L’elibike di Pescocostanzo
L’attuale reclusione domestica che in queste settimane siamo tutti chiamati a osservare, allontana apparentemente quelle minacce all’ambiente e quell’uso sconsiderato del proprio territorio che invece un mese fa erano programmate o all’ordine del giorno.
Questo non ci deve far dimenticare che cosa stava succedendo, perché di sicuro una volta terminato questo periodo, l’ambiente riprenderà ad essere attaccato con anche maggiore virulenza.
Mutuato dal più celebre eliski, il servizio che permette agli sciatori di raggiungere in elicottero cime altrimenti molto faticose per poter godere dei candidi pendii in freeride, l’elibike dà la possibilità ai pelandroni delle due ruote di occupare le vette e subito dopo percorrere tracciati che senza il mezzo meccanico difficilmente avrebbero agognato.
Questo tipo di servizio, del tutto innovativo al centro Italia e proposto solo da alcune poco lungimiranti località dell’Arco Alpino, rappresentava fino a ieri un’occasione unica e ghiotta per degradare in sella alla propria bici alcune delle zone più belle e incontaminate dell’Appennino abruzzese.
Il servizio, che era proposto in via sperimentale ogni weekend a partire dall’8 e 9 febbraio 2020, permetteva la risalita di 4 biker alla volta. Era aperto sia alle bici muscolari che alle e-bike: una guida accompagnava i partecipanti fornendo loro tutta l’assistenza. L’unica limitazione era che ogni cicloturista doveva pagare euro 200,00 e poteva effettuare una sola discesa al giorno. Ovvio che la novità era la discesa sulla neve. E’ il winter downhill, bellezza!
“L’elibike rappresenta un ulteriore passo avanti del nostro mountain resort verso gli appassionati di cicloturismo e della vacanza attiva – ha dichiarato Fausto Tatone, direttore di Pescocostanzo Mountain Resort. Che ha poi aggiunto: “Si rivolge a biker di ogni livello, con le conoscenze base del mezzo, e permette di scoprire il nostro magnifico territorio da una prospettiva unica. In questi primi mesi di attività, compatibilmente con le precipitazioni nevose, offrirà inoltre ai partecipanti la possibilità di affrontare escursioni in alta quota su tracciati misti tra neve, roccia e terra. Ringrazio Bici e Dintorni per aver creduto fin da subito nel progetto e spero che possa servire da stimolo per altre realtà del territorio“.
“Siamo davvero orgogliosi per questa iniziativa – è il commento entusiasta di Roberto Sciullo, sindaco di Pescocostanzo, che ha aggiunto – crediamo fortemente che rappresentare l’esclusività nei servizi rivolti al visitatore sia la strada giusta da perseguire. In tal senso la Direzione degli impianti si sta muovendo egregiamente e l’amministrazione comunale continuerà a sostenere iniziative come questa“.
Siamo perfettamente consci che l’elibike ha fatto il suo ingresso in Abruzzo in questa stagione perché alcuni albergatori pagavano la crisi climatica che non ha consentito di far partire tutti gli impianti sciistici per la scarsità della neve.
Ma questa pratica banalizza ulteriormente la montagna, porta inquinamento acustico e dell’aria in quota togliendo la quiete alla fauna selvatica.
Da anni le montagne italiane sono invase da centinaia di cicloturisti, dalla primavera all’autunno, producendo danni al cotico erboso, causando microerosioni del suolo. E’ ora di vietare questa pratica sui pendii e sui crinali delle montagne almeno al di sopra dei 1400 m e nei sentieri delle zone A delle aree protette. Tanto più d’inverno.
Invece i giornali hanno salutato quest’iniziativa con entusiasmo. Tutti felici, dunque. E a noi non era rimasto che prendere diligente nota dell’ennesimo disastro provocato da un downhill assistito dall’elibike.
E magari chiedere al Comune di Pescocostanzo che ha autorizzato lo svolgimento della pratica di elibike sulla montagna di sua competenza:
– se ha redatto la VINCA (Valutazione di Incidenza) trattandosi di area limitrofa del Parco Nazionale della Majella;
– se la FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) condivide questa pratica;
– se la Società proprietaria dell’elicottero adibito al trasporto dei cicloturisti con relative mountain bike possiede l’autorizzazione rilasciata dall’Ente preposto che consente di effettuare i voli in alta montagna per il trasporto dei cicloturisti;
– se l’organizzazione della pratica sportiva su pendii innevati ha coinvolto il Soccorso Alpino e Speleologico Abruzzo in caso di incidente.
