L’attacco alle Soprintendenze

«La proposta di concedere ad alcune regioni settentrionali uno status analogo a quello delle regioni a statuto speciale, include come corollario non marginale l’abolizione delle soprintendenze dipendenti dal MIBAC. Cedere agli appetiti regionali le competenze primarie in materia di tutela naturalistica, archeologica, artistica significa semplicemente abbattere l’ultima e già fin troppo fragile barriera esistente contro l’aggressione dei basilari valori culturali nei quali si rispecchia la storia dell’Italia; valori che un localismo interpretato come astioso e presuntuoso antagonista dello Stato centrale (e non come armonica proiezione sui territori dei principi su cui si fonda la comunità nazionale), difficilmente riuscirebbe a difendere contro la pressione troppo contigua di convenienze – e connivenze – tribali di corto respiro. Le soprintendenze, con tutti i loro limiti e difetti, rappresentano oggi l’unico punto di riferimento al quale ricorrere per arginare una deriva così carica di minacce. Constatiamo con sgomento che i media non hanno riservato fino ad oggi a questo incombente potenziale tradimento l’attenzione che meriterebbe. Si discorre ad oltranza e giustamente sugli effetti del riscaldamento planetario, sulle frane, sulle alluvioni, sul ritiro dei ghiacciai, sull’inquinamento atmosferico, ma poi – venendo al pratico – si evita di accennare ai rischi gravissimi che incombono – oggi più che mai – sulla tutela del paesaggio naturale, del paesaggio agrario, e sulle emergenze architettoniche che vi insistono. Il fatto che l’ambientalismo, nel sentire diffuso, abbia perso “appeal” non giustifica l’abbandono della bellezza identitaria nelle mani di chi è interessato a corroderla e deturparla, pur celebrandone in astratto i pregi. In questo momento storico è’ imperativo non privarsi delle armi a disposizione delle Soprintendenze nazionali. Bisogna che tutte le persone di buona volontà puntino i piedi, escano allo scoperto, nel tentativo di riportare questi temi al centro dell’attenzione del nostro paese. Il muro di indifferenza che contribuisce a rendere ciechi e sordi tanti nostri connazionali va sfidato ed infranto prima che sia troppo tardi. L’unica via che riusciamo a individuare richiede, come punto di partenza, un’efficace cassa di risonanza mediatica. Solo grazie ad un simile stimolo la classe politica potrebbe finalmente rendersi conto della posta in gioco. E correre ai ripari (Comitato etico-scientifico di Mountain Wilderness Italia)».

Nota. Firmano per il Comitato Etico Scientifico di Mountain Wilderness Italia:
Luisella Battaglia, Luisa Bonesio, Salvatore Bragantini, Duccio Canestrini, Erri De Luca, Alessandro Gogna, Carlo Alberto Graziani, Vittorio Emiliani, Cesare Lasen, Sandro Lovari, Paolo Maddalena, Ugo Mattei, Franco Michielis, Carlo Alberto Pinelli, Matteo Righetto, Salvatore Settis, Franco Tomatis, Stefano Unterthiner.

Lago Lagazzuolo, Valmalenco. Foto: @Valtellina Turismo Facebook Page

L’attacco alle Soprintendenze
di Luigi Casanova (con la collaborazione di Vittorio Emiliani)

Un po’ ovunque il mondo politico mostra insofferenza verso i temi della tutela ambientali e il paesaggio. Lo si vede nella gestione delle aree protette, ancora troppe in Italia prive di pianificazione, nelle aree di Rete Natura 2000, nei centri storici delle città dove ormai l’istituto della deroga è divenuto regola. A questa insofferenza non sfugge la montagna. Le Soprintendenze sembra siano rimaste l’unico baluardo in difesa dei paesaggi naturali, anche perché le Valutazioni ambientali e strategiche sono state addomesticate per favorire gli abusi dei diversi speculatori.

