Le proposte per concludere in bellezza le giornate in montagna, dopo sci o ciaspolate: dal vegano a quota 1800 metri ai trattamenti estetici nella neve. Panem et circenses era nulla in confronto.
L’après ski sulle montagne lombarde
di Eleonora Lanzetti
(pubblicato su milano.corriere.it il 7 gennaio 2025
Si sganciano sci e ciaspole, e inizia il divertimento. Lo dice la parola stessa, après-ski, ovvero tutto ciò che si fa dopo le discese sulla neve per ritemprarsi. Locali, spa e ristoranti gourmet, raggiungono le vette dove ci si ritrova per party nella neve e clubbing. L’inizio del 2025 è da tutto esaurito sulle piste lombarde e su quelle prese d’assalto dai milanesi fuori regione.
Chi predilige il gusto (oltre gli sport invernali e lo shopping), punterà alla meta gastronomica montanara: Livigno. Tanti gli indirizzi di gusto a ridosso delle piste. Due su tutte: la Stua Noa e la Stua del Legn. La prima ogni sera apparecchia solo cinque tavoli per chi desidera stupirsi con piatti audaci come Mais & Birra, una baby pannocchia alla brace, gel di birra 1816, crema di mais bianco, polenta taragna soffiata e tiglio; o Galizia, un tagliolino tirato a mano, tartare di rubia gallega, fonduta di Storico Ribelle e tartufo bianco. La Stua da Legn è invece il primo ristorante vegano e vegetariano di Livigno. Nei piatti ci sono talento e curiosità: d’altronde a 1800 metri di altitudine non si trova una grande varietà di verdure. Nel suo orto, ci sono solo, a seconda della stagione, rape, patate, coste, verze, fragole, levistico e erba cipollina: elementi semplici che, se interpretati e sviscerati con fantasia, possono dare vita a piatti incredibilmente originali. Da provare il Borsat Vegetariano consiste nella rivisitazione del tipico borsat livignasco in versione vegetariana, con spuma di rusumeda e pane alla rapa. Evocativo è il piatto Il Bosco d’inverno: bottone di pasta all’uovo ripieno di funghi shitake, decotto di carciofi e sedano rapa.
Si sale a Santa Caterina Valfurva per uno stop estremamente scandinavo. Chiudi gli occhi e immagini di essere in Finlandia, e invece è il Sunny Valley Mountain Lodge: undici suite esclusive realizzate con legni nordici ultracentenari e materiali pregiati per creare spazi accoglienti e raffinati. La vista è mozzafiato. Sganciati gli sci, si accede ad un’oasi alpina dove rigenerare corpo e mente: sauna panoramica, idromassaggio all’aperto e trattamenti immersi nella neve.
Ma c’è chi sulle Alpi ha creato un vero e proprio brand del «dopo sci». È dal 2013 che il Super G continua, stagione dopo stagione, ad innalzare l’asticella della qualità, imponendosi come icona del divertimento sulla neve. Nato a Courmayeur, ai piedi del Monte Bianco, ideato da un vulcanico duo di imprenditori, Andrea Baccuini e Giacomo Sonzini, Super G è oggi un brand che unisce l’après-ski con party maker internazionali, dj set, live sessions, la cucina fine dining. Il primo Italian Mountain Club delle Alpi si è affermato grazie alla formula “eat. sleep. ride. après-ski. repeat”.
A Madonna di Campiglio, oltre alle piste impeccabili, si apre l’après-ski arena con un palinsesto musicale di live e dJ set sulla splendida Piana di Nambino. Un salto a Cervinia, con il suo accesso diretto al Cervino e le maestose vette, è il contesto ideale per il divertimento dopo la giornata sugli sci. Il Super G è protagonista sulle piste del comprensorio della Cervino spa: 700 mq di Après-ski ipertecnologico, igloo bar, ristorante Meraviglioso Italian Singing Restaurant, area snowfood, e solarium, una spiaggia con tanto di lettini ma sulla coltre bianca in puro stile Vacanze di Natale ma 4.0.
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@50 Sono quasi 10 anni che parlo di ciò (non dei celiaci nello specifico, ma del fatto che non si deve forzare la presenza umana in montagna pretendendo che andar in montagna sia un “diritto” individuale da tutelare): stupisce che tu ti stupisce a scoprirlo solo adesso.
#piùmontagnaperpochi
Chissà perché alla parola SOTTOSVILUPPATO ho fatto un balzo e pensato all Aktion T4!
Non capisco come si arrivi al delirium tremens del commento 49.
Cerco di convincermi che probabilmente si tratti di un Superuomo dal quale potremmo imparare quali siano le caratteristiche imprescindibili per la frequentazione di una montagna sacra, certamente, solo dopo la morte di Dio.
Sei tu che NON colleghi nel modo corretto i vari pezzi. Nelle mie posizioni c’è una coerenza di fondo che non è mai stata intaccata.