Nel frattempo nell’ultimo weekend di gennaio 2020 a Pescocostanzo si è svolta anche la prima edizione della Winter Downhill di Pescocostanzo: si è conclusa con un assai prevedibile successo in termini di partecipazione, pubblico, atleti e riscontri.
Oltre 60 atleti si sono dati appuntamento: dopo le prove libere di sabato 25 gennaio 2020, nella giornata di domenica 26 gli atleti si sono sfidati sul tracciato di 2,5 km della “Pista Panoramica” di Pescocostanzo nelle due categorie di gara: downhill ed e-MTB. Due manche, partendo da quota 1756 m per arrivare a 1480 m.
L’obiettivo dei partecipanti, partiti uno alla volta a distanza di 60 secondi l’uno dall’altro, era quello di completare il tracciato della gara (un misto di slalom lungo le pendenze alternato con tratti aperti) nel minor tempo possibile.
Ad aggiudicarsi la classifica assoluta, riservata alle bici muscolari, della Winter Downhill di Pescocostanzo è stato Fabio Di Renzo, con il miglior tempo della giornata (3’16”810). Davvero distanziati di un soffio Giorgio Pizzone (secondo classificato con 3’20”311) e Cristian Lollobattista (terzo con 3’20”602). Nella categoria riservata alle Mountain Bike a pedalata assistita, vittoria indiscussa di Gianluca Di Bartolomeo (3’38”676) su Alessandro Petrucci (secondo con 5’49”747) e Andrea Poggi D’Angelo (terzo a 6’07”355).
Volendo, esiste pure la discesa downhill su strada asfaltata con pattini in linea prenotata con i vari permessi di questura, vigili urbani, balle di paglia, ambulanze.. ecc.
Qualcuno ha pure postato discesa in pattini clandestina dal Passo San Pellegrino a Moena.
Atleti con tute di cuoio per motociclismo o anche pantaloncini, tutine, e purtroppo a fine gara foto di zone anatomiche con abrasioni ed ematomi.
Due possidenti o sciupatori di risparmi, hanno noleggiato un elicottero a testa per andare in rifugio a mangiare , riunita la coppia di amiconi,polenta e ..maialate e bibite ..che avrebbero tranquillamente trovato a valle e che da valle sono state portate in alto. Il motto adatto sembra essere quello di Sordi nel”Marchese del Grillo”:”Io ‘sso IO , e voi nun siete un ca**o!”
Ho dimenticato la frenata a cristiània fatta non con gli sci, ma con la bike. Immaginate dieci ciclisti che si fermano con questa tecnica, ruotando la bici di 180 gradi, il terreno come diventa? Questo danno davanti a me. Erano tutti felici, dandosi delle pacche sulle spalle.
Rivolto a tutti i campioni di mountainbike tradizionale ed elettrica. Propone una soluzione che non erode il terreno naturale alleggerendo il tenore del dibattito, have fun:
https://youtu.be/Jk7rliZpuSs
A Lusa saranno punti di vista ma riportare turismo in aree svantaggiate è far si che queste non si spopolino, che le altre attività fioriscano come la ricezione alberghiera, la pastorizia, l’agricoltura, ecc.. Ad esempio il mantenimento dei prati pascolo è fondamentale ma se nessuno più abita le montagne nessuno lo farà più, la manutenzione dei boschi ecc.. L’uomo è sulla terra facciamocene una ragione, può ridurre la sua impronta ma non annullarla e non credo sia una bici in montagna il problema anzi.
Poi immagino che tu non vada in montagna per evitare qualsiasi danno all’ambiente, che non abbia mai usato un impianto di risalita e che abbia sempre usato la bici anzi no i piedi per raggiungere qualsiasi luogo, che non utilizzi energia elettrica (ma non credo altrimenti non scriveresti qui) che no abbia un computer (visto l’impatto ambientale di quest’ultimo elevatissimo sia nella produzione che nello smaltimento e molto sottovalutato anche nel funzionamento della rete internet), non usi medicinali perché la loro produzione impatta con sperimentazioni su animali, e si sfortunatamente i primi test si fanno ancora sugli animali, sugli uomini (ma questo potrebbe non interessare) e sull’ambiente.