Fra le tante situazioni allarmanti, zone terremotate, le Alpi Apuane, le aree archeologiche, è opportuno soffermarsi su quanto accade in Veneto, nella provincia di Belluno. In nessun altro luogo la Soprintendenza è stata sottoposta ad un fuoco distruttivo tanto devastante. I funzionari sono accusati di insensibilità e disinteresse verso i “diritti” delle popolazioni locali. I toni contro questi rappresentanti dello Stato e difensori dei Beni pubblici, collettivi, rasentano l’indecenza: se ne fanno portatori ovviamente Confindustria, gli impiantisti, ma anche i parlamentari di tutti i partiti. Non vale la pena citarli, la loro voce “contro i vincoli” parla un solo linguaggio, si definiscano innovatori o conservatori.

“Col ministero servono maniere forti” – “Mantenere le decisioni in capo ai territori” – “I vincoli mettono a rischio la sicurezza della gente” – “I vincoli sono soprusi” – “Nessun rispetto per noi che la montagna la viviamo”- e l’ultima perla… “Quelli ragionano da cittadini”.

Non è possibile rimanere in silenzio in presenza di tanto degrado istituzionale, così diffuso, ormai divenuto cultura comune. I rappresentanti politici devono essere consapevoli che mai come oggi i vincoli (cioè le pianificazioni territoriali che a suo tempo erano state condivise dalle istituzioni pubbliche) rappresentano la difesa di valori storici, culturali, paesaggistici e naturali dei territori. I vincoli, quando gestiti e non aggrediti, diventano motore di sviluppo, definiscono le identità delle popolazioni, differenziano valle da valle, sono laboratori di ricerca, studio, monitoraggio, quindi occasioni di lavoro per professionalità alte. I tanto temuti vincoli sono regole che si affermano come garanzia per i cittadini amanti del bello, della storia, garanzia di diritti per le generazioni future. I vincoli sono un capitale culturale che affonda le radici nei limiti che la montagna, ovunque, impone. Non vanno superati nel modo più assoluto. Le montagne del mondo, quindi anche quelle italiane, hanno sempre insegnato alle comunità locali il rispetto dei limiti, la montagna è limite, quindi gestita con un insieme di regole che chi la vuole abitare e vivere in tempi lunghi deve rispettare. Quando le popolazioni locali e le istituzioni, anche nazionali, non sono più in grado di leggere i valori di un ambito, quando si perde la bussola del buon senso, come sta accadendo in tutto il Cadore o nelle Alpi Apuane, quelle comunità sono destinate a sparire, o ben che vada a essere omologate ai poteri delle aree urbane, omologate nei saperi, omologate culturalmente. Comunque impoverite della loro identità. In pratica, troppi amministratori pubblici urlanti stanno portando i loro territori, la loro gente, alla disfatta. Questo avviene con indicibile arroganza, usando toni sbracati. Sono politici privi di ogni rispetto verso il pensiero diverso, verso la bellezza, verso la biodiversità naturale e paesaggistica.

Corna Trentapassi. Foto: @Guide Alpine Lombardia – Andrea Pagliari

Purtroppo questa opinione disinformata, negativa, contraria alla tutela del patrimonio paesaggistico è dilagata ed è stata incoraggiata a livello politico. Tanto per non essere generici, Matteo Renzi ha pubblicato dieci anni fa un libretto, Stil Novo, in cui attacca a fondo l’operato delle Soprintendenze (sbagliandone persino il nome, Sovrintendenze che sono quelle dei teatri storici e dei Comuni) accusandole di essere mere e fastidiose entità burocratiche e concludendo con una espressione spregiativa sintomatica “Sovrintendenti? Ma de che?”. Matteo Salvini, in un dibattito televisivo del maggio 2017 profondamente irritato per la bocciatura dell’ennesima nuova strada sul lungolago di Como (la Tremezzina) ha affermato che lui le eliminerebbe e Maria Elena Boschi (allora Pd) gli ha fatto eco dicendo: “Beh, noi le stiamo ridimensionando…”

