Le insidie della falesia

L’arrampicata indoor conta ogni anno sempre più appassionati, che scoprono il piacere del verticale muovendo i primi passi nelle palestre indoor. Il passaggio alla roccia è facile e quasi  spontaneo, ma saper arrampicare, magari anche bene, in una struttura artificiale non significa essere preparati alla frequentazioni di una falesia naturale, perché l’ambiente montano presenta sempre pericoli e rischi di cui è importante essere consapevoli. Quali? Lo scopriamo insieme alle Guide Alpine, professionisti dell’arrampicata che insegnano, oltre alle tecniche di progressione su roccia, proprio a gestire il rischio negli sport e nelle attività di montagna.

Arrampicata in falesia, quali rischi?
(la checklist delle Guide Alpine)
di Collegio Nazionale delle Guide Alpine
(comunicato stampa n. 2 del 16 giugno 2022)

Abbiamo stilato una lista di domande che ognuno dovrebbe porsi quando decide in quale falesia andare e una volta sul posto: da non considerarsi esaustiva e sufficiente, ma utile strumento iniziale ai fini della prevenzione degli incidenti o dei quasi-incidenti.

Preparazione a casa
Prima di andare alla scoperta di una nuova falesia è bene verificare se il proprio livello tecnico e la propria attrezzatura e documentarsi e per arrivare alle pareti preparati. Cercate informazioni sul meteo e sulle condizioni della falesia, chiedendo ad esempio alle Guide Alpine o a conoscitori esperti della zona.

Al di sopra della falesia è possibile la caduta di sassi a opera del vento o di animali selvatici?
Giornata senza vento: OK!
Giornata con vento: può essere opportuno un cambio di falesia o di settore.

Come è la chiodatura?
Chiodatura a fix o resinati recente e ravvicinata: OK!
Chiodatura lunga: meglio portarsi dietro l’attrezzatura per integrarla.
Chiodatura obsoleta: è consigliabile informarsi sullo stato delle protezioni intermedie e delle soste.

Quale esposizione ha la falesia, al sole o all’ombra?
Al sole in inverno, all’ombra in estate: OK!
Al sole in estate: attenzione ai colpi di sole, alla disidratazione e a un eccessivo affaticamento dovuto alle alte temperature. È bene programmare i tempi dell’attività, approfittare delle ore di ombra e portarsi comunque vestiario adeguato e una buona dose di bevande, soprattutto con i bambini.

Come sono le condizioni della falesia?
Asciutta: OK!
Bagnata: Fate particolare attenzione alle prese bagnate e scivolose, se state iniziando ad arrampicare da primi è opportuna solo la scalata top-rope.
Roccia non usurata dal passaggio: OK!
Roccia unta soprattutto per i piedi: se state iniziando ad arrampicare da primi è consigliabile solo la scalata top-rope.

Com’è la tua attrezzatura?
Casco e imbrago omologato e non scaduti: OK!
scarpe da avvicinamento adeguate: OK!
scarpette da arrampicata in buone condizioni: OK!
freno assicuratore e longe con moschettone non usurati: OK!
kit di pronto soccorso: OK!
corde di lunghezza adeguate ai tiri: OK!
freni adeguati al diametro delle corde: OK!
rinvii in numero adeguato: OK!
moschettoni a ghiera per back-up delle soste: OK!
Scarpe da avvicinamento con suola scivolosa o da città e quindi non adeguata: STOP! sostituisci la tua attrezzatura.
imbrago usurato e\o scaduto STOP! sostituisci la tua attrezzatura.
Rinvii vecchi o fatti in casa STOP! sostituisci la tua attrezzatura.

