Vicino ma isolato, visibilissimo ma solo se ti fermi a guardarlo da dove non si può, cioè dalla strada che ogni climber ha fatto per passare da Arco alle pareti del Brenta. Solo attraverso i buchi delle gallerie si intuiscono le pareti di calcare grigio che cadono a picco sulle acque del fiume Sarca.
Dopo la prima citazione storica sul libro Valle della Luce, è stato coraggioso merito della rivista Pareti aver per la prima volta preso in considerazione e descritto un canyon finora quasi del tutto sconosciuto, che darà però al futuro dell’arrampicata grandi temi da svolgere. Quella di Pareti è una linea editoriale che andrebbe premiata..
Limarò
di Francesco Salvaterra
(pubblicato su Pareti n. 134)
Foto: Giordano Garosio e Francesco Salvaterra
La Valle del Sarca, o nella forma più generica e più comunemente usata “Arco”, è l’epicentro di ogni movimento verticale italiano da oltre trent’anni, quando l’arrampicata “moderna” è stata portata qui direttamente dall’estero dal trio Mariacher – Bassi – lovane e altri. Gli anni Ottanta sono quelli delle prime vie attrezzate in ottica sportiva e di ricerca delle difficoltà: Spiaggia delle Lucertole, San Paolo, la temutissima Swing Area, fino alla celebre Zanzara e Labbradoro al Colodri, la prima via a spit sistematici su una grande parete. In realtà, l’arrampicata in valle del Sarca era in voga già dai primi anni Settanta e ancora prima, a livello pionieristico, ma ai tempi si chiamava alpinismo. Non vorrei divagare, questo articolo non vuole parlare di storia della valle, ma al riguardo vorrei consigliare un volume incredibilmente accurato e dettagliato, grande lavoro di Alessandro Gogna e Marco Furlani chiamato Valle della Luce ed edito recentemente. Quindi “Arco”, ma sarebbe davvero più giusto dire “Sarca”, perché tutto si svolge sulle pareti che si affacciano al fiume che solca la valle principale, la Sarca appunto, anzi, come ricorda il prof. Vittore Ricci con uno scritto dei primi del 900′ “La Sarca è femmina” perché “il nostro buon popolo italiano dice da secoli la Sarca, la Fèrsina, la Brenta”. La Sarca quindi, trova la sua sorgente nella parte alta delle valli Giudicarie, dove si incontrano i rami che scendono dalla Val Genova, dalla Val Nambrone e da Campiglio. Questa, separando il granito della Presanella dalla Dolomia del Brenta, scende la val Rendena, lambendo la busa di Tione per proseguire passando dal bacino artificiale di Ponte Pia e raggiungere Comano Terme. Fin qui stiamo parlando di un flusso d’acqua tutto sommato normale, che si genera dalle grandi montagne e punta verso la confluenza dell’Adige.
La gola del Limarò
Ma ad un certo punto, appena superato Comano Terme, le caratteristiche del fiume e della valle cambiano completamente. Le acque, strette tra ripidi versanti, nel corso di centocinquanta milioni di anni hanno scavato un profondo canyon, una forra lunga quasi sette chilometri e compressa nei punti più stretti in poche decine di metri. Dopo questo tratto la gola finisce, sbucando alla base del famoso diedro Maestri nei pressi dell’abitato di Sarche, dove inizia la valle del Sarca che tutti conosciamo. In ordine di dimensioni è una delle gole più profonde e lunghe d’Europa, paragonabile al Verdon in Provenza, a Gorropu in Sardegna o a Samaria a Creta. Tuttavia è molto meno famosa di queste sopracitate, probabilmente per il fatto che è nascosta alla vista e non esiste un percorso facile per visitarla. Questo articolo, il primo pubblicato su carta, tratterà appunto delle recenti opportunità arrampicatorie che sono nate in questo appartato angolo di paradiso. Tra le caratteristiche principali del Limarò si contano isolamento e ambiente selvaggio: non ci sono strade o costruzioni, quasi mancano i sentieri e difficilmente si incontra anima viva. Un contesto diametralmente opposto rispetto ad Arco, dove non di rado capita di dover cambiare via all’ultimo momento perché si trova la coda all’attacco e dove tutte le pareti si affacciano su una valle fortemente antropizzata. La strada statale che da Riva e Trento porta a Madonna di Campiglio passa poche centinaia di metri sopra la gola, tutti l’abbiamo percorsa almeno una volta, ma quasi nessuno si è reso conto del potenziale verticale che le scorreva di fianco, perché la strada è in buona parte in galleria. L’accesso è breve e relativamente comodo, ma le pareti sono nascoste, i rumori del traffico e della vita quotidiana completamente assenti, in quindici minuti di avvicinamento ci si cala in un’atmosfera isolata all’Indiana Jones. Foreste vergini fitte e impenetrabili, pareti verticali dall’aria opprimente, acque che ruggiscono schiacciate nel profondo del canyon, animali selvatici, sentieri da ricercare, guadi rocamboleschi per attraversare il fiume, queste alcune delle caratteristiche del luogo. La passione per l’arrampicata offre l’opportunità di ricongiungersi alla natura a un livello più profondo del solito, complice anche la vicinanza dell’acqua, che con il suo scorrere a tratti quieto e a tratti spumeggiante esercita un fascino particolare, cullando il climber tra un passaggio e il successivo.
