Libertà e orientamento giuridico – 10
(Skialp, studio giuridico e comparato Italia-Svizzera – 10)
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Il Progetto Skialp@gsb è uno studio giuridico comparato Italia-Svizzera sulla promozione della pratica dello scialpinismo tra la Valle del Gran San Bernardo (AO) e la località svizzera di Verbier. E’ coordinato e diretto da Waldemaro Flick, Fondazione Courmayeur Mont Blanc.
La serietà con la quale in questo studio viene affrontata la complessità dell’argomento ne fa una lettura di interesse ben al di là dell’ambito locale. Abbiamo suddiviso Il Progetto Skialp@gsb in dieci puntate, nella certezza che ciascuna di queste risponderà a parecchie delle domande che da anni si fanno molti appassionati della neve.
Lo studio è articolato in tre diversi capitoli: Profili di diritto civile, Profili di diritto penale e Svizzera parte generale.
Svizzera parte generale – 03
a cura di Michele Giuso (avvocato in Genova) in collaborazione con Fondazione Montagna Sicura.
(Collana “Montagna, rischio e responsabilità”, n. 24)
Genova, 28 luglio 2020
Autorizzazione e assicurazione
Per poter offrire a livello professionale le attività sportive contemplate dalla “Legge” i singoli professionisti – siano essi persone fisiche o imprese – devono disporre di un’autorizzazione il cui rilascio da parte di enti cantonali certificati è subordinato al conseguimento dell’attesto di abilitazione all’esercizio della rispettiva attività professionale al termine di un corso di formazione.
A tutela dell’utenza è istituita una banca dati da tutti consultabile nella quale sono riportati i nominativi dei professionisti, in forma individuale o di impresa, che hanno ottenuto l’autorizzazione cantonale con validità quadriennale.
L’esercizio professionale delle attività in assenza di valida autorizzazione costituisce illecito penale sanzionabile con una multa fino a franchi svizzeri 10.000,00.
L’art.13 della “Legge” impone al professionista una copertura assicurativa per la responsabilità civile professionale “commisurata al genere e all’entità dei rischi connessi con l’attività” con una copertura minima di cinque milioni di franchi.
I professionisti della Montagna
Maestro di Sport sulla neve:
L’attività di maestri di sport sulla neve rientra anch’essa nella disciplina predisposta dalla Legge Federale di cui trattasi e dalla relativa ordinanza.
Coloro i quali hanno conseguito un titolo professionale all’estero devono ottenere, per poter svolgere la relativa attività professionale in Svizzera, un previo riconoscimento da parte delle autorità elvetiche.
Le disposizioni dettate dalla Legge Federale relativamente alla professione di “Maestro di Sport sulla neve” si intende limitata all’attività di insegnamento fuori dall’ambito spaziale di responsabilità de gestori di impianti di risalita.
Rientrano nell’insegnamento di sport sulla neve “a sensi di legge”:
– lo sci alpino;
– lo snowboard;
– lo sci di fondo;
– l’escursionismo con le racchette da neve.
Maestro di sport sulla neve o guida alpina?
In considerazione del particolare grado di difficoltà e/o del contesto ambientale determinate attività sono espressamente sottratte all’insegnamento-accompagnamento da parte dei maestri di sport sulla neve risultando riservate alle guide alpine.
I maestri possono pertanto svolgere la loro attività fuori dall’ambito di responsabilità dei gestori di impianti di risalita a condizione che:
– non vengano attraversati ghiacciai;
– non sia necessario l’uso di materiale tecnico ausiliario (piccozze, ramponi o corde per garantire la sicurezza dei clienti);
– l’attività presenti al massimo i seguenti gradi di difficoltà:
1) Per le escursioni con gli sci e lo snowboard: “poco difficile” (PD);
2) Per escursioni con le racchette da neve il grado di difficoltà WT 3, ad eccezione delle escursioni con racchette da neve su sentieri escursionistici invernali segnalati e aperti;
3) Per le discese fuori pista “difficili”, a condizione che non ci sia pericolo di caduta nel vuoto.
