Questo post è al seguito di https://gognablog.sherpa-gate.com/bravo-stefano-valsecchi/ cui si rimanda per le informazioni di base.
Le faggete del Morterone tagliate “a tappeto”
lettera aperta a Dario Pesenti, sindaco di Morterone (LC)
di Mario Covini (mario.covini@tin.it)
Buongiorno Sig. Sindaco,
sono un ingegnere che, pur non essendo agronomo, ha studiato funghi e piante a contatto col Direttore della facoltà di Microbiologia dell’Università di Innsbruck, seguendo sotto la sua direzione le piantumazioni ad alta quota della Forestale Austriaca, ed ho insegnato Micologia ai Corsi Nazionali di Micologia indetti dalla Provincia di Trento per Ispettori Micologi.
Sono assiduo frequentatore di Morterone e suoi boschi e, già nel 2014, avevo scritto al vostro Comune per mettervi in guardia dal fatto che i tagli “a tappeto” delle vostre faggete stavano causando tropicalizzazione e imbastardimento delle faggete..
Purtroppo, le mie preoccupazioni, confutate da una lettera dell’agronomo da cui il mio precedente sindaco mi aveva fatto rispondere, si sono rilevate tragicamente vere ed oggi, dove allora sono stati fatti tagli indiscriminati, le antiche e pregiate faggete si sono trasformate in un intrico di arbusti, sterpaglie e piante opportunistiche, neppure più percorribili dall’uomo.
Questo perché, come scrivevo allora, tagliando 8 faggi su 10 si rompe l’equilibrio (oggi già precario per il cambiamento climatico) consentendo alle piogge torrenziali, non più coperte dalla chioma dei faggi, di dilavare e impoverire il terreno ed ai raggi del sole di bruciarlo, causando la crescita di piante e funghi “di pianura” a soffocare i faggi rimasti, sostituendoli con una selva di piante e sterpaglie opportunistiche, molto più veloci nella crescita.
Ora, vista anche la strada che è stata tracciata verso la sorgente Forbesette, già di per sé orribile e incomprensibile in una zona di Maggior Tutela Forestale, e viste le dichiarazioni che lei ha rilasciato, ho motivo di credere che la abbiano consigliata male, e mi sento di confutare:
- Le strada realizzata non ha nulla a che vedere con le piste tagliafuoco, che hanno ben altre regole di realizzazione e continua manutenzione, per evitare che eventuale sterpaglia diventi mezzo di trasmissione del fuoco.
- Non si può affatto parlare di “manutenzione e rinverdimento del bosco”, perché, come già detto, ed è l’effetto peggiore, dove si taglia 8 o più faggi su 10 o comunque si scopre il terreno, si avrà il solo effetto di tropicalizzazione.
- Faggi di 40 – 80 anni quali quelli tagliati non si capisce perché abbiano bisogno di essere tagliati; allora i Grandi Alberi del Sentiero, che ne hanno 200, andrebbero abbattuti tutti? In era di cambiamenti climatici diventa più che mai fondamentale il maggior rispetto di equilibri e limitarne al massimo la rottura per evitare disastrose conseguenze. La azienda e l’agronomo che si occupa dei tagli ne hanno tenuto conto?
- Viceversa, costruire una strada rompendo la continuità del bosco e la continuità della corsa delle acque nel sottosuolo è un danno evidente.
- Avrebbe senso tagliare i cedui per portarli ad alto fusto, o una cura mirata degli alto fusto, ma non è quello che è stato fatto: l’evidenza che si ha è quella di aver voluto capitalizzare la maggior parte di legna possibile, anche perché la “manutenzione” è stata stranamente orientata solo ai faggi, di alto valore economico, e non ai carpini e noccioli presenti in modo massiccio e infestante in molte zone del territorio e non “manutenuti”.
- Un precedente sindaco aveva dichiarato alla stampa di taglio dei boschi per il bilancio comunale, “come i vostri nonni” (che però tagliavano in ben altro modo). Allora la strada ed i tagli sono per il bilancio comunale, per l’Azienda che taglia, per manutenzione, per tagliafuoco?
