L’alpinismo è finito?

Questo pezzo era stato a suo tempo da me inviato al settimanale Famiglia cristiana, ma non fu mai pubblicato.

Lettura: spessore-weight(2), impegno-effort(1), disimpegno-entertainment(3)

L’alpinismo è finito?
(Scritto nel 1969, pubblicato solo nella prima edizione di Un Alpinismo di Ricerca, 1975)

Si chiede con angoscia il giornalista Gian Paolo Ormez­zano, in Famiglia Cristiana del 26 gennaio 1969.

È veramente strano che un settimanale a enorme diffusio­ne come questo presenti un intero servizio sull’alpinismo. Ma è ancora più strano che a farlo sia stato uno dei più grandi e noti giornalisti sportivi.

La prima e la seconda pagina (di quattro) dell’articolo in questione

Ma purtroppo le mie aspettative sono andate deluse, per il cumulo quasi pazzesco di notizie false, di errori, e di tesi per­sonali fatte passare per tesi di maggioranza.

Comincio dalle così più ridicole, su cui, facendo uno sforzo forse un po’ eccessivo, si potrebbe anche passare sopra, trala­sciando naturalmente gli errori che potrebbero essere di stampa (ma che sono soltanto imprecisioni).

Ignazio Piussi è definito allegramente un ottimo secondo di cordata! Potrei anche dare ragione al firmatario, ma solo di­menticando impresucce quali la Solleder al Civetta in prima in­vernale, tirata da capocorda interamente da Piussi, oppure le sue vie nuove nelle Giulie e nelle Carniche, lo Spigolo della Cima Su Alto, la direttissima alla Sud della Torre Trieste, ecc.

Carlo Mauri «era» un ottimo arrampicatore, ma ora va più soltanto a fare viaggi orizzontali, sia pur rischiosi. Forse Ormez­zano dimentica la prima ascensione della via dei Ragni al Grand Capucin, compiuta ai primi di luglio dell’anno scorso, e quindi solo sei mesi prima del suo scritto.

Gian Paolo Ormezzano cinquanta anni fa

Ad un certo punto l’alpinismo moderno viene definito beat. Non vedo proprio quali affinità abbiamo noi giovani che andia­mo in montagna con il mondo beat. Forse i nostri scarponi sono viola-pugno negli occhi, oppure ci portiamo dietro il man­giadischi? O forse beat significa contestatori ad oltranza del­l’alpinismo antico? In tal caso siamo ancora più distanti dal vero. Infatti credo di essere più propenso ai giradischi che non a criticare gli anziani. E credo di interpretare il pensiero di tutti i miei giovani colleghi.

Non badando poi al fatto che non esistono i Monti Buyckland e Vinazza, che Perissutti si seccherebbe a veder scritto Peressutti, che probabilmente non ricordo bene, ma mi sembra di non essere mai stato ricevuto da Saragat insieme a Calcagno e Armando e ancora che dovrebbe esserci presumibil­mente un po’ di esagerazione quando si asserisce che d’inver­no sul Pizzo Badile abbiamo usato 1000 metri di corda, passo a ciò che è più importante e cioè alle questioni di fondo.

Dunque, per Ormezzano, l’alpinismo è spaccato in due. Quel­li che vanno in spedizione extraeuropea e quelli che restano sulle Alpi a fare cose sensazionali. Nelle spedizioni l’alpinismo «si sdraia, e diventa geografia, scienza». Non credo siano della stessa opinione quelli che ci sono stati o anche semplicemente quelli che ci devono ancora andare.

Nelle Alpi poi, «esistono sì pareti inviolate, di alto inte­resse tecnico e sportivo, però è difficile se non impossibile giun­gere alla base, ed è impossibile dare alla scalata quel rilievo che merita, cioè eseguirla con una certa pubblicità» (!!!!).