E la chiudo qui.
Rispondo un po’ a braccio, ma in questi giorni il lavoro mi sta massacrando anche non essendo un operatore sanitario e quindi di fatto stando chiuso a casa.
A Marcello Cominetti, che ammiro profondamente per le sue attività di alpinista e guida, io ho riportato degli studi che riportavano vari impatti è semplice pensare che un cavallo abbia un impatto maggiore dell’uomo ma io ho riportato lo studio.
A Daniele, con cui ho condiviso molti aggiornamenti AE quando eravamo ancora CMI, vorrei ricordare come moltissimi sentieri sono stati rovinati da escursionisti che hanno continuato a frequentarli anche dopo la chiusura per tutelare l’ambiente, mi viene in mente il pratone sul Focalone, il primo tratto verso il Franchetti, il sentiero che scende dal Rif. Duca degli Abruzzi, i ghiaioni del Sirente, la normale al Corno Grande, il ghiaione sul Franchetti e tantissimi altri in appennino e sulle alpi. Il CAI ha fatto la migliore scelta, a mio modesto parere, perché ammettendo il cicloescursionismo tra le attività ammesse perché questo permetterà di avere dei nuovi cicloescursionisti rispettosi dell’ambiente. Infatti nei corsi si insegna una, passatemi il termine, “guida morbida”. Inoltre molti ciclisti hanno consentito la riapertura di molti sentieri di media montagna che erano stati completamente abbandonati, riportando così turismo in zone dove ormai non andava più nessuno.
A Luciano dico che anche un’escursionista a piedi su un sentiero bagnato e fangoso erode scivolando (più di una bici) e piantando i talloni, basta vedere come era ridotto il sentiero del Pratone che ben conosci prima della chiusura e non era certamente percorso da mtb. Il problema incidenti pedone/bici non esiste tanto che anche considerando tutti gli incidenti catalogati come “altre” dal soccorso alpino fossero tutti scontri mtb escursionista saremmo ad un 6% dei motivi di soccorso (ma è chiaro che non è questa la situazione). Il problema è l’educazione di tutti del ciclista che deve imparare a comportarsi sapendo che non è l’unico fruitore di quel sentiero, ma la stessa cosa vale per l’escursionista, la convivenza è sempre possibile se ci si comporta adeguatamente. Poi non capisco perché degli studi scientifici devono essere confutati con “me l’ha detto mio cugino”, “si vede” ecc.. Inoltre io non ho mai minacciato nessuno anzi.
Poi sono contrario all’uso dell’elicottero come mezzo ludico, non sono contrario all’uso degli impianti già esistenti, più contrario a dei nuovi impianti, resto dall’idea che una convivenza tra tutti è possibile, così come è avvenuto nello scialpinismo dove gli sciatori convivono e spesso sciano insieme agli snowboarder, sono dall’idea che solo una corretta educazione ambientale possa migliorare la fruizione della montagna da parte di tutti e non dei divieti.
Scusate se sono stato prolisso e confusionario.
Ciao
Gianluca
quando ci dicevano di far rivivere la montagna forse non intedevano questo.
Mi spiego meglio, Giacomo… (in discesa, queste bici, VANNO A FOLLE, O CHI LE GUIDA DEVE FRENARE, PER NON SCAPICOLLARSI, rischiando di cadere e di farsi male? SE SI FRENA, LE RUOTE NON SCAVANO?) – Andare a folle significa che il mezzo di trasporto, qualsiasi esso sia, avanza naturalmente, senza gambe o motore. In discesa, anche se la pendenza è lieve, devi frenare? SI! Se poi vai insieme ad altri amici, anche due e passate nello stesso solco, questo si allarga? Pensa se ne siete DIECI! L’acqua è pigra… quindi avendo la facilità di scorrere, approfitta di questa fenditura che dai e dai si allarga. E’ un principio di DISSESTO IDROGEOLOGICO? E’ chiaro che se si va su una carrareccia con terreno asciutto e solido, il danno non si procura, quindi la scelta per le mountain bike è questo… lasciamo perdere i sentieri che già soffrono per la quasi totale NON MANUTENZIONE!
