Dopo le “zuffe” su GognaBlog a proposito delle gare di trail running e dell’affollamento, Roberto Pasini ci segnala l’uscita di un editoriale sul numero di dicembre 2019 di Trail Runner. Questo breve scritto stimola a riflettere sulla nostra modalità mediterranea di fare giornalismo e di dibattere.
L’alce e il corridore
di Roberto Pasini
La rivista Trail Runner è negli USA la Bibbia per chi corre in montagna. Il numero di dicembre 2019 si apre con un editoriale che ha per oggetto le conseguenze negative dell’aumento delle attività ricreative degli umani, compreso il trail running, su uno degli abitanti originari delle Montagne Rocciose: l’alce. È breve ed è scritto con uno stile “unassuming” (senza pretese), tipico di un certo giornalismo anglosassone, ma contiene, se analizzato con attenzione, gli elementi chiave di un approccio pragmatico e pacato ai problemi che a mio parere può portare a risultati più concreti di un approccio a volte troppo ideologico, soggettivo ed eccitato che caratterizza molti editoriali nel nostro paese. Già prevedo critiche severe sulla sudditanza all’egemonia imperialistica nord-americana, ma non importa, me ne farò una ragione. Riassumo il succo di questo approccio in cinque punti. Stanno sulle dita di una mano e sono facili da ricordare, se qualcuno ritenesse utile applicarli nelle discussioni che si svolgono anche su questa testata. E molto interessante anche il fatto che il “pezzo”, come dicono i giornalisti, sia stato pubblicato sulla rivista della “corporazione” dei trail runner. Non c’è nessuna ricerca di facile consenso e nessun ricorso ai ben conosciuti meccanismi di difesa della negazione e della proiezione: “il problema non esiste, oppure se esiste non è responsabilità nostra, ma di altri, i cattivi del villaggio”. Ecco dunque i Big Five che, forzando un po’ la mano, si possono ricavare da questo esempio. È meglio ridurre il numero dei comandamenti in un’epoca di attenzione al tema della ecosostenibilità.
1. Accettare la realtà per quella che è, qui e ora. Un numero crescente di persone pratica attività varie in montagna, è una tendenza insopprimibile degli umani di quest’epoca e va gestita: Hic Rhodus hic salta (Qui è Rodi, qui salta), dicevano gli antichi romani, sperando che questo ricordo liceale classicheggiante attenui l’accusa di anglofilia.
2. Non parlare di colpe, ma di “conseguenze indesiderate”, non usare un linguaggio giudicante e valutativo e concentrarsi su ciò che unisce e non su ciò che divide. La maggior parte di coloro che frequentano la montagna ama questo ambiente e ci tiene alla sua conservazione. I comportamenti a volte in contraddizione con questo obiettivo non sono frutto di malignità ma di errori di valutazione o di non conoscenza.
3. Focalizzarsi su un fenomeno preciso e misurare, misurare, misurare. Nel caso in questione l’aumento documentato delle morti per stress di una specie specifica di residenti. È difficilmente gestibile e migliorabile ciò che non è misurabile.
4. Formulare proposte concrete, realistiche e fondate su ricerche solide circa la loro efficacia. Nel caso in questione, non la chiusura impossibile di tutta l’area ma l‘individuazione di zone dove limitando la presenza degli umani si possono generare, con buona probabilità, effetti positivi sullo stress dei residenti danneggiati.
5. Coinvolgere le persone nell’accettazione delle misure da adottare attraverso l’informazione e l’educazione. Partire dal presupposto che se le persone capiscono e vedono il vantaggio anche per loro saranno motivate ad adottare e promuovere le azioni proposte, anche se comportano qualche rinuncia.
Sembrano cose semplici, ovvie ed elementari, ma ogni tanto ce ne dimentichiamo e ci imbarchiamo in contese ”teologiche” poco produttive che danneggiano (“conseguenza inattesa”) sia noi che quell’alce che volevamo difendere e alla fine siamo tutti “cornuti” e “mazziati” , anche se l’alce non considera la prima cosa un disonore.
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Parole sante e saggi consigli. Purtroppo l’incontinenza è una conseguenza dell’ipertrofia prostatica e delle canne che ci rollano quotidianamente le badanti per tenerci tranquilli qui alla casa di riposo Vecchi Mattini. Ad Maiora.
Fra i due meglio abolire il tutto, se a Udine vogliono si fanno una garetta per 50 se no si arrangiano. Ad Aosta sono già ricchi e non serve il Tor per arricchirli maggiormente. I radical chic da 700 euro stanno sulle balle a chi non approva le gare. Scrivi più sintetico che sei noioso, ho smesso di leggerti per sfinimento
Ma come, di fronte al grido di dolore proveniente dalle valli friulane, anche i duri e puri dell’abolizionismo si convertono alla logica del compromesso democristiano? 1000 assolutamente no, 50/100 si può vedere, va bene dai chiudiamo a 250 e non se ne parla più. Anche il caro Crovella era disposto a negoziare ma pure lui per ragioni anagrafiche è avviato verso un moderatismo doroteo, secondo una legge della fisica umana teorizzata in precedenti post (scusa Crovella per questo scherzuccio di dozzina e non starmi in cagnesco se ti cito anche se non c’entri in questa replica di ispirazione leggermente andreottiana ma innocua 😁). Non mi aspettavo una ritirata simile di fronte allo scontro da parte di una nuova maschia e rivoluzionaria gioventù pronta a spazzare come zecche dalle sacre montagne i fastidiosi trail runner. Se gli interessi sono inconciliabili allora sia: Lotta dura senza paura. Io già stavo cercando volontari per la brigata TOR de Vieux e abbandonato il buonismo di facciata avevo tirato fuori dal sottoscala della storia eskimo, casco e spranga con dedica autografa Mario Capanna ed ero pronto a promuovere un’alleanza persino con il ramo della drangheta protettore della fontina (vedi ultimi fatti di cronaca sulla valle d’Aosta). Ecco, l’ennesima delusione. Contrordine amici e ex-compagni. Mi toccherà accontentarmi delle rievocazioni degli ormai vecchi mattini e sere che imperversano su gognablog e asciugarmi furtivamente la lacrimuccia che inevitabilmente scende a noi anziani quando sentiamo parlare della Belle Epoque e di come era verde la nostra Valle quando si sentiva solo l’odore di muschio del vero alpinista e dei suoi lunghi capelli al vento ( era muschio o canapa? I ricordi a volte si confondono). PS. Capisco di essere noioso e triviale ma l’economia della massaia è una scienza triste. L’iscrizione al TOR costa 700 € (sicuramente quasi tutti radical chic che hanno venduto la fede rivoluzionaria per un insulso pettorale), tra iscrizioni, sponsor, contributi regionali e varie si arriva probabilmente a 200.000/250.000 €.( è una mia stima visto che VdA non pubblica bilanci disaggregati per gara). Con quei soldi si possono fare anche un sacco di interventi per ridurre l’impatto e guadagnarsi il Purgatorio. Tra partecipanti, osservatori,volontari, accompagnatori si crea un volume di clienti che possono sostenere i business locali, anche se legittimamente qualcuno può pensare che la gallina di oggi può danneggiare l’uovo domani. Una gara di un giorno con 50 partecipanti non attira nessuno, figurarsi i radical chic “high spending” come dicono i markettari, non ci paga neppure le bandierine, e non sostiene neppure il tabaccaio del paese che fa i caffè con la moka corretti con Vecchia Romagna Buton. I partecipanti si portano probabilmente il panino e la birra da casa. Meglio allora lasciar perdere (Abolire duro! Abolire tutto!) e sperare nell’aiuto dello Stato, se non si è gia speso i soldi in altri interventi assistenziali, oppure sperare negli uomini di buona volontà o in un benefattore magari russo, cinese o arabo che ci metta il grano in una valle in via di spopolamento ma non voglia nulla (ipotesi altamente probabile). Buona notte e sogni d’oro.