Se i celiaci (ora ci siamo concentrati sui celiaci, ma vale per tutti) si organizzano per andare in montagna e NON rompono i coglioni né ad altri cittadini né alla società, non ho nessuna preclusione che vadano in montagna. Se invece singoli celiaci o, al limite, tutti i celiaci per poter andare in montagna PRETENDONO che la società garantisca loro in quota la presenza sistematica di locali che offrono i menu per loro, allora in nome del dover supremo del rispetto della montagna NON avrei esitazione a calpestare i (presunti) diritti dei singoli.
Ci devono arrivare gli stessi celiaci, se del caso, a capire che non hanno le caratteristiche per andar in montagna e quindi a rinunciare spontaneamente, ma se non rinunciano spontaneamente, ci deve pensare la società a CONTRAPPORSI alle richieste che, a quel punto, sono solo dei capricci.
MINCHIA SE NON CAPISCI ADESSO, SEI PROPRIO SOTTOSVILUPPATO
Crovella, non accalorarti, hai scritto questo, è al #32, basta leggere:
Io capisco quello che scrivi, non quello che vorresti dire.
Ti ho contestato questa frase, che poi hai corretto nei commenti successivi.
I diritti, le pretese, ecc. che tiri in ballo non c’entrano una mazza.
Detto questo, continua pure il tuo assolo.
Guarda che sei recidivo nel continuare a NON capire. Io ho sempre e solo detto una cosa sola e NON devo tornare sui miei passi. rileggiti con attenzione ammesso che le tue facoltà mentali, evidentemente, limitate, ti permettano di “capire”.
Riassumo. Se uno non ce la fa a praticare un’attività per dei limiti oggettivi di salute (in questo caso si parlava di celiaci, ma il concetto vale a 360 gradi), non frigni pretendendo che la società supplisca a tali suoi limiti. Se costui riesce a organizzarsi in modo autonomo per compensare da solo detti suoi limiti, vada pure in montagna: nessuno gli deve mettere i bastono fra le ruote. Se invece costui NON riesce a organizzarsi (per sua imperizia e/o per impossibilità oggettiva) per compensare da solo i suoi limiti, l’intelligenza (ammesso che ne abbia) lo deve portare da solo a concludere che deve rinunciar ad andare in montagna, trovando altre attività dove i suoi limiti non gli creano impedimenti all’azione. MEGLIO SPIEGATO DI COSI’… QUESTO PENSO DA SEMPRE, NON SOLO ALL’INTERNO DI QUESTO SPECIFICO DIBATTITO, PER CUI SONO ARCISICURO CHE HO SOSTENUTO QUESTA TESI FIN DAL PRIMO ACCENNO IN QUESTO DIBATTITO (ergo NON sono tornato sui miei passi: sei tu che non sei capace a capire che cosa scrivono gli altri)
Crovella:
Bene, prendo atto che sei tornato sui tuoi passi rispetto a quello che hai scritto al commento #32, e che io ho contestato.
Tutto il resto del tuo precedente commento è irrilevante.
Guarda che prendi, come al solito, roma per toma, dimostrando ancora una volta quanto sei poco sveglio (per non dire totalmente non sveglio)… A parte che il discorso “vegati/celiaci ecc.” NON c’entra con il tema dell’articolo, ed è stato introdotto dal commento 12 (se non ricordo male), l’accenno al ristorante vegano (quello da fighetti) è compreso nel testo ed è stato ripreso anche nell’introduzione di Gogna, come esempio di consumismo che ammorba la montagna. Per il resto sono abbondantemente entrato nel merito e ho spiegato doviziosamente le cose, solo che la tua scarsa dotazione intellettiva non ti permette di capire. Non si può spremer sangue dalla rape. Potrei rispiegarti i concetti un milione di volte, ma tu non li capiresti lo stesso, perché il limite NON è nelle mie considerazioni ma nelle tue insufficienti dotazioni cerebrali. Facciamo quello che vogliono, vegani-celiaci-intollerenti ecc – basta che non PRETENDANO che la società assicuri ciò di cui hanno bisogno anche in alta quota. Se sanno organizzarsi con modalità alternative (es: si portano le loro cose da casa e/o dormono in tenda e NON in rifugio, facciano solo uscite in giornata e gtornando a casa troveranno il menu adatto a loro ecc ecc ecc), facciano pure tutta la montagna che vogliono. Se invece frignano perché sostengono che andare in montagna in quanto tale sia un “diritto” e come tale vada riconosciuto a chiunque (per cui se uno è celiaco, la società – pur di consentirgli di espletare il “diritto” di praticare alpinismo – gli deve far trovare anche in alta montagna le strutture con menu per celiaci), ALLORA ROMPONO I COGLIONI CON I LORO PIAGNISTEI. Andar in montagna NON è roba da bambini capricciosi che frignano con la maestra dell’asilo: solo i poveri di intelletto sostengono che non ci debba essere una specie di selezione naturale all’andar in montagna e che l’alpinismo sia un “diritto” da riconoscere a tutti, compensando (a carico della collettività) le mancanze dei vari individui…
Crovella al #37:
Hai tentato una capriola, ma non ti è riuscita.