Un’altra pratica che definirei demenziale: spero che resti un po’ di buon senso in certi amministratori pubblici affinchè questa disciplina venga bocciata definitivamente. Le montagne italiane non hanno bisogno di ulteriori interventi a loro totale danno!
Le mountain bike sui sentieri dell’appennino fanno danni esattamente come riportato nel commento precedente, su sentieri in terra le ruote scavano, creano un solco che con il dilavamento si approfondisce in tempi brevissimi rendendo inservibili e non recuperabili molti sentieri che percorsi a piedi resistevano da una vita punto. Lasciamo perdere gli studi e soprattutto i convegni CAI, io sono un Accompagnatore di Escursionismo del CAI dal 1994 e di sentieri ne ho percorsi molti ed oggi quello che vedo io lo possono vedere tutti , i sentieri battuti dalle mountain bike sono tutti in degrado irreversibile (parlo di quelli in terra) . Quest’anno si è insediata la nuova CCE (Commissione Centrale Escursionismo) del CAI, bene la maggioranza dei suoi componenti provengono dal ciclo escursionismo. Il CAI del quale faccio parte da 30 anni ha fatto la sua scelta.
Ciao Luciano, premetto che sono un bikers accanito e allo stesso tempo contrario all helibike/ski/climb. Sicuramente la mtb su un sentiero ha un impatto maggiore che un escursionista ma, te lo posso assicurare, in buona parte delle Alpi (in Appennino non sono mai stato e non mi posso esprimere) i sentieri non permettono di raggiungere le velocità folli che tu dici e se il suolo è asciutto ti posso garantire che è difficile, molto difficile, notare il passaggio di una bici. Come in tutto ci vuole buon senso: io quando piove e finché il terreno è asciutto non mi muovo, se incontro pedoni do sempre la precedenza (anche se solitamente gli sguardi stupiti e gli applausi sono all ordine del giorno), passo tempo nelle mie zone a pulire e sistemare i sentieri. Queste sono tutte regole che anche l’IMBA da ai bikets. Inoltre per molti giri qui sulle Alpi portare in salita la bici in spalla per lunghi tratti è d’obbligo e anche questo riduce ancora di più l’affollamento. Come in tutte le cose è importante avere buon senso e una certa propensione d’animo, i nemici che devastano le montagne sono ben altri aime’ e molto più devastanti.
Mi ha incuriosito il TITOLO: L’ELIBIKE di Pescocostanzo. Perbacco, anche le bici vanno in elicottero! Gli imprenditori del turismo, delle novità, bramosi ed abili a sedurre le persone… danarose… a 200 euro a salita, sono persone irriguardose nel difendere quel poco che resta dell’ambiente e cantano vittoria. Meno male che chi gestisce l’ambiente, (il padreterno?) … ha fermato le precipitazioni nevose ed ora, con il coronavirus, in montagna non ci si può più andare. Almeno, ci sarà un attimo di respiro, per i disturbatori della flora e della fauna. Il sindaco di questo borgo, ha applaudito all’idea, ma anche i giornali hanno salutato quest’iniziativa con entusiasmo. Spero che il comune di Pescocostanzo risponda alle quattro domande : ha redatto la VINCA (Valutazione di Incidenza Ambientale ) trattandosi di area limitrofa del Parco Nazionale della Majella – la FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) condivide questa pratica – la Società proprietaria dell’elicottero adibito al trasporto dei cicloturisti con relative mountain bike, possiede l’autorizzazione rilasciata dall’Ente preposto, che consente di effettuare i voli in alta montagna, per il trasporto dei cicloturisti – l’organizzazione della pratica sportiva su pendii innevati, ha coinvolto il Soccorso Alpino e Speleologico Abruzzo, in caso di incidente. Io cercherò di parlare con il presidente del Parco Nazionale della Maiella.
