La rincorsa delle “cose”

La rincorsa delle “cose”
di Michele Comi
(pubblicato su stilealpino.it il 14 novembre 2022)

Il 2022 è stato l’anno più caldo mai registrato in Italia dall’invenzione del termometro, gli sconvolgimenti economici e sociali in corso sempre di più ci mostrano come il semplice concetto di “stazione climatica” sia una risorsa formidabile, dove basta un fazzoletto di bosco, un torrente, un sasso dove sedersi, un cuscino di muschio, per godersi la frescura, guardarsi attorno, ascoltare, leggere un libro… anche solo per tirare il fiato.

Eppure prosperano folli progetti per nuove infrastrutture sciistiche un po’ ovunque sulle montagne lombarde, incluse quelle arroventate dal sole e a quote non propriamente elevate.

Pazzie e insensatezze a parte, anche quando si inizia a percepire un necessario cambio di rotta, per fuggire ad una monocultura spompata, non per scelta, ma perché il clima ci presenta il conto, si replica lo stesso approccio separato dalla montagna vera, l’unica che ci appartiene e rappresenta.

In Valmalenco è in arrivo la ciclovia, con allargamento e “lisciatura”  di antiche vie e pure una luccicante nuova ferrata, mai vista prima da queste parti, sulle ombrose rupi del Castel.

Un perverso incantesimo per fare “cose”, con la rincorsa a trasformare ogni spazio naturale integro, dove far combaciare il tempo libero con quello del consumo.

Megaprogetti e nuovi passatempi, seppur a scale diverse, mostrano quanto siamo stretti all’angolo, immobilizzati e incapaci di mutare atteggiamento e ancorati a schemi di pensiero disintegrati dalla realtà.

Rinunciare ad accogliere i nostri limiti e non accettare la meravigliosa imperfezione di sentieri, rocce, boschi e pascoli, che poi sono la vera e autentica ricchezza, significa perdere la possibilità di trovare un senso, relazioni ed esperienza con le nostre montagne.

Ancora questa splendida Valle, seppur maltrattata, ci fa vivere bene e accoglie tanti viaggiatori ed ospiti, attratti non dagli orpelli, ma dalla qualità ambientale delle nostre montagne, dall’identità ancora in parte conservata, dall’accoglienza a volte ispida ma sincera!

Scassare l’impervio per adattarlo alle due ruote, assieme alla posa di cavi e metalli non cambiano di una virgola, non educano, non migliorano le condizioni di vita di chi vive in Valmalenco.

L’unico turismo che ci appartiene parte dalla consapevolezza della bellezza delle nostre montagne a cui non serve il puntello di alcuna infrastruttura.

Quando arriverà il tempo di sostituire le “cose” con i “significati”? Mollare i cantieri costosi per il divertimento effimero di breve durata e raccontare (bene e con cognizione di causa) quel che abbiamo? Quando scopriremo che da qui nasce il desiderio, da qui il modo sano e durevole di stare al mondo, per vivere quassù e della montagna?

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La rincorsa delle “cose” ultima modifica: 2022-12-26T05:23:00+01:00 da GognaBlog

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10 pensieri su “La rincorsa delle “cose””

  1. «Gli sconvolgimenti economici e sociali in corso sempre di più ci mostrano come il semplice concetto di “stazione climatica” sia una risorsa formidabile, dove basta un fazzoletto di bosco, un torrente, un sasso dove sedersi, un cuscino di muschio, per godersi la frescura, guardarsi attorno, ascoltare, leggere un libro… anche solo per tirare il fiato». Vero, detto con poche parole, e quindi bello. Grazie Michele.
     

  2. È la mentalità della “pianura produttiva” che sale in montagna. Occorre fare, normare e magari anche vietare. Produrre cose e consumare anche gli spazi del tempo libero. A volte, invece, per un sentiero, basterebbe un taglio delle erbacce, la risistemazione di qualche muretto crollato ed escursionisti di buon senso che lo percorrono così da mantenere battuta la traccia. 
     

  3. – Non è filomeccacistica la modalità. È evolutiva. Piû consapevolezze specifiche piû rischio di politiche differenti dall’attuale. – Il progresso ridotto a ordine e efficienza. Faccio finta di non aver letto. 

