Il docente di economia dell’ambiente Carlo Giupponi descrive le strategie di adattamento a inverni sempre più caldi e innevamenti scarsi: “Le banche non danno più credito a chi non valuta il riscaldamento globale”.
La neve artificiale non risolve
(non è la soluzione alla crisi climatica)
di Cristina Nadotti
(pubblicato su repubblica.it/ il 16 dicembre 2022)
La stagione appena cominciata potrà anche essere positiva perché la neve non manca, ma ciò non esclude che si debba ripensare l’economia delle località sciistiche valutando il cambio climatico.
Lo ribadisce Carlo Giupponi, docente di Economia dell’ambiente a Cà Foscari, responsabile di diversi progetti europei e nazionali nei settori dell’adattamento ai cambiamenti climatici, della gestione delle acque, della politica agroambientale e dell’inquinamento idrico.
“Istituzioni e operatori locali si stanno ponendo il problema della mancanza di neve – dice l’esperto – tanto che abbiamo studiato ed elaborato analisi sull’area delle Dolomiti di Belluno in vari progetti, nei quali erano coinvolte diverse istituzioni dell’arco Alpino, anche transfrontaliere. Il turismo invernale va ripensato alla luce della sostenibilità e del cambio climatico“.
Quali sono le risposte possibili?
“È vero che ci si pone il problema, ma non sempre c’è il modo di analizzare i problemi con freddezza e solidità scientifica che permettano di programmare a lungo termine e non solo per l’anno successivo. Gli operatori locali hanno una iniziale ritrosia a parlare di questi temi, sanno che la mancanza di neve, o piste sempre più difficili da mantenere a causa delle temperature elevate, sono un elemento di debolezza in prospettiva per le loro attività. Così è sempre più difficile far tornare i conti, per gli impianti a fune spesso ci vogliono sovvenzioni pubbliche, sono in pareggio o in attivo soltanto se hanno una stagione che si prolunga anche in estate. Noi ricercatori veniamo percepiti un po’ come delle cassandre, ma dopo l’iniziale ritrosia c’è molta apertura nella ricerca di nuovi modelli di sviluppo locale, che si affranchino dalla monocultura dello sci da discesa: le piste da sci diventano piste di downhill per le mountain bike, si investe sull’escursionismo con le racchette d’inverno e le biciclette d’estate, o sulle strutture per il wellness”.
Ci sono differenze a seconda dell’altitudine in cui operano le imprese?
“In base alle nostre esperienza la possibilità di consolidare uno sviluppo turistico a qualsiasi quota c’è nella multistagionalità. Se si punta soltanto allo sci da discesa pensare a investimenti da fare a quote a partire dai 1500-1700 metri è rischioso, soprattutto se si ragiona in ottiche trentennali. Non siamo solo noi che ci occupiamo strettamente di cambio climatico a porci questi problemi, visto che anche per la finanza la considerazione del rischio climatico è ormai prassi e quindi l’accesso al credito può diventare difficile. Con gli operatori riluttanti il problema del credito da ottenere per gli investimenti è spesso una delle chiavi per suscitare interesse e stabilire una collaborazione”.
Si prospetta una transizione ecologica del turismo invernale?
“Sì, ma con mille sfaccettature da approfondire. Qualcosa è già avviato, per esempio nell’ambito dei trasporti, perché i segnali indicano che si va verso una limitazione del traffico, investimenti su trasporti verdi, qualche tentativo di investire sul trasporto ferroviario. Come detto, è indispensabile, perché se in montagna ci sono sempre state stagioni discontinue, ormai è chiaro che sui pendii esposti a sud non si tratterà più di avere una stagione migliore o peggiore, ma di non avere la possibilità di preparare le piste, o di perdere il lavoro fatto per prepararle. Abbiamo già studiato a fondo situazioni particolari quest’anno: per preparare gli impianti per l’Immacolata si doveva fare il fondo di neve artificiale a novembre. Si è avuto però un autunno incredibilmente caldo, così nonostante poi abbia nevicato a inizio dicembre molti si sono trovati impreparati. Ora magari ci sarà un inverno pieno di neve, ma se si è perso il primo segmento di stagione, dal punto di vista economico si è già in perdita. In futuro ci saranno sempre più ondate di calore e abbiamo avuto la prova di uno zero climatico a quote sempre più elevate: bastano questi due elementi a far saltare il bilancio”.
Ha parlato di neve artificiale. Dal punto di vista economico è sostenibile?
“La combinazione tra carenza di acqua e il drammatico aumento dei costi dell’energia rende sparare la neve un lusso. Inoltre, in termini di rapporto tra costi e benefici, il ricorso all’innevamento artificiale trova giustificazione solo in una stagione stabile. Ma torniamo al problema delle ondate di calore: queste, in termini relativi possono avvenire anche durante la stagione sciistica e causare interruzioni della stagione, perdite di denaro precedentemente investito per la neve artificiale e in generale dei costi elevati, che cambiano totalmente lo scenario”.
Per i vostri studi, date le variabili economiche e climatiche, questa stagione potrebbe essere fondamentale?