ci sono gare e gare, il Tor di più giorni con 1000 partecipanti non va bene, discorso diverso per la gara di un giorno con 50-100 partecipanti, impatto contenuto e invece aiuto ai locali
No Alberto non mi lamento assolutamente. Però i boschi e la natura non vanno abbandonati a se stessi ma gestititi con oculatezza e professionalità.
Il problema della montagna non è quello della troppa gente ( salvo ovviamente pochi posti ben noti) ma anzi al contrario quello dello spopolamento; non è ovviamente un problema che ho individuato io ma molto noto in tutta la montagna delle province di Belluno, Pordenone e Udine ( soprattutto in queste ultime). Quindi attività a basso impatto ambientale, come le gare, ma anche falesie, MTB etc etc che riescono a tenere in vita piccole attività commerciali sono a mio parere ottime.
Dino Marini
Carlo, è anche vero che di fronte a una vita come quella di Jim Bridwell si rimane ammutoliti. Che altro potremmo aggiungere?
La mancanza di equilibrio numerico fra i commenti (oltre 60) su temi come questo e quelli relativi, per esempio, agli articoli su Bridwell (cioè su temi in assoluto molto più pregnanti) dimostra che l’argomento all’ordine del giorno sulla tavola di tutta l’umanità è che non c’è spazio abbastanza per non darci fastidio. La differenza è che ad alcuni piace stare schiacciati come sardine in una piazza (o intruppati nel Tor) ad altri no. Per cui o i diversi segmenti statistici si autoregolamentano, oppure ci penserà la natura.
verità assoluta purtroppo!!
I rivoluzionari di ieri se la sono presa comoda, si son fatti furbi con il posto fisso e i salotti buoni.
Spazio ai giovani è giusto e naturale. Ma ci vuole un certo rispetto del passato , anche perchè se oggi i giovani hanno certe opportunità è grazie a chi ha lottato per ottenerle. Non è che sono piovute dal cielo.
I rivoluzionari di ieri sono i conservatori dell’oggi, non ci puoi fare nulla, è legge di vita, capiterà anche a me fra 30 anni, ma ora quando ti leggo ti trovo noioso, molto noioso. Paternali e paternali sullo stare bene insieme. Ora ci sono troppi interessi contrastanti, non è piu’ realistico un mondo di compromesso ideale, alla democristiana, neppure in montagna. Se sei felice tu, non lo sono io e viceversa, pero’ la vita da’ precedenza ai giovani, ai più giovani almeno, spazio a noi, senza vostri paternalismi sul volersi bene
Caro Massettini, mi ero ripromesso di smetterla dopo aver fatto gli auguri, ma non ce la faccio proprio. Oggi è l’anniversario di Piazza Fontana. Quel pomeriggio io ero in Statale ad ascoltare una lezione e ho sentito il botto e qualche giorno dopo ero ai funerali in piazza Duomo quando a mezzogiorno, come in un film, è sceso il buio. Avevo 20 anni. Quelli che volevano fare piazza pulita, sotto una bandiera nera o rossa, i radical chic della mia generazione li hanno già visti. Siamo sopravvissuti ai compagni che sbagliano e ai propugnatori di un Ordine Nuovo, abbiamo tenuto duro, alcuni anche con l’aiuto della montagna e ora siamo qui, un po’ acciaccati ma sempre attaccati ad alcuni valori e con la speranza di poter fornire un contributo anche se modesto al cambiamento, senza urlare o aggredire, magari partecipando ad un blog su tematiche lontane dalle contese della quotidianità politica ma legate ad interessi collettivi importanti. Forse di sembrerà un imbelle buonismo determinato dal calo del testosterone ma comunque ti auguro sinceramente di placare nel nuovo anno il tuo risentimento. E adesso davvero basta per quanto mi riguarda e mi scuso con i lettori per questo sfogo ma non ce la facevo a tacere, non oggi.
Antonio, ammiro il tuo coraggio. Tu sai che rischi i fischi, gli insulti, l’ostracismo e finanche il linciaggio (per ora solo morale)? 😂😂😂
Il PD ha raccolto l’eredità ideologica del PCI, gli elettori PD si sono imborghesiti cioe’ oggi sono gli intellettuali radical chic che abitano nei centri storici, per cui non sorprende che Pasini oggi appaia un democristiano. Due palle i suoi pistolotti sembrano prediche fella domenica. I veri rivoluzionari oggi sono quelli che amano fare piazza pulita e non quellu che vogliono unire
Crovella, il miglior sfollatore di thread che si sia mai visto.
