Le ruspe di Capo Caccia
Per adesso si vede uno sbancamento della roccia davvero notevole, di assai pesante impatto. Si tratta dei lavori di rifacimento della strada militare del Faro di Capo Caccia, lo splendido promontorio in comune di Alghero (SS), in forza di permesso di costruire prot. n. 4607 del 13 luglio 2015.
Come forse non molti sanno, l’area interessata rientra nelle categorie Hg4-Pericolosità di frana Molto Elevata e Rf4-Rischio di frana Molto Elevato del vigente Piano di Assetto Idrogeologico (PAI).
Nell’agosto 2010 una frana ha travolto una parte della strada militare che porta al Faro di Capo Caccia, impedendo quindi il passaggio dei mezzi per le forniture alla struttura militare.
Il custode si è trovato bloccato al faro con la sua auto. La cosa aveva un che di tragicamente comico perché sino a oggi il custode scendeva con la sua auto sino al punto crollato. Camminava a piedi sino al piazzale delle grotte e là prendeva un passaggio o una seconda auto per andare a fare la spesa o uscire dallo stato di isolamento. Anche con pioggia, neve o tormenta, la sua auto faceva la spola tra l’ingresso del faro e il tratto crollato. Per qualunque necessità di portare attrezzature o bagagli al faro, in primis il rifornimento di gasolio per il suo funzionamento, era tutto da fare a mano e a piedi, mediante una passerella pedonale in acciaio e legno.
Alghero, Capo Caccia, lavori rifacimento strada militare per il Faro (marzo 2017)
Già all’inizio dei lavori, gli sbancamenti notevoli hanno suscitato l’attenzione di Lipu, WWF e GRIG. Il GRIG (Gruppo d’Intervento Giuridico onlus) precisa che “la costa di Capo Caccia costituisce parte del demanio marittimo (art. 822 e ss. cod. civ.), è tutelata con specifico vincolo paesaggistico (decreto legislativo n. 42/2004 e s.m.i.), mentre la fascia dei mt. 300 dalla battigia marina è tutelata con specifico vincolo di conservazione integrale (legge regionale n. 23/1993). Rientra, inoltre, nella zona di protezione speciale – ZPS ITB013044 e nel sito di importanza comunitaria – SIC Capo Caccia (con le Isole Foradada e Piana) e Punta del Giglio (codice ITB010042) ai sensi della direttiva n.92/43/CEE sulla salvaguardia degli habitat e nel parco naturale regionale Porto Conte (leggi regionali n. 31/1989 e s.m.i. e n. 4/1999). E’, inoltre, contigua all’area marina protetta Capo Caccia – Isola Piana. Nel piano paesaggistico regionale (P.P.R.) è area di conservazione integrale”.
Il 16 marzo 2017 il GRIG inoltra una richiesta di informazioni ambientali e adozione degli opportuni provvedimenti, coinvolgendo mezzo mondo: dalle Istituzioni comunitarie ai Ministeri dell’Ambiente e per i Beni e Attività Culturali, dalla Regione autonoma della Sardegna al Provveditorato interregionale per le Opere pubbliche per Lazio, Abruzzo e Sardegna, dal Comune di Alghero al Parco naturale regionale di Porto Conte e all’Ufficio circondariale marittimo di Alghero.
Alghero, Capo Caccia, lavori rifacimento strada militare per il Faro (marzo 2017)
L’11 aprile 2017 il Servizio valutazioni ambientali (SVA) della Regione autonoma della Sardegna comunica (nota prot. n. 7502) di aver autorizzato con prescrizioni al termine della procedura di valutazione di incidenza ambientale (V.Inc.A.) l’intervento con nota prot. n. 20586 del 29 settembre 2015.