Comportamento in falesia
L’ambiente della falesia, soprattutto se conosciuto e frequentato spesso, può indurre a una sottovalutazione del rischio e a un eccesso di confidenza dovuto alla familiarità del luogo (avvicinamenti brevi, aree attrezzate) e delle persone che vi si trovano (amici, conoscenti). Durante l’attività è bene fare caso al comportamento proprio e del nostro compagno:

Ci sono rischi per la concentrazione?
C’è controllo reciproco ogni volta prima di iniziare a scalare? OK!
Ci sono amici e cordate vicine che ci distraggono? STOP! Riprendere concentrazione.
Qualcuno interrompe le operazioni che stiamo eseguendo (es. chiudere l’imbrago, farsi il nodo, assicurare in modo attivo con attenzione continua, ecc.)? STOP! Riprendere concentrazione.
Ci sono segnali di stanchezza? STOP! è il caso di fare una pausa per bere, mangiare, riposare o fare fotografie.

Come si comporta l’assicuratore?
È ben posizionato, è attento costantemente alla progressione del compagno, dimostra di conoscere l’uso del freno di assicurazione, la corda è di lunghezza adeguata al tiro che si vuole salire ed ha fatto il nodo il fondo alla corda: OK!
È ad un’eccessiva o ridotta distanza dalla parete, lascia laschi di corda, fa una sicura statica, utilizza male il freno di assicurazione: STOP! correggere tutti i comportamenti errati guardando o chiedendo a qualcuno più esperto di noi

Posso arrampicare da primo di cordata?
Assicuratore e arrampicatore di pari peso: OK!
Assicuratore e arrampicatore di peso diseguale (indicativamente sopra i 20 kg), bambino o adolescente che assicura un adulto o un coetaneo: STOP! aumentare angoli e attriti della corda utilizzando protezioni non in linea.

Intervista a Lorenzo Cavanna
(Falesie: insidie e comportamenti da evitare)
di Collegio Nazionale delle Guide Alpine
(pubblicato su guidealpine.it il 15 giugno 2022)

Lorenzo Cavanna

Moschettoni usurati, blocchi di roccia instabili, manovre di sosta eseguite male. Lorenzo Cavanna, Presidente Collegio Regionale delle Guide Alpine della Liguria, Guida Alpina UIAGM e fondatore di Blumountain Guide Alpine, ci illustra in questa intervista i rischi più importanti dell’arrampicata in falesia e i comportamenti più pericolosi osservati nelle falesie di Finale Ligure, polo internazionale dell’arrampicata sportiva.

Lorenzo, secondo la tua esperienza quali sono le insidie più importanti a cui fare attenzione quando si arrampica in falesia?
Uno degli elementi ambientali più rischiosi sono i blocchi o le lame instabili in parete, in particolare nelle falesie ricche di vegetazione dell’entroterra e dei fondovalle. Con la pioggia si ingrossano le radici degli arbusti in parete, che destabilizzano il terreno e provocano la caduta di porzioni talvolta anche consistenti di roccia. Da noi è una cosa molto frequente nei periodi di maggior precipitazione, per fortuna nella maggior parte dei casi avviene nei giorni di pioggia e nelle notti successive. In seguito a periodi piovosi ritroviamo spesso blocchi a terra proprio alla base degli itinerari, questo deve indurre a non dare mai per scontato quello che troviamo in parete (compresa l’attrezzatura), le situazioni cambiano nel tempo e in falesia non c’è un organo di controllo.

Quali sono invece i comportamenti più pericolosi tra gli arrampicatori?
Errori di manovra in sosta. In pochi mesi, a fine 2021, sono stati registrati ben due incidenti mortali in una delle falesie del finalese più abbordabili e frequentata dai principianti. In entrambi i casi il medesimo errore: la manovra errata in sosta e/o l’errato atteggiamento del compagno a terra. La manovra errata è indubbiamente dovuta a scarsa conoscenza delle tecniche di corda, tecniche che devono essere la base per frequentare una falesia. Chi scala secondo standard di sicurezza nelle manovre di corda, ed ha seguito un corso di arrampicata con le guide alpine, sa che mai e poi mai, salva chiara ed esplicita comunicazione tra chi assicura e chi scala, dovrà rimuovere la corda dal dispositivo di sicurezza finché il compagno non è ritornato a terra. Nei casi della Rocca di Perti è avvenuto proprio quella errata interpretazione della manovra di sosta e lo scalatore in entrambi i casi è precipitato dalla sommità della parete alla base. Non avere la metodologia corretta di base induce a slegarsi e legarsi in sosta adottando metodi personalizzati o alternativi, del tutto lontani dalla prassi che i professionista adotta e impone ai suoi assistiti. Chi arriva dal “fai da te” segue i consigli degli amici o di “esperti” non accreditati, mentre arrampicare in modo consapevole implica il rispetto di poche ma fondamentali comportamenti di base. L’improvvisazione è la strada che conduce a incidenti che possono avere conseguenze gravi. 