Penso di avere capito chi è l’autore del commento 15 – gianluca. Più volte mi ha… rimproverato, quando ho scritto e criticato le MTB in montagna. (qualche volta sono stato anche minacciato, perché cammino da solitario per mia scelta), quando ho cercato di far capire a questi ciclisti, di rispettare l’escursionista a piedi, ma questo è un altro discorso! Ho l’esempio dei MONTI TATRA IN POLONIA E I PICOS DE Europa IN ASTURIA SPAGNA. In queste montagne le MTB hanno una sentieristica a loro riservata. Non capisco come si possa affermare che LE MTB: (non creano danni al cotico erboso, e non provocano micro erosioni al suolo). Specialmente in discesa, queste bici, VANNO A FOLLE, O CHI LE GUIDA DEVE FRENARE, PER NON SCAPICOLLARSI, rischiando di cadere e di farsi male? SE SI FRENA, LE RUOTE NON SCAVANO? Non mordono il terreno? Quando nella ferita ci scorre l’acqua, (che per sua natura preferisce incanalarsi qui), non lo allarga? E l’erba e ovvio che non ricresce. Mah, anche questa abitudine, non è un NON RISPETTO DELL’AMBIENTE?
Purtroppo a certa gente della Montagna non importa niente…questo vale sia per chi investe, ma ovviamente anche, e soprattutto, partecipa, e quindi alimenta, sovvenziona ed è complice di iniziative del genere!
ELIBIKE? NO GRAZIE! ?
Molte, tutte le opere secolari – gradinature, terrazzamenti, muretti a secco, ciottolati di mulattiere e di ponti – autentica, profonda espressione dell’intenga umana e montanara, che generazioni hanno concepito, realizzato, rispettato e mantenuto vengono demolite dalle frenate in discesa e dagli urti degli zoccoli.
Pochi anni di pratica, per non dire poche discese, sono sufficienti a cancella un’arte che sarebbe invece da preservare per il suo valore intinseco, per memoria storica, per sensibilità progettuale, per didattica artigianale.
Nessuna educazione di ciclista permette la salvaguardia di quelle arti: i frequentatori sono troppi per un simile intento.
Sennò come comprendere che mentre cammini in su o in giù si credano sempre in diritto di precedenza?
Gianluca, avendo fatto molta moto in gioventù permettimi di avere grossi dubbi sull’equivalenza dei danni citata nel’articolo; basta una frenatina neanche troppo brusca per scavare con la ruota posteriore. Quanto alle bici io credo che il problema non sia solo l’impatto sugli alpeggi ma vada tenuto in conto il fatto che le località, per attirare bikers e turisti, costruiscono nei boschi vere proprie piste di discesa.
Gianluca (commento 15), senza citare fonti complicate posso garantirti per esperienza personale che l’impatto sul suolo di un escursionista a piedi è di molto inferiore se invece lo stesso monta un cavallo. Non è difficile immaginare che, pesando un cavallo fino a 10 volte un essere umano, l’effetto meccanico di erosione sul terreno sia di molto superiore. Ciao
Gianluca, se il Colle del Gigante è stato purtroppo devastato da una funivia, ciò non è una ragione valida per deturpare anche Pescocostanzo. E neppure il mio Lago Scaffaiolo, nell’Appennino Modenese.
Riflettici.
Buongiorno a tutti,
premesso che sono contrario all’utilizzo dell’elicottero per iniziative turistiche, vorrei ricordare una cosa nella vicinissima Roccaraso sono anni che si propongono giri in elicottero ad escursionisti con le ciaspole, ma mi chiedo anche un’altra cosa immagino che tutti gli scandalizzati salgano al Bianco partendo da Courmayer e che non utilizzino mai risalite meccanizzate per compiere avvicinamenti a rifugi o vette. Ma non è di questo che voglio parlare ma mi voglio riagganciare alla frase:
“…Da anni le montagne italiane sono invase da centinaia di cicloturisti, dalla primavera all’autunno, producendo danni al cotico erboso, causando microerosioni del suolo. E’ ora di vietare questa pratica sui pendii e sui crinali delle montagne almeno al di sopra dei 1400 m e nei sentieri delle zone A delle aree protette. Tanto più d’inverno…”
a tal proposito riporto alcune riflessioni presentate ad un raduno nazionale del CAI che smentiscono molte, se non tutte le affermazioni precedenti, che ricordano molto da vicino quanto riportato negli atti di un vecchio convegno TAM.