Al #32 non rispondi nel merito a una beata fava (men che meno al #35).
Al #32 tiri fuori per la prima volta la fregnaccia secondo cui
Basta andare a rileggere.
E poi fai confusione: celiaci e “intolleranti” vari (per usare le tue parole) sono già abituati nella vita di tutti i giorni a chiedere ai vari esercizi pubblici (come mi risulta siano anche i rifugi) se sono attrezzati per le loro esigenze, e se non lo sono, allora -incredibile- si arrangiano in un altro modo!
Rileggi anche l’ultimo commento di Gastroillogica.
Si può quindi benissimo SCEGLIERE di non andare nei rifugi, cosa che però non equivale affatto all’astenersi dall’andare in montagna, come secondo te dovrebbero invece fare “celiaci e intolleranti vari”.
@ Gastroillogica
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Certo anche chi compie una scelta NON può PRETENDERE che un rifugio abbia anche il menu vegano (in parallelo a quello usuale). ci saranno quindi rifugi i cui gestori offrono la doppia opportunità e altri dove, invece, c’è solo il menu “normale”. In tal caso chi ama un regime alimentare diverso, dovrà portarsi le cose da casa.
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Per me le tue considerazioni sulle scelte alimentari sono condivisibili , ma non ne farei un “diritto” dei vegani , quanto una questione di numeri : se ci sono pochi vegani , niente menu vegano.
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Il mondo della montagna è piuttosto tradizionalista e le ricette della tradizione non contemplavano la sensibilità alimentare che molti hanno oggi ; capace che entro 10 anni le cose vadano nella direzione che auspichi.
Ti preciso che le mie considerazioni sul sapersi autoesludere (riferito ai celiaci che, per loro condizioni di salute molto critiche) riguarda appunto persone con problemi oggettivi e non riguarda individui che “scelgono” un regime alimentare piuttosto che un altro. OGNUNO MANGI QUELLO CHE GLI PIACE, l’ho scritto più volte. Certo anche chi compie una scelta NON può PRETENDERE che un rifugio abbia anche il menu vegano (in parallelo a quello usuale). ci saranno quindi rifugi i cui gestori offrono la doppia opportunità e altri dove, invece, c’è solo il menu “normale”. In tal caso chi ama un regime alimentare diverso, dovrà portarsi le cose da casa.
Ci sta che l’après ski più becero NON abbia nulla a che fare con il tema del regime alimentare preferito. Ma qui il tema che ha coinvolto il termine “vegano” è molto diverso. Mi stupisce che così tante persone caschino nella confusione. L’articolo cita un ristorante vegano in piena Livigno e lo cita come esempio di qualcosa trendy, ben diverso dal gestore del rifugio Pagarì che, coerentemente con le sue scelte di vita, offre un menu vegano, ma NON lo fa perché è una casa figa e trendy, lo fa perché “ci crede” (e fa benissimo ad agire così). Invece il carattere trendy del ristorante vegano da fighetti (quello di Livigno) certo che è elemento che contribuisce anch’esso all’après ski consumistico e quindi “rivoltante” sul piano ideologico. E infatti è stato anche ripreso nella sintetica introduzione di Gogna. Occorre però che tutti i lettori sappiano lucidamente distinguere le due fattispecie in cui si inserisce il termine “vegano”, altrimenti si fa letteralmente un minestrone in cui nessuno capisce più niente.
Hai assolutamente ragione cara Gastroillogica e trovo inappuntabile la logica dei tuoi interventi 🙂
Ritorno qui sulla questione dei “non normali”: “normali, ma rispetto a cosa? Le linee guida OMS che il Governo italiano riprende nelle proprie sono chiarissime in materia di alimentazione umana, che dovrebbe essere basata perlopiú sui vegetali. Ma glissiamo. Questi “non normali” che “pretendono” di non mangiare pasta al ragú e affettati (dove il ragú e gli affettati sono prodotti in Pianura Padana, con animali macellati in loco ma allevati in Polonia, Brasile, etc), come mai lo fanno?
Racconto un aneddoto: ero in un rifugio trentino, notissimo perché aggrappato alla montagna con cavi di metallo dopo la “discesa” del ghiacciaio, e stavo mangiando minestrone con gli occhi fissi su quel ghiacciaio, che sta morendo. E pensavo: questo ghiacciao sta morendo ANCHE perché pensiamo nel consumo di carne sempre e comunque (precisazione doverosa) come un diritto inalienabile, mentre allo stesso tempo piangiamo con alte grida il cambiamento climatico che ci porta a non poter piú usufruire delle risorse naturali, come i ghiacciai.
Ecco, magari questi “non normali” (come molti ultra atleti, si pensi a Honnold o Jornet) stanno anche pensando al loro piccolo impatto ambientale.