Nel frattempo entrava difatti in funzione la cosiddetta riforma Franceschini la quale ha: 1) scisso la valorizzazione dalla tutela e quindi i Musei e Poli museali dalle Soprintendenze ai Beni storici e artistici creando un caos mai visto; 2) accorpato le tre Soprintendenze (archeologia, beni architettonici e paesaggisti, beni storici e artistici) in una sola annullando quindi le competenze specifiche, “riforma” già attuata dal fascismo nel 1923 e cancellata da Bottai nel 1939 col ripristino delle Soprintendenze specializzate; 3) indebolito grandemente la tutela a vantaggio non dei Musei in generale (una rete capillare straordinaria) ma semmai dei soli grandi Musei; 4) non spingendo le Regioni a co-pianificare – secondo il Codice per il Paesaggio Rutelli (2008) – col MIBAC i piani paesaggistici, di modo che su venti Regioni appena tre (Puglia, Toscana e Piemonte) si sono dotate, peraltro fra accesi contrasti, di questo strumento fondamentale.

In sostanza il Codice per il Paesaggio è avviato a fare la fine disastrosa della Legge Galasso del 1985 per i piani paesaggistici, con alcune Regioni (le più devastate dall’abusivismo) che non hanno mai rispettato le prescrizioni di legge. Nel caso del Codice, lo Stato potrebbe sostituirsi alle Regioni inadempienti ma, per ora, non lo ha mai fatto. Pertanto il paesaggio italiano può essere difeso (al 49,7 per cento) soltanto grazie ai vincoli paesaggistici posti in forza della legge Bottai n. 1497 del 1939 e alla legge Galasso n. 431 del 1985 (votata alla quasi unanimità dalle Camere!). Che però dovrebbero essere rispettati con l’intervento attivo di Soprintendenze oggi unificate e quindi dequalificate, con un personale sottopagato e del tutto insufficiente, con finanziamenti che sono meno della metà di quelli della Francia o della Spagna.

Tutto ciò mentre i Parchi Nazionali vengono divisi (vedi lo Stelvio) o minacciati di spezzettamento e comunque come abbandonati a se stessi. Mentre i Parchi Regionali risultano per lo più definanziati e quindi indeboliti. Mentre alta collina e montagna, già disgregate, vengono aggredite dalla speculazione, da nuove strade asfaltate, da pale eoliche seminate a caso, per ragioni speculative, e quindi da frane, smottamenti, alluvioni, E si vuole indebolire ancor più il ruolo e il peso della tutela esercitata, con mezzi inadeguati e con uffici nel caos per le 8-9 “riforme” subite in trent’anni per esaltare invece i profitti che si potrebbero ricavare da tanto “tesoro”.

Per questo da appassionati e da tutori insieme della montagna denunciamo alla pubblica opinione questo spaventoso degrado che sembra senza fine e chiediamo al presidente della Repubblica garante dell’articolo 9 della Costituzione (“La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”) di intervenire su questa materia fondamentale.

Non possiamo più lasciare voce solo a chi, con disprezzo e violenza verbale isola, all’interno delle istituzioni, i pochi difensori della natura e degli spazi aperti nel nostro paese.

E invece, ecco come la pensano…
(a cura della redazione di GognaBlog)

Abbiamo riprova di quanto affermato dal Comitato etico-scientifico di Mountain Wilderness Italia al riguardo delle Soprintendenze, come ormai quasi unico baluardo a difesa della tutela ambientale, dopo quanto è successo nei giorni scorsi: il ministero dei Beni culturali ha negato l’ok agli impianti sciistici Comelico-Val Pusteria.
Il Sole 24 Ore del 10 dicembre 2019, evidentemente interpretando gli interessi del capitale e il malumore provocato da questo “NO”, così titola:

Comelico-Val Pusteria, collegamento a rischio: «Così la valle muore»
di Barbara Ganz

La firma è arrivata venerdì 6 dicembre: il ministero per i Beni, le attività culturali e il turismo ha dichiarato «di notevole interesse pubblico» una area alpina che comprende il Comelico e la Val d’Ansiei. La lettera è inviata ai Comuni di Auronzo di Cadore, Danta di Cadore, Santo Stefano e San Pietro di Cadore, San Nicolò di Comelico e Comelico superiore, «ai fini dei successivi adempimenti».