Ci puoi fare un esempio?
Una prassi contro cui combatto sempre è quella di indossare la longe sull’imbrago (ormai fissa per la maggior parte dei neofiti) questa prassi evita di dover imparare un nodo fondamentale (il nodo barcaiolo). Questo è tra gli indizi il più lampante dell’impreparazione dello scalatore. Utilizzando abitualmente questo sistema per ancorarsi in sosta, l’arrampicatore si espone al rischio maggiore in cui può incorrere ovvero quello di essere, anche se per brevi periodi, del tutto slegato e svincolato dall’ancoraggio. Chi lo utilizza però non è neppure cosciente di questo fatto, il breve periodo in cui si trattiene in sosta appeso ad una sola mano è per lui la normalità essendo “nato” in tale contesto.
Purtroppo sta diventando una pratica radicata, si presentano così perché magari arrivando dall’indoor dove neppure gli viene spiegato, essendo una situazione non prevista. Ora anche alle persone che incontro in lezione, che adottano questo sistema, è veramente difficile fargli cambiare idea.
Sulle falesie monotiro, vediamo spesso persone che si calano o fanno la moulinette un solo ancoraggio, magari logoro. In alcuni casi ci sono solo più pochi millimetri di buono (vedi foto, del settembre 2021 – intervento di ammodernamento di una falesia finalese ad opera delle Guide Alpine del Collegio Liguria). E’ quasi incredibile, ma molti, inesperti, non sanno valutare quello che trovano in parete oppure al contrario, per troppa confidenza, nemmeno lo guardano e si appendono buttandosi indietro.

Moschettone usurato dalle continue moulinette.

A volte il comportamento errato non è di chi sale, ma di chi fa sicura.
Sì, un altro errore comune riguarda il posizionamento di chi fa sicura alla base della falesia: è troppo distante dalla parete oppure dà troppa corda, o sta seduto a far sicura al primo di cordata. Chi non è abituato ad arrampicare in ambiente, spesso non sa distinguere e non fa differenza sulle posizioni da assumere per la sicura al primo di cordata – dove devi stare prossimo alla parete, talvolta anche sotto al compagno nei primi metri verticali – e la moulinette (o top rope) dove puoi allontanarti anche di alcuni metri.
Ultimi comportamenti rischiosi che voglio citare sono la calata senza il bloccante, nelle discese su corda in itinerari multipich, o nelle stesse vie lunghe, il non saper fare il collegamento degli ancoraggi di sosta. Trovando a fine tiro i soli fittoni da collegare, chi ha solo esperienza in indoor non sa come farlo: il più delle volte risolve collegando i rinvii ai due ancoraggi, pensano sia corretto così, avendo imparato a utilizzare solo quelli! Poi uniscono i rinvii con un moschettone a ghiera (su un vertice di moschettoni normali), un pasticcio, assurdo ed estremamente pericoloso.