Il 28 aprile 2017 su La Nuova Sardegna–Edizione Sassari esce l’articolo La Difesa devasta Capo Caccia con le ruspe. Questo è basato sulle dichiarazioni del deputato Mauro Pili: «Una ferita profonda al cuore di uno dei paesaggi più suggestivi del mondo. Capo Caccia è stato sventrato a colpi di ruspa per realizzare un’inutile strada funzionale solo a buttare soldi e distruggere un paesaggio unico nel suo genere… Una strada a servizio privato della sola Marina Militare che gestisce un faro da sempre gestito senza bisogno di strade ulteriori. Nel silenzio generale di istituzioni e amministratori in queste ore lo scempio si sta consumando con l’asfalto della strada dopo la devastazione del fronte mare più fotografato della riviera del corallo. Un permesso a costruire del luglio 2015 consumato in questi giorni a colpi di ruspe devastatrici e poi, con altri mezzi, l’asfalto in quell’area a tutela integrale. Cosa sarebbe successo se non ci fosse stata la tutela massima? Chiunque abbia rilasciato quella concessione ha commesso un atto grave contro l’ambiente e il paesaggio».
Alghero, Capo Caccia, lavori rifacimento strada militare per il Faro, sbancamenti (marzo 2017)
Pili accusa il ministero della Difesa di avere del tutto ignorato i vincoli di quell’area: «Il ministro Pinotti deve rispondere di questo nuovo sfregio ai danni del paesaggio della Sardegna. La Regione deve denunciare i responsabili per disastro ambientale e paesaggistico e perseguire le eventuali responsabilità interne al suo apparato. È stato omesso da tutti che quell’area è tutelata da un vincolo paesaggistico integrale e che la stessa fascia dei 300 metri dalla battigia marina è sottoposta a un sistema di tutele integrali. Un’area a elevatissima sensibilità ambientale. Si tratta di un intervento totalmente fuorilegge che viola tutte le norme vigenti e che aggredisce in modo irreparabile il paesaggio di quello scenario unico. È inaccettabile che lo Stato, l’arroganza del ministero della Difesa, abbiano devastato in questo modo uno dei cimeli ambientali più pregiati della Sardegna. Chi ha devastato quell’area deve essere perseguito senza se e senza ma. Se un privato cittadino avesse realizzato un tale scempio sarebbe da tempo nelle patrie galere. Il ministero della Difesa continua a godere di un’impunità totale che gli consente di sfregiare la Sardegna in modo grave e irrecuperabile. Il silenzio della Regione e di coloro che avevano il compito di tutelare quell’area è di una gravità inaudita. Un fatto di una gravità inaudita che non può e non deve restare impunito».
Qualche commentatore dice che Pili è un demagogo, un politico caduto un po’ in disgrazia che, da ex-presidente della Regione Sardegna, cerca di risalire la china. In ogni caso ben vengano queste improvvise accensioni d’interesse su problemi che altrimenti passerebbero sotto silenzio.
Di fatto, quella strada esiste da quando esisteva il faro, cioè almeno 70 anni. I lavori del by-pass che evita il tratto crollato hanno richiesto uno sbancamento “importante”. Interventi di questa tipologia sono normalmente previsti anche in aree Hg4, basta che siano per infrastrutture già esistenti e comunque di pubblica importanza e fatte con tutti i giusti accorgimenti secondo Norme Tecniche di Attuazione. Sono in molti a dire che, “magari con qualche accorgimento in più”, ma questo intervento era necessario.
Si ignora però nel modo più totale se sono stati previsti adeguati ed efficaci interventi di mitigazione e risanamento ambientale, indispensabili in un gioiello naturalistico del Mediterraneo qual è Capo Caccia.
A cavalcare questa nuova polemica ci ha pensato anche qualcuno che normalmente di Capo Caccia difende strenuamente sia la via ferrata del Cabirol (non autorizzata e pericolosa) sia le vie di arrampicata sportiva (non autorizzate). Il concetto è: “Rompono le palle per due spit e per qualche ferro, mentre qua distruggono veramente”.
E’ ovvio che occorre distinguere tra lavori di pubblica utilità (come la strada che porta a un paesino isolato o una diga o una stradina che permette di mantenere un faro in attività per i naviganti), tra l’altro fatti con autorizzazione, e altri invece di carattere ludico, non necessari o indispensabili, entrando a casa dei nidi di specie protette senza avere attuato un piano di fattibilità e realizzato in autonomia da non si sa chi.
Ma è altrettanto ovvio che chi ha a cuore la salute e la bellezza di Capo Caccia (e certamente non solo quello) deve vigilare su tutto, anche sui lavori indispensabili. Proprio perché con l’urgenza (ma non ci sono voluti sette anni…?) e con l’indispensabilità spesso si perpetrano i peggiori delitti ambientali.
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