È un macigno sullo sviluppo delle aree interessate, e sugli investimenti per il rilancio del turismo in una zona ad alto rischio spopolamento. Una battaglia che dura da oltre otto anni: «Parliamo di un piano – spiega Paola De Lorenzo, a nome del comitato “Fateci restare! – Sì al collegamento” – che potrebbe triplicare il turismo, con ricadute in termini di attività economiche e posti di lavoro». Il collegamento in questione è quello, sciistico, fra il Comelico, nel Bellunese, e la Val Pusteria, Alto Adige. Un progetto che vale 38,5 milioni; 26 sono già stati stanziati con la legge sui Comuni di confine, gli altri garantiti da investimento privato. «Questo nuovo vincolo ricade sui paesi compresi fra Cortina e Sappada – spiega Rinaldo Tonon, portavoce del Comitato – Queste montagne hanno già mille vincoli, fra i quali quelli delle Zone protezione speciale, dei Siti di interesse comunitario e dell’Unesco, e sono vent’anni che ci destreggiamo fra variati e valutazioni di impatto ambientale». Nel caso del collegamento sciistico, «stiamo parlando di due piste e due impianti: renderebbero possibile arrivare da Padola fino all’Austria, che sta già lavorando dal proprio versante, sci ai piedi». Progetti alternativi all’arrivo a cima Collesei sono stati valutati insieme alla Soprintendenza e archiviati perché antieconomici: «Ora vedremo – conclude Tonon – se una seconda e ultima variante sarà approvata dal Comune di Comelico superiore entro fine anno e potremo arrivare a un progetto esecutivo per mettere al sicuro il collegamento. Con un problema in più: il nuovo vincolo riguarda anche paesi che ne erano privi. Se diventerà un problema progettare un nuovo albergo, chi vorrà investire qui? Potremo solo vedere i nostri figli andarsene».

Eppure sulla carta sono tutti d’accordo: i Comuni, la regione e le imprese, che oggi minacciano battaglia: «La firma dei vincoli da parte del Ministero denota una totale incapacità di ascolto dei territori e delle loro esigenze – attacca la presidente di Confindustria Belluno Dolomiti Lorraine BertonCosì il Governo si assume la responsabilità della morte di un intero comprensorio. Ci ripensi. Non si può lasciare il Comelico in balìa dei burocrati». Gli abitanti e i rappresentanti del comprensorio sono scesi più volte fino a Roma per manifestare davanti al ministero. «Il Comelico, attraverso i suoi cittadini, tutti gli enti e le categorie, ha detto chiaramente da che parte sta – continua Berton – Lo ha fatto dando sempre prova di responsabilità e ricerca di una prospettiva di crescita sostenibile. Per noi non è finita qui, continueremo a lavorare sui tavoli istituzionali. Se utile e necessario, sosterremo le azioni e gli eventuali ricorsi degli enti locali con cui – su questo tema – siamo assolutamente allineati».

Anche la Regione Veneto è decisa a farsi valere: «Ho appreso da alcuni sindaci del Comelico l’avvenuta notifica del decreto del ministro Franceschini: si tratta di un mero elenco di prescrizioni e limitazioni stilato senza la minima conoscenza delle peculiarità del territorio montano, contro il quale ricorreremo in ogni sede opportuna», ha fatto sapere il presidente del Veneto, Luca Zaia, annunciando l’opposizione della Regione «a un decreto di vincoli assai poco ragionati, emesso respingendo con una certa arroganza l’appello da me formalizzato al ministro per ridiscutere e approfondire l’intera questione». Un appello inviato solo pochi giorni fa: «La risposta è stata una nota che dichiara l’impossibilità di sospendere la procedura di apposizione di vincolo stante lo “straordinario valore naturalistico” dell’area presa in esame. L’attenzione che la Regione sta ponendo in questo momento storico per la montagna – aggiunge Zaia – non è mai stata così alta, anche alla luce del disastro causato dalla tempesta Vaia e dei grandi appuntamenti sportivi dei Mondiali di Sci di Cortina 2021 e delle Olimpiadi Invernali 2026 Milano-Cortina». Va anche oltre l’assessore alla Specificità Bellunese Gianpaolo Bottacin: «Questo Governo ha deciso di uccidere definitivamente la montagna. Questi vincoli mettono in grave dubbio anche gli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico: così non si garantisce la sicurezza».