Che valore aggiunto può dare, e che impegno richiede, un corso con le Guide Alpine?
A Finale l’arrampicata è possibile tutto l’anno, e vediamo che i numeri salgono, ma l’approccio con la falesia non è sempre professionale: molte volte avviene per i canali di socializzazione, o tramite altri canali, ad esempio l’associazionismo, per questione di costi. Corsi per gruppi di 6-8 persone hanno sicuramente prezzi più accessibili ma la qualità ne risente. Noi lavoriamo di solito con piccoli gruppi, ad esempio solo 2 persone e per mezza giornata, sono i più performanti, imparano molto e provano tante cose, sono più concentrati, possono fare domande.
Attività in gruppi numerosi che impegnano l’intera giornata sono ideali per abbassare i costi ma ne risente anche la qualità.
Con un mini-corso i neofiti delle falesie possono approcciarsi in modo più sicuro alla parete senza raffazzonare manovre e comprendendo da subito le dinamiche della progressione corretta.

Che problemi provoca l’affollamento in parete?
Finale soffre specie in alcuni periodi, (nelle mezze stagioni) di una altissima frequentazione che provoca problemi con i residenti. Nella visione moderna dell’outdoor tutto è dovuto (dalle chiodature e richiodature ai parcheggi), quando si è in vacanza nessuno deve rispettare un codice di comportamento. Questo atteggiamento sta provocando attriti, anche su questo le guide alpine si devono impegnare a sensibilizzare i propri accompagnati e non solo.

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Le insidie della falesia ultima modifica: 2022-08-23T05:41:00+02:00 da GognaBlog

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25 pensieri su “Le insidie della falesia”

  1. Dino. Buon suggerimento. Il lavoro di manutenzione e certificazione non lo faremo certo noi volontari. Roba da professionisti con relative competenze e responsabilità. Sui due percorsi, molto frequentati anche da famiglie, soprattutto stranieri, ci sono stati quest’estate tre soccorsi con elicottero e quest’inverno un morto. Per fortuna non per cedimenti del materiale. Ma non si sa mai. Segni di usura ci sono e importanti. Li abbiamo visti e segnalati. Prevenzione primaria. È importante anche per noi essere informati adeguatamente sullo stato dell’arte delle sicurezze per poter svolgere un ruolo di controllo e di pungolo delle istituzioni che spesso o fanno lo struzzo sperando nella provvidenza o reagiscono in modo eccessivo e paraculico. Grazie dunque dei consigli. 

  2. Relativamente all’articolo ricordo nei corsi CAI i gruppetti sono formati da massimo tre allievi x istruttore  qualificato e aggiornato costantemente. Hanno un minimo di sei giornate intere di lezione pratica in falesia oltre a sei lezioni teoriche in aula. Il tutto a costi mediamente molto abbordabili.

  3. Roberto, Matteo e Lorenzo hanno ben descritto il problema. Vicino al mare chiodare è un bel problema. Certo che il materiale (Raumer o di altri) in 316L per usi marini è più sicuro (specie se resinato). Però influisce molto la posizione cioè se il materiale viene lavato dalla pioggia. Viene anche influenzato dalle correnti che portano in sospensione acqua marina (salata) sugli ancoraggi.  A Triste in falesia a un centinaio di metri dal mare, ci sono tiracavi resinati di zincato assolutamente buoni da anni. In altri posti lo stesso materiale è da buttare. Credo che Maurizio Oviglia sia decisamente un esperto e ti converrebbe scrivergli

  4. Matteo. Il tuo ragionamento vale anche per gli spit che Raumer vende a caro prezzo come anticorrosione? Pensavo che su quelli si potesse fare affidamento, almeno per ancorare le catene corrimano. 

  5. Se non dico male, Maurizio Oviglia ha da tempo fatto presente che la degradazione maggiore del materiale inox (vari) e non si verifica  quanto qquesto è più prossimo al mare su pareti strapiombanti, le meno lavate dalle intemperie.

  6. Evito una lunga e noiosa trattazione sulla corrosione in atmosfera salina, che oltretutto sarebbe anche off-topic, però per garantire nel tempo l’attrezzatura di una falesia o una via vicino al mare userei come minimo 316 L (a basso contenuto di carbonio) e più che spit mi orienterei  su fittoni resinati per evitare i problemi legati alle tensioni di montaggio o a differenze di ossigenazione.
    Quanto sopra vale anche per tutti i luoghi dove possano esserci sali di vario tipo uniti a umidità (e magari alte temperature sotto il sole), che ho visto spit ben conciati anche in posti ben lontani dal mare!