Mettere in uno stesso fascio i gestori della disoteca di Nambino e persone che scelgono coscientemente di ridurre il proprio impatto ambientale mi sembra un po’ andare a sparare a caso, nel mazzo di “chi non ci piace”.
Siamo TUTTI d’accordo sull’orrore degli aprés ski, heliski e vari cafoni in montagna. Buttarci dentro celiaci e vegani, come se fossero vezzosi viziatelli che pretendono chissá che lusso alpino, un po’ forzato.
Ne scrivo e ne scriveró molto (una disciplina denrro i “Mountain Foodways” che mi sta a cuore
Ecco il solito imbecille che, a corto di argomenti oggettivi, deve sconfinare negli attacchi personali, pensando di sbeffeggiarmi con recensioni e/o citazioni irriverenti di pezzi estrapolati dai miei libri (come nell’intervento precedente). Tra l’altro, con il suo agire, dimostra una volta di più la fondatezza della mia tesi che si tratta dello stesso “fenomeno” che muta sistematicamente i nick pensando, nella sua limitatezza mentale, di apparire come un esercito di “critici”, mentre si sa benissimo che è sempre e solo “lui” perché i nick sono isotopi fra loro. Inoltre costui fa plurime figure di “m” perché, pescando da più libri miei o da più recensioni di miei libri, dimostra oggettivamente che li ha letti, cioè se li è procurati, presumibilmente acquistandoli. Cioè è probabile che egli abbia pure contribuito a ingrossare i miei incassi per diritti d’autore. in ogni caso, come ho già segnalato l’altro giorno, con questa attività di diffusione di miei testi egli contribuisce a fare promozione a favore dei miei libri, per cui un certo numero di persone (che manco sapevano dell’esistenza dei miei libri) si incuriosisce e li acquista a sua volta. e poi mi scrive direttamente congratulandosi con me perché i miei libri sono a loro piaciuti. Ditemi voi se un balengo del genere, che non si rende neppure conto che con le citazioni dei miei libri anziché farmi un danno (come penserebbe di fare, nella sua limitatezza intellettiva) mi fa addirittura un “regalo”, può mai elaborare idee intelligenti in assoluto! E’ chiaro che qualsiasi cosa che esca da una mente così limitata non può che essere una scemenza, a prescindere che sia riferita ia miei libri o a concetti generali.
La montagna mi fa capire il perché del senso di vuoto che a volte mi prende”. “Senso di vuoto? Tu? Ma se non stai mai fermo un attimo, sei sempre lì che ti agiti fra feste, aperitivi, veleggiate, donne”. “È per riempire il vuoto, cosa credi? Mi stordisco. Ognuno ha le sue droghe, no? A te piace camminare in montagna, altri lavorano come forsennati. Sono solo isotopi della stessa matrice: droghe per riempire il vuoto, il vuoto di Dio.
Veramente l’hai scritto tu (vedi 34). Ho già risposto nel merito (sia nel 32 che nel 35), solo che il merito stesso è troppo complicato per la tua capacità di comprensione.
Sintetizzo: se un celiaco o similare, è in una situazione così grave del suo problema che, per andare in montagna, ha assoluto bisogno di un fornitore in loco che gli garantisca il menu a lui idoneo, altrimenti non può andare in montagna, la soluzione NON è appellarsi alla solita tiritera dei diritti e pretendere che la società “garantisca” in montagna il ristorante con menu per celiaci, bensì la soluzione è che il celiaco, che proprio non riesce con i suoi mezzi ad andare in montagna, deve giungere alla conclusione che è meglio per tutti (per lui, per gli altri e, soprattutto, per la montagna, che evitiamo di appesantire anche con il ristornate per celiaci) che lui RINUNCI ad andare in montagna.
Io soffro di asma che mi impedisce di andare a cavallo e non sto a frignare che la società si preoccupi, per esempio depilando totalmente i cavalli, di permettermi di andare a cavallo nonostante la mai asma. Ho focalizzato la situazione epur con un piccolo dispiacere, sull’ippica ci ho messo una pietra sopra (circa 40 anni fa…). Non rompo i coglion i a nessuno, né ad altri individui, né ai cavalli e mi sono trovato degli sport compatibili con le mie caratteristiche fisiologiche e mi sono divertito e continuo a divertirmi SENZA PRETENDERE NULLA DAGLI ALTRI CON LA SOLITA TIRITERA DEI DIRITTI PER TUTTI
Prendo atto che invece di rispondere nel merito insulti inutilmente.
Fatti tuoi.
Quali sarebbero quindi a tuo parere i “limiti oggettivi” che impedirebbero a “celiaci e intolleranti vari” di andare in montagna?
L’hai scritto tu, eh, mica io.