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L’attacco alle Soprintendenze ultima modifica: 2019-12-15T05:38:05+01:00 da GognaBlog

18 pensieri su “L’attacco alle Soprintendenze”

  1. 18
    Mountain Wilderness, Italia Nostra, WWF, Lipu, Pro Natura, Legambiente says:

    COMUNICATO STAMPA INTERASSOCIATIVO  17 gennaio 2020

    Desta preoccupazione notare come negli ultimi mesi siano comparsi sulla stampa numerosi contributi relativi ai “vincoli paesaggistici” che il Ministero dei Beni Culturali avrebbe imposto all’Area Alpina compresa tra il Comelico e la Val d’Ansiei. In realtà è sufficiente leggere i documenti ministeriali per scoprire che la parola “vincoli” non è mai nominata. Al contrario il Ministero ha riconosciuto quegli elementi morfologici, naturalistici, ambientali, antropici e culturali che conferiscono a quest’area uno spiccato carattere d’identità ben conservata, di notevole interesse pubblico. Il provvedimento individua elementi paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare; in armonia con la Convenzione Europea del paesaggio. Il territorio oggetto del provvedimento presenta uno straordinario valore naturalistico, conferitogli dall’estrema varietà ambientale che si intreccia con gli aspetti storico-culturali e paesaggistici, in continuità con con le zone di Sappada, Val Visdende, lago di Misurina, Cortina d’Ampezzo, Dolomiti di Sesto, già tutelate da diversi decenni per il loro notevole interesse pubblico. Una parte consistente della nuova area dichiarata di notevole interesse pubblico è peraltro già inserita nella perimetrazione del sistema Rete Natura 2000 ed è inoltre compresa nella zona core e nella buffer del Patrimonio Dolomiti UNESCO.

    Travisare il significato del documento significa innescare processi di allarme dannosi, unicamente strumentali alla surrettizia individuazione di un capro espiatorio esterno per problematiche che hanno la loro radice altrove. Il vero compito del politico è essere a servizio della popolazione e dei suoi bisogni reali, la cattiva informazione e la strumentalizzazione delle notizie non sono comportamenti intellettualmente onesti.

    I politici che stanno preparando, con grande spreco di dichiarazioni indignate, un ricorso al TAR contro questo decreto ministeriale, fanno leva sul fenomeno dello spopolamento, ma dovrebbero riflettere sulle vere cause di questo reale problema. E dovrebbero cominciare a fare autocritica, riconoscendo che le ragioni da cui è derivata la situazione attuale, vanno individuate nella mancanza dei servizi primari, nella inadeguatezza dei trasporti, nei disagi relativi alle scuole, nella mancanza di infrastrutture efficienti che spingano le persone a restare.

    Un decreto entrato in vigore da un mese non può essere la causa dello spopolamento delle terre alte, e non lo sarà nemmeno in futuro; a testimonianza di ciò si pensi che nelle zone in cui la politica non ha mortificato i servizi essenziali ai cittadini e questi sono capillari, lo spopolamento è un fenomeno del tutto marginale.

    Gli obiettivi con cui il Ministero ha agito, dichiarando il notevole interesse pubblico di queste aree, sono: conservare il paesaggio, riqualificare le aree degradate, salvaguardare l’architettura e la cultura locale.

    Tutto questo potrebbe essere colto come un trampolino per valorizzare non solo il paesaggio, ma anche il turismo, facendone una attività economica di elevata qualità e redditività. Il turismo di qualità è peraltro uno degli obiettivi strategici del progetto Dolomiti UNESCO, che, nonostante si sia rivelato finora fallimentare nell’attuazione, è ispirato a lungimiranti valori di tutela e conservazione.

    Le ripercussioni sul territorio, anche nel lungo periodo, derivate dalla capacità di cogliere questa opportunità, possono permeare tutto il tessuto sociale, a differenza di quanto potrebbe invece farlo un singolo collegamento sciistico, per altro di proprietà altrui, per quanto possa essere propagandato come una panacea.

    Ci auguriamo che questa riflessione sia uno stimolo per cittadini e politici per informarsi sul reale contenuto del provvedimento ministeriale ed esaminarlo senza preconcetti demagogici o alzate di scudi localistici, al fine di riconoscerne il grande valore come strumento e simbolo di rinascita economica e sociale.