Per contro i Cantoni possono a loro volta disciplinare con propri atti normativi non solo l’attività di insegnamento su fuori pista ma anche su pista.
Qualificazione del contratto
Con la conclusione del contratto avente ad oggetto la specifica “attività a rischio” prescelta, le parti contrattuali (cd “offerente” e cliente) si accordano sui molteplici aspetti dell’attività medesima: durata, meta, caratteristiche, prezzo…
Tali prestazioni si pongono in termini di cd “corrispettività”: l’offerente si fa carico della corretta esecuzione della prestazione convenuta e il cliente del relativo onere finanziario (prezzo).
Il contratto in questione, a prescindere dalla specifica “attività a rischio” prescelta, è riconducibile al contratto di mandato disciplinato dall’art 394 del Codice delle Obbligazioni svizzero:
“con l’accettazione del mandato, il mandatario si obbliga a compiere, a norma del contratto, gli affari o servigi di cui viene incaricato.
I contratti relativi ad una prestazione di lavoro non compresi in una determinata specie di contratto di questo codice sono soggetti alla regole del mandato”.
Clausole “liberatorie” di esclusione/limitazione della responsabilità
Fra l’offerente – che opera a livello professionale – e il cliente, vi è – di norma – un notevole divario in termini di esperienza e conoscenza specifica del settore.
Proprio in tale esperienza e capacità il cliente confida “affidandosi” al professionista della montagna.
Frequentemente la posizione di “forza” dell’offerente-professionista si traduce nel tentativo da parte del predetto di modificare, a proprio vantaggio e a detrimento del cliente, l’assetto e la disciplina posta dall’ordinamento relativamente alla materia della responsabilità e del risarcimento.
Tale modifica si rende possibile in considerazione della natura dispositiva della normativa civilistica sulla responsabilità e conseguente possibilità per le parti contrattuali di derogare e/o modificare la disciplina normativa in materia.
Il ricorso alle cd “clausole liberatorie” costituisce per l’appunto la concretizzazione di questa deroga alla “normale” disciplina della responsabilità con la quale il soggetto “forte” persegue lo scopo di limitare il più possibile la propria responsabilità a fronte del “cliente debole” che invoca protezione e tutela.
I limiti alle clausole liberatorie
Al fine di scongiurare e prevenire un possibile uso indiscriminato delle cd “clausole liberatorie”, il Legislatore elvetico ha posto alcune importanti limitazioni che comportano la nullità della clausola stessa come disposto dal Codice delle Obbligazioni:
“È nullo il patto avente lo scopo di liberare preventivamente dalla responsabilità dipendente da dolo o colpa grave”
“Anche la preventiva rinuncia alla responsabilità dipendente da colpa leggera può essere considerata nulla, secondo il prudente criterio del giudice qualora al momento della rinuncia la parte rinunciante fosse al servizio dell’altra o qualora la responsabilità consegua dall’esercizio di una industria sottoposta a pubblica concessione (art 100 Codice delle Obbligazioni)”.
Attraverso tale norma vengono posti dei chiari limiti all’ammissibilità di tali clausole incidenti sulla responsabilità e viene riconosciuto un controllo da parte del Giudice affinché venga rispettata quella “buona fede” che deve caratterizzare i rapporti fra le parti in ogni fase del contatto.
La censura di inammissibilità della clausola da parte del Giudice può estendersi anche alla “colpa leggera” nell’ipotesi – frequente nella materia che ci occupa – in cui “la responsabilità consegue dall’esercizio di un’industria sottoposta a pubblica concessione”.
Fra queste “industrie” rientrano quelle imprese private che attraverso pubblica concessione conseguono un posizione di stampo monopolistico in un determinato ambito di attività.
Secondo la migliore dottrina vi sono ricomprese quelle attività che richiedono un’autorizzazione a tutela della pubblica incolumità e sicurezza della collettività.
Nella casistica della “pubblica concessione” rientrano funivie, impianti di risalita in genere, le scuole di ski, l’attività di guida alpina.