La MTB non danneggia la montagna più di un escursionista a piedi,diversamente da quanto si possa credere o di quanto ci vogliano far credere.
Nello studio di Weaver & Dale ( Trampling ffects of Hiker, Motorcycles and Horse in Meadows and Forest, Journal of Applied ecology, Vol.15, 451-457 anno 1978) si dimostra che i principali danni all’ambiente le moto li causano in salita, mentre possono considerarsi equivalenti agli escursionisti a piedi ed a cavallo, quelli fatti in discesa. Per analogia si può facilmente estendere lo studio alle bici, considerando inoltre le ridotte potenze in gioco della pedalata in salita. Infatti negli studi comparativi successivi è stato evidenziato che, a differenza di quello che si è portati a credere, l’impatto “fisico” delle bici sull’ambiente è equivalente a quello di altre forme di escursionismo. (Keller, 1990; Wilson & Seney, 1994; Chavez etal. 1993; Ruff & Mellors; 1993, Cessford, 1995a; Woehrstein, 1998, 2001; Weir, 2000;Thurston & Reader, 2001)
Impacts to Vegetation: mountain Biking. Only one study found specifically addresses the vegetation impacts associated with mountain biking. Thurston and Reader (2001) conducted an experimental trampling study involving mountain bikers and hikers in Boyne Valley Provincial Park of Ontario, Canada. The researchers measured plant density (number of stems/area), diversity (number of species present), and soil exposure (area of mineral soil exposed) before and after 500 one-way passes by bikers and hikers.
Data analysis and statistical testing revealed that the impacts of hiking and biking were not significantly different for the three indicators measured. They also concluded that impacts from both hikers and bikers were spatially confined to the centerline of the lane (trail). (Environmental Impacts of Mountain Biking: Science Review and Best Practices By Jeff Marion and Jeremy Wimpey 2007)
Quindi l’impatto di una bici può essere paragonato a quello di un escursionista, poi entra in gioco l’educazione ad una tecnica di guida rispettosa, ma questo vale anche per l’escursionista o l’alpinista che invece di seguire il sentiero tagliano, scendono ghiaioni ecc..
La mountain bike come l’escursionismo possono essere la reale destagionalizzazione del turismo montano, la bici anche in periodi “morti” come il tardo autunno e la prima primavera.
Ora il discorso sarebbe lungo e interessante ma non riassumibile qui, anzi mi scuso per essermi dilungato e spero di essere stato chiaro.
Grazie per l’attenzione
Gianluca
E’ impressionante la capacità di comparire all’istante dei difensori del diritto di sputtanare tutto per denaro quando una voce esce dal coro dei valorizzatori.
Mi chiedo come facciano a essere così attenti
Complimenti, tutti fenomeni a commentare una lodevole iniziativa turistica / imprenditoriale! Oggi mi raccomando, quando andate a fare la spesa col vostro SUV da 300 g/km CO2, mettete la mascherina…
Ci penserà il Covid
la scemenza del “Sapiens” non ha limiti…
purtroppo
Ti ringrazio Lorenzo, ma “Domine non sum dignus”. Penso che quando saremo fuori ci sarà una riflessione generale sul senso del progresso e forse si potranno trovare orecchie sensibili. La paura è una grande leva di cambiamento per gli uomini , insieme all’amore certamente, ma Kahneman ha preso il premio Nobel dimostrando che il senso della perdita e’ più potente del senso del guadagno. In ogni caso penso che ora la priorità per noi, professionisti e alpinisti della domenica come me, sia mettere a disposizione di chi ci sta intorno quello che abbiamo imparato andando in montagna sulla gestione delle emergenze. Paolo parlava di bivacco sotto i fulmini, a me sembra di salire un canalone schifido pieno di sassi in bilico in cima, guardo dove metto i piedi, mi concentro sull’azione, tengo aperti occhi e orecchie, non penso continuamente a cosa c’è sopra la testa, cerco di rassicurare i miei compagni di corda (senza far troppo vedere che anch’io ho paura). Sono sconcertato da tre cose: le manifestazioni di panico evidenti nel comportamento di una buona parte della classe dirigente, le manipolazioni demagogiche usate per coprire la cruda verità dei fatti, la cancellazione di fronte al pericolo di molti valori costituzionali. In particolare mi hanno colpito i comportamenti delle regioni alpine Valle d’Aosta e Alto Adige, anche se conosco bene certi lati dei valdostani. Un caro saluto (sono curioso e grazie ad Amazon leggerò il libro sull’Afganistan, mito di molti giovani della mia generazione. Io andai solo al mitico e “fumoso” Hotel Kabul di Amsterdam).