  2. 17
    Olimpia Mastroianni says:

    Buon giorno
    scrivo per l’articolo sull’attacco alle Soprintendenze chiedendovi di includermi per un eventuale manifestazione (o flash mob, sit in o altro) di protesta di cui sperovi facciate promotori.
    Sono disponibile anche per incontri preparatori a tale promozione. E’ necessario scendere in piazza per avere una nuova “legge Galasso” iscritta nella Costituzione.
    Grazie Olimpia (ROMA)

  3. 16
    lorenzo merlo says:

     
    La dodalità tribale della stretta di mano è stata uccisa.
    Nessuno può sbagliare di meno se preso dal cesto della mentalità neoliberitsta, produttivista, (progresso e crescita ad iniftum).
    Le persone  spiritualmente e valorialmente meno corruttibili avranno pure loro una resistenza esauribile.
    Quale tronco resiste alla furia della corrente?
    Temete la catastrofe?
    Preferite mettere pezze?
    Il solito pranzo sarà servito.
    Senza dubbio alcuno.

  4. 15
    Roberto Pasini says:

    Come sempre bene e male non stanno tutti dalla stessa parte e si tratta di valutare chi ha la probabilità di sbagliare meno. A questo proposito, io non conosco i fatti, ma cosa pensate degli attacchi di Italia Nostra alla Soprintendenza di Venezia, finito anche in Tribunale? Ho la senzazione che alla fin fine nel nostro paese contano di più la qulità delle persone che le istituzioni.

  5. 14
    Matteo says:

    Lorenzo, avevo ben letto tutto, ma il fatto è che le politiche locali non sarebbero di ordine bioregionale e le modalità sicuramente solo economiche, tal quale quelle nazionali. 
    Con la forte probabilità (o sicurezza) di essere di raggio molto più corto e miope!

  6. 13
    lorenzo merlo says:

    «Qualunque regione o amministrazione realizzerebbe il meglio per la comunità che rappresenta,
    +
    soprattutto se le sue politiche fossero di ordine bioregionale, se le sue modalità non fossero economiche e di corto raggio».
    Roba da velina.

  7. 12
    Matteo says:

    Anche ammesso che “le soprintendenze nazionali hanno pemesso di ridurre l’estetica del paese alla misura che possiamo osservare in qualunque valle”, resta da dimostrare che “qualunque regione o amministrazione realizzerebbe il meglio per la comunità che rappresenta”, visto che non mi viene in mente nemmeno un esempio positivo…a meno che per “il meglio” non si intenda “pochi, maledetti e subito”, cioé un monetizzazione rapida, sottostimata e fallimentare.
    Se c’è qualcuno di cui diffidare, sono i locali senza controllo. Dall’Adamello-Brenta alla valle dei Templi!

  8. 11
    Roberto Pasini says:

    Qualcuno, usando un linguaggio aziendale, dice che è rimasto uno stato debole perché frutto 160 anni fa di un’ “acquisizione” spacciata per ” fusione” e ancora ne paghiamo le conseguenze e non riusciamo a venirne fuori, ogni tanto cercando di imitare lo statalismo francese e ogni tanto il federalismo tedesco, facendo un gran pasticcio e beccandoci i difetti di entrambi i modelli.

  9. 10
    paolo says:

    Il nostro Stato democratico è strano: legifera, controlla poco ciò che ha deciso e non punisce chi non rispetta le decisioni.
    Forse è uno Stato anarchico. 🙂 

  10. 9
    Roberto Pasini says:

    La questione è controversa. Già Cognetti aveva sollevato l’interrogativo  in una precedente discussione su questo blog. Sono più efficaci controlli su base locale o controlli esercitati da organi decentrati dello Stato? Mi ha colpito che sul Sole 24 ore di oggi in testa alla classifica della qualità della vita ci siano le province autonome del Nord  (oltre a Milano, che di fatto è ormai una realtà a se’ gestita con rito ambrosiano, anche se non formalmente).

  11. 8
    lorenzo merlo says:

    Ergo sistema sano?