Mai vista tanta scadenza e miopia messe insieme. L’articolo, per quanto discutibile veicola un concetto opposto – almeno sotto il profilo dell’approccio e del linguaggio a quello che il professore nemico dei cannibali utilizza in ogni intervento.
E continuare a sparare addosso a categorie che si considerano nefaste per definizione personale, ritenendosi invece un frequentatore virtuoso, è davvero imbarazzante.
Hai mai pensato, caro Crovella, che potresti cominciare a diminuire l’affollamento stando a casa tu per primo e che che definire cannibali coloro che sono diversi da noi è il primo e più rivoltante sintomo di razzismo e intolleranza?
e lo dico pur essendo uno che vieterebbe per legge la frequentazione della montagna. Ma almeno non ho la presunzione di pormi fra gli eletti e di sbandierare le mie teorie bislacche come il verbo.
i runner identificano un problema e ne parlano. stop. si chiama confronto.
state bene :o)
Oggi ho letto che l’alpinismo è diventato un patrimonio dell’Unesco.
Ho anche letto che adesso bisogna definire cosa sia.
Divertente !
“equiparare Salvini addirittura ad Adolf Hitler è pazzesco”
in effetti non ci sta proprio come paragone…
Salvini è molto più stupido e incoerente di Hitler
Berg Heil!
N.B. Badate che non ho scritto “Sieg Heil”, come è scappato detto a Marco van Basten. 😂😂😂
Caro Fabio, ti auguro per domani un “Progresso senza avventure” di democristiana memoria. Visto che mi sono guadagnato questo titolo sul campo lo metterò tra i ricordi da mostrare ai nipoti: insieme all’eskimo, il poster di Che Guevara, il poster della Destivelle che arrampica in pantaloncini corti full body, le EB, la Cassin rossa integrale e altri aggeggi simili. Da buon democristiano Buone Feste a tutti e buone ravanate/corse/arrampicate e altro e ricordiamoci sempre di ciò che ci unisce e non delle bagatelle che ci dividono. Amen 🙏
Comunque spero di incontrare alci. Non corridori.
La Belva? Le valanghe?
Roberto, io domani andrò sull’Appennino, dove è appena nevicato e dove bazzicano lupi. Che fai? Porti sfiga? 😂😂😂
Aristogitone, cosa mi combini. Ti sei messo su una brutta strada. Uno di quei camini sprotetti, umidi, friabili, pieni di erba bagnata che piacciono tanto ai greppisti. Non hai idea di cosa hai provocato e di cosa succederà. La Belva! La Belva! Che gli dei misericordiosi proteggano gognablog e ci salvino dalle valanghe!
giusto, ottimo consiglio.
Il problema però è che questi posti alternativi sono sempre più rari, perchè sempre più aggrediti. Non ci si accontante di quello che già è civilizzato, messo in sicurezza, valorizzato, reso turistico. Una volta presi questi, si vuole anche gli altri.
Un pò come hanno fatto gli europei con i pellerossa.
Infatti non l’ho mai paragonato né equiparato. Nel commento numero 43, il Prof. ha, secondo me, voluto fare un parallelismo di situazioni.
Nello smarrimento generale è facile, per chi ha un minimo di carattere, prendere il controllo su tutti gli altri. Tutto dipende da chi è e come si comporta poi quest’ultimo. Poi ognuno è cosa a sé, ci mancherebbe.
Pasini qui in Apuane di merda da ravanare ce n’è tanta, anche se i “ravaneti” son belli bianchi.
Il colmo è che parlare a quelli da pic-nic sarebbe facile …è parlare agli “altri” , quelli che accompagnano o indirizzano i merenderi/cannibali, che è dura.
Marcello, lo dico senza alcun desiderio di polemica ma solo per obiettività: equiparare Salvini addirittura ad Adolf Hitler è pazzesco.
Ciascuno di noi ovviamente è libero di avere e manifestare le proprie opinioni – e ci mancherebbe che non fosse cosí! – ma un minimo di rispetto per la realtà delle cose bisogna pur mantenerlo. Critica Salvini – e chiunque altro – quanto vuoi, ma nei nostri giudizi partiamo sempre dai fatti.
Criminalizzare chi ha opinioni politiche differenti dalle nostre – come purtroppo si usa da decenni – potrebbe essere molto pericoloso per la convivenza civile. Ergo, “io ti giudico un criminale e quindi ti impedisco di parlare”: cosí facendo ci si pone al di fuori di quella democrazia che si crede di difendere.
Propongo di iscrivere Salvini alla prossima edizione del Tor valdostano!
Col tempo richiesto dagli allenamenti ne avrebbe meno da passare sul cellulare con conseguente effetto positivo sulla Nazione.
Peace and love.
Caro Pasini, magari avessimo dei disadattati al potere! Quelli che ci sono adesso sono perfettamente adattati ed è per questo che fanno solo danni.Concordo con Crovella che i politici dovrebbero astenersi dai social. Aggiungo che nelle proprie credenziali di politico, affinché egli stesso venga votato, debba avere un curriculum sportivo (magari di dura corsa in montagna) con discreti risultati in attività di resistenza (pallanuoto, trailrunning, scialpinismo, ciclismo, fondo, maratona, ecc).
Uno come S…..i (l’esempio mi si propone da solo) che non ha mai lavorato in vita sua e passa il tempo a cercare consensi sul web dai suoi fans, è chiaro che è inadatto e può trovare consensi solo tra coloro che ignorano il vero senso delle cose. Eppure vedrete che, grazie al potere della propaganda, ce lo ritroveremo alla “caporal baffuto” su qualche palchetto (pre) potente.
Sono cicli. Di errori e orrori, ma tant’è…..
Oh Yeah! Il problema nasce quando i disadattati diventano, o pensano di diventarlo, leader politici. Il riferimento ad avvenimenti e persone reali è puramente casuale🤪🤪🤪
Se a Londra si mantengono km e km di tunnel per il passaggio dei ricci o ci si preoccupa negli USA delle alci, è perché si è ricchi! Altrimenti alci e ricci l’uomo se li mangiava e comunque non se ne preoccupava affatto.