La necessità di disporre di regolare concessione o autorizzazione ha come conseguenza la limitazione del numero delle imprese operanti in questi settori e, di conseguenza, la potenziale clientela si viene a trovare nella situazione per la quale essa si rapporta ad un soggetto che vede accresciuta la sua forza contrattuale che esercita “imponendo” le proprie condizioni.
Per contro, la stessa utenza è portata a riporre maggiore fiducia e affidamento proprio in coloro i quali offrono quelle attività per l’esercizio delle quali è richiesta una concessione o autorizzazione il cui rilascio dovrebbe garantire le migliori condizioni di sicurezza.
Si ritiene che con l’entrata in vigore della “Legge fondamentale concernente l’attività di guida alpina e l’offerta di altre attività a rischio” e la necessaria autorizzazione prevista dall’art 3 della Legge medesima, il richiamo all’art 100 del Codice delle Obbligazioni appaia oltremodo pertinente potendo dette attività essere ricomprese fra le “industrie soggette a pubblica concessione”.
Conseguentemente, il Giudice può pronunciarsi dichiarando la nullità di una clausola di esonero da responsabilità anche in caso di “colpa leggera”.
I clienti che si affidano ai professionisti che propongono loro determinate attività a rischio devono poter contare su uno standard di sicurezza massimo senza limitazioni precostituite.
Ulteriori limitazioni alle “clausole liberatorie”
Nella materia che ci occupa, la categoria di “danno” maggiormente rappresentata è certamente quella delle lesioni.
Una liberazione o limitazione della responsabilità in caso di lesioni è da ritenersi nulla tanto in Svizzera quanto in Italia.
L’incolumità personale del partecipante/cliente costituisce un diritto assoluto e irrinunciabile e come tale non soggetto a limitazioni negoziali stante l’art 27 del codice civile svizzero secondo il quale:
“nessuno può alienare la propria libertà né assoggettarsi nell’uso della medesima ad una limitazione incompatibile con il diritto o con la morale”.
Pertanto, in caso di lesioni, l’“offerente” l’attività a rischio, risponderà senza limitazione alcuna e un’eventuale clausola in senso contrario sarebbe affetta da nullità.
Pubblicità e responsabilità
La crescita esponenziale del “fenomeno fuori pista-scialpinismo” non sarebbe stato forse possibile senza il contributo decisivo della pubblicità attraverso i molteplici canali di diffusione non ultime le nuove piattaforme tecnologiche.
Sorge pertanto spontanea fra gli addetti ai lavori la domanda se, e in caso affermativo in che misura, una pubblicità “aggressiva” o spesso parziale se non addirittura inveritiera possa comportare una responsabilità in capo a colui il quale utilizza il canale pubblicitario con la finalità di conseguire un profitto in termini monetari o di altra utilità.
– Pubblicità generica o specifica
La dottrina che ha affrontato questa specifica tematica è solita operare una distinzione di massima che vede contrapposta una forma di pubblicità “generica” del fuori pista – scialpinismo ad una pubblicità specifica o “mirata”.
La pubblicità generica che si sostanzia in una “laudatio” di interi comprensori o aree utilizzando toni ed espressioni mirabolanti non costituisce fonte di responsabilità.
Ciò in considerazione della genericità del messaggio pubblicitario che ha ad oggetto un’area vasta e difficilmente individuabile nella sua estensione e nei suoi confini.
Tale genericità ed oggettiva impossibilità di circoscrivere l’area oggetto di pubblicità si traduce – proprio per questa indeterminatezza spaziale – nell’impossibilità pratica di approntare le relative misure di sicurezza e protezione.
Diversa l’ipotesi in cui la pubblicità abbia ad oggetto aree ben determinate, individuate ed eventualmente venga riportata su cartine o digitalizzata su supporti telematici.
In questo caso infatti la pubblicità, essendo “mirata” e specifica, individua con maggiore chiarezza uno o più itinerari spesso “garantendone” la sicurezza e agevole percorribilità.