Vedrei bene Roberto Pasini, stendere un documento che raccolga lo spirito di molti di noi relativo al falso valore del progresso, realizzato così come i presenti interventi commentano.
Una cosa assai breve ma opportunmente quadrata, da trasmettere ai consigli comunali o all’istituzione o ente ritenuto più opportuno, che si sia reso protagonista di un progresso suicida.
La somma di queste azioni – tendenzialmente risibili – potrebbe poi acquisire peso sufficiente per proporre l’argomento a Striascia o simile, nonché ad altri megafoni.
È certo solo un’abbozzo di bozza d’avvio.
Che ne dici Roberto?
“Venghino, signori, venghino! Questo è il paese del Bengodi!
Prossima puntata: la funivia Doganaccia-Lago Scaffaiolo.”
Giorni di apertura: una settimana, al massimo dieci giorni. Sono garantiti bilanci perennemente in perdita e scempio ambientale (in un Parco Regionale!).
Paga la Regione Emilia-Romagna, paga la Regione Toscana, paga lo Stato.
PAGHIAMO NOI.
Sulle alpi ad ogni nuova iniziativa che viene intrapresa, ” ampliamento dei comprensori sciistici con nuovi e più estesi collegamenti soprattutto verso l’alto e nuovi servizi offerti per il divertimentificio di massa” quanto meno la si giustifica con un presunto interesse economico dei residenti ed investitori vari, in Appennino non abbiamo nemmeno questa giustificazione poichè non esiste una economia di questo genere e la poca che c’è è stata sempre ed abbondantemente sovvenzionata con soldi pubblici sia per gli operatori turistici che per gli impianti di risalita (Vedasi guarda caso Abruzzo in primis ma gli esempi non mancano anche in altre regioni per ultimo l’investimento della Regione Marche per l’ampliamento degli impianti sul Monte Catria a mt.1400 con costo preventivato di € 4.500.000,00 giorni di apertura inverno 2019/2020 1 (dicansi uno) quello dell’inaugurazione, per accompagnare i politici fin lassù. Strutture turistiche interessate 1 (dicansi una), uno pseudo rifugio all’arrivo degli impianti simil self-service aziendale con parco giochi (altalene, reti elastiche, ed altro, rigorosamente in plastica vera). Ed allora di cosa ci vogliamo stupire.
del domani non c’è certezza…forse bisognerebbe ri-pensarci.
In quella zona adesso stanno “pagando” molto le loro iniziative delle ultime settimane.Mi spiace per i deboli.
Non dimentichiamoci che, sotto sotto, cova sempre la sete di dane’
Caro Andrea, ti consiglio vivamente di non divulgare il suggerimento. Se mai giungesse alle orecchie di qualche imprenditore o di amministratori senza scrupoli, la prossima estate vedremmo distese di picnic, con elicottero al seguito, sulle piú belle vette delle Dolomiti, a cominciare dalla Marmolada.
A me verrebbe un infarto. Di piú, vista l’età media dei frequentatori del GognaBlog, sarebbe una carneficina. Alessandro dovrebbe chiudere la baracca per scarsità di superstiti.
Manca solo l’elipicninc per permettere a pigri turisti di pranzare con la famiglia sulle più belle vette alpine e poi il cerchio è chiuso.
Non ero al corrente di questa “encomiabile” iniziativa. Chissà quante altre ne sono state inventate: effettivamente dall’idiozia non si guarisce. Chi ama davvero la montagna, sia come ambiente come come “valori”, non può restare zitto davanti a questo scempio.
Gratta gratta, c’è del buono pure nel coronavirus: certamente avrà messo fine ai vandalismi di Pescocostanzo. Purtroppo però dall’idiozia non si guarisce.