I corridori/runners americani che si preoccupano dei danni arrecati alla vita dell’alce, sono ricchi, e stanno così bene economicamente che hanno energie da dedicare a questo tema. Tutto bellissimo, per carità, ma è evidente che si è invischiati tutti in un sistema che prima provoca danni e poi cerca strategie per ripararli. Le guerre sono la stessa cosa, distruggono per poter ricostruire. Chi non è d’accordo con tutto questo è disadattato e magari cerca l’avventura in montagna. D’altronde questa cazzo di vita è così.
It’s only rock’n roll, but I like it!
I piani sono due. Il primo quello delle soluzioni individuali, che si trovano sempre. Io andando per monti in Svizzera riesco persino a trovarle in Engadina a due passi dai russi col catenone che vanno a Saint Moritz. Il secondo quello delle soluzioni collettive, “politiche” nel senso etimologico e qui sono guai e la faccenda è maledettamente più complessa ed entrano in gioco approcci e modelli mentali diversi. Questo voleva essere il senso dell’articolo.
Questo è l’ennesimo esempio di diversità di punti di vista tra cittadini frustrati (perché ogni cittadino lo è!) e montanari disposti a sfruttare la montagna per fare soldi. Ma le vedete le città? Non luoghi dove si sta ammassati e senz’aria in nome dell’avere la cultura (cinema, teatri, biblioteche..) a portata di mano, auto-costruendosi attorno un mondo innaturale che porta i suoi abitanti ad abbisognare di sfoghi d’ogni genere: sport, evasione, droga, ecc…
I montanari cercano di guadagnare da quello che hanno fuori dalla porta, per garantirsi una decente qualità di vita esattamente come fanno i loro antagonisti inurbati. Certo, in ogni caso occorre darsi dei limiti, ma quelli già oltrepassati da tempo, soprattutto dal punto di vista umano nelle città, sono ridicoli se raffrontati a quelli ancora relativamente lontani delle valli.Purtroppo indietro non si torna e invece di professare un impossibile ritorno a una montagna meno accessibile, su cui sono totalmente d’accordo ma non vedo come si possa fare praticamente, si può frequentare una montagna come la si vuole non andando tutti negli stessi posti, gli stessi giorni e alla stessa ora, come fa la maggior parte di quelli che si lamentano.
Il sistema che vi ha resi schiavi del benessere raggiunto (e dal quale NESSUNO è disposto a fare marcia indietro) è un circolo vizioso nel quale sguazzano tutti ‘sti discorsi ognuno fine a se stesso.
Io, sinceramente, tutti ‘sti cannibali, come li chiama Crovella, li riesco ancora a evitare, ma mi muovo sui monti. Non solo sulla tastiera del computer.
In futuro non ci sarà piú differenza tra la Riviera adriatica e quelle che erano le Alpi selvagge di un tempo. Forse ci ritroveremo tutti insieme a Riccione, il giorno di Ferragosto. 😥😥😥
… Mi rimarrà però l’Appennino. Lí, tranne che in pochi posti superfrequentati, non si trova quasi nessuno: troppo vicino a casa, troppo “banale”, troppo “dozzinale”, troppo “plebeo”. «Che ovvove!»
Caro Benassi, rimboccarsi le maniche e ravanare nella merda, rimanendo fedeli alla luce; non credersi superiori ma saper parlare a quelli col tavolino da pic-nic e le infradito. “Dai diamanti non nasce niente, dalla merda nascono i fior”. Non mi ero mai beccato del democristiano. Però se perseguire il cambiamento attraverso un ampio consenso vuol dire essere democristiani, lo accetto volentieri. Li ho combattuti per una vita ma in fondo sapevano governare. Grazie Massettini.
Invece Roberto Pasini scrive cose sensate ma se la si vuole buttare in caciara va bene, tanto ormai ci siamo abituati.
Pasini scrive papiri eterni, ma dice sempre le stesse cose, noiose, unte di perbenismo, da vero demoscristiano che vorrebbe diffondere il bene per tutti. chi se ne frega dei cinesi al TOR, il prossimo anno respingete le loro iscrizioni
e allora caro Pasini cosa bisogna fare? continuare ad attrezzare sempre di più la montagna per renderla sempre più e facilmente fruibile? Anche gli ultimi rari spazi ancora “liberi” ? Dico liberi perchè selvaggi farebbe ridere.
Perche è questo che sta avvenendo. Non bastano le infrastrutture che già ci sono? strade, ferrate, impianti, piste, alberghi, ristoranti, rifugi, sentieri, segnaletica, falesie attrezzate, ect.
Non sono sufficienti, oppure dopo un pò annoiano, od ancora bisogna investire per maneggiare soldi?
