non è bannatemi pure.
Pensare che uno ti contraddica perché scrivi sconcezze a ciclo continuo e non perché ha astio nei tuoi confronti forse è posizione di equilibrio che non si addice ai cavalieri sabaudi: magari nei cenacoli subalpini non è cosa nota ma scrivere significa esporsi, anche alle critiche.
Continuare a invocare regolamentazione con argomenti come “LE CAPACITA’ TECNICHE INDIVIDUALI NON C’ENTRANO NULLA: un alpinista “maturo” può essere, a seconda del suo talento, un ottavogradista come un semplice quartogradista. Di converso troviamo “cannibali” fra gli ottavogradisti come fra i quartogradisti: i cannibali sono trasversali).”
è dire una scema pura e semplice (manco sto a spigare il perché, credo che il 99,99 per cento dei lettori possano rendersene conto da soli.
Infine, e lo dice pure il professore universitario, ma tu non l’hai capito: i patentini non servano a nulla. Serve semmai un diverso approccio metodologico, un monitoraggio puntuale dei luoghi e delle situazioni critiche con eventuali priovevdimenti interdittivi mirati (suoi luoghi e non sulle eprsone).
Poi se vuoi continuare a dire che tutti quelli che hai formato te non moriranno mai perché son ganzi, caiani e ti salutano ancora quando ti incontrano fai pure.
A ciascuno il suo.
.
Crovella, giusto anche sui sentieri e sulla responsabilita’ del Sindaco. Diciamo che avevo analizzato le diversita’ tra strada e sentiero, e dentro la mia testa era piu’ un’auspicio di un trattamento differenziato (di una creazione, da me desiderata, ma senza appiglio normativo attuale, di una free zone).
Invece non è così e sei impeccabile sulla responsabilita’ del sindaco.
Una precisazione perchè ho detto veramente una cretinata.
Il commento 13 dimostra che la mia fatica a spiegare, approfondire, ripetere, risultare ossessivo… ha un senso.
L’osservazione del mio omonimo Carlo (nota: ti suggerisco di aggiungere almeno una lettera, tipo Carlo B., sennò rischi di venir confuso con me agli occhi dei lettori e ti becchi gli strali che in genere indirizzano a me) è un po’ superficiale. La società sicuritaria non può cancellare le responsabilità, neppure alle alte quote. Non è che NON vuole, NON PUO’: è un elemento connaturato alla sua stessa natura. Esempio: il sindaco di un paesino è responsabile sia della sicurezza della stradina in mezzo al paese che della sicurezza del sentiero a un’ora di cammino del paese (ma sempre nel territorio comunale). Che fa, ‘sto poveretto di sindaco? Nel dubbio emette un’ordinanza che vieta l’accesso. Non deve neppure andare lassù, all’inizio del tratto pericoloso del sentiero a un’ora dal paese, e piantare là un palo cui attaccare l’ordinanza. La emette e la appone nella bacheca del municipio, in paese. Tocca agli interessati farsi parte attiva e raccogliere le informazioni. Se non lo fanno e, percorrendo il sentiero, si sfracellano, con l’ordinanza emessa nessuno potrà rinfacciare nulla al sindaco. Se invece il sindaco non emette l’ordinanza e succede qualcosa di negativo, la responsabilità è sua. Di conseguenza: nel dubbio, dopo ogni minimo temporale il sindaco emette un’ordinanza (divieto percorrenza dell’ipotetico sentiero) e dorme sonni tranquilli. Ecco le ganasce della società sicuritaria: il modello giuridico NON può NON essere così. Da questo punto di vista l’accostamento dell’autore fra sentieri e strade automobilistiche è fondato: infatti le montagne, le “alte quote in generale, non sono un Rechtsfreier Raum, ovvero uno spazio libero dal diritto. I nostri codici trovano applicazione indifferenziata dalla spiaggia in riva al mare fino alla vetta del Bianco. E’ questo l’assioma di fondo da cui si deve partire. E’ per questo che occorre seguire altre strade, non quella dell’abolizioni di responsabilità “oltre certe quote”. Buon proseguimento a tutti, ciao!
Crovella Santo è sempre un bel sentire.
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I perché ci sono già tutti, così pure le prospettive che non vediamo.
Dunque, non se è vero o no, ma in che termini lo è.
letto 10 e 11… perfetto Carlo. Sono pienamente d’accordo con la tua view, hai capito benissimo il contesto e la soluzione mi sembra corretta. Un’unica cosa, io sono entrato recentissimamente in questo blog. Avro’ fatto anche un po’ di casini su varie tematiche, mi scuso, forse non ho comunicato bene e sono stato preso dalla tematica.