Tu che NON sei intelligente, non ruiesci a forgiare nessun aggettivo. Ma non sei statisticamente rappresentativo degli intelligenti, i quali invece hanno capito benissimo che, se uno ha dei limiti oggettivi nel praticare una certa attività, è bene per lui, per gli altri e per il contesto circostante che NON la pratichi. Ci deve arrivare da solo. Se uno, nonostante i suoi limiti oggettivi, PRETENDE di andare in montagna contro ogni logica e si aspetta che la società civile compensi i suoi limiti (es nel caso di specie creando appositamente punti di ristoro vegani o “anche vegani”) è uno che impone i suoi limiti alla realtà oggettiva. Chi lo sostiene è un cretino e non un intelligente. Se io pretendessi che la società civile mi facesse trovare dei cavalli completamente depilati per consentirmi di andare a cavallo (provando la felicità) ma senza soffrire pe l’asma che mi caratterizza,. sarei o un cretino (se in buona fede) o un cialtrone (se capisco l’imbecillità della mia ipotetica richiesta, ma mi nascondo dietro il “gioco delle tre carte2 dei diritti per tutti). Sicome non sono né uno né l’altro, lucidamente rinuncio ad andare a cavallo, mi dispiace, ma la vita offre così tante alternative che alla fine un motivo di divertimento lo trovo lo stesso. Pertanto, comportandomi in modo maturo, non rompo i coglioni alla società affinché dia sofddsfazione a un mio capriccio. So che NON CAPISCI questa logica, ma è un limite tuo e non degli intelligenti, che invece questa logica la capiscono eccome, la apprezzano e, sulle loro problematiche, la applicano senza stare tanto a frignare come fanno i cretini come te
Difficile trovare un intervento più a sproposito del #32.
Una risposta è inutile, ma non posso non sottolineare quanto la frase seguente sia assolutamente FALSA:
Quindi, secondo Crovella, la montagna non sarebbe fatta per “celiaci e intolleranti vari”, che dovrebbero pertanto astenersi dall’andarci.
Quali altri aggettivi oltre a “ridicolo” vi vengono in mente?
@Expo (18)
Difficile, perché? Ho iniziato un progetto di ricerca proprio per studiare la sostenibilitá (economica, ambientale, sociale) delle opzioni di montagna.
I legumi sono molto meno deperibili dei prodotti animali (pensiamo a carne, affettati e formaggi), aprire una lattina di fagioli costa meno che aprire un affettato, anche in termini di costo delle materie prime di base (a valle).
Senza contare che il “panino formaggio e salame” proviene al 100% da grandi stabilimenti di produzione in Padana, non certo dall’allevatore con le quattro mucche a fondovalle, per cui non possiamo nemmeno paralre di “genuinità” e tradizione.
Nel mio progetto, analizzo rifugi virtuosi, ricette storiche (i nostri nonni e bisnonni non é che avessero tutta sta disponibilitá di proteine animali, specie in rifugio), alternative possibili e modi di preparazione sostenibili. Mi sembra perlomeno sensato aprire il discorso.
Rinadisco che chi si è infilato nella diatriba vegani-carnivori è andato totalmente fuori tema. la citazione del ristorante vegano trae origine dall’articolo (dove quello di Livigno è esplcitamente menzionato) e dalla ripresa dello stesso nelle tre righe iniziali di gogna. Quindi non è una cazzata citarlo come esempio di approccio consumistico alla montagna. Ma ribadisco NON è questo il tema: ognuno mangi come gli piace. si può magari vegano o carnivoro portandosi i rispettivi ingredienti da casa. Per quanto riguarda quelli che sono “impediti” a mangiar normale, è inutile che ci giriamo intorno. Non è colpa loro, ma neppure nostra (di noi statisticamente normali) e soprattutto non è colpa delle montagne. Ostracizzarli è una violazione dei loro diritti? Eh dobbiamo esser disposti a passarci sopra. cmq, in nome dell’interesse “superiore” del salvare le montagne io sono dispostissimo a un modello che calpesti i diritti di celiaci e “intolleranti” vari. Dovrebbero essere questi ultimi a capire da soli (a questo serve l’intelligenza…) che la montagna, quella vera (spartana e severa) NON è fatta per loro e quindi non ci devono andare. Per esempio io soffro di asma per la forfora degli animali da palo, cosa che mi impedisce di andare a cavallo. Ebbene mi PRETENDO di andare a cavallo. Pur con dispiacere, ho messo da parte, fin da quando ero piccolissimo, questa disciplina e NON la praticherò MAI. Perché le gente invece deve solo PRETENDERE di fare tutto, anche quello che è contro ogni logica? Sei celiaco? Rinuncia alla montagna e gioca a pallavolo o al baseball: ti divertirai ugualmente e non “peserai” sulla montagna, chiedendo che, lassù, ci sia anche il ristorante fatto apposta per te.
Expo:
Con la non trascurabile differenza che celiaci e intolleranti al lattosio o altro (quelli veri, eh, non quelli che si diagnosticano intolleranze e allergie da soli) lo sono NON per scelta e non possono fare altrimenti, mentre gli altri esempi che citi sì.