Una delle specificità della nostra cultura è quella di essere mediamente più forti nella creatività e nell’ideazione che nella realizzazione. Con le dovute eccezioni individuali e locali ovviamente. La durezza dei fatti spesso si scontra con i nostri sogni e desideri. Parlo di una realtà che conosco: non la Valle dell’Eden ma la Valle d’Aosta. Qualche dato: 1200 alberghi, 3.600.000 visitatori all’anno, 1000 ristoranti, 1900 maestri di sci. Gli ultimi dati disponibili completi sono relativi al 2018: anno d’oro per il turismo ma grazie alla crescita dei mesi intermedi. Calo delle presenze nei mesi di luglio e agosto. Le presenze italiane sono ritornate più o meno quelle del 2009, dopo il forte calo della metà del decennio. Le presenze straniere sono in continuo aumento. Nella stagione invernale 2018/2019 si è registrato un calo del 4%. È calato anche il soggiorno medio: 2,9 giorni. Dati osservatorio turistico VdA. Chi sarebbero i cannibali ? Ci sono più cannibali italiani o stranieri ? Chi lo decide? Anche il Papa ha detto: chi sono io per giudicare ? Di quanto si dovrebbero diminuire le presenze rendendo la montagna più spartana o magari aumentando ulteriormente le tariffe autostradali e rendendo più difficile la viabilità (per andare in autostrada da Milano a Courmayeur già adesso bisogna fare un mutuo) 10% ? 20 %, 50 % ? Sicuramente milanesi, genovesi, torinesi disposti al sacrificio di fatica o economico si troverebbero intorno meno cannibali fastidiosi, ma chi glielo spiega agli albergatori, ai maestri di sci, alle guide che campano dove gli altri si divertono? Li facciamo diventare tutti dipendenti regionali? Chi decide la diminuzione concordata? I residenti in Valle o i turisti “consapevoli”? Un terreno più concreto di proposta sarebbe quello di individuare come gestire l’accesso dei “cannibali” ,che invece di mangiare danno da mangiare, guardando le cose in prospettiva e non solo alle bollette da pagare ogni mese, i valdostani ovviamente, senza danneggiare micro-ambienti locali come l’accesso delle auto in Val Ferret (anche se in questo caso ci sta già pensando la natura). Questo richiede tuttavia uno schema mentale diverso: non la decrescita felice ma lo sviluppo sostenibile, non il governo degli illuminati ma la faticosa e paziente costruzione del consenso, non le grandi idee ma la realizzazione concreta di piccole azioni. Si finisce sempre allo stesso bivio. Sono due punti di vista legittimi che su alcuni punti potrebbero anche coincidere se fossimo un po’ meno emotivi, in ogni caso vedremo alla fine per cosa opterà la maggioranza (della quale fanno parte molti cannibali, detto tra parentesi). Oppure arriverà un terzo incomodo, magari un lupo cinese, che si papperà tutto il piatto e farà in Valle d’Aosta quello che ha fatto in Tibet (per fortuna hanno difficoltà a digerire il lattosio). PS: magari in una prossima occasione racconterò delle mie interazioni con cannibali cinesi al TOR di quest’anno. Molto istruttive.
la natura riprende possesso dei suoi spazi, l’uomo è uno dei tanti abitanti. Lupi, orsi e cervi hanno più diritto dell’uomo di occupare i boschi, l’uomo può correre negli stadi o sulla tangenziale, lasciamo i boschi alla natura e ai suoi animali
Dino è che fai ti lamenti??
Cambia e vai ad abitare in qualche metropoli. Così invece di stare attento ai cervi , te ne stati “tranquillo” in fila a respirare gas di scarico e vari vaffanculo.
Da te i boschi aumentano, qui in Apuane vengono sommersi dai ravanenti delle cave.
Caro Dino, ma tu dove abiti? Nella Valle dell’Eden?
C’è ancora posto? 🙂🙂🙂
I fatti sono che a casa mia il bosco in 10 anni è sceso di almeno 100 mt di quota invadendo pascoli e radure. Ho visto almeno tre volte passare davanti a casa mia lo sciacallo dorato. Le volpi sono all’ordine del giorno. Sono ritornati i lupi. Alla sera per rientrare a casa occorre fare attenzione ai cervi, poichè ormai sono numerosissimi come i camosci e stambecchi. Nei boschi sotto il Rite pare sia stato avvistato l’orso ed è sempre più difficile andare a funghi perchè il bosco sta diventando fittissimo; Il numero di abitanti della mia zona è in crollo. Solo pensando che abito in una zona dove famosa dove sono iniziati i lavori per mondiali ed olimpiadi, mi chiedo di cosa state parlando.
Per Pinotti: io disprezzo talmente i social network e la gente che li utilizza (compresi i politici, in primis) che non so neppure come si chiamino con precisione.
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Per Matteo (dove si firma?): non è necessario firmare, basta andare in montagna in quel modo, dare l’esempio agli altri, spingere perché si torni ad un accesso antropico che “rispetti l’alce” (tanto per sottolineare che le nostre considerazioni sono collegate a questo articolo) e propagandare la filosofia “Più montagna per pochi”. Chi vuole lo fa anche a parole, sennò basta l’esempio, anzi è molto più istruttivo.
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Greta faceva ridere i passanti quando stava davanti al Municipio di Stoccolma. Ora, però, è osannata da tutti e la invitano a parlare all’ONU. Chissà, magari fra qualche anno l’ONU inviterà anche me!
“Siamo d’accordo almeno su questi punti? Siamo disposti a…”
Dove si firma?
Mi pare che siamo molto lontani dallo spirito dell’articolo.
Twitter Crovella, non tweeter. Così sembra il nome di un sex toy.
Molti di voi prendono davvero fischi per fiaschi: leggete con più attenzione. Nessun astio da parte mia, ma solo considerazioni lucide e razionali, l’ho scritto chiaramente. Che l’afflusso antropico tramite gli impianti sia anche peggio delle gare è oggettivo, non c’è bisogno che Regattin lo sottolinei. Che le gare di scialpinismo siano in calo nulla incide sul numero annuo di gare (trail+sci) che sta diventando insopportabile e di cui non si comprende dove sarà il limite tendenziale. Che un hastag (peraltro provocatorio, purché io non ho – per scelta – tweeter, né altri social) che un hastag, dicevo, valga come il due di picche…beh, non è necessariamente una schifezza: due di picche oggi, due di picche domani, due di picche dopodomani… “gutta cavat lapidem” (la goccia perfora la pietra). Per quanto riguarda la coerenza in montagna, chi mi conosce di persona sa che seguo quanto scritto da Bertoncelli. Buona serata a tutti!
Ma chi e’ sto Pavesan da denuncia?
I 450 impianti che servono 1200 km di piste fruibili con un unico skipass non aumenteranno di numero; a crescere, grazie ad ammodernamenti e rimpiazzi, sarà la portata oraria complessiva che, a massimo regime teorico, raggiungerà le 670mila persone/ora
https://www.repubblica.it/viaggi/2019/11/13/news/alto_adige_-_tirolo_sull_offerta_neve_e_muro_contro_muro-240989947/
l’unico termine amichevole che mi viene in mente è “dilettanti” (riferito a Crovella e soci). In ogni caso dopo un commento come quello di Pavesan, fossi il gestore del blog, lo bannerei immediatamente, siamo al limite della denuncia. Infine onestamente mi sono rotto i maroni di leggere questo astio verso individui che, per quanti ne conosco e sono moltissimi oltre al sottoscritto, hanno sempre fatto del rispetto per la montagna una ragione di vita, alla faccia di Crovella e dei suoi sostenitori.
