La storia del Cervino – parte 5

Storia del Cervino – parte 5 (5-6)

Il 14 luglio 1965, 100 anni dopo Whymper, la prima donna scala la parete nord: Yvette Vaucher, con il marito Michel e Othmar Kronig. È da notare che il 25 luglio 1963 Nadja Fajdiga, con Ante Mahkota aveva dovuto ritirarsi sulla cresta dell’Hörnli in corrispondenza della spalla.

Dall’11 al 13 agosto 1965 Annibale Zucchi e Giuseppe Lafranconi vinco­no la parete sud-est del Picco Muzio. Anche per colpa dei primi salitori non si sa molto su questa via, che deve essere però assai pericolosa nel canalone iniziale.

Annibale Zucchi e Giuseppe Lafranconi aprirono la via dei Ragni al Picco Muzio.

Annibale Zucchi sulla via dei Ragni al Picco Muzio
La parete nord-nord-ovest è sempre rimasta dimenticata per due ragioni: 1) l’assoluta verticalità interrotta solo da strapiombi, fuo­ri dalla portata dei tempi fino ad almeno il 1958 (Hasse-Brandler, Cima Grande di Lavaredo); 2) la parete non si vede da alcun centro abitato. Dopo la conquista delle più strapiombanti pareti dolomitiche, delle più verticali pareti ghiacciate (parete nord dei Droites, ecc.), delle ultime pareti granitiche del Monte Bianco (Blatières, Fou, ecc.) occorreva «qualcosa» che riassumesse tutto. Questo qualcosa poteva essere la parete del Naso di Zmutt, cioè la Nord-nord-ovest del Cervino. 1200 metri di altezza. I primi 400 di misto a 70°, 700 metri di roccia verticale e strapiombante, gli ultimi 100 facili, sulla cresta.

Nell’agosto 1968 Gianni Calcagno ed io saliamo alla base della parete verticale. Alla fine del 3° giorno, dopo una persistente bufera scappiamo sulla cresta di Zmutt. Nell’ottobre 1968 un poco serio e molto pubblicitario ten­tativo di Mirko Minuzzo, Enrico Mauro, Livio Patrile e Rolando Albertini. In 12 giorni superano solo 350 metri. 14 luglio 1969. Ritento, con Leo Cerruti. Alla sera del quarto giorno siamo in vetta. Un’arrampicata meravigliosa, dif­ficile e completa. Paragonabile alla Hasse-Brandler della Grande di Lavaredo, detratti ovviamente la quota, il misto iniziale, l’isolamento. Niente chiodi a pressione né corde fisse. Indubbiamente la mia «prima» più impegnativa. Venne usata la tecnica allora più nuova: i cordini con i nodi incastrati nelle fessure, due rurp consecutivi, bong delle dimensioni più grandi.

Il 14 luglio 1970 è la volta del pilastro sud est del Picco Muzio, af­frontato da Guido Machetto, Gianni Calcagno, Leo Cerruti e Carmelo Di Pietro. La via è di interesse tecnico, perché of­fre un’arrampicata sicura su roccia solida con elevate dif­ficoltà. I quattro bivaccano in vetta e per una bufera non proseguono sulla Furggen. Discesa a corde doppie lungo l’i­tinerario di salita. Pilier dei Fiori è il nome dato alla via.

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Innocenzo Menabreaz e Oreste Squinobal

Anche la parete sud del Cervino ha avuto la sua prima inver­nale. Su di essa si svolse una corsa che se non ebbe l’interesse della parete nord e neppure quei retroscena giorna­listici, ebbe invece una indubbia attrazione spettacolare. Ci mancava solo che i protagonisti si prendessero a colpi di piccozza. Il 19 dicembre 1971 Gianni e Antonio Rusconi con Giuliano Tessari stanno attrezzando la prima parte di parete. Arrivano il 20 Arturo e Oreste Squinobal con Giuseppe Cheney e Rolando Albertini (tutti e quattro guide). Nessuna alleanza. Il 21 discesa generale, per cattivo tempo. Il 22, i due Squinobal, Cheney e Albertini riprovano, segui­ti a presso da Ettore Bich, Jean Hérin ed Innocenzo Menabreaz (tutti e tre guide). Essi bivaccano 80 metri sotto ai primi. Il 23, raggiunta la cengia sotto la testa, Albertini e Cheney rinunciano alla competizione ed escono sulla Enjambée. A 70 metri dalla cima i tre dietro si accorgono di essere più lenti dei due Squinobal: Hérin si slega, scende da solo fino alla cengia. Bich e Menabreaz continuano e tre minuti dopo che il primo degli Squinobal è arrivato in vet­ta, Bich arriva a sua volta. Ordine d’arrivo: 1° Squinobal, 2° Bich, 3° Squinobal, 4° Menabreaz. Mai si era verificata una cosa simile: e nessuna di queste persone aveva ideato per prima la salita invernale della Sud. Infatti già nel marzo 1970 Gianni Calcagno e Leo Cerruti erano arrivati a 200 metri dalla cengia sotto la testa e si erano ritirati per cattivo tempo.