Una cosa è certa: passando per i boschi tagliati qualche anno fa ci si trova davanti non più ad un bellissimo e fresco bosco di faggi col suo fogliame o sottobosco a mirtillo o piccola erba, ma ad un intrico impenetrabile di sterpaglie ed alberi in crescita che nulla hanno a che vedere con la faggeta, si vede la faggeta in evidente sofferenza, con la comparsa di funghi opportunisti, e con danno tangibile per il turista.
Le chiedo quindi, come tanti lettori del dibattito apertosi, di avere una risposta a queste domande, che pongo via PEC per non aver ricevuto risposta via mail ordinaria, e mi rendo disponibile in qualunque momento a venire a Morterone per portarla in sopralluogo e mostrarle quello che dico.
Allego sintesi fotografica di ciò che dico.
Spero di trovare in Lei un Sindaco con sensibilità nei confronti del patrimonio boschivo e naturale e della sua conservazione futura e vedere fermare immediatamente i tagli di questo tipo.
Resto a disposizione.
Cordiali saluti,
Mario Covini
Su grande richiesta di Carlo (post 11) e scusandomi per il ritardo – stavo tagliando legna in un bosco primario … 😛 – mi paleso per dire la mia.
Prima però riprendo un concetto già espresso e vedo con piacere che siamo anche tutti selvicoltori. Io penso che a criticare (e denunciare) si fa sempre in tempo, ma che prima bisognerebbe informarsi bene. Il sig. Mario Covini ha scritto con sentimento e sicuramente con sincera preoccupazione. Un paio di cose che dice sono giuste, ma non credo bastino per denunciare un presunto scempio. Quel taglio è stato fatto da un’impresa sulla scorta di un progetto e poichè immagino che quel bosco sia del Comune, la foresta ha un piano di gestione che dice cosa fare e il progetto di taglio e la gara di affidamento sono di rilevanza pubblica. Se il taglio è stato fatto male, vuoi per colpa del tecnico o dell’impresa, sicuramente i Carabinieri Forestali saranno intervenuti. E se non lo hanno ancora fatto, basta invitarli a fare una verifica. Sia chiaro, se il taglio ha danneggiato il bosco non è che una sanzione amministrativa risolva il problema, ma almeno ci può servire per manifestare la nostra indignazione in modo motivato.
Ringrazio Cristian e Michele Natali per avere almeno provato a esprimere una valutazione che non sia solo di pancia, in una piazza dove la reazione più scontata è sempre quella del facile sdegno.
P.S. Insieme ad Alex ora posso ascrivere anche Carlo tra i miei fans 🙂
Una parola sola…….Speculazione!!!
Personalmente credo che il commento più accorto l’abbia fatto il Sig. Cristian tecnico forestale.
Anche io, guardando le foto, non vedo grosse differenze con i tagli dei boschi dalle mie parti (regione Marche) dove di faggete ce ne sono, come pure di boschi con latifoglie misti o di conifere. E da che io ho memoria i boschi trattati a questa maniera nel tempo sono tutti ricresciuti e stanno in splendida forma.
Concordo col Sig. Cristina che la bontà di un intervento non possa essere valutato a livello estetico subito dopo il taglio, ma che occorra vedere l’effetto dopo 10 anni (o più, a seconda dell’obiettivo).
Sarebbe stato interessante, per completezza, che l’autore dell’articolo allegasse la risposta dell’Agronomo comunale, in modo da sentire anche l’altra campana e comprendere meglio l’intervento.
Così come è proposto l’articolo non sembra obiettivo ma, piuttosto, di parte (indipendentemente dal fatto che l’autore possa aver ragione o meno).
Però ripeto, mancando il contraddittorio (volutamente omesso?), solo guardando le foto non mi sembra affatto giusto condannare l’intervento.
È vero, Guido: l’efficienza dei mezzi e dei processi ha ridotto l’impiego di manodopera e aumentato enormemente i consumi.