  4. ciò che dice il Sign. Cominetti è forse vero …di sicuro non nei paesi teutonici (Austria e Germania) dove, Le assicuro, le ciclabili sono ben congegniate, ben inserite, ben mantenute, ben servite e ben frequentate da cicloturisti ben educati.
    Un mondo migliore non solo è possibile, ma esiste vicino a noi.

  5. corretto, a mio avviso, l’idea del Sign. Fabio quando dice delle regioni contrarie. Ma chi dovrebbe portarle al simposio di politicanti????
    il C.A.I. ??? –farraginoso, lento e spesso complice (vedi itinerari in bici sulle sue riviste)
    Il Consiglio Nazionale Guide Alpine ??—spesso implicate nella realizzazione delle ferrate e/o nella cosiddetta messa in sicurezza
    I vari gruppi ambientalisti??.–così disomogenei, numerosi al punto di disperdere le scarse forze, divisi da gelosie (vedi recenti polemiche qui nel blog a proposito della camionabile carnica)
    quindi, Sign Fabio e tutti ….CHI dovrebbe sedersi al tavolo decisionale per far capire la banalità del male che stan facendo alle generazioni non più future, ma prossime ???

  6. Intervento n.1: “Capire non conta niente”. Purtroppo è proprio così. La storia dell’umanità lo dimostra ampiamente, con un’accelerazione preoccupante in questi ultimi malsani tempi .

  7. Le “ragioni contrarie” hanno qualche potere solo se l’interlocutore  ci accredita.
    Tra fazioni, parti e tifoserie hanno un potere penetrativo risibile.
    Il cambiamento ha origine endogene.
    Serve invece arrivare ad elaborare un linguaggio che abbia l’intento di provocare consapevolezze. Impiegare maieutica e metafora può essere utile.
    Per questo scopo il punto di partenza non sono le ragioni contrarie ma le le sue, la sua concezione della vita, del mondo, di sé, dell’altro.

  8. Non si capisce perché, ma l’insensatezza sembra essere un requisito indispensabile dell’operato della P.A. Sempre farraginosa, macchinosa, pachidermica, l’importante è realizzare “l’intervento” (che il più delle volte è totalmente scollegato dalle esigenze dei luoghi e delle persone e su di loro si abbatte), utilizzare i finanziamenti, spendere i soldi. Vogliamo parlare della tangenzialina di Bormio??? Combattere queste idiozie è, comunque, possibile facendo valere le ragioni contrarie nelle sedi e nei modi opportuni.
     

  9. se uno gira un po’ l’Italia in bici capisce che le ciclabili sino il capriccio dell’assessore di turno e in ogni comune sono sovente fine a se stesse.
    Quindi si mal-raccordano tra di loro costringendo il cicloturista a risolvere rebus geopolitici  a volte non da poco.
    A parte pochi e rari esempi le ciclabili sono una cagata pazzesca! Al vero cicloturista non piacciono.
    Piacciono ai politicanti e a turisti ignoranti annoiati, che purtroppo sono sempre di più.

  10. La concezione che la realtà è nella relazione e non nella sua oggettificazione e quindi consumo, che la struttura egoica dell’io nasconde e soffoca quella del sé dalla quale emergono le parole di Michele, parole in cui vi si trova molto per riconoscere la Terra ente a noi non separato, l’idea che la tecnologia e la cosiddetta scienza indichino una rotta sulla quale è inutile discutere, la politica ridotta ad ancella del mercato, vuota di idee e piena di bon-bon da regalare per stare in sella a poltroncine e divanetti, la logica del blasfemo sostenibile dovrebbero essere argomenti presenti in tutti i nostri discorsi e espressioni.
    Sarebbe una forma più scaltra rispetto al semplice giudizio negativo e di condanna di certe nuove opere volute e compiute in nome del bio, del rispetto dell’ambiente e del progresso.
    Per chi è d’accordo, le accennate formule – intellettualmente comprensibili e condivisibili – dovrebbero divenire incarnazioni. Capire non conta niente.
    Come non fatichiamo a dire chi siamo, dove andiamo, che facciamo, proprio perché in quelle espressione siamo identificati, così non avremo difficoltà ad esprimere una qualunque altra posizione.
    Il percorso può richiedere tempo, ma non è importante. È importante stare sul pezzo, senza accanimento, senza proselitismo. La sola rivoluzione avviene in noi. L’esperienza non è trasmissibile. Il linguaggio non contiene evoluzione. Lo studio rende ottusi. L’utopia è nella miopia di chi guarda altrove.

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