Dall’11 al 13 agosto 1972 i cecoslovacchi Zdislav Drlik, Leos Horka, Bohumil Kadlcik and Vaclav Prokes aprono una nuova via sulla pa­rete nord (via Cecoslovacca di Destra); indubbiamente di difficoltà non superiori alla via Bonatti. L’originalità di questa via è pressoché nulla. Tra l’altro gli ultimi 400 metri forzatamente in comune alla Schmid.

Thomas Gross

Già nel febbraio 1973 René Mayor, Raymond Joris, Robert Allenbach, Edgar Oberson, Jean e Daniel Troillet tentarono due volte l’invernale del Naso di Zmutt. Finalmente lo stesso Oberson, con Thomas Gross, riuscì nel suo intento, dal 21 al 28 febbraio 1974, con l’uso di molte corde fisse. Peccato che l’impresa fu appannata dal recupero in vetta, tramite elicottero, dei due esausti protagonisti!

Dal 14 al 16 febbraio 1977 il giapponese Tsuneo Hasegawa sale da solo e d’inverno la via Schmid.

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Marco Barmasse

Dal 10 al 12 gennaio 1978 una cordata di forti guide valdostane ha finalmente ragione della parete ovest d’inverno: Arturo e Oreste Squinobal, Rolando Albertini, Augusto Tamone, Marco Barmasse, Innocenzo «Nio» Menabreaz e Leo Pession giungono in vetta nell’infuriare della bufera. Purtroppo nella discesa un ancoraggio cede. Albertini precipita e muore, mentre Barmasse rimane ferito a una gamba. È l’inizio di un’odissea che si concluderà dopo quattro giorni con il recupero con l’elicottero dei sopravvissuti che nel frattempo avevano raggiunto la Capanna Carrel. Già tre anni prima, nel 1975, Marco Barmasse e Giovanni Hérin avevano tentato l’invernale della Ottin-Daguin: ingannati dal tracciato decisamente rettilineo pubblicato da Mario Fantin nel suo libro sul Centenario del Cervino, i due si erano impegnati per due giorni su una linea difficilissima, senza peraltro neppure arrivare al grande risalto verticale e strapiombante che caratterizza la metà parete. Le sette forti guide tre anni dopo, evitando quella variante e seguendo un itinerario più logico arrivano al risalto e qui trovano opportuno aprire una notevole variante a sinistra del passaggio che sia la cordata di Carrel sia quella di Ottin avevano superato.

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Arturo Squinobal

Dal 7 al 10 marzo 1978 le polacche Wanda Rutkievicz, Irena Kesa, Anna Czerwinska e Krystyna Palmowska salgono in invernale e cordata femminile la via Schmid alla Nord.

Dal 29 luglio all’1 agosto 1981 Michel Piola e Pierre-Alain Steiner vinsero il Naso di Zmutt per una via Diretta. Sia pur con molta moderazione, i due alpinisti svizzeri, che tante altre vie avevano aperto in quel modo, aprirono l’era degli spit anche sul Cervino. E, un po’ dopo, dal 26 al 31 dicembre 1982, ecco Daniel Anker e Thomas Wuschner risalire lo stesso itinerario in prima invernale. Ma, nel frattempo, il 12 e 13 luglio 1982 il fortissimo André Georges aveva salito il Naso di Zmutt (via Gogna-Cerruti) in prima solitaria. Ed era destino che ancora per un po’ questa via non dovesse avere semplici ripetizioni: infatti la quarta salita fu di Jean-Marc Boivin e ancora André Georges che, il 17 e 18 luglio 1986, la concatenarono in 24 ore con la cresta nord-nord-ovest della Dent Blanche!

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Michal Pitelka (a destra) qui con Thomas Ulrich)

Dal 21 febbraio al 1 marzo 1983 i cecoslovacchi Michal Pitelka, Jiří Smíd e Josef Rybička affrontano la parete nord, con l’intenzione di superare direttamente quel grande risalto che spicca nel settore sinistro della parete, unico tratto davvero verticale della Nord con uscita sulla Spalla. Un capolavoro passato in secondo piano ingiustamente, la via Cecoslovacca di Sinistra è stata ripetuta (nella parte più difficile) da Jasper e Schaeli nel 2011.