Ma anche te certi tuoi interventi che avevo letto se non approfondivo talune tue letture che hai inserito (per gli altri e non per me, grazie eh!!) non mi sarei accorto che non sei un SS della montagna, bensì un “salvatore”. Forse salvatore è troppo ma fa capire. Un saluto a tutti.
@Cominetti … togli pure una Esse 🙂
@tutti… Piu’ leggo Crovella piu’ vedo che va apprezzato. Di prima lettura sembra un SS delle montagne, divieti, obblighi etc.
E invece nell’ultima frase “ se non si interviene con meccanismi che operano in automatico una selezione” fa ben capire che non lo è.
Lui si rende conto di a) affollamento (l’altro giorno, giornata tersa… si va in montagna… preso cima easy svegliato tardi, trovato comitiva di ragazzi con il drone che faceva un casino che non vi dico oltre che casino lo facevano anche loro…ieri invece cima deserta da un mese nessuno andava ovviamente, scomoda con neve altina) b) la tendenza a controllare le persone, a limitarli le liberta’.
Intendo dire, se seguiamo Crovella, in montagna ci andremo ancora… NOI. Se invece insistiamo sulla liberta’ oltre che non ci dara’ ascolto nessuno perché il SISTEMA sta andando nella direzione opposta, corriamo il rischio di andare al punto B dove staremmo ben peggio che con il programma di Crovella. Cioè Carlo dice… limitiamo NATURALMENTE la fruizione per evitare una limitazione COERCITIVA E NORMATIVA.
Ovvio che io sarei per liberta’ ai massimi livelli, pero’ se mi astraggo da questo e entro nel contesto attuale capisco che Crovella ci vuole salvare dal non andare piu’ in montagna o da forti limitazioni ben superiori a quelle che lui propone.
Per quanto riguarda ha ragione MG sul prof di diritto, per altro osservazione che fa di accostare i sentieri alle strade di montagna puo’ risparmiarsela… le strade le costruiscono le istituzioni, le auto vengono concesse dallo Stato per la guida nelle strade… i sentieri sono stati fatti in gran parte dalla prassi dei ns avi nell’andare a caccia, per non parlare delle vie con gli ometti che lì lo Stato non centra un bel fico secco, non un gran prof di diritto mi sembra….si vede che il sedere lo tiene ben attaccato alla sedia e non si muove a vedere il contesto su cui scrive (?).
Certo rimane un problema? Se portiamo tutto allo stato di Crovella che fanno le guide alpine le quali vedono drasticamente calare il fatturato?
Ps. Sto per inviare questo intervento e vedo che Carlo l’ha gia’ anticipato in pratica (10) ora lo leggo.
ps2 ho detto che non scrivevo piu’ ma sti articoli sui divieti sono una provocazione :-).
Io la farei più semplice: i divieti vengono imposti per non dover rispondere di eventuali incidenti.
Basta togliere questa responsabilità e nessuno metterà più divieti.
(Ricordo anni fa il comune di calalzo costretto a sborsare 800mila euro per la moglie di un avvocato romano rimasta uccisa da una pietra caduta dall’ alto, e quindi immediatamente vietato l’accesso al ghiacciaio dell’ Antelao alle prime cadute di pietre)
Tranne, ovviamente, quelli a tutela di animali protetti (nidificazioni in parti di falesie come avviene ogni anno Rocca Pendice, di proprietà privata ma interdetta dal comune)
Precisazione generale: il carattere ripetitivo, per alcuni di voi “ossessivo”, dell’esposizione delle mie posizioni ideologiche deriva dal fatto che mi capita quasi ogni giorno di raggiungere nuovi lettori che non mi conoscevano. Se non mi ripetessi, li avrei persi. Tutto ciò capita sia su questo spazio web che in mille altri veicoli di informazione in cui opero (libri, articoli, conferenze ecc). Per esempio proprio a cavallo del week end sono stato contattato da una persona (mai conosciuta prima) che mi ha richiesto precisazioni su risvolti da me già spiegati: si vede che non mi aveva letto in precedenza. Con pazienza e cortesia ho risposto alle sue richieste. Ripetere serve dunque per allargare la platea. Quando ho iniziato a esporre queste teorie, più di 15 anni fa, nessuno comprendeva le mie argomentazioni: invece oggi si sta allargando progressivamente il bacino di chi le condivide o ne è almeno a conoscenza.
