L’Anello delle Giulie

L’Anello delle Giulie
(scritto nel 1995)

L’Anello delle Giulie è un percorso che studiatamente vuole ripercorrere i luoghi che per primo Julius Kugy, con l’aiuto delle sue guide, esplorò e salì. Tra queste montagne e pareti sono comunque comprese le più significative strutture delle Alpi Giulie Occidentali. Kugy (1858-1944) era triestino e fu un’assai singolare figura di alpinista, il vero «padre delle Giulie». Idealista, romantico, era l’incarnazione di quella cultura del suo secolo che poneva mito ed eroismo in cima ad ogni azione umana: ad apparente contrasto, in tempi di affermazione dell’alpinismo senza guide, difese sempre la moderazione e la prudenza dell’affidarsi ai montanari. Sosteneva che l’esperienza spirituale non ha bisogno dell’estremamente difficile per essere tale. Percorrere dunque i sentieri selvaggi e le cenge esposte di questo Anello vuole soprattutto significare un cammino alla ricerca di un’ideologia perduta ma che ancora si agita dentro di noi.

Da Malga Saisera (Val Saisera, val Bruna) verso Jôf di Montasio. Foto: Federico Raiser.

Chi percorre in treno o in auto il Canale del Ferro, la profonda valle tra Pontebba e la pianura friulana, potrebbe avere la fugace visione della laterale Val Dogna. È meglio aspettarsela perché, come in un attimo appare in un attimo scompare. Si aprono le quinte di roccia e in un solo colpo d’occhio i 1500 metri dell’appicco occidentale dello Jôf di Montasio ci precipitano addosso. È il suo fianco più stretto, ma è così imponente perché occupa l’intera visuale di quella valle incassata. Bisogna avere fortuna per vedere quella costruzione, paragonata anche a quella del Cervino: «Se il tempo è bello e il titano, incoronato dalla doppia vetta, si eleva libero e altero, con riflessi d’ocra e rossicci, tra le nuvole bianche, si può dire di aver visto il quadro più affascinante e meraviglioso delle Giulie (Julius Kugy)». Un dono, dunque, che le Giulie non sempre ci fanno. Quello spettacolo ingolosisce chiunque, nasce la voglia di saperne di più su queste montagne così orientali, di vedere situazioni diverse. L’Anello delle Giulie risponde perfettamente a quest’esigenza.

L’inizio è a Sella Nevea, il luogo più turistico della regione. Si segue il sentiero di guerra che conduce al Passo degli Scalini e da lì in poi si cambia musica: già la discesa verso il rifugio Guido Corsi, alla base del Campanile e dell’Ago di Villaco, si svolgono in ambiente severo. Il secondo giorno, si sale alla stretta Forcella Mosè. Qui s’incontra la famosa Cengia degli Dei, un nome trovato da Kugy per definire una cengia di stratificazione che circolarmente cinge lo Jôf Fuart tra selvaggi precipizi. Il primo ad effettuare il giro completo fu Emilio Comici, con Mario Cesca, il 31 agosto 1930. Il tratto più facile di questa cengia è seguito dal sentiero Anita Goitan che ci serve per incrociare la via normale di salita alla grande piramide dello Jôf Fuart. Ritornati alla Cengia degli Dei, ancora lungo il sentiero Goitan fino alla forcella tra l’Innominata e la Cima di Riofreddo: da qui, volendo, si può seguire la breve via ferrata che sale la vecchia via Leuchs fino in vetta all’Innominata. Altrimenti si prosegue subito per la Forcella di Riofreddo, per poi proseguire verso la Sella Carnizza e scendere al rifugio Luigi Pellarini. Il terzo giorno, con la visuale sul gigantesco versante nordorientale dello Jôf Fuart, si sale alla Sella Nabois per il sentiero Carlo Chersi; si prosegue per il davvero orrido versante nord-occidentale dello Jôf Fuart , passando alla base di due difficili vie di Kugy, fino al bivacco Dario Mazzeni. Si scende nel vallone della Spragna fino alla Malga Sàisera per poi risalire al rifugio Fratelli Grego, con vista sulla spaventosa parete nord dello Jôf di Montasio. Il quarto giorno, salita al bivacco Carlo Stuparich e al Ghiacciaio del Montasio; da qui si può scegliere se salire per via ferrata la Via Diretta Kugy fino alla cima dello Jôf di Montasio (scendendo poi per la via normale della scaletta Pipan fino al rifugio Giacomo di Brazzà) oppure aggirare la vetta sul ciclopico versante occidentale per la via Amalia, il bivacco Adriano Suringar e la Grande Cengia, giungendo comunque al rifugio di Brazzà. Il quinto giorno, semplice discesa a Sella Nevea per poi salire con la funivia del Canìn al rifugio Celso Gilberti. Il sesto giorno, dopo la salita al Ghiacciaio del Canìn, si affronta la Ferrata Julia al Monte Canìn (a sinistra della vecchia via Kugy) fino alla vetta, discesa lungo la cresta fino all’imbocco della Via delle Cenge, discesa al Ghiacciaio del Canìn e al rifugio Gilberti. Volendo si può anche percorrere l’intera cresta est fino agli impianti di Bovec (in territorio sloveno) e da lì, attraverso la Sella Prevala, raggiungere il rifugio Gilberti. Con la funivia si ritorna a Sella Nevea, ma l’Anello delle Giulie non si ferma qui. Ci si sposta a Tarvisio e ai Laghi di Fusine, per ammirare, dopo lo Jôf Fuart, lo Jôf di Montasio e il Canìn, l’ultima meraviglia delle Giulie, la muraglia di Màngart, Piccolo Màngart e Veunza. Dopo un pernottamento al rifugio Luigi Zacchi, il settimo giorno si sale al Canalone della Strugova e per la via attrezzata allo Strugova; si cavalca l’aerea cresta delle Cime di Ponza e si riscende al rifugio Zacchi, con rientro finale ai Laghi di Fusine.

L’Anello delle Giulie ultima modifica: 2021-07-05T05:04:00+02:00 da GognaBlog

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2 pensieri su “L’Anello delle Giulie”

  1.  Speriamo rimanga la”ben poca frequenza”o almeno aumenti MA in modo”sostenibbbbbbile”.Pare comunque che il SoccorsoAlpino abbia parecchio da fare pure un questa catena.

  2. Bellissimo anello, che ho in parte seguito un paio d’anni dopo la data dell’articolo, appena trasferito in Friuli, in bellissime montagne: poco e ben frequentate (all’epoca, incontrata una decina di persone in 4 giorni, tra cui Floreanini, reduce del k2 ’54), selvagge, di gran soddisfazione. Ho aspettato 15 anni che dismettessero la vecchia ferrovia ottocentesca e la trasformasse in una imperdibile pista ciclabile per poter fotografare all’ alba dal ponte ferroviario di Dogna la vista celebrata da Kugy, e ne valeva la pena.
    Solo un appunto per evitare equivoci: la diretta Kugy alla nord del montasio, a quanto mi risulta (noi abbiamo seguito l’Amalia) nonostante quanto riportato da diverse fonti, non è una ferrata, ma una vera e propria via alpinistica, complicata a seconda della stagione da una difficile uscita dal ghiacciaio residuo, con qualche residuo fittone d’epoca. 

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