In questo contesto il concetto di autoresponsabilità come sopra tratteggiato viene affiancato da quello di “affidamento “riposto dallo sportivo/utente nella veridicità ed attendibilità delle informazioni trasmesse.
Ciò con particolare riferimento non certo ad informazioni sulla “bellezza dei luoghi” bensì a dati e indicazioni sulla sicurezza di un itinerario determinato.
Ad avviso di chi scrive ciò vale tanto per “il detto” quanto “per il non detto”. In questo senso, tacere caratteristiche potenzialmente pericolose assume la medesima rilevanza in termini di responsabilità della trasmissione (attiva) di informazioni rivelatesi inveritiere.
Il fondamento di questa particolare responsabilità è duplice:
– La pubblicità non avviene in modo “disinteressato” e si propone un risultato in termini di affluenza turistico–sportiva e quindi un’utilità.
Costituisce principio universalmente accolto nell’ambito della “allocazione del rischio” quello che vuole il soggetto che da un‘attività trae un vantaggio farsi carico delle responsabilità che da tale attività possano derivare;
– Tanto maggiore è la credibilità e professionalità del soggetto che propone e pubblicizza, tanto maggiore è l’affidamento ingenerato nel soggetto destinatario di tali informazioni.
Il “pericolo” di incappare in qualche forma di responsabilità deve essere ben chiaro alla categoria degli esercenti e/o gestori se la Commissione giuridica delle Funivie Svizzere ha inteso dedicare ampio spazio alla problematica nelle sue Direttive:
“Messaggi pubblicitari concernenti le possibilità di praticare il fuori pista/freeride nel comprensorio sciistico (ad es. “mecca del freeride”, “avventura fuori pista”, “meravigliose discese di neve fresca” ecc.) non implicano alcuna responsabilità dell’impresa di trasporto sulla zona non controllata. Si tratta di messaggi pubblicitari generali, che non si prestano ad alcuna interpretazione, in particolare non consentono di credere che le varianti e le aree freeride fuori dalle infrastrutture per sport da neve siano tenute sotto controllo e protette dai pericoli (Direttiva n. 48)”.
Per evitare aspettative errate in merito alla sicurezza, le varianti e le aree freeride non devono figurare né sulle tavole di orientamento né sulle tavole panoramiche. Analogamente, presso i checkpoint freeride vanno evitate rappresentazioni grafiche che indicano dove praticare il fuori pista/freeride nel comprensorio sciistico (Direttiva 49)”.
Escursionismo invernale
Da sempre l’escursionismo, tanto estivo quanto invernale rappresenta in Svizzera una delle attività ludico–sportive più praticate.
Non a caso la Confederazione dispone complessivamente di 65.000 chilometri di sentieri di cui circa 22.000 in montagna.
I sentieri e la rete escursionistica in generale sono espressamente contemplati dalla Costituzione Federale la quale, all’art 88, prospetta una vera e propria sinergia Confederazione–Cantoni:
Articolo 88
1) La Confederazione emana principi sulle reti di sentieri, percorsi pedonali e vie ciclabili;
2) Può sostenere e coordinare i provvedimenti dei Cantoni e di terzi per la realizzazione e la manutenzione di tali reti nonché per informare sulle medesime. In tale contesto rispetta le competenze dei Cantoni;
3) Nell’adempimento dei suoi compiti, prende in considerazione tali reti. Sostituisce i sentieri, i percorsi pedonali e le vie ciclabili che deve sopprimere;
La Legge Federale del 4.10.1985 sui percorsi pedonali e sentieri (LPS) stabilisce i principi di pianificazione, realizzazione e manutenzione dei sentieri escursionistici limitandosi peraltro a formulare le linee guida la cui fase attuativa è demandata ai Cantoni ed organizzazioni di varia natura (imprese di trasporto, associazioni turistiche locali, club alpino svizzero).
In particolare, i Cantoni:
“assicurano su questi percorsi e sentieri la libera circolazione possibilmente senza pericoli (art. 6)”.
