Libertà in montagna e responsabilità giuridica
di Luca Calzolari
(Editoriale Montagne360, numero di marzo 2014)
“Egregio dottor Raffaele Guariniello, Le sottoponiamo le nostre riflessioni in fatto di giudizio in sede civile e sede penale per cause concernenti l’attività in montagna. Chiariamo subito che non Le scriviamo per auspicare una “giustizia speciale”, o “tribunale della montagna”, che conosca la materia e i principi di fondo evidenziati nella lettera. Le scriviamo … perché riteniamo che Lei personalmente debba essere messo a conoscenza della filosofia di coloro che reputano essenziale forma di libertà il muoversi su terreno di avventura montana”. Così inizia la lettera aperta che l’Osservatorio per la Libertà in Montagna e in Alpinismo – nato in seno al CAI – ha inviato al Pm torinese che sta indagando su alcuni casi d’attività fuoripista che hanno provocato una valanga (il testo della lettera è su www.loscarpone.cai.it, cliccare qui). Credo che l’iniziativa dell’Osservatorio sia importante.
La prima ragione, che va oltre la questione delle indagini a cui accennavo, è che al ricomparire della neve sono fiorite le ordinanze di chiusura di versanti e i divieti di accesso alla montagna.
È quindi imperativo far conoscere il punto di vista di chi pratica l’avventura in montagna, e con questa iniziativa probabilmente si riuscirà a parlare non solo a giudici e magistrati. La seconda riguarda il modo in cui l’Osservatorio si pone. Innanzitutto perché la lettera non è ‘rivendicativa’, non chiede una giustizia speciale, ma affronta la questione entrando nel merito. Il testo è organizzato per punti che affrontano i concetti chiave: libertà come diritto, consapevolezza, responsabilità individuale. Libertà che si oppone alla visione no limits del consumatore della montagna. E poi rischio e sicurezza. I concetti di consapevolezza e di responsabilità vengono esaminati anche in chiave giuridica, evidenziando una questione, a mio modo di vedere, essenziale: “il punto – si legge nella lettera – è dove si pone il limite per un’azione legale nei confronti di un atto di cui l’alpinista è responsabile. Il concetto di consapevolezza si mescola fino a un certo punto con quello di responsabilità giuridica, … ”. Il documento si addentra nel caso di specie dell’incidente da valanga, evidenziandone gli aspetti normativi e quelli culturali. Le conclusioni invitano a tenere conto della diversità delle attività in montagna: lo sci in pista è sport, il fuoripista è attività d’avventura: “chi si avvale degli impianti di risalita e poi scende fuori pista confonde le due attività … È pronto a essere lui la prima vittima “inconsapevole” di se stesso”. Lo sforzo compiuto dall’Osservatorio, a mio avviso ben riuscito, è stato produrre un documento chiaro che coniuga riflessione culturale e giuridica, senza mai involvere nella filosofia di scuola e/o nell’eccessivo specifico tecnico della norma. Il risultato è uno strumento di riflessione tematica a disposizione di tutti, magistrati e laici. Credo che questa iniziativa possa, sia aiutare la società tutta a conoscere le tematiche a noi care, sia aumentare il bagaglio culturale della comunità giuridica – se posso chiamarla così – sulla pratica dell’avventura in montagna. Auspico anche dei tanti inconsapevoli della montagna. Io sono cautamente ottimista.
Luca Calzolari
direttore Montagne360
Ricordiamo che il testo integrale della lettera a Raffaele Guariniello è scaricabile qui.
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