E’ paradossale che i cosiddetti sostenitori della libertà incondizionata in montagna considerino come loro nemico la posizione ideologica cui mi inserisco anche io. E’ paradossale perché non comprendete che il vostro vero nemico è la società sicuritaria che, di fronte a fenomeni considerati negativi o pericolosi (specie se di ampio spettro numerico), reagisce stringendo le ganasce. Prendiamo il parallelismo (qui utilizzato in modo esclusivamente concettuale) del SuperGreenPass: è dimostrazione che la società sicuritaria NON si affida alle scelte individuali, ma le governa dall’alto. Io penso che sarà così anche in montagna. Se non si torna ad una montagna poco frequentata e, per quello che sarà frequentata, frequentata solo da alpinisti “maturi e consapevoli”, la società sicuritaria reagirà mettendo progressivamente sempre più divieti, regole, imposizioni, restrizioni fino ad arrivare alla patente che è appunto il corrispondente “alpinistico” del SGP. Quindi proprio i NO-SGP dovrebbero essere i primi a fare il tifo, in montagna, per un meccanismo alternativo finalizzato a scremare fisiologicamente l’accesso antropico ai monti, alleggerendo così le pressioni giuridiche e politiche gravanti sulle varie autorità. meno cannibali in montagna, meno incidenti e soprattutto meno incidenti “clamorosi”: non avremo il Presidente del Cinbsiglio (Draghi, ndr) che dirà pubblicamente “non capiterà mai più”. Un’affermazione del genere non significa altro che maggiori restrizioni aprioristiche, imposte d’autorità. Per cui senza tale alleggerimento (e, anzi, con un continuo e progressivo appesantimento, come assistiamo quasi ogni giorno), le autorità reagiranno “stringendo” la morsa. E’ inevitabile. Se non lo capite, vi darete la zappa sui piedi.
Confermo che a titolo strettamente personale me ne sbatte alla grandissima dei commenti astiosi: è palese che da parte dei loro autori scatta una specie di idiosincrasia irragionevole e aprioristica per posizioni “conformiste” che per loro sono fumo negli occhi, a prescindere (come direbbe Totò). Mi limito solo a rilevare che intervenire cdi quello stampo, ovvero esclusivamente finalizzati a gettar fango sulle mie prese di posizioni, sono totalmente inutili per il Blog. Sul tema specifico, poi, non si sa far altro che “distruggere”, mai che si avanzi una proposta, un’idea, un principio (se non l’assenza di principi, cioè il “liberi tutti”, concezione inconciliabile con l’essenza stesa della società sicuritaria).
Non usate il termine “sabaudo/i”, perché lo fate a vanvera: non sapete bene cosa sia, dimostrate di avere un’idea imprecisa di tutti i suoi significati. Esistono sabaudi e sabaudi. Rinvio all’articolo del 19 luglio scorso. I sabaudi cresciuti in maniera militaresca sono duri, non empatici e per nulla inclini alle smancerie: sono soldataci da campo, abituati al corpo a corpo.
@crovella. Direi che è evidente, non sai leggere. Neanche i miei interventi. E manifesti, come sempre, eccessiva autostima.
Sbattersene: infischiarsene, fregarsene.
… … …
Da quanto ne scrive, non sembra che Crovella “se ne sbatta alla grandissima” dei commenti di MG. Al contrario, si stizzisce e ricorre a parole (“inutile e palloso”) che un sabaudo come lui dovrebbe evitare.
@ MG. Anche il tuo intervento odierno è conferma della mia convinzione: ormai tu intervieni solo più per gettar fango sulle mie prese di posizione. Sappiamo tutti che la pensiamo in modo diametralmente opposto: ciò che piace a me, tu lo disprezzi e viceversa. E’ questione insanabile. Ma è inutile che lo ripeti ogni volta e poi ti concentri solo su questo risvolto: da te mai una proposta, uno spunto, un’idea, un articolo, un commento che faccia riflettere a prescindere dalla tua astiosa polemica con Crovella (il quale di te se ne sbatte alla grandissima!). Sei inutile e palloso: non aggiungi nulla di interessante al dibattito.
Un professore universitario come è d’uso nell’era dei vaccini obbligatori. Il paternalismo mammone proprio della impostazione culturale del Paese.Una associazione obsoleta e chiacchierata invocata a moderno garante e tutore.Qui sopra un autentico cannibale del saper vivere che plaude nei commenti a qualsiasi ipotesi regolamentatrice meglio se liberticida o reazionaria.Sopra tutto una spessa mancanza di buon senso.Si aggiunga una spruzzata di conformismo , infornare a 40 gradi per una estate intera e servire con il sorriso a novembre inoltrato.
L’essenza del guaio: “Sono contento di verificare che molti spunti proposti da un docente universitario di diritto penale”.