Enri, lascia perdere, credimi.
Definitivi saluti.
Rendere piú faticoso l’accesso alla montagna. Chiudere al traffico automobilistico le strade sterrate e quelle ghiaiate. Chiudere al traffico automobilistico le strade asfaltate secondarie (per esempio quella della Valle di San Nicolò e quella del Gardeccia). Non costruire piú rifugi. Eliminare molti bivacchi (per esempio quello, obbrobrioso, intitolato a Gervasutti nel gruppo del Monte Bianco). Non costruire piú ferrate e smantellare quelle piú devastanti. Evitare, per quanto possibile, di servirsi degli impianti di risalita. Rifugi piú spartani. No motoslitte. No eliski. No motociclette sui sentieri e lungo le strade sterrate. Eliminare le corde fisse sui monti. No servizio taxi sulle strade vietate al traffico. Evitare gli itinerari affollati.
Siamo d’accordo almeno su questi punti?
Siamo disposti a non percorrere con le nostre auto le piú sconnesse stradacce, al solo scopo di risparmiarci un paio di chilometri a piedi? Siamo disposti a rinunciare agli impianti di risalita? Siamo disposti a non metterci piú in fila sul Gran Paradiso per Ferragosto? Perché, se non cominciamo noi, è ipocrita pretenderlo dagli altri.
Numeri alti o bassi fa li stesso: le gare danno molto fastidio, sempre.
Come volevasi dimostrare
Circa chi sono i cannibali si e’ abbondantemente scritto e rinvio (specie Enri & C.) ai relativi due articoli consecutivi dei mesi scorsi. Ovvio che i runner non sono gli unici cannibali e anzi coloro che salgono a Punta Helbronner con la funivia (per far due passi con le infradito sul ghiacciaio) sono ancora più cannibali, sia nel merito che nei numeri. Ma anche i runner lo sono, non fosse altro che per il carattere di fenomeno numericamente in forte espansione. Non sono animato da uno specifico fumus persecutionis a danno della singola categoria dei runner, ma indistimtamente dei tanti (troppi) frequentatori della montagna. Alpinisti, escursionisti arrampicatori, bikers, runner, scialpinisti, ciaspolatori e chi più ne ha più ne metta. Come fare per selezionare l’accesso antropico? Ho scritto le mie proposte nei suddetti due articoli, ma sintetizzo al massimo: far tornare la montagna più severa e spartana. Meno comodità, accesso più lunghi, rifugi non stile albergo, no corde fisse, meno impianti, meno segnalazioni ecc ecc ecc. Viziati come siamo dalla società consumistica,il ritorno ad una montagna spartana provocherebbe una inevitabile selezione naturale. Chi non ha piacere di muoversi in una montagna spartana, si riconvertirebbe verso altri sport. L’ho spiegato mille volte, non fatemelo scrivere più. In questo scenario ideale, chiaro che le gare di corsa manco esistono visto che presuppongono tutto un ambaradam di organizzazione collaterale (volontari, posti tappa, sicurezza ecc ecc ecc)
Il “misurare, misurare, misurare” vorrebbe anche solo dire guardare i numeri indicati da Giuseppe Penotti piuttosto che andare “a sensazione”. Qui invece si ha una fissa in testa e si interpreta tutto in funzione di quella.
Pensare di frenare o, peggio, impedire che qualcuno voglia correre in montagna è come immaginare di poter arginare o indirizzare il vento.
Oltre a ciò, che già mi sembra demenziale e del tutto irrealizzabile e quindi inutile al lato pratico, non ho ancora avuto risposte ad una domanda che posi tempo fa: ma tutti gli altri che in montagna a correre non ci vanno, ma che in montagna ci arrivano con l’auto, la parcheggiano a mille metri, fanno passeggiata di 20 minuti e poi pic nic…questo qui, questi cosa sono? sono cannibali? o sono turisti e quindi va bene cosi, questi possno accedere? no perchè non vorrei che, in nome della salvaguardia dell’ambiente – cosa sacrosanta – ci stessimo occupando della punta dell’iceberg, quando sotto c’è un volume di gente che accede, frequenta e per questo inquina cento volte di più. Ripropongo la domanda: i colpevoli di sovraffollamento in montagna sono i trail runner o siamo tutti, dico tutti, per il semplice motivo che ognuno di noi, ognuno con il suo personale obiettivo, parte da casa, usa l’auto arriva in montagna, parcheggia ecc. ecc. …..?
A volte temo che ci sia un po’ di ipocrisia che andrebbe fatta emergere e tolta di mezzo.
Cosa vuol dire più montagna per pochi? chi sono i pochi? chi decide? sono i più bravi? quelli che se la meritano di più?
A mio aviso sono discorsi folli. Ed in tutto questo, come ho avuto modo di dire già varie volte, alla fine chi si allena per una gara, chi fa dell’alpinismo rapido e veloce, chi si prova tiri duri in falesia o un blocco in mezzo al bosco, alla fine temo che sia invece proprio la parte migliore di chi frequenta la montagna.
Sono semai più preoccupato di tutti quelli che in montagna accedono come i bagnanti che si fermano in riva almare e ad una bella nuotata al largo preferiscono la riva, la sdraio, il bar….
in ogni caso nessuno ferma nessuno, grazie al cielo….. e che non venga in mente a nessuo di mettere una tassa sui trail o sui 4000 frequentati con il fine di scoraggiarli.
Non entro nel merito specifico dell’articolo, ma continuo a rimanere basito quando si fanno affermazioni, autonominandosi rigorososi studiosi della frequentazione in montagna, senza alcun approfondimento e citazione dei numeri.
Carlo Crovella, le gare invernali di ski alp sono in netto calo, anzi in tracollo deciso.
Eppure basta poco per documentarsi prima di lasciarsi andare a commenti tranchant.
Ecco i veri numeri:
https://skialper.it/ceravamo-tanto-amati/
Volevo serbarlo per una cosina che sto scrivendo, ma quando “ce vò, ce vò”.
Ritorno in letargo, scusate ma questo per me lavorativamente parlando, è un periodo caldo.