Tutto andrà più veloce di quanto pensiamo.
Chiedo spesso agli alberi di aver compassione degli umani e di aiutarci, per quanto è loro possibile.
In aggiunta al mio commento 20. Anche lì, zona Monte Guglielmo (BS), il taglio è di 7 – 8 faggi su 10.
“Buongiorno. Buongiorno. Come ala? L’è dura! Quando tagliarono questo bosco c’era qui metà paese perché si faceva tutto a mano. Adesso che tocca a me che ho i mezzi per farlo, sono qua da solo. Buon lavoro. Grazie.” Correva l’anno 2023.
Pur non conoscendo Mario e i luoghi descritti, mi sento di prestare fede alle sue descrizioni.
Non credo che le pratiche di silvicultura prevedano un taglio così ingente di piante.
Dappertutto, purtroppo, osservo più tagli che piantumazioni.
Nella cura dei boschi c’è un aspetto demenziale che si diffonde in Italia: tagliare gli alberi per prevenire gli incendi. Pare infatti che senza alberi i boschi non possano bruciare: dai fascisti su Marte ai marziani sulla Terra!
Ho scritto l’articolo con una competenza che mi deriva dall’aver studiato a Trento i funghi alla locale scuola di micologia (dove poi ho insegnato), a contatto con il direttore della forestale locale, ma credo che molte considerazioni le possa fare anche l’uomo della strada (categoria in cui mi metto sempre anche io), anche perchè faggete così belle ce le avevano lasciate i nostri nonni e bisnonni montanari, che certo non erano dei professori. Solo che tagliavano il necessario, senza rapacità, senza mezzi devastanti, favoriti inconsapevolmente da un clima migliore dell’attuale.
Quando nel 2014 mi sono azzardato a scrivere al sindaco di allora che stavano sbagliando. mi ha fatto rispondere dal suo tecnico forestale-agronomo che, piccato dalla mia lettera e con piglio da Padreterno che parlava ad un poveretto di città, mi scrisse che far crescere anche altri alberi, arbusti e piante di pianura in un ex faggeto puro, era positivo perchè aumentava la biodiversità!! Come dire che se un laghetto con rane e tritoni alpini viene riempito con un intervento dell’uomo di topi, zanzare, mosche e tafani… è da ritenersi migliorato perchè è aumentata la biodiversità!!!
Pero’ credo che i modi di operare della silvicoltura debbano cambiare velocemente come velocemente cambia il clima, e forse molti tecnici sono rimasti a studi fatti 15, 20 o 30 anni fa.
Ma solo 5 – 10 anni fa non vi erano 30-35 gradi d’estate in montagna, le piogge non erano così irregolari e devastanti, la rucola selvatica cresceva in Puglia , massimo in Toscana, non sulle Prealpi a 1300 metri!… e cambiamenti così veloci vanno seguiti subito, oserei dire anticiaati, aggiornando chi opera e studiando strategie di difesa.
Una, comprensibile a tutti, è che se un faggeto puro si autoprotegge perchè protegge l’humus dalle piogge torrenziali e dal sole cocente. Se lo si taglia in gran parte, l’humus viene dilavato e resta la argilla, la marna o peggio la roccia sottostante, la cottura del sole favorisce la crescita di rucole varie e il disastro è fatto: li’ una bella faggeta non vi sarà MAI PIU’ per i secoli a venire. Piu’ che mai gli equilibri vanno rispettati, e questo va introdotto SUBITO in tante nostre azioni e in silvicoltura.
MC
PER IL 12
questo è quello che volevo sentire
facile parlare solo perchè si trovano ramaglie in giro e strade agro silvo pastorali
ma sono solo il bene dei boschi
quello che non fanno più da un secolo quasi le persone che abitano o vivono la realtà dei paesi montani
preferisco vedere una carrareccia che interseca i vecchi sentieri dando modo ai locali di accudire con più facilità ai versanti boschivi
piuttosto che vedere boschi abbandonati , boschi una volta coltivati per frutti o legname, boschi che ora stanno crollando sotto il loro peso, sotto il nostro peso
no buttiamo lì la frase : dove finisce quella legna….dove caxxo vuoi che vada?
