La parete
di Luigi Sturniolo
Se il tempo avesse ancora un senso ne raccoglierei i frammenti, pensava, mentre, senza più forze, si lasciava scivolare giù dall’ultimo ghiaione. La notte era ormai scesa ed era certo che ci sarebbe rimasto, in quel buio senza fine. Fu così che raccolse i pensieri e cominciò a ricordare. Niente andava perduto, anche se non avrebbe potuto essere raccontato.
Pensò a quando le si avvicinò la prima volta. Ne aveva appena sentito parlare, non poteva dire di conoscerla. Sbagliò scarpe e modi. Lei, la parete, lo accolse con lo sguardo distaccato che avrebbe conosciuto a fondo, nel tempo. Salì, certo, ma male e con le mani tremanti. Non sarò mai forte, pensava già allora. Non capiva che la forza era in quel rispetto e che lei lo avrebbe capito. E protetto nei momenti difficili.
Foto: Nerio Da Canal
Se c’è una cosa che ricorre nelle cose degli uomini è l’entusiasmo delle prime volte. E’ lì che devi dare il meglio. Migliori rapidamente e raggiungi velocemente il livello sul quale ti assesterai. Poi, sarà difficile andare avanti, progredire. Ci vorrà perseveranza, disciplina e pazienza, ma ad ogni passo ci sarà il rischio di retrocedere. Quelli bravi sanno mantenere quella posizione per tanti anni. Quelli forti progrediscono. I migliori sono capaci di tornare indietro e ricominciare. Cercare un’altra strada. Poi, un’altra e un’altra ancora.
Nel buio della notte i sogni sono sempre pieni di luce. Sarà per quello che dormiamo. Per paura del buio. Erano questi i pensieri che lo avevano assalito la volta che si era trovato sul bordo del precipizio senza corda, senza quella corda che lo avrebbe salvato, ma che non aveva voluto. Perché il destino non puoi trovarlo se ti tieni sempre la via di fuga. Ce l’aveva fatta, infatti. Come tutte le altre volte ancora. Ogni volta sul bordo del precipizio aveva trovato la mossa giusta.
Così, capì che non avrebbe più potuto farne a meno. Da allora non fece altro che scalare di giorno e pensarci di notte. Si innamorò di ogni ruga sulla quale poggiare mani e piedi. Cercò di imparare il modo di muoversi bene, così da ridurre il peso. Fu per questo, forse, che, ad un certo punto, tutto gli sembrò così facile. Si illuse persino di essere diventato bravo. Fu quello il suo più grave errore. Fu per quello che si smarrì. Le pareti non si posseggono, si percorrono, si vivono.
Adesso che il tempo se ne stava andando capiva che alla fine della parete non c’era nulla, se non la possibilità di ripercorrerla un’altra volta, con un’altra luce, con un’altra temperatura, con un’altra canzone nella testa. La devi guardare con un altro sguardo, avrebbe voluto dirsi. Ma temeva fosse troppo tardi, ormai. Gli istanti non sono infiniti. E solo se impari a non chiedere forse te ne sarà donato ancora un altro.
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