La montagna madre più amata in Abruzzo è entrata a fine aprile nel Global Geoparks network Unesco, una rete internazionale di 169 territori unici. Guadagnarsi questo titolo non era stato facile, perché il Parco ha dovuto dimostrare in che modo tutela la biodiversità, la buona qualità del cibo, le tradizioni, oltre a elencare i propri tesori geologici, le sue 150 grotte con la più famosa Grotta Nera. A poche settimane dal traguardo le immagini devastanti dello sbancamento delle Gole. Un lavoro avviato ufficialmente per rendere più sicuro e agevole il percorso dei turisti con una gradinata (vedi https://gognablog.sherpa-gate.com/lincidente-della-gola-di-fara-san-martino/), nei fatti è uno scempio di enormi proporzioni: come buttare giù le colonne dei Fori imperiali per far spazio ai visitatori. La Soprintendenza al paesaggio chiude gli occhi e si gira dall’altra parte.
Le Gole di Fara San Martino a colpi di ruspa
(nel Parco nazionale della Majella)
di Lilli Mandara
(pubblicato su italialibera il 4 ottobre 2021
È bastato un post del presidente del parco Lucio Zazzara, l’immagine delle ruspe, la roccia bianca vecchia di milioni di anni già sgretolata a terra in una montagna di sassi, la sua foto esultante con caschetto giallo sul sentiero delle Gole completamente irriconoscibile. È bastato un attimo per scatenare l’indignazione dei cittadini, la protesta degli ambientalisti e le lacrime di chi in quel parco ci ha lavorato mettendoci anima cuore e fatica. Come Adele Garzarella, ricercatrice alla facoltà di Geologia dell’Università D’Annunzio di Chieti e fino a poco tempo fa membro della Commissione “Geoparco della Majella”: «Solo dieci giorni fa il Geoparco ha avuto l’onore di essere presentato al congresso interazione della Società geologica italiana, con un seminario di apertura dei lavori, e adesso questa notizia…».
E infatti solo cinque mesi fa il Parco nazionale della Maiella, la montagna madre più amata in Abruzzo, era entrato a far parte del Global Geoparks network Unesco, una rete internazionale di 169 territori unici e preziosi. E per guadagnarsi questo titolo non era stato facile per niente, perché il Parco ha dovuto dimostrare in che modo tutela la biodiversità, la buona qualità del cibo, le tradizioni, oltre a elencare i propri tesori geologici, le sue 150 grotte con la più famosa Grotta Nera. E dopo appena dieci giorni ecco le immagini devastanti dello sbancamento delle Gole di Fara San Martino, un lavoro avviato ufficialmente per rendere più sicuro e agevole il percorso dei turisti con la realizzazione di una gradinata, dopo la morte di una turista ravennate colpita da un masso durante una passeggiata e il conseguente processo a sindaco, direttore del parco e tecnici. Ma nei fatti uno scempio di enormi proporzioni.
«Non ci sono parole, mi hanno detto di non parlare — aggiunge la ricercatrice — ma ho visto piangere tante persone in questi giorni, per amore vero per la propria montagna, un legame corroborato da secoli di convivenza naturale». Lo dice da semplice cittadina, Adele, ma le sue parole pesano come macigni. «Praticamente come buttare giù le colonne dei Fori imperiali per fare più spazio ai turisti ed evitare assembramenti» tuona il comitato “Tu Viva”. «A questo punto anche il Corno Grande potrebbe essere capitozzato perché troppo impervio? Oppure potremmo farci direttamente delle scale mobili, se passa questo concetto».
Un progetto che solleva molti dubbi, tanto che “Tu Viva” si chiede come sia possibile, anche per l’impatto paesaggistico enorme di uno dei più noti paesaggi appenninici, che lo sbancamento abbia avuto l’autorizzazione della Sovrintendenza. «La legge quadro sui parchi vieta, senza possibilità di deroghe, l’alterazione del paesaggio e delle rocce di un parco nazionale. Né il Piano del Parco potrebbe superare queste sacrosante norme di tutela. In generale serve sensibilità per conservare integro il nostro paesaggio millenario e interventi così pesanti non fanno altro che svilirlo, in un momento in cui servirebbero servizi adeguati e una fruizione attenta e consapevole da parte di tutti».
E adesso c’è anche un esposto dell’ambientalista Augusto De Sanctis, inviato alla Procura di Chieti, ai Carabinieri forestali, al ministero della Transizione ecologica, al ministero della Cultura, alla rappresentanza Unesco in Italia, alla Regione Abruzzo e alla Soprintendenza, che denuncia l’assenza della Valutazione di impatto ambientale. «Nel nulla osta del parco che ho trovato sull’albo pretorio del Comune — spiega De Sanctis — non era neanche citata la Valutazione di Incidenza Ambientale, che, oltre a essere obbligatoria in base alla Direttiva Comunitaria Habitat (in Italia dal 1997), deve essere preventiva rispetto al nulla osta dell’Ente parco. E non sarebbe la prima volta per il Parco della Majella rilasciare nulla osta senza la Valutazione di Incidenza Ambientale: un parco nazionale che non segue la principale direttiva comunitaria in materia naturalistica, a questo stiamo…».