La contrapposizione mangiare vegano o carnivoro non c’entra niente col tema. Ognuno mangi come gli piace. Il ristorante fegamo che se la tira perché è trendy, se in montagna, è fuoriluogo come il ristorante stellato di Cracco. Se ci teniamo lle m9ntagne dobbiamo spazzar via entrambi, come tutte le altre espressioni del consumismo . Senza tutti quei totem consumistici andra’ meno gente in montagna? Meglio!!!! #piùmontagnaperpochi
“Quello che condivido con Crovella è che non debba essere una disgrazia se in un luogo che è nato per essere frugale e minimale mancano una lavanderia a gettone , una postazione internet , il polpo fresco e la stellina Michelin”
Sinceramente credo che tutti quelli che scrivono qui siano d’accordo su ciò riguardo ai rifugi.
Quello che dovremmo capire è come efficacemente limitare la diffusione di persone/situazioni/posti che hanno queste pretese .
Secondo me il problema non è che si imponga un menù per onnivori , quanto che per comodità ci sia un solo menu.-Se il rifugista è capace di cucinare piatti appetitosi , io vado tranquillamente anche a minestrone , a pasta e fagioli o ad hummus.-Ricordo una tragica settimana di arrampicata in Val Vannino ( 30 anni fa’ ) , dove due ragazze vegane hanno mangiato insalata mezzogiorno e sera perchè il veganesimo era lontano dalla cultura alimentare e dalla cambusa del rifugista.
Quello che condivido con Crovella è che non debba essere una disgrazia se in un luogo che è nato per essere frugale e minimale mancano una lavanderia a gettone , una postazione internet , il polpo fresco e la stellina Michelin.-Io non vado sui monti per trovarci dei cloni sbiaditi delle nostre cittè , e se cerco centri commerciali , boutiques e “vita” , forse era meglio che stavo a casa.
Carlo, dovresti sforzarti di limitare la tua visione bianco-o-nero, buoni-o cattivi se vuoi cercare di comprendere e di farti comprendere.
E’ impossibile negare che il tuo sci duro e severo è figlio diretto dei medesimi genitori degli hotel/ristoranti/SPA. Come lo sono l’escursionismo e l’alpinismo in genere.
Del turismo nato dagli Hotel del Breuil, di Fiery o al Devero, in val Masino o al lago di Landro o Misurina unito alla volontà dei villici di vivere un po’ meglio.
Non c’è una legge divina a dividere il giusto dall’iniquo e decidere cosa va bene e cosa no. In montagna come altrove
Un ristorante di lusso e vegano non è necessariamente fuori luogo in montagna e nemmeno un inquinamento (ideologico) di per sé, come non è sempre e solo una moda censurabile essere vegetariani.
Il rifugio Bozano e il rifugio Pagarì, nelle alpi Marittime, una quindicina di anni fa erano totalmente veg.. Rifugi come si deve, non alberghetti comodi al parcheggio!Bei tempi. Ora forse solo il Pagarì lo è ancora, ma è da tempo che non ci vado. Da qualche tempo l’Orestes Hütte a Gressoney è totalmente vegan ma non ho ancora avuto modo di andarci. Ben vengano i rifugi veg.. chi lo dice che la “normalità” è mangiare carne? E se anche fosse, chi lo dice che io – gestore – non possa essere attento ad una fetta di clienti sempre più vasta? Come la lingua, anche la cucina (e l’etica, in questo caso) si evolve.
Ho citato il ristornate, peraltro pescandolo dall’articolo odierno e anche ripreso nelle prime righe dalla redazione. Non è certo l’unico né il principale “danno” della montagna consumistica, ma è uno dei tantissimi danni, o meglio delle spie che sottolineano che purtroppo la montagna è diventata un Circo Barnun insopportabile, proprio perché di “pretende” che lassù ci sia tutto quello che troviamo in pianura/città. Che poi esistano anche altri danni per maggiori del ristorante vegano, non ci piove, ma anche tale manifestazione dell’approccio consumistico alla montagna fornisce il suo (magari piccolo) contributo al fatto che la montagna sia un Circo Barnum insopportabile.
Grazie Matteo e Expo per i vostri commenti, mi sembra che ci siamo capiti 🙂
anche io ho sempre riscontrato grande disponibilità nei rifugisti.
chiusa parentesi, comunque.
Caro Novizio, vorrei far finire questa “deriva” vegetariana anche perché non credo fosse intenzione di Crovella censurare il vegetarianesimo o sostenere il carnivorismo, ma più semplicemente stigmatizzare il modello di turismo basato sull’avere tutto da tutte le parti.
In realtà credo che abbia un po’ sbagliato l’esempio, perché l’hotel-ristorante-SPA citato è in centro a Livigno e non è certo il rifugio a cui sembri pensare tu o Gastroillogica.