Le pareti della Gola
Nel canyon sono state identificate otto pareti principali, che vanno dai 150 ai 400 metri di altezza, con un’esposizione che varia da Est a Ovest con la maggioranza di pareti in pieno sole. A differenza per esempio delle gole del Verdon, per raggiungere l’attacco non ci si cala dall’alto perché le pareti sono sul lato opposto del fiume rispetto agli accessi. Dalle zone di parcheggio partono delle tracce nel bosco, ripide e poco marcate ma brevi; seguendole si arriva al fiume, il cui guado rappresenta parte integrante dell’avventura data da un’ascensione nella forra. La roccia è il tipico calcare grigio della valle del Sarca, a tratti incredibilmente compatto, a tratti erboso e friabile, con la differenza che quasi non ci sono pareti appoggiate, tutto è molto ripido. Questo fattore motiva la scarsità di vie “No Big”: attualmente l’itinerario alpinistico più semplice oppone difficoltà di VI+ e quello sportivo di 6b (5b obbligatorio).
La storia della scalata nella Gola
Dalle prime esplorazioni ai giorni nostri le vicende alpinistiche della gola del Limarò sono piuttosto brevi da raccontare. La prima via risale al 1988, e risolveva in grande stile quella che è sicuramente la linea più logica e imponente di tutta la gola: il diedro centrale e i tetti a scala della parete centrale. La via Michele Nogler, in numeri 400 m, VI+/A2 è stata aperta da Danny Zampiccoli e Giampaolo Trota Calzà in due giorni con un bivacco in parete. Questa salita, impegnativa e scabrosa, ha probabilmente una sola ripetizione, sempre da parte del “Trota” e Gino Malfer in occasione della prima in libera (7a). Sempre nello stesso anno, Paolo Sebastiani e Alessandro Adami, seguendo sul pilastro di destra una logica successione di fessure e diedri, inaugurano La canzone del fiume (280 m VI+/A1 o 6b+). Altra realizzazione “storica” è la particolarissima via della fessura obliqua sulla piramide Bondai; non si conoscono i primi salitori e l’ho battezzata Oblivion (300 m, VI+). Durante le mie prime esplorazioni nella gola ripeto e relaziono queste due vie; in realtà le avevo attaccate pensando di aprire un nuovo itinerario e ho invece trovato del vecchio materiale.
Nel 2006 e 2011 seguono due vie semisconosciute di Edy Boldrin, Giacomo Damian e Armando Grisenti; sulla Emma e su Lasciati andare fanno capolino i primi fix sistematici messi in ottica di arrampicata libera, entrambe meritano di essere valorizzate. Nel 2014 con la via sportiva Welcome to Tijuana (200 m, 7a) inauguro con Nicola Calza la mia prima via nuova nella gola. E’ anche la prima esperienza di apertura a fix e con il senno di poi, complice la linea di pensiero de “l’obbligatorio è d’obbligo” la chiodatura è stata spinta un po’ oltre considerato il grado medio di 6c. In quel momento solo quattro pareti erano state salite e il potenziale sia in chiave tradizionale che moderno era ancora molto vasto. In questi ultimi anni, con vari compagni, apro dodici nuovi itinerari, di tutte le caratteristiche: dalle vie trad con o senza fix alle soste, alle sportive interamente a fix, alle plaisir che permettono a molti di affacciarsi alla bellezza del luogo e delle sue arrampicate. Sono quasi tutte salite attrezzate pensando anche al piacere dell’arrampicata, quindi con un grande lavoro di disgaggio e attrezzatura, che ha necessitato di più giornate per ogni via e dell’uso di corde fisse. A tutti auguro buon divertimento. Di seguito vi proponiamo alcuni degli itinerari più interessanti nella gola: due vie plaisir, ideali come primo approccio e con un grado obbligatorio di 5b, due vie sportive sul grado 7a e tre tradizionali dal VI classico al 7a. A parte per la via Oblivion, ancora parecchio rustica, si tratta di vie dove la roccia è stata ben ripulita, attrezzate dove serve e con soste a prova di bomba.
Come arrivare
Vi sono due accessi in auto, uno da Sarche (o da Ponte Arche) e uno da San Lorenzo in Banale. Dal posto dove si lascia l’auto un sentiero di accesso scende al fiume, per gli itinerari con accesso da San Lorenzo il guado non è necessario mentre per tutti gli altri occorre attraversare il fiume a piedi (solitamente acqua sopra le ginocchia) oppure sfruttando delle corde fisse. Da quasi tutte le vie ci si cala poi in corda doppia, vedere nel dettaglio la relazione specifica.
PARETE CRISPINO
Accesso: Le vie si trovano nel canyon qualche centinaio di metri più a monte rispetto alla base del diedro Maestri, tuttavia l’accesso più comodo è da monte. Da Sarche salire i tornanti verso Ponte Arche, dopo la seconda galleria vi è una lunga retta, parcheggiare a destra vicino alla ciclabile. Scendere lungo la ciclabile in direzione Sarche per circa 200 metri, dopo aver superato un incrocio con una stradina sterrata che sale a destra, sulla sinistra c’è un cartello della SAT con delle indicazioni. Dal cartello scendere ancora qualche metro fin dove sulla sinistra inizia uno steccato, appena prima a sinistra una