I lavori nel frattempo vanno avanti. È un messaggio struggente quello lasciato da Adele Garzarella sui social: «Quelle lacrime, le lacrime della sua gente, la dea Maia (che secondo la leggenda ha dato il nome alla montagna) le ha raccolte tutte e le tiene con sé, e vi alimenta, come acqua di sorgente, nuova linfa per i progetti futuri. Ti amiamo, Maia, dal più profondo del cuore».
Lilli Mandara ha lavorato nella redazione abruzzese del Messaggero dal 1984 al 2014. Ha seguito per il quotidiano di Roma molte vicende dell’attualità italiana. Dal 2015 è direttore responsabile del blog Maperò, testata giornalistica che si occupa in Abruzzo di politica, cultura e cronaca. Collabora col Fatto quotidiano e con Donne Chiesa Mondo, il mensile dell’Osservatore Romano.
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n 2:”la gente e’libera di denunciare”, se la denuncia chiede sentenza di giudice,i denunciati LIBERI di difendersi..risultato…TRIBUNALI INGOLFATI, SENTENZE DEFINITIVE DOPO ANNI ED ANNI, STUDI LEGALI CHE CI MARCIANO. Si chiama Mobbing giudiziario,terreno fertile pure per soggettisti di serie tv a corto di idee.Basterebbe una sola legge che riconosca rischiose a carico dei praticanti le frequentazioni di luoghi ben classificati e poi identificati regione per regione.Poi liberi tutti.
Il problema sta nell’inerzia del parlamento italiano che non provvede a bonificare il diritto e liberare il paese dalla persecuzione giudiziaria. Soprattutto negli ambiento naturali vale il principio della responsabilità personale: a proprio rischio e pericolo!
https://www.abruzzolive.tv/cronaca/fara-san-martino-gole-scoppia-polemiche-incidente-it24585.html
Incidente alle gole…
Un commento sull’articolo – Uno sfregio in cemento armato (sull’Alta Via Bepi Zac) – di Luigi Casanova 2 ottobre 2021, mi aveva lasciato perplesso…
Paolo Diotallevi says: 2 OTTOBRE 2021 9:09 – Purtroppo la mentalità imperante sulle Dolomiti. Sul Gran Sasso Maiella e Velino non fanno spostare nemmeno un sasso, ai limiti della paranoia, ma fanno bene. VOLEVO RISPONDERE…ORA C’E’ QUESTA DENUNCIA…
Di sicuro se si collocano reti parasassi, qualcuno si lamenterà per la variazione di naturalezza della visione di pareti di sasso o del cielo nelle foto.I giudici saranno pure coscienti, ma l’ avvocato difensore costa e non e’ detto che se si viene assolti con formula piena, poi sia gratis o a carico del denunciante. Ci sono parecchie cause ai limiti della temerarietà , ad esempio se si impone un cancello per l’accesso , un ticket comprendente una assicurazione, l’uso obbligatorio del casco fornito con cuffia monouso..Sorgerebbe subito un movimento no- cask. Esiste una vecchia strada di valle il cui accesso e’ stato precluso da cancelli per pericolo caduta sassi…con tanto di cartelli.. e’ obbligatorio usare la nuova strada anche per ciclisti eppure alcuni sanno dove e come entrare entrare e percorrerla in esclusiva, godendosi visioni suggestive con brivido di forre e marmitte dei giganti.
Scusa ma la gente è libera di denunciare come i giudici dovrebbero essere coscienti della differenza tra un sentiero di montagna e un marciapiede di città. Punto. Poi, la d nuncia e con tutta probabilita solo la scusa che qualcuno ha utilizzato per mettere mano alle ruspe. Se il problema sono i sassi che cadono, esistono le cosiddette reti parasassi, inventate qualcosa come un miliardo di anni fa da qualcuno più sveglio dei.nostri sindaci e assessori.
Allora si liberi da responsabilita’ penale e civile ogni sindaco, gestore della segnaletica , club alpino ecc.da dover rispondere per incidenti avvenuti in aree ben mappate, oppure ogni sindaco si liberi con divieti di transito in tali aree e poi gli escursionisti pratichino a loro rischio e pericolo. Se si lascia tutto allo stato naturale, ci sarà sempre chi denuncia per aver preso una storta , per un sasso o ramo caduto in testa, per un inciampo su sasso o per radice che sporge troppo dal sentiero…o semplicemente chi posta commenti spregiativi sullo stato dei parchi.