Il detto hotel-ristorante-SPA a me sembra che non sia poi così avulso dalla storia del turismo montano sia estivo che invernale, che storicamente è nato proprio con la costruzione di hotel di lusso (estremo se rapportato ai tempi).
Ben differente mi paiono invece le discoteche all’aperto tipo Ischgl o la pretesa di menù à la carte nei rifugi.
Rifugi che comunque, nella mia esperienza, sono disposti e pronti a cercare soluzioni per vegetariani o celiaci.
Beh , la dieta vegetariana è senza dubbio sana e plausibile, ma accontenta il 10 % del pubblico.
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Penso che per un rifugista, sempre alle prese con problemi piuttosto “concreti” , bastino un gourmet , un cinofilo , un vegetariano, un vegano , un celiaco ed un intollerante al lattosio su dieci persone, specie se esigenti , per pensare di piantare baracca e burattini ed aprire un chiosco di gelati sulla spiaggia .
In punta di piedi e con tutto il rispetto ai frequentatori del blog che solitamente hanno un’esperienza di montagna decine di volte più profonda della mia, che è ben scarsa, rispondo al commento 17 di Carlo Crovella.Discorso sulle “mode” e sulla difficoltà per chi gestisce strutture davvero in quota di gestire più menu in contemporanea a parte, nel 2025 è davvero necessario associare il “sano andar in montagna” ad un’alimentazione con carne e derivati? Non mi pare (ma sono pronto ad essere smentito da chi abbia maggior esperienza) che portare e conservare in quota la latta di fagioli con cui preparare il famigerato hummus richieda sforzi umani e impatto sull’ambiente montano superiori a quelli necessari a portarci e conservarci carni e salumi necessari ad un’alimentazione montana in stile tradizionale. Anzi quest’ultima ha un impatto ambientale complessivo assai maggiore, che si ripercuote sulla conservazione degli ambienti montani tout court in tema di contributo al riscaldamento globale. Il fatto è che né onnivori né vegani/vegetariani possono aspettarsi di trovare in montagna la stessa varietà di opzioni disponibile in pianura; personalmente, da vegetariano, in montagna mangio più formaggi e meno verdure fresche di quanto non farei a casa, come è ovvio.
Magari fra qualche anno a qualcuno verrà naturale chiedersi perché quelli secondo cui il sano andar per monti comporta mangiarci la carne non si portano la bustina di affettati da casa.
Anche per rispondere al commento precedente, riciclo questo post (senza riportare l’autore) che mi hanno inviato prelevandolo da Facebook,. Pone il problema esattamente al rovescio rispetto agli amanti dell’après ski (compreso l’humus di fagioli!)
Oggi, a pochi chilometri da Sestriere, ho vissuto una giornata immerso nella bellezza autentica delle nostre montagne, con una neve magnifica e un silenzio che permette di entrare in sintonia con la natura che ci circonda. Lontano dalle solite polemiche – che puntualmente emergono anche in questo gruppo – sull’apertura posticipata di un impianto, sulla mancanza del panino preferito nei rifugi, sulle chiusure per vento o sulla neve portata via dalle raffiche, mi sono chiesto: cosa significa oggi sciare? Un tempo era uno sport di sacrificio e fatica, valori che ancora oggi gli allenatori e i maestri trasmettono ai ragazzi degli sci club. Ma sempre più spesso sento parlare di impianti riscaldati, cupole anti-vento, piste perfette come biliardi, senza una gobba o una cunetta. Certo, il comprensorio della Via Lattea e i comuni che ne fanno parte hanno bisogno di interventi concreti, perché è sotto gli occhi di tutti che i servizi, negli ultimi decenni, sono peggiorati invece di migliorare. Ma tra il desiderio di progresso e il dimenticare lo spirito della montagna c’è una bella differenza. Forse dovremmo chiederci cosa cerchiamo davvero quando veniamo quassù. Per me, ogni volta che lascio la città e rivedo queste montagne, ritrovo pace, serenità e un profondo senso di appagamento. E voi? Cosa significa per voi la montagna?
@Carlo Crovella
intervengo senza intento polemico ma a me, come ho già espresso nei commenti altre volte, sfugge sempre il punto: perché le località montane devono godere di uno statuto speciale? perché ciò che è concesso a Lodi deve essere negato a Cortina?
D’istinto sono anche io la penso così, ma poi non trovo mai un motivo razionale e tutto si riduce al fatto che io amo la montagna e odio la gente 🙂
esatto essspooo io e te ci capiamo quando mi inviti nella tua casa a Castion veronese così parliamo di sovraffolamento davanti a una pintta noi che con nostre case sul lago contribuiamo a questo fenomeno? grazie ciao viva turismo di massa gelido for overtourism e contro beghe e interessi locali di quattro esaltati fasci
Il ristorante c’entra eccome. L’articolo scrive: “La Stua da Legn è invece il primo ristorante vegano e vegetariano di Livigno”. E’ una delle tante mode moderne che inquinano il sano andar in montagna. portati da casa pane e pomodori e non hai bisogno dell’offerta in quota dell’humus di fagioli. Ridicolo!