“La congiuntura economica di transizione, unita alla combinazione di un’estate siccitosa e un autunno caldo, rende particolarmente interessante studiare l’andamento di questa stagione e accertare quali saranno i ritorni economici e i costi. C’è da dire anche che lo sci da discesa è diventato uno sport sempre più elitario. Osserveremo la stagione, l’importante è cercare di anticipare i problemi e garantire che se mantenere una pista per lo sci diventa sempre più difficile ci siano alternative soprattutto consorziando e mettendo in rete più località e valli, facilitando i trasporti e condividendo strutture e servizi. Questo è un aspetto sul quale spesso in Italia arriviamo in ritardo, mentre i turisti internazionali ci hanno già mostrato ad esempio che non vogliono usare la macchina in vacanza e non vogliono arrivare a passeggiare per paesi pieni di Suv. Questa sensibilità ambientale è dei ceti più abbienti, proprio il target al quale si rivolge un’ampia fetta delle imprese in montagna: se si vogliono mantenere quei clienti, bisogna andare incontro alle loro aspettative”.
Il commento
di Carlo Crovella
E’ tempo di profonde riflessioni sul tema “transizione ecologica” anche per il turismo invernale, che deve sganciarsi dalla monocultura dello sci di pista. Ottimo! Musica per le mie orecchie. Non credo, però, che le alternative siano quelle di riconvertire il modello verso il settore del wellness (?!?) o, peggio, trasformare d’estate le piste in tracciati per le MTB downhill (che lasciano nel terreno solchi inguaribili). La svolta è necessaria, ma perché sia davvero una svolta “green-and-blue” deve essere attenta alla direzione da imboccare.
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Io sono molto preoccupato perché i cambiamenti in atto richiedono una strategia di medio periodo e possibilmente collaborazione tra stazioni limitrofe ma siamo invece un paese in cui si litiga su tutto, si pensa solo al proprio particulare e l’orizzonte temporale massimo dei nostri pensieri non arriva oltre l’anno, quando va bene.
https://www.youtube.com/watch?v=hkFwwFlKSN0
Hanno proprio fatto pure un film
Snowpiercer
Vedrai che va come il film…
Ma anche se non va.. il governo vi ha togliera’ i combustibili fossili, la legna, tutto in fotovoltaico… poi arriva Cancelli che irrora di gas per raffreddare, quindi meno sole, i vostri pannelli li potete mettere sapete dove appunto non batte il sole… e tutti a crepare di freddo.. vabbe’ notte.
VAbbe’, con le macchie solari in calo ci troveremo tra 10 o 20 anni in una mini era glaciale. Altro che non sapranno dove sciare. Sono pronto a scommetterci. D’altronde non si vede perchè l’elite ha tutta questa fretta con le sue politiche green (dove sono pesantemente investiti e dove faranno dene’), sanno bene che stiamo andando in quella direzione e si affrettano altrimenti la gente poi li sgama. Possibilmente visto che qno ha anche parlato di raffreddare la terra da parte dell’uomo (sempre lui…si sa di chi parlo) avremmo il raffreddamento da macchie solari piu’ l’attivita’ umana che cerca di raffreddare…insomma ci troveremo a Milano con -30 e in Sicilia a -10. Ale’!.
penso da tempo che il turismo delle stazioni sciistiche per poter continuare ad essere appetibile e redditizio, dovrà adeguarsi a nuove condizioni: climatiche, economiche , energetiche.
Certo è che molte stazioni sciistiche sono state concepite negli anni in cui questi problemi non esistevano.
Saranno vincenti quelli che predisporranno un programma di sviluppo che garantisca la fruibilità della stazione per i prossimi anni, investendo in miglioramento della sciabilità con poca neve( ridisegnare le piste in funzione dell’esposizione e della conformazione naturale del terreno) utilizzo dell’ innevamento artificiale in maniera “parsimoniosa”, tratti di raccordo o campi dedicati ( scuola o stadi di gara), miglioramento del terreno e manto eroso in estate. Promozione ed educazione ad un utilizzo della stazione quando ci sono le condizioni ottimali, al di là delle date canoniche ( modus operandi Appenninico).
Creazione di alternative allo sci in caso di poca neve ( poca per lo sci ma sufficiente per altre attività) itinerari pedonali o ciaspole facili e sicuri per raggiungere frazioni , borgate , rifugi ;percorsi per bici , motoslitte , cani da slitta ,ecc.
valorizzino delle eccellenze del territorio , agricole, artigianali, gastronomiche .
Miglioramento dell’ offerta ricettiva tramite realizzazione di alberghi diffusi con servizi di medio/alto livello ( piccoli centri benessere e SPA) anche nelle stagioni intermedie.
Turismo legato ad eventi sportivi e culturali , congressuali anche in bassa stagione
Uscire dal Paradigma dei 120 giorni di “Stagione Buona”
Sarà che viene diffusamente usata dalle istituzioni, addirittura creando un ministero apposito, ma ho sempre trovato il termine “transizione ecologica” inquietante.
Di fatto, i governi non stanno mettendo in atto alcuna strategia per sostenere il cambiamento climatico e tutte le iniziative interessanti ed efficaci partono dai singoli o da organizzazioni private.
Il fatto, poi, che si sottolinei che lo sci diverrà sempre più elitario (a forza di neve sparata a peso d’oro) e che si espliciti che si voglia tenersi cara la porzione di popolazione più abbiente, dovrebbe far rizzare le antenne a tutti.
E invece si è ancora nel sonno più profondo.
Un’altro genio uscito dalla lampada.