Il riferimento testuale ad un obbligo di garantire la circolazione sui sentieri – possibilmente – senza pericoli denota in principio un dovere di protezione che non può, è evidente, assumere portata assoluta e incontra dei limiti nella:
– effettiva realizzabilità delle misure di prevenzione e protezione;
– la destinazione d’uso dei sentieri;
– l’auto responsabilità.
La fonte dell’obbligo di garantire le condizioni di sicurezza e protezione deriva dal principio consuetudinario ricorrente non solo nel Diritto elvetico in base al quale il soggetto che pone in essere o mantiene una fonte di pericolo o rischio è tenuto ad adottare tutte le misure idonee e necessarie al fine di evitare danni a terzi (“Gefahrensatz” in lingua tedesca).
Nella maggior parte dei Cantoni l’attività di pianificazione, demarcazione e manutenzione è demandata ai Comuni e a diversi enti ed associazioni di settore.
Le misure di prevenzione e protezione sono definite in base alla categoria e alla destinazione d’uso dei sentieri nonché al principio di autoresponsabilità degli utenti.
L’autoresponsabilità dell’escursionista invernale
Nell’affrontare la tematica della responsabilità derivante dalla frequentazione della rete escursionistica svizzera occorre, ancora una volta, fare primario riferimento al concetto di autoresponsabilità.
Nella misura in cui l’escursionista non intenda affidarsi alla competenza di una guida professionale egli affronta il percorso “a proprio rischio e pericolo”.
Tale concetto di auto responsabilità o di “scelta consapevole” risulta di tale ampiezza da ricomprendere:
– la valutazione della propria idoneità fisica e delle proprie capacità;
– l’attrezzatura;
– la scelta del percorso;
– le condizioni meteo e del terreno.
Nella maggior parte degli eventi infortunistici la causa degli stessi è da ricercarsi in una mancata o errata valutazione di uno o più degli aspetti sopra elencati.
L’utilizzo della rete escursionistica avviene – salvo ipotesi residuali in cui il sentiero costituisca parte integrante di una proprietà privata – a titolo gratuito e gli escursionisti non sono legati ai soggetti della cui responsabilità si tratta da vincoli di natura contrattuale.
Qualora l’escursionista abbia contribuito con la propria condotta (attiva o omissiva) a determinare l’infortunio, l’obbligo risarcitorio degli enti responsabili (Comuni, Cantoni) verrà ridotto proporzionalmente in base all’art 44 del codice delle obbligazioni; nel caso in cui la responsabilità dello stesso infortunato dovesse risultare prevalente, l’obbligo risarcitorio degli enti preposti alla vigilanza/manutenzione verrebbe meno per interruzione del nesso causale.
I sentieri escursionistici – in particolare quelli invernali – trovandosi per definizione in un ambito territoriale di “aperta natura” dovrebbero – proprio per mantenere intatti i loro tratti caratterizzanti – essere liberi da interventi, impianti e strutture dell’uomo.
Fatta questa premessa, l’obbligo di garanzia e protezione dei sentieri i quali devono potersi percorrere “possibilmente senza pericoli “come dispone l’art 6 non può, necessariamente, assumere una valenza assoluta.
Qual è dunque il livello di sicurezza richiesto, da quali rischi dovranno essere protetti gli escursionisti?
Da una decisione del Tribunale Cantonale del Vallese (Dicembre 2017):
“I pericoli intrinseci degli sport sulla neve nelle escursioni invernali comprendono il rischio di perdere il controllo o di cadere su passaggi scivolosi o ghiacciati.
Non è insolito che alcuni tratti del percorso presentino punti scivolosi o ghiacciati a causa delle condizioni meteorologiche, nonostante siano state preparate con un battipista. Se non vi è alcun rischio particolarmente elevato o atipico, i responsabili non devono adottare ulteriori misure precauzionali. L’obbligo di protezione delle pendenze esiste solo nell’ambito di ciò che è necessario e ragionevole.
Sarebbe sproporzionato se le persone responsabili della sicurezza garantissero ogni punto scivoloso o ghiacciato sul terreno escursionistico invernale con misure di sicurezza aggiuntive”.