  7. Dino & Pellegrini. Grazie delle informazioni. Il lavoro fu fatto circa 10 anni fa con zincato a freddo e ci sono segni di usura in alcuni punti, in particolare nei grilli di collegamento tra spit e catene.  Faremo fare una analisi della situazione da un esperto qualificato e poi suggeriremo una linea d’azione. Anch’io sono dell’idea che è meglio spendere prima che poi dover “tapullare” (termine ligure per aggiustare in qualche modo) ma non senpre le amministrazioni pubbliche la pensano in questo modo. Grazie ancora. 

  8. I produttori seri danno anche criteri ci comparazione dei costi. Costruire un manufatto con costi iniziali maggiori consente poi risparmi nei tempi di sostituzione del materiale meno costoso che si ossida prima. Il piting ( processo degenerativo dell’inox) è sicuramente un problema  che è oggetto di lunghe discussioni tra gli addetti ai lavori.

  9. Roberto le correnti galvaniche sono pericolose perchè fanno (in parole semplici) migrare materiale (ioni) dal meno nobile al più nobile. Mischiare materiali in ambiente salino (che favorisce e le correnti e accelera i processi) rischia di rendere in pochi anni pericoloso l’ancoraggio. Anche parlare di inox non è esaustivo occorre sapere se 304,316 o 316L che hanno composizioni diverse. Anche per il zincato occorre sapere se il processo di zincatura è galvanico ( a freddo) o a caldo. Nei due processi lo spessore di zinco è completamente diverso (maggiore a caldo). Occorre poi che i produttori rispondano a criteri di qualità controllati poichè spesso ciò che viene venduto e contraffatto o di qualità infima. I costruttori seri danno una durata di 25 anni per il zincato a freddo e 50 per quello a caldo. Anche qui mischiare zincato a freddo/caldo non è ottimale. 

  10. Pasini. Di fronte al mare la felicità è un’idea semplice [cit], ma non tutto il resto.
    Mi piacerebbe davvero avere una info in più per te contro la schifosa e vigliacca ruggine, ma non ce l’ho. Purtroppo. Magari un’occhiata sul canale Telegram “ruggine + grafene: il grande reset” può aiutare a capire cosa stia succedendo. Eh.
    Per non uscire fuori argomento se hai voglia scrivimi, che scambiamo 2 chiacchiere: u<underscore>p<at>fastmail<dot>com  Ciao.

  11. Pellegrini. Se poi siamo in riva al mare la faccenda dei materiali si complica, come ho sperimentato essendo coinvolto indirettamente in un progetto di messa in sicurezza di un percorso attrezzato sottoposto alla corrosione. Abbiamo la scelta tra inox marino, inox e zincato. Certo l’inox marino è il top, ma hai presente quanto costa un metro di catena di inox marino ? Per quello i velisti piangono lacrime amare quando ci lasciano giù la catena dell’ancora. Per non parlare del costo dei prodotti Raumer anti corrosione. Qui da me dicono che alla fin fine meglio lo zincato, almeno la corrosione si può osservare. Mentre con l’inox non marino i cedimenti possono essere repentini. Ovviamente tutti dicono di non mescolare i materiali per i problemi galvanici di cui hai parlato. Tu hai qualche informazione diversa o aggiuntiva in proposito? 