Ma cosa ne sa Ormezzano delle decine e decine di vie nuove che ogni anno nelle Alpi vengono fatte? Dove li ha visti gli attacchi impossibili? Per il solo fatto che non sono giunte al suo orec­chio notizie portentose di grandi scalate, Ormezzano crede che nessuno le faccia perché non è possibile averne pubblicità. Vi­sto che per fortuna già da un po’ di tempo non si sente più di spettacolari sciagure alpine, vuol dire che le grandi imprese non si fanno più! Specifica meglio quegli erratissimi concetti chiamando alpinisti «veri e preparati» solo quelli che fanno il sesto. Gli altri per lui sono «gitanti»! E siccome nell’ultima estate (1968) sono morti «appena» tre dei «grandi», l’alpinismo forse sta morendo. Nello stesso tempo ci sono ancora i fuoriclasse, quelli «che non esitano a usare i nuovi mezzi della tecnica moderna, vale a dire trapani elettrici, pistole pian­tachiodi, indumenti termici». A parte che a voler usare mezzi non muscolari in alpinismo lo si ucciderebbe immediatamente, dove li avete visti voi i trapani elettrici, le pistole, ecc. Per me esistono solo nella sua fantasia, che a furia di stare al tavolino, si è sviluppata fuori di misura.

Gian Paolo Ormezzano oggi

Secondo lui i giovani, da arrabbiati che sono, inseguono il mito del record cronometrato, anzi dice che ci siamo vicini!

E poi consentitemi un minuto di criticare ciò che dice di me. Lo ringrazio molto per le lodi che mi fa, ma è forse lo­devole che io voglia salire le montagne con la testa all’ingiù e mentre c’è la bufera? E poi, soprattutto, è vero? Resta il dub­bio che Ormezzano abbia voluto scherzare. Ma non si può scher­zare su un argomento già di per sé così poco comprensibile con battute che potrebbero essere credute.

Infine passo al concetto più importante: «I giovani hanno deciso che l’impossibile non esiste». Io sono definito il Merckx dell’alpinismo, il ridicolizzatore dell’impossibile!

Proprio nei giorni in cui usciva sulla Rivista Mensile del CAI l’articolo di Reinhold Messner, che condannava aspramente «l’assassinio dell’impossibile», ecco, fresco, fresco, Ormezza­no. Cosa ne sa delle nostre idee sull’impossibile, cosa ha let­to? Evidentemente niente, altrimenti non direbbe degli spropo­siti così grossolani. Ma non capisce che a uccidere l’impossi­bile l’alpinismo muore subito?

Questo capita a chi fa gli articoli stando a tavolino e so­prattutto a chi crede, leggiucchiando qualcosa, di capire tutto un mondo. Non solo Ormezzano non ha capito niente di alpi­nismo, ma ha dato a credere a se stesso e ai lettori di esserci riuscito. 

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L’alpinismo è finito? ultima modifica: 2018-06-24T05:21:22+02:00 da GognaBlog

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7 pensieri su “L’alpinismo è finito?”

  1. L’erosione , il ritiro dei ghiacciai, il crollo di pareti con impresse vie classiche , rinnovano l’alpinismo che cerca vie nuove. Proiettandosi col pensiero nel futuro dei   tempi geologici, sara’ un rinnovamento totale. Anche l’alpinismo passato ed attuale sono frutto di  evoluzione geologica.

  2. 1969…. 1969…..1969….

    e poi scritto dal solito nessuno (alpinisticamente parlando) ?!?!?!?!

  3. “È l’esempio “vivente” del come teorizzare sia una forma di vita naturalmente poco sostenibile.”

    Questa è stupenda! 😀

     

     

  4. Mi sembra che per quanto riguarda lo scrivere dei “giornalisti” generalisti la solfa non sia poi cambiata di molto.

    Certo che il sig. Ormezzano a suo tempo ha fatto un discreto exploit

  5. A furia di stare a tavolino gli si è sviluppata non solo la fantasia, mi sembra.

    È l’esempio “vivente” del come teorizzare sia una forma di vita naturalmente poco sostenibile.

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