  12. 7
    Salvatore Bragantini says:

    Ergo. Giudica e nomina tu come credi

  13. 6
    lorenzo merlo says:

    Giudica e nomina tu come credi.
    Com’è l’Italia, il patrimonio paesaggistico buttato, il valore del turismo e artistico a parte la loro implicita inerzia, non sono mai adeguatamente stati sfruttati.
    I risultato sotto casa di tutti.
    È il sistema che ha dimostrato di essere terminale, oppure ti comprerai beni cinesi fino a far scoppiare la casa e a dormire fuori per amore del progresso, per aver delegato la vita al mercato.
    Se le regioni e le province dovessero ultimare il taglio del ramo inziato dalle soprintendenza, su cui siamo seduti, c’è qualche incertezza su chi dobbiamo ringraziare?

  14. 5
    Salvatore Bragantini says:

    Lorenzo, questo mi pare “benaltrismo” allo stato puro; stai dicendo che siccome non si può scaravoltare il mondo per sconfiggere tutti gli “ismi” che citi (neoliberismi, meccanicismi, individualismi etc.), va bene continuare a distruggere il paesaggio a beneficio di chi ci vuole far soldi. La terra come un oggetto è proprio quel che i nemici delle Soprintendenze vogliono realizzare senza più remore.
    Le Soprintendenze sono magari burocratiche e fanno un sacco di errori, ma sono un argine al peggio del peggio.

  15. 4
    Emanuele Menegardi says:

    Da noi, sulle colline moreniche del Garda la Soprintendenza, su richiesta di molti cittadini, ha bloccato la costruzione di un’altra mega-antenna di una radio locale, sostenuta dagli “affaristi”!

  16. 3
    lorenzo merlo says:

    L’attuale sistema di valori al cui vertice c’è il pregressismo, l’individualismo, il profitto, la globalizzazione, il neoliberismo, la tecnologia, la mors tua vita mea, il business is busimess, l’uno vale uno, il meccancismo, l’importanza personale, l’abbondanza, la terra come un oggetto, gli animali come privi di dignità propria, eccetera con qualunque amministrazione non modificheranno l’attuale tendenza mortifera.
    Il bene comune, il senso di comunità, l’altro come un noi in tempo e modo differente non avranno terreno per germogliare e fiorire.
    Va bene così?

  17. 2
    Salvatore Bragantini says:

    Se le Soprintendenze (statali, quindi nazionali) non hanno protetto abbastanza, questo forse significa che la loro uscita di scena e il passaggio delle responsabilità a quelle regionali (o provinciali in certe situazioni) migliorerà le cose?
    Le mie esperienze con il decentramento a favore di una Provincia, non dico Regione, sempre ritenuta virtuosa e portata ad esempio, dimostrano piuttosto il contrario. A questo livello non vincono, ma stravincono, i particolarismi; non il neo-liberismo, ma il particulare. Mi no te rompo i cojoni a ti e ti no me rompi i cojoni a mi!
    Va bene così?

  18. 1
    lorenzo merlo says:

    Le soprintendenze nazionali hanno pemesso di ridurre l’estetica del paese alla misura che possiamo osservare in qualunque valle, costa, statale. In qualunque territorio ci sia da ricavare denaro.
    Non è un’accusa è una conseguenza di una modalità di concezione dell’altro relativa al valore assoluto dato al progresso a quello subordinabile assegnato alla grazia.
    Qualunque regione o amministrazione realizzerebbe il meglio per la comunità che rappresenta, soprattutto se le sue politiche fossero di ordine bioregionale, se le sue modalità non fossero economiche e di corto raggio.
    E finora a corto raggio mi pare sia stata la gittata di quanto compiuto dalle soprintentenze.
    È un fatto che precisare sia lapalissiano è offendere qualunque lettore.
    Dandogli invece massima dignità, la questione, oltre che estetica, appare politico-ideologica.
    Qualcuno degli interessati forse vorrà riconoscerlo.
    Qualunque amministrazione scelleratamente – sia passivamente, quanto attivamente – pro neoliberismo, non potrà difendere il bene comune – nell’accesione che staimo considerando – se non con palliativi.
    Ne va del progresso.

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