L’obbligo di protezione deve tenere conto della proporzionalità e concreta attuabilità delle misure protettive, deve essere ragionevole ossia considerare aspetti quali la gravità del rischio, la probabilità che si verifichi, l’entità dei possibili danni, la responsabilità individuale.
Le misure di sicurezza adottate sono sempre il risultato di un’attenta ponderazione dei rischi, degli interessi delle parti e dell’autoresponsabilità degli utenti.
Nell’ambito dei sentieri “invernali” si è soliti distinguere fra:
– sentieri escursionistici;
– sentieri per ciaspolatori.
Entrambi devono essere protetti e messi in sicurezza rispetto ai due principali rischi alpini: le valanghe e il rischio di caduta/precipitazione.
In tale ambito, il Cantone, Il Comune o gli organismi appositamente delegati assumono un ruolo di garanzia e protezione.
I sentieri escursionistici sono soggetti a molteplici rischi naturali ma non per tutti vige l’obbligo di “garantire la sicurezza”. Ad esempio i rischi meteorologici ricadono sotto la responsabilità degli utenti che sono tenuti a tutelarsi pianificando e informandosi nonché equipaggiandosi e assumendo un comportamento prudente.
Responsabilità civile del cantone e dei comuni
Il fondamento giuridico della responsabilità dei cantoni e dei Comuni è costituito dai seguenti articoli della “Legge Federale sui percorsi pedonali e sentieri”
Articolo 6:
I Cantoni
a) provvedono alla sistemazione, alla manutenzione ed alla segnalazione di percorsi pedonali e sentieri
b) assicurano su questi percorsi e sentieri libera circolazione possibilmente senza pericoli
Articolo 8:
Per la pianificazione, la sistemazione e la preservazione delle reti di percorsi pedonali e sentieri, Confederazione e Cantoni si rivolgono ad organizzazioni private che promuovono soprattutto percorsi pedonali e sentieri (organizzazioni private specializzate).
I Cantoni possono pertanto operare in autonomia oppure delegare a Comuni o altri enti locali che ne assumono la piena responsabilità.
La responsabilità del proprietario dell’opera sentieri come “opera”?
L’articolo 58 del Codice delle Obbligazioni stabilisce:
“il proprietario di un edificio o di un’altra opera è tenuto a risarcire i danni cagionati da vizio di costruzione o da difetto di manutenzione”.
Per quanto concerne i sentieri escursionistici è lecito domandarsi se detti sentieri siano “opere” ai sensi dell’art 58 CO.
Sono opere ai sensi dell’art 58 CO tutti i manufatti direttamente o indirettamente ancorati al suolo.
I sentieri sono dunque considerati opere nel momento in cui cessano di essere percorsi battuti per diventare tracciati comportanti una modifica “intenzionale” del terreno.
Per consolidata giurisprudenza federale, l’art 58 del Codice delle Obbligazioni trova applicazione anche nel caso in cui l’opera sia riconducibile ad un ente territoriale ogni qualvolta detta opera di proprietà del Comune ed in uso alla collettività provochi danni a terzi.
A tal proposito:
– è sufficiente che il tacciato sia chiaramente riconoscibile e delimitato con o senza strutture di consolidamento;
– la modifica del suolo deve essere di una certa portata per cui un percorso semplicemente falciato o battuto non è assimilabile ad un’opera;
– le infrastrutture del sentiero (parapetto, corrimani, passerelle) sono considerate opere indipendentemente dal fatto che il tratto interessato abbia carattere di opera o meno.
Secondo la giurisprudenza federale la qualifica di “opera” risulta pertinente ogni qualvolta la predisposizione del sentiero abbia richiesto importanti spostamenti o sbancamenti di terreno e laddove il sentiero stesso sia caratterizzato da manufatti o elementi di sicurezza(corrimano, ponti, recinzioni).
Chi è il “proprietario” dell’opera?