  12. Ciao Umberto, la mia esperienza e’ in gran parte legata a Finale ma ho scalato in tantissime falesie della Francia, Arco, Toscana. Da fine anni 80. Non voglio entrare nel dettaglio di ogni sosta. Gli esempi che fai sono certamente corretti. Ho voluto solo dire che io arrivo in sosta e vedo cosa ho davanti agli occhi e mi rifiuto di calarmi su un solo punto. Nel peggiore dei casi lascio un moschettone sull’ultimo spit sotto la catena, il che’ e’ una minima aggiunta sempre ipotizzando che la distanza fra esso e la catena non sia infinita se no… avete gia’ capito! In sosta di solito, disponibili a lasciare proprio materiale, si trova sempre il modo di far passare la corda in due punti. Certo non si puo’ rischiare di attircigliarla. La sosta migliore e’ quella che tu dici e che dicevo io, un anello in alto ed uno sotto disposto in orizzontale che di fatto e’ di back up come dici tu. Le soste a catene per me potrebbero essere superate tranquillamente da quella citata. Certo bisogna slegarsi e far manovra ma a me di passare la corda in un moschettone aperto usato migliaia di volte e calarmi guardandolo fisso che regga… beh no non me li dice il cuore. In falesia si puo’ ridurre tantissimo il rischio, perche’ non farlo? Per il costo di un moschettone??
    In montagna e’ un po’ diverso, anche se il principio dei due ancoraggi e’ sempre valido. Sperando di non trovarsi in situazioni in cui si deve fare una doppia al buio su sky hook….( copyright Manolo sul pesce)…

  13. Concordo con quasi tutto quanto scritto nell’articolo trovo però che alcune prescrizioni possano raramente essere messe in pratica. Parlo ad esempio del vento in falesia… è una condizione spesso ricercata da chi scala per evidenti ragioni di grip. Raramente è possibile verificare che la sommità della falesia sia sgombra da sassi instabili o rami secchi. Ragion per cui ci si basa per lo più sull’esperienza di chi conosce la falesia per arrampicare in sicurezza piuttosto che abbandonare la falesia che mi sembra un consiglio irrealistico. 
    Altro punto che mi lascia un po’ perplesso è la solita retorica delle GA che si assegnano il ruolo di unici depositari del sapere verticale. L’esperienza personale purtroppo mi porta a vedere le cose in modo più sfumato. Ho avuto il piacere di scalare con decine di GA osservando talvolta abitudini lontane da quanto illustrato nei manuali più recenti e non parlo sono di assicurazioni statiche old school 🙂
    Ultima cosa l’uso della longe. Francamente non ho capito in che modo Metta a repentaglio la sicurezza di chi arrampica quando la si utilizza per fare la manovra. Io personalmente non la utilizzo ma noto che in Francia ove vi è una cultura arrampicatori a piuttosto radicata è utilizzata dalla gran parte dei praticanti. 