P.s. Crovella, l’hashtag in un blog è utile come il due di picche a briscola.
Solo un’informazione sui numeri. Io sono abituato a ragionare così. Dico anche che i VDA Trailers, gli organizzatori del TOR non sono “amichetti” miei e non ho alcun interesse di nessun genere in proposito. Personalmente avevo dei dubbi sulle quattro gare. Nel 2020 i partecipanti alle quattro gare saranno in tutto 2100 (1000 + 500 + 500 + 100). I VDA trailer si sono impegnati a rispettare il protocollo di sostenibilità delle gare di trail running firmato a Courmayeur di cui si è parlato in un’altro post. La funivia del monte Bianco ha un limite giornaliero stabilito dalla Regione di 3000 persone, con punte consentite di 4000. Nel 2018 ci sono stati 215.000 visitatori con una picco giornaliero di 3800.
Con riferimento al commento n.9, aggiungo sinteticamente che io non mi stupirei se prospetticamente si consolidasse un movimento di opinione (avverso ai trail diffusi a macchia d’olio) capace di irrobustirsi e quindi di rappresentare un’istanza significativa cui le Istituzioni non potranno dire di no. Guardate Greta: all’inizio faceva ridere tutti, oggi parla all’ONU.
A volte, anche se non sempre, certi fenomeni si riducono strada facendo. Qualunque sport, sfociando nella competizione, ha bisogno di regole ben definite alle quali non può sottrarsi. Ne consegue che se all’inizio si sfiora il caos nel tentativo di affermarsi col tempo risulterà chiaro ed evidente chi avrà i titoli per potersi affermare. Questo vale sia per i partecipanti sia per gli organizzatori. Prendiamo ad esempio il circo bianco, non è che le gare di coppa del mondo o i campionati mondiali vengano disputati ovunque. Ci sono delle location che col tempo si sono affermate e penso che finirà così anche per i trail. Quando ciò avverrà nessuno lo sa ma più il fenomeno prenderà piede, dando vita ad atleti professionisti o semiprofessionisti, più i tempi si accorceranno.
Basta aspettarli dietro una curva e creare selezione
giusto più montagna per tutti.
Ma è una pia illusione che questo non avrà un impatto sull’ambiente. Non tutti hanno un’ alta sensibilità di rispetto. Anzi molti non l’hanno per nulla.
Inoltre la presenza di tante persone richiede organizzazione, strutture di accoglimento, messa in sicurezza quindi attrezzature più o meno fisse, ect. ect.
Più montagna per pochi. Ognuno ha i suoi legittimi desideri. Io sono più ispirato dallo slogan di quel grande leader che è Cetto la Qualunque “Più……montagna per tutti” aggiungo ”in modo sostenibile” e “consenziente” a differenza di Cetto, poco sensibile a questi due temi. In ogni caso, miei auguri a chi crede nell’ascia e pensa si possa arrivare con quella nelle comunità locali, nei consigli regionali, nei consigli comunali e magari anche in parlamento ad una normativa che limiti le gare di trail running, visto che viviamo in uno stato di diritto dove gli interessi dei gruppi si mediano nelle istituzioni. Se però si vuole solo affermare un principio e pensare che prima o poi il pueblo ti seguirà va bene lo stesso. Chi si contenta può godere anche da solo.
è inutile e molto ingenuo fare tanti rigiri per trovare giustificazioni.
Luciano ha colto perfettamente nel segno!
È il VIL DENARO che decide ciò che bisogna fare! Nelle località dove si realizzano I TRAIL, se gli iscritti aumentano, c’è un tornaconto per gli Alberghi, negozi, ristoranti, ecc. Vedere tante persone di tutte le età, sia uomini che donne, correre, affaticarsi e non godere dei panorami, per me è inammissibile. Ma ormai è una moda che porta denaro agli organizzatori per l’iscrizione, ed a tutto ciò che gira intorno.
Io sono “taglià cul piulet” come si dice in piemontese (tagliato con l’accetta) e non mi interessa né ho tempo per perdermi dietro ai sofismi alla Pasini sul “noi”, “voi” e la Nutella. Quindi parlo direttamente: se l’ambiente dei runner non saprà autoregolamentarsi, la regolamentazione dovrà per forza arrivare dall’esterno (rispetto la loro ambiente).
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Sottolineo (specie agli occhi di eventuali nuovi lettori rispetto alla recente polemica) che la mia avversione verso l’affollamento in montagna non è esclusivamente focalizzata sui runner. Ritengo che in assoluto ci siano troppi umani che bazzicano per i monti, i famosi “cannibali”. Certo il mondo delle corse in montagna non ha alcun senso ai miei occhi, perché per correre non è necessario spostarsi in montagna, lo si può benissimo fare altrove, senza pesare sui poveri alci (fisici e mataforici).
#PIU’MONTAGNAPERPOCHI
Intervengo sul metodo, visto che sui contenuti ci siamo già confrontati ampiamente. A volte interventi animati da buone intenzioni (sottolineare ciò che unisce) usano un linguaggio che può portare a conseguenze non volute: rifiuto a priori e reazioni ostili: non si dovrebbe dire “voi” qui “voi” là’ ma usare la terza persona: gli appassionati di trail running ecc ecc. È piu’ efficace concentrarsi sul comportamento e mai attaccare la persona e le sue intenzioni presunte, anche nella vita di tutti i giorni. Consente di risolvere il problema e conserva il rapporto personale. Detto questo, concentriamoci sul comportamento che si vorrebbe cambiare: l’eccessivo consumo di gare. Questo comportamento non è frutto di malignità ma eventualmente di un eccesso di passione e di una sottovalutazione delle conseguenze. È come il consumo della Nutella: golosità e dipendenza sono parte dell’uomo. L’attacco e la colpevolizzazione non cambiano il comportamento. In più ti arriva addosso un carico di interessi che ti schiaccia. Proseguo nella metafora: bisogna dimostrare dati alla mano (misurare) le conseguenze del consumo di Nutella sul benessere, proporre alternative realistiche (non la melina ecologica insapore) che riducano l’impatto del comportamento ( di nuovo misurare) ed educare le persone coinvolgendole; non serve molto dire “brutto bambino ciccione ( e tu mamma irresponsabile) smettila di riempirti di zucchero, altrimenti da domani niente Nutella o al massimo sarà permesso solo un cucchiaino, con il controllo della ASL “. Sarebbe necessario anche agire su chi la Nutella la offre, cercando non di minacciarlo con una regolamentazione avversa, tipo avvisi sul tappo (qualcuno ci ha provato ma è finito male) ma convincendolo che per il suo stesso business ci possono essere pericoli continuando a puntare sull’effetto glicemico. Insomma una cosa è la testimonianza, un’altra l’arte di governare gli uomini per quello che sono, con le loro golosità, i loro eccessi e i loro interessi corporativi. Mi sembra che anche in altri campi qualcuno se ne stia accorgendo.