@ Gastroillogica
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Io amo hummus e cibo vegetariano, ma penso che sia difficile per un rifugista gestire due menu diversi per otto persone.
@ Gelido
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Ecco perché !
I 200 pullman erano andati ad arrampicare a Roccaraso sulle vie spittate sul rumego dai Valdalponi !
secondo me no sono solo beghe locali chiedete a matteo ecc loro sanno tutto vi spiegheranno come funzionano queste cose soliti 4 esaltatti elittisti nessun problema per i residenti e nemmeno per i luoghi citati solo valore aggiunto evviva turismo di massa
Grazie per aver citato il Super G aperto il 21 dicembre nella splendida piana di Nambino. Il Super G è una discoteca all’aperto che spara musica a 90-100 db dalle 15 alle19:30 per graziosa deroga concessa dal sindaco di Pinzolo e spara luce dai suoi mega video e fasci di luce dai suoi laser sulle case e il bosco . Stanno devastando uno dei luoghi più belli e isolati a Madonna di Campiglio. Bisogna insorgere e combattere questo scempio della montagna
Buongiorno
Non capisco il riferimento a “ristorante vegano” del Sig. Crovella, al commento 2. In molti utenti delle montagne, che nutrono una elevata sensibilitá ambientale oltre che ad un interesse personale sulla nutrizione, interesserebbe avere opzioni vegane in alta quota, magari anche un panino con hummus di fagioli coltivati in valle e verdure grigliate del territorio, a scapito dei panini con bresaola fatta a 200 km in pianura con animali allevati in Brasile.
Non capisco cosa c’entri con i cafoni dell’aprés ski.
Sono d’accordo con Crovella , per una persona che ama la montagna , la montagna è bella così , non serve lo “sballo” , non servono le discoteche , le SPA , e la cucina gourmet spinta.-Aggiungo cose che forse sono paturnie mie : se io vado a visitare Chamonix e le sue montagne , ci vado con lo spirito di un viaggiatore , a capire come sono fatti quel posto e i suoi abitanti , in punta di piedi , senza posteggi selvaggi , gente che grida per strada ed indole da attaccabrighe.-Andiamo là ad assimilare qualcosa , non a conquistare un luogo.
Gelidoooo, si vede il marsupio ??
Il marsupio si, si si.
“Caro Gianni, caro Carlo, caro Matteo, vi siete beccati dei fascisti nazisciatori “
Evabbé, ce ne faremo una ragione…d’altra parte non si può mica piacere a tutti i cretini!
eccolo è arrivao Gelido del chiticaca d’ Orbetello, tutta arroganza e poooooo cervellooooooo.
Caro Gianni, caro Carlo, caro Matteo, vi siete beccati dei fascisti nazisciatori (e io con voi), per di piú con l’aggiunta del motto della Rivoluzione Francese, che non fa mai male perché cosí si sfoggia un po’ di cultura da seconda media (o da scuola elementare?).
#1 inizialmente indecisi se chiamarlo Super punto G! o Super G punto! …hanno semplificato vedi mai che non lo trovavano…
vabbe ma cosa c’e queste sono solo beghe locali di gente che è contro gli sciatori scarsi siete solo invidiosi non è che tutti devvono fare scii ripido non mi pare di vedere alcun problema di sovraffollamento turistico anzi valore aggiunto per la montagna porta soldi e benessere per chi vive chi credete di essere padroni della neve ogniuno è libero di fare cio che vuole e poi cosa siete padroni dei luoghi in cui vivete??? soliti fascisti nazisciatori libertè egalitè fraternitè
Le orde all’assalto.
Se questo è il genere di turismo cui si vuol puntare, non c’è molto da stupirsi della successiva “popolarizzazione” a Roccaraso…è lo stesso fenomeno, la stessa gente ma con meno soldi.
La prima frase è quella CHIAVE: “ci scangiamo sci e ciaspole e INIZIA IL DIVERTIMENTO.”. Con questo presupposto, non c’è da stupirsi che le stazioni sciistiche siano diventati dei bordelli in quota. Si va in tali località NON per sciare, ma per l’après ski. Allora trasportiamo tutte le amenità in pianura, dal ristoramnte vegano ai trattamenti estetici, e lasciamo le montagne solo a quelli che ci vanno perché hanno piacere di trascorrere una giornate proprio in montagna, non in una SPA i in un divertimentificio. Queste amenità richiamano i “non sciatori”, cioè coloro che cercano in quota una replica delle “cose” che trovano in pianura/città. E’ un gioco pericoloso, stante la società iper-connessa in cui viviamo. Non scandalizziamoci poi se, convocati via social, arriveranno anche sulle “nobili” Alpi le torme di Lanzichenecchi come è capitato recentemente a Roccaraso…
Ha dimenticato l’ice shitting e lo snow pissing