  14. Un commento (fuori articolo) su soste, moschettoni e maillon rapide.
    I maillon rapide che soddisfano ai requisiti di EN362 e, come sempre più accade, anche di EN12275, sono a tutti gli effetti moschettoni, anzi: il loro carico assiale minimo richiesto è, nel caso di EN12275, superiore di quello di qualsiasi moschettone da alpinismo (tranne quelli da ferrata). Mi stupisce un po’ che Barbolini abbia dimenticato questo dettaglio. I maillon da 8 e 10 mm, ma certamente non quelli da ferramenta per i portachiavi da 4 mm, e che abbiano la label EN-UIAA, generalmente superano come tenuta assiale i moschettoni. Quelli che uso io, della CAMP, da 10mm in acciaio zincato, hanno una tenuta assiale di 45 kN, quello da 8 mm 40kN; la loro usura è sicuramente minore rispetto alle leghe con cui vengono fatti i moschettoni d’alpinismo, ma non è infinita, anzi (vedasi moschettone in inox dell’articolo, che può ridursi così anche solamente dopo 1 anno di intensa attività falesistica, con le moulinette infinite). A tal proposito ricordo sarebbe ottima cosa che ogni arrampicatore usasse il proprio di moschettone, per farci le moulinette, e questo potrebbe entrare nel decalogo del buon falesista.
    La stragrande maggioranza di produttori di materiali d’armo, tranne uno, che cito, Kinobi, fa soste da arrampicata in cui, come diceva Giacomo R (ciao Giacomo) è presente uno ed un solo anello chiuso (saldato) per calata/moulinette e nel quale, solamente nel caso delle soste più costose, sta inserito un moschettone in acciaio come quello consumato dell’articolo. Ad ogni modo quasi tutte le soste commerciali (tranne kinobi) prevedono l’utilizzo di un solo punto di assicurazione per la calata, anello o moschettone che sia. Non so dove tu abbia scalato, Enri, ma ti garantisco che dove vedi una sosta già fatta commerciale (Raumer, Fixe, Vertical Evolution, eccetera) ti cali su un solo punto. Cito ad esempio le ultime chiodature al Frate (Finale Ligure) ad opera soprattutto di Sanguineti, Nota e Pajola, fatte con materiale Raumer inox. Le stesse soste realizzate da Cavanna a Perti. Idem dicasi per tutte le soste che Tomassini ha messo a Finale negli ultimi anni. Idem dicasi per le soste che ultimamente stanno mettendo in Pennavaire. Non sto parlando di un paio di tiretti.
    Kinobi fa un gruppo sosta che si chiama, appunto, “bidirezionale” e che prevede la presenza di due anelli chiusi saldati per unire la catena ai tasselli, e solo in tal caso si può far passare la corda in 2 punti per la calata. Le soste “artigianali” possiedono quasi sempre lo spezzone di catena connesso tramite maillon ai tasselli: in tal caso si può “provare” ad utilizzare per calarsi entrambe i maillon che si trovano (nei quali passa anche la catena). Se lo si è fatto una fatto una volta, probabilmente si capisce perchè non lo si farà mai più neppure sotto costrizione.
    Detto questo, io sono dello stesso avviso di Enri, ovvero che calarsi su due punti è molto meglio che uno solo, indipendentemente dalla qualità dei punti stessi. Motivo per cui nei paesi anglosassoni da parecchio la sosta che viene maggiormente utilizzata è la sosta alla francese fatta bene, e non alla “cazzodicane” come la stragrande maggioranza delle soste alla francese di Finale Ligure, ad esempio. La sosta alla francese non prevede catene che colleghino i due punti e prevede l’utilizzo, su ogni punto, di maillon+anello chiuso; i due punti devono essere posizionati in maniera tale che quello inferiore sia quasi in asse (verticale) rispetto a quello superiore, così che la corda, passata in entrambe gli anelli chiusi, lavori solo sul punto più alto, e faccia il minor attrito possibile su quello basso (che ha funzione sostanzialmente di backup). Questa sosta è la meno costosa, la meno usurabile, la più manutenibile e la più sicura di tutte ma, chissà perchè, non ha trovato i favori di buona parte dell’Europa, e vede il suo utilizzo soprattutto in Svizzera (sia falesia che montagna) ed in Francia (soprattutto montagna). I chiodatori nostrani la detestano, in genere. Del resto, in Italia, pare sia ancora poco nota la differenza tra acciaio inox e zincato; i due  vengono usati ancora allegramente assieme, ignorando il noto problema di corrosione galvanica e di ciò che tale problema implica. Ma guai a suggerirlo: i chiodatori sono in genere come gli alpinisti, permalosissimi.Tant’è. Speriamo che Merlo inventi, grazie alle sue conoscenze, le soste quantiche: quelle che se le guardi ci sono, se non le guardi no; problemi risolti!

  15. Se posso permettermi, 2 appunti ad integrazione dell’articolo di Cavanna (ben scritto), non in ordine di importanza. Il primo: sarebbe buona cosa che l’assicuratore indossasse sempre scarpe vere durante la fase di assicurazione, e non, come sempre più si vede, ciabatte infradito. Il secondo: sarebbe ottima cosa che si cercasse di essere il meno invasivi possibile verso l’ambiente-falesia, in tutti i sensi (anche acustico). Le falesie, come tutti i luoghi della superficie terrestre, sono fragili; essere rispettosi in falesia può insegnare ad esserlo ovunque.