Pochi giorni dopo la fantasiosa guida di Valtournenche Marco Barmasse, assieme a Leo Pession, Luigi Pession e Gianni Gorret, s’inventa la bellissima prima invernale della via Deffeyes alla parete sud, in giornata (10 marzo 1983).

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Francek Knez

Ora è la volta di un’altra grande impresa passata nel dimenticatoio, ma che prima o poi verrà rivalutata come tutti i grandi capolavori. Il 15 e 16 giugno 1983, gli sloveni Francek Knez, Tone Galuh e Jaka Tucic affrontano la parete sud sulle rocce del Picco Muzio, a sinistra della Via dei Fiori, con l’intenzione di superare poi il grande risalto a strapiombi che sottosta all’obliquo della via Piacenza. Dal racconto di Knez, notoriamente modesto e contenuto nel giudicare i propri successi, traspare che i tre si sono trovati in grande difficoltà, nella nebbia, poi nel brutto tempo. Raggiunta la Spalla di Furggen, continuano a sinistra della via diretta (Carrel-Chiara-Perino) ma s’imbattono presto nella variante Bonatti. E qui decidono di scendere, percorrendo poi la cengia Mummery fino alla cresta dell’Hörnli e continuando in discesa per questa, rinunciando alla vetta. Ma quanto hanno fatto probabilmente basta già per parlare di grande impresa anche se un po’ offuscata dall’incompletezza. Trije musketirji (I tre moschettieri) è il nome di quest’itinerario tutto da riscoprire.

Nel settembre 1983 il francese Jacques Sangnier, non nuovo a questo genere di imprese, sale in quattro giorni e in solitaria la via Ottin della parete ovest. Pochi giorni dopo, il 28 settembre, Marco Barmasse e Vittorio De Tuoni fanno la prima ascensione del lungo crestone sud-ovest del Picco Muzio. Raggiunta la sommità del Pilier dei Fiori, proseguono fino alla vetta del Picco Muzio, nell’ultimo tratto congiungendosi con la via dei Ragni. Per maggiori informazioni sulla ragnatela di vie del Picco Muzio vedi il post apposito. Nel frattempo, approfittando del bel tempo stabile, il 29 settembre Renato Casarotto e Gian Carlo Grassi riescono nella prima ascensione della verticale muraglia della parete sud del Pic Tyndall. Nei pressi si svolgerà anche la prima ascensione della parete sud-est (sullo stesso Pic Tyndall), 4 ottobre 1983, Giovanna De Tuoni con Marco Barmasse e Walter Cazzanelli.

Lo stesso Barmasse, con Walter Cazzanelli e Augusto Tamone, il 17 marzo 1984 ripete (in prima invernale) la via Casarotto-Grassi. Ancora Marco Barmasse ha l’idea di realizzare (11 settembre 1985) il concatenamento in 1a solitaria, 15 ore, di tutte le creste del Cervino: ascensione della cresta di Furggen (1a solitaria lungo gli “strapiombi”), discesa cresta dell’Hörnli, ascensione cresta di Zmutt e discesa cresta del Leone.

Cervino5-Ivano Ghirardini -1980

Yvan Ghirardini

Dopo il magnifico exploit del francese Yvan Ghirardini, che nell’inverno 1977-1978 aveva concatenato da solo (senza alcun aiuto esterno) la Nord del Cervino (via Schmid, 21 dicembre 1977), la Nord delle Grandes Jorasses (sperone Croz, 7-9 gennaio 1978) e la Nord dell’Eiger (via Heckmair, 7-11 marzo 1978), l’esempio viene ripreso qualche anno dopo dai più forti campioni del momento. Il 25 luglio 1985 il francese Christophe Profit effettua in meno di 24 ore il concatenamento estivo (con uso di elicottero e grande diffusione mediatica) delle pareti nord di Grandes Jorasses, Eiger e Cervino. Lo sloveno Tomo Česen lo imita e lo supera dal 6 al 12 marzo 1986 con il concatenamento invernale delle stesse pareti. Il che provoca la reazione di Profit che, il 12 e 13 marzo 1987, fa lo stesso concatenamento in 41 ore.

E in tema di grandi velocità, compare il primo record della salita al Cervino: il 10 agosto 1990, Valerio Bertoglio sale alla vetta del Cervino di corsa (da Cervinia a Cervinia in 4 ore e 16 minuti, per la cresta del Leone).

(continua)

Cervino5-Valerio-Bertoglio

Valerio Bertoglio

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La storia del Cervino – parte 5 ultima modifica: 2015-07-12T06:00:18+02:00 da GognaBlog

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