Ciao Matteo.
Non ho alcun quindi.
Il proselitismo non mi riguarda.
È un atteggiamento positivistico che contraddice l’evoluzione.
Questa implica la presa di coscienza che creiamo la realtà che crediamo di vedere fuori da noi.
Una volta divenuti consapevoli di esserne gli autori, la prospettiva con la quale traguardavamo il mondo – egoica – perde importanza.
Si svelano i nascondigli dei dogmi e l’autoreferenzialità di noi stessi che sostenevano.
Eccetera.
A quel punto, e di per sé, le scelte che si attuano alludono a politiche che danno dignità alla natura non perche sia a noi oppotuno (antropocentrismo) ma perché si avverte la parità di stato, l’appartenenza ad un solo corpo, di cui tutte le forme ne sono espressione terminale.
Diversamente dovremmo di buon grado accettare di essere sopraffati, ingabbiati e utilizzati da qualche specie in grado di fare a noi quanto noi antropocentriacamente ci crediamo in diritto di fare a loro.
Sarebbe legittimo, per ciascun umano, dedicarsi alle proprie “fisse”, se ci fosse adeguato spazio per tutti. Il punto è che il fenomeno delle gare (sia estive che invernali) sta crescendo a dismisura, con numeri impressionanti e fuori da ogni controllo. E’ stato detto, in un commento relativo ad un precedente post, che le gare annue (estive+sci) in ambito italiano risultano già 382: più di una al giorno (in media)! Tante, tantissime. Troppe. Ma soprattutto: a quale ritmo cresceranno d’ora in avanti? Quante saranno l’anno prossimo? 500? 600? E fra due anni? E fra dieci anni? Infatti chi è impallinato delle gare pensa che sia un fenomeno oggettivamente positivo e vorrebbe quindi espanderlo a dismisura. Se foste disposti e capaci a calmieravi, cioè a ridurre le gare come numero annuo e a contenere il numero degli iscritti a ciascuna gara, ci sarebbe minor rigidità nel contrastarvi. Ma se non lasciate alternativa alla vostra invasione, ovvio che non resta che una dura opposizione. Gli iscritti al Tor 2019 sono stati 1000 (alla gara principale): quanti saranno gli iscritti al Tor 2020? e a quelli successivi? 1500? 2000? Perché invece non mettete un limite di 500 iscritti al Tor? Perché non tagliate le altre 3 gare collaterali, completamente inutili? Se ci fossero segnali di questa natura, le mie valutazioni sarebbero più morbide. Invece i runner rivendicano il “diritto” di fare tutto quello che vogliono, come se fosse un diritto divino e sacrosanto, e allora occorre scendere in campo per contrastare questo approccio. Sia per difendere l’alce (anche di casa nostra, in senso metaforico, cioè l’ambiente delle montagne europee), sia per difendere noi stessi dall’invasione dei runner.
Lorenzo e quindi?
In particolare non capisco i tuoi commenti agli ultimi 3 punti e tantomeno le tue alternative (se ci sono).
Ribadisco comunque che secondo me il problema è antropocentrico (la terra non ha alcun problema, non cambierà la sua rotta e la biosfera si assesterà come le conviene anche se noi ci si estingue) e antropocentrica sarà -se ci sarà- la soluzione.
Il malato alla lunga morirà, come tutti i malati. Il problema e che lo faccia più in la possibile e “bene”.
Di certo, comunque, qualunque madre sopporta il malessere del figlio per un interesse personale: l’interesse innato alla propagazione dei propri geni. Quindi non capisco di cosa parli.
Detto ciò, apprezzo l’articolo e il suo intento. Spero di riuscire ad adeguarmi ai punti espressi, perché debbo dire che francamente non sempre l’ho fatto nel passato.
Qualche considerazione di fondo relativa a quanto si legge nei cinque punti del post. Non sono riferite alla corsa-sì/corsa-no. Riguardano la concezione della realtà e quindi le modalità con le quali la definiamo, rappresentiamo, pensiamo.
1 – Qui ed ora, significa essere liberi, emancipati dai propri giudizi e pregiudizi. Essere liberi da se stessi, dagli interessi personali. Di conseguenza la realtà che abbiamo non è più origine della nostra gioia o pena, estremi tornano ad essere di nostra creazione, endogena.
Dunque non è non giudicare, semmai è giudicare con distacco, senza identificarci con il nostro giudizio. Diversamente il talebanismo ci risucchia portandoci lontano da noi stessi, dal nostro equilibrio, sia esso dogmatico (scienza), fideistico (ideologie), antropocentrico (cristianesimo).
2 – Il linguaggio diviene di per sé non separativo se la nostra espressione è pronunciata con distacco. Diversamente è buonismo, maschera di fauci pronte a scatenarsi in modo direttamente proporzionale all’esasperazione dei propri dogmi.
3 – Misurare e credere nella misura, misurare e credere che sia la sola modalità di conoscenza è il vascello che ci ha portati sui lidi immondi in cui viviamo. Lo scientismo è uno di quei dogmi.
4 – Qualunque proposta concreta ordinaria, sarebbe antropocentrica. Arriverebbe bene che vada all’idea del sostenibile e dell’impatto zero, medicine per allungare l’agonia del malato che vorremmo curare.
5 – Idem. Tutto quanto è concepito e desiderato in funzione di un interesse personale è ontologicamente fuori tema. Come se una madre tollerasse il malessere del figlio per realizzare un interesse personale.