  16. Per il 3.  per i connettori (moschettoni) in acciaio inox non ci sono troppi problemi sia di durata che di consumo. Per i connettori in alluminio la cosa è più pericolosa, soprattutto per quanto riguarda il consumo sul punto di scorrimento della corda. Per la durata un po’ di anni fa ho fatto testare dalla Kong 2 connettori in alluminio che avevo trovato in un deposito abbandonato in un piccolo anfratto (umido ecc.) da una spedizione giapponese, credo, alle torri del paine diversi anni prima. Risultavano con qualche punto di ossidazione ma i risultati furono eccellenti. Per i maillon sarebbe meglio non usarli sia in falesia che in montagna. Costano meno di un connettore ma tengono molto meno ed essendo con una sezione fine si consumano più velocemente. Comunque è buona regola osservare e cambiare nel caso di anomalie quindi portarsi sempre qualche “ricambio” meglio se nuovo!! 

  17. Rispetto a quello dell’esecutore (di una norma), meglio quello dell’esploratore per stimare che fare. L’esecutore alza il rischio di cessare l’osservazione e la relazione col terreno. L’esploratore lo riduce. Una via porta più facilmente all’inconveniente dell’altra. 

  18. Commento 6
    Io per mia sicurezza personale rifiuto sempre di passare la corda innun solo anello o moschettone che sia. Spesso si puo’ far passare la corda in uno dei due anelli che di solito compongono la sosta e nel moschettone di calata attaccato alla catena che unisce i due anelli. Mia precauzione personale, giusto per non affidare la vita ad un solo componente, tra l’altro molto sollecitato in calata. nel secondo caso che tu citi, non so se ho capito male, ma nelle soste ben costruite un anello in alto e’ posto in senso verticale e quello piu in basso in senso orizzontale: la corda deve passare in entrambi e per come sono posizionati dovrebbe scorrere senza attriti
    in ogni caso ribadisco per quanto mi riguarda: mai su un solo anello. 

  19. @enri commento 4
    a me pare che tanti moderni ancoraggi abbiano un solo anello chiuso dove far passare la corda, collegato a due ancoraggi. E non avverto nessuna necessità di aggiungere ulteriori protezioni, considerando la tenuta di quell’anello. es: https://www.oliunid.it/raumer-gruppo-sosta-inox-2-rock-o10-mm-1-catena-1-anello-o10-mm.html oppure
    quando hanno due anelli, non è per passare la corda in entrambi, ma solo per orientarla correttamente rispetto alla roccia ed evitare attorcigliamenti.

  20. Commento 3
    Calarsi su un solo punto e’ sempre piu’ pericoloso che su due (!)
    Io non mi sono mai fidato a calarmi su un solo moschettone come su un solo maillon, un solo anello.
    La corda meglio che passi sempre in due punti di calata, indipendenti.
    varie volte ho lasciato un moschettone sull’ultimo spit prima della catena quando in catena si ha un solo punto di passaggio della corda.
    tutto questo in falesia e’ sempre possibile e la vita vale bene il prezzo di un moschettone
    di solito comunque i metodi di attrezzatura delle soste moderne in falesia hanno sempre due anelli in cui far passare la corda. Non passare la corda in un solo anello della eventuale catena presente

  21. Ciao, ho letto tutto  l’ articolo e sono rimasto molto colpito dalla foto del moschettone usurato. In effetti mi sono sempre chiesto come si fa ad affidare la propria vita ad un moschettone di sosta perennemente esposto al caldo e a freddo , ma soprattutto non si sa ‘ se e’ li da 1 anno o da 10.  Una domanda cortesemente,  per chi vuole cortesemente rispondere. Cosa vuol dire l ‘ autore , quando dice : spesso in falesia sia molinette  con  un solo ancoraggio, spesso  logoro?  Cioe’,  quando si arriva in catena cosa  bisogna installare? Grazie molte  ciao

  22. meglio sempre sceglier il facilel nel difficile che non si i passa alla storia  del Grande alpinismo , minimo si assume uno status tra le gerarchie tra compagni del gruppo

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