Ma leggendo l’articolo non sembra proprio sia questo il caso. Si parla di alberi vetusti abbattuti, di strade che tagliano il decorso delle acque. Mi pare si sia fatta una analisi dettagliata e documentata dello scempio. Poi, si, certo un bosco va valutato un secolo dopo la sua realizzazione. Ma un bosco prevede essenze diverse, disetanee, in cui è bene non rimuovere alberi che cadono. Qui si parla di faggeta pura, probabilmente ceduata da secoli e poi dimenticata. Non si è dato il tempo a che evolva e l’intervento descritto mi par proprio speculazione
Per il 13:
Ci sono tecniche di selvicoltura sostenibili e certificate che prevedono di tagliare anche tutti gli alberi in determinate zone, altrimenti non arriva abbastanza luce al suolo e i semi delle future piante non riescono a germinare (e questo è solo un esempio).
Ripeto: non giudichiamo senza sapere le cose. È normale che un comune cittadino non conosca le tecniche di gestione di un bosco; io sicuramente non conosco bene quanto lei le tecniche del suo lavoro…
Foto e sopralluogo mostrano un taglio di 8 alberi su 10…..tecniche di silvicoltura??
In quanto tecnico forestale trovo impossibile valutare la bontà di questi interventi dalla descrizione e dalle foto fornite. Gli interventi selvicolturali vanno valutati coi i tempi del bosco (i decenni), hanno degli obiettivi che si possono leggere solo nei progetti d’intervento scritti da tecnici abilitati e approvati a livello regionale e, se fatti a regola d’arte, portano benefici a tutti: ambiente e persone.
Mi sembra che testo e commenti siano affrettati e superficiali, visto che le informazioni a disposizione sono poche o nulle. Esiste una disciplina dietro questi interventi (la selvicoltura) e, a meno che la legge sia stata infranta (ma non lo sappiamo), non vedo motivi per lanciare accuse.
Ps. Gli interventi forestali non sono giusti o sbagliati solo se belli o brutti da vedere;
PPS. Tropicalizzazione e imbastardimento sono termini che non vogliono dire nulla.
Angelo G. says:
22 Luglio 2023 alle 9:22
Era già intervenuto nel precedente post ?
Solo, sono un po’ stupito che non si apparso il solito local (o pseudo-local) con le solite frasi “facile fare l’ecologista dalle vostre belle case in città” e “provate voi a vivere in montagna senza tagliare gli alberi” o “anche mio nonno tagliava i faggi”.
Ma forse, trattandosi di solo 4 alberi in un piccolo comune e non di opere importanti di valorizzazione di famose vallate…
Solito disastro da incompetenti…che puntualmente avviene anche altrove…
Ora aspettiamo di vedere come ci si arrampica sugli specchi dopo questo articolo argomentato è documentato.
No, non ha sentito per via del rumore di ruspe e motoseghe…
E il sindaco ha risposto?
Un’analisi puntuale e circostanziata quanto giustamente impietosa.
Menomale che qualcuno libero esiste ancora in questo paese di incompetenti , purtroppo troppi sindaci hanno trovato uno stipendio assicurato e troppi elettori non si interessano.
Come riporta il blog, la mia mail e’ mario.covini@tin.it . Chiunque fosse interessato ad ulteriori informazioni mi scriva pure che leggero’ e rispondero’ volentoeri.
Che disastro quei tagli.
Stima e rispetto per l’ing. Mario Covini, da estendere a Stefano Valsecchi di qualche giorno fa.
Mi piacerebbe sapere il destino del legname ricavato. Qui da noi gran parte finisce all’estero per tornare come pallet (pagando due volte il legno dei nostri boschi). Mentre ka legna per la stufa arriva in gran arte dalla Bosnia