I titolati portano più verità dei qualunqui.
Dolore ancestrale.
ps, la mia osservazione era diretta ovviamente a Crovella e non a cominetti, che si è inserito medio tempore.
manco riesci a leggere… se non distorto dal paraocchi del tuo vedere unico.
un articolo sciapo, che dice o poco o nulla e che propone una riflessione sullo stato delle cose, senza alcuna proposta concreta degna di nota.
un bell’articolo in perfetto stile caiano, per non scontentar nessuno che peraltro, aldilà dei titoli di chi lo ha scritto, non ha alcun taglio giuridico peculiare.
Sul cai dice semplicemente che l’interlocuzione con gli esperti , senza riconoscere allo stesso, alcuna prerogativa diversa da altri (ed è un articolo scritto sull’house organ del cai… pensa un pò ) potrebbe forse tornare utile per creare un pò di consapevolezza in chi va per monti.
mah…
semmai parla di monitoraggio e rpevenzione mirata, che è l’esatto contrario di quello che scrivi tu, da secoli, in maniera ossessiva.
.
La montagna delle SSS :-))
Sono contento di verificare che molti spunti proposti da un docente universitario di diritto penale coincidano con gran parte delle mie riflessioni sul tema. La novità di questo testo è l’inserimento, quanto meno a livello concettuale, della problematica ambientale fra le variabili che possono giustificare contenimenti alla libertà individuale. Non solo quindi la sicurezza degli umani, ma la sicurezza dell’ambiente che, allo stato attuale di sofferenza, viene prima delle esigenze (e dei “diritti”) degli umani.
Aggiungo anche la mia particolare gradimento alla constatazione (se non ho letto male) che il ruolo formativo del CAI (attraverso l’attività didattica espressa dall’insieme delle sue Scuole) sia riconosciuto come un irrinunciabile elemento “educativo” per chi desidera approcciare la montagna.
Per il resto, io resto convinto della visione che ho iniziato a elaborare già 15-18 anni fa e che continuo a riproporre con convinzione. L’ho chiamata la regola delle tre “ESSE”: far tornare la montagna scomoda, spartana, scabra. In sintesi: no nuovi impianti (e quelli esistenti progressivamente smantellati), no strade in quota, strade statali bloccate, no nuovi rifugi/bivacchi, quelli storici riconvertiti in stile vintage, no segnalazioni, no paletti, no tacche colorate, no targhette, no spit e… ci aggiungerei anche “no soccorso alpino”.
Una montagna così (scomoda, spartana, scabra) tornerebbe in automatico a misura di alpinisti che, di mentalità, sono “auto-regolamentati”. Gli attuali problemi di diritto si innescano con la presenta di voluminose masse che approcciano le montagna, tra l’altro con visione consumistica e prestazionale: quelli che io chiamo “cannibali” (peraltro utilizzando una definizione storicamente in uso da molto tempo nell’ambiente piemontese). Se la montagna torna “scomoda”, le masse consumistiche in automatico si defilano, perché non amano la scomodità, e si dedicano ad altre attività.
Oltre ad una scrematura quantitativa, otterremmo anche una scrematura qualitativa, il che permetterebbe di ridurre i problemi di “diritto” entro limiti talmente esigui che di fatto non esisterebbero quasi. Infatti un alpinista che ama la montagna scomoda è in genere un alpinista maturo e consapevole (quanto meno non è realistica una diffusa correlazione contraria): un alpinista del genere da solo “sa” quando e dove si può andare e invece quando deve stare fermo a casa o dirigersi verso un altro luogo. Questo sia per quanto riguarda la sicurezza degli alpinisti sia per la salvaguardia e il rispetto dell’ambiente.
Conclusione: la montagna scomoda tornerebbe appannaggio dei soli “veri” alpinisti. Un “vero” alpinista “sa” da solo cosa è opportuno fare. (superfluo, in teoria, precisare, ma temo che qualcuno non sia chiaro, che LE CAPACITA’ TECNICHE INDIVIDUALI NON C’ENTRANO NULLA: un alpinista “maturo” può essere, a seconda del suo talento, un ottavogradista come un semplice quartogradista. Di converso troviamo “cannibali” fra gli ottavogradisti come fra i quartogradisti: i cannibali sono trasversali).
Se non si interviene con meccanismi che operano in automatico una selezione fra coloro che vogliono andare in montagna, la ridda sui diritti (sia per il tema della sicurezza sia per il rispotto verso l’ambiente) non potrà che infittirsi, diventando una morsa che stritolerà non solo la libertà dell’alpinismo, ma l’alpinismo stesso.