Se il sentiero costituisce “opera” ai sensi dell’art 58 del codice delle obbligazioni il medesimo articolo individua nel proprietario dell’opera il soggetto eventualmente responsabile.
In caso di incidenti o infortuni si pone pertanto il problema di individuare il soggetto proprietario del sentiero.
Si tratta di operazione non sempre di pronta soluzione poiché la giurisprudenza federale non sempre si “accontenta” di individuare il soggetto formalmente proprietario prediligendo piuttosto” colui il quale ha eretto/costruito l’opera, chi la utilizza o ne dispone essendo così investito degli obblighi di manutenzione”.
Sintesi
La scelta operata dalla Svizzera di affidarsi a “buone pratiche” consolidatesi nell’arco di decenni ed elaborate da organismi altamente qualificati e specializzati ha dato, fino ad oggi, ottima prova di sé al punto da costituire costante punto di riferimento di dottrina e giurisprudenza.
Se le aree demarcate sono così caratterizzate da un articolato obbligo di garantire la sicurezza (Verkehrssicherungspflicht “in tedesco) in capo ai gestori/esercenti, l’area “non controllata” è in larga misura rimessa al concetto di autoresponsabilità.
L’autoresponsabilità, pur costituendo l’architrave dell’“andar per monti” convive con il principio dell’affidamento che ricorre ogni qual volta un soggetto per legge, per contratto o per “ingerenza” assume una posizione di garanzia e protezione con i limiti della ragionevolezza e fattibilità.
FINE
5
Il piccolo si schiaccia la manina nella porta tagliafuoco della scuola : sindaca denunciata. Manca la porta tagliafuoco : sindaco/a denunciata…manca una strisci a thermoespandente nellaporta tagliafuoco: denuncia .Poi sprofondano auto,la citta’ si allaga..si schiantanociclistie scooteristi caus abuche…normale situazione ed assuefazione e rassegnazione.
RICORDO DI VICENDA datata luglio 1976.Traversata dalla val Pradidali e discesa per la val Canali, pale di sanMartino, scavalcando il passo Lede e bivacco Minazio.Con miofratello, arrivati al bivacco affollato, consultammo un libretto,autori Franceschini-Pellegrinon.ed Tamari, .con la piantina allegata molto schematica ma utilissima per riconoscere le cime ed i vari sentieri e relazioni..Un signore si avvicino’e si dimostro’ molto incuriosito , ci chiese lumi sull azona ecc. ,ci avviammo assieme indiscesa e notamo che procedeva lentamente claudicando, disse di essersi infortunato alla caviglia , con un intervento non riparatore al 100%. Lo accompagnava anche la moglie.Andate pure col vostro passo giovinotti”!ma noi rallentammo e nella zona dei mughi li tenevamo scostati per lasciare i due piu’agevoli nel passaggio..tante chiacchere ecc.Insomma, il signore, sornione, mano a mano che siscendeva, dimostrava disaperne di piu’ di quello che faceva finta di scoprire dalle nostre informazioni su montagnan, ferrate , vie , scarponi ecc.Arrivati al parcheggio, si disvelo’ , era Gabriele Franceschini..che rise del suo escamotage teatrale,aveva fattol’ingenuo gnorri . Ci ritenevamo “ingerenti bendisposti” ed invece il vero conoscitore con prime salite in zona,escursioni, era Lui (che ci diede per il ritorno un passaggio in auto, una ford Anglia) . Strano, ci fece un autoctono locale, di solito e’parecchio burbero.
su web si trova articolo “Gabriele Franceschini ci ha lasciato” 03/09/2009
Qualcuno del nostro giro pero’ si lamento’che alcune relazioni delle guide di Franceschini erano imprecise o vaghe..ma allora uno e’responsabile pure per i consigli scritti?Buzzati nona caso aveva consigliato a Franceschini sua Guida&amico “Non divulgare, tieni tutto per te!”
Stiamo dicendo esattamente la stessa cosa, solo con stili diversi. Se vedi per la prima volta un gruppo di sconosciuti, l’atteggiamento più opportuno è quello di non impegolarsi in suggerimenti che potrebbero essere considerati, ex post, come “ingerenza”.
E invece dare indicazioni e consigli è…sconsigliabile, perché qualsiasi cosa accada ci rende responsabili specialmente nei confronti di persone non consapevoli e deresponsabilizzate dalla nascita. Se mi chiama al tel uno sconosciuto che mi chiede se la ferrata Tridentina, che vorrebbe andare a fare con moglie e figli, è facile? Io rispondo sempre che è difficilissima e pericolosa, suggerendo il biliardo. Diverso è se so con chi parlo. In quel caso le informazioni saranno dettagliate e fornite volentieri.
Si tratta sempre di buonsenso senza cadere nei patemi crovelliani che mi sembrano un po’ esagerati anche nel modo pessimistico di leggere questo tipo di articoli.
“L’autoresponsabilità, pur costituendo l’architrave dell’“andar per monti” convive con il principio dell’affidamento che ricorre ogni qual volta un soggetto per legge, per contratto o per “ingerenza” assume una posizione di garanzia e protezione con i limiti della ragionevolezza e fattibilità.”
“INGERENZA “INCORAGGIA IL FAR FINTA DI NIENTE QUANDO SI VEDONO COMITIVE DI SCONOSCIUTI IN DIFFICOLTA’?COME LA METTIAMO COL “BUON SAMARITANO?” O SI FA GLI GNORRI E SI VA IN COMITIVA FACENDO FINTA DI ESSERSI INCONTRATI PER PURO CASO?Personalmente mi e’capitato, pur non essendo titolato ma solo munito di aiusili e di conoscenza del percorso. Ho aiutato e consigliato..meno male che non conoscevo norme di diritto… anzi se erano belle tose si traevano d’impiccio e poi si cercava di far comunella.
Bella avventura fu aiutare gruppetto di ragazze in gita guidata cima Rosetta, da Suora Arcigna,fu una secessione voluta, facevano finta di essere attardate stanche e impaurite, in realta’ volevano sganciarsi dal controllo asfissiante.
Se ben si legge il codice civile in tema di famiglia, la specie si estinguerebbe …toccherebbe aiutare in solido parenti ed affini al terzo grado..siamo invischiati in virtu’eroiche, in aggiunta a quelle richieste da una qualche religione.
https://www.brocardi.it/codice-civile/libro-primo/titolo-xiii/art433.html
https://www.brocardi.it/codice-civile/libro-primo/titolo-vi/capo-iv/art143.html
La lettura di questo interessante articolo, anche se pesante per il contenuto di spessore, fila liscia fino alla frase finale. Mi piace molto, ma già ne ero a conoscenza, l’acclarato principio di autoresposabilità, tipico della visione culturale a nord delle Alpi. Visione che, manco a dirlo, non si imita solo all’andar in montagna. Qui da noi, invece, vige il principio opposto, si delega sempre a qualcun altro: di conseguenza quando succede un incidente si innesca la caccia alle streghe per cercare il colpevole, il responsabile, da mettere alla pubblica gogna e da sottoporre a pene esemplari. Spesso il responsabile viene individuato secondo criteri burocratici: il pataccato, il più anziano (di attività), quello col curriculum più lucente… a prescindere dall’effettivo agire sul terreno nel fatto in esame. Tutto bene, quindi, nella lettura per la Svizzera, almeno secondo i miei criteri di piemantardo educato in un clima calvinista. Ma ecco che, anche per l’austera Confederazione, riemerge nella frase finale il principio dell’affidamento. Mi sta bene se si confeziona per contratto (es cliente-guida) o per legge (es gestori di specifiche aree attrezzate), ma la locuzione “ingerenza” mi disorienta. Che significa davvero? Che se io, istruttore titolato, incontro (anche in gita privata) una combriccola di escursionisti “sgarrupati”, li devo mettere sotto la mia ala protettrice? Spero di no, che almeno a nord delle Alpi ognuno sappia rispondere fino in fondo delle proprie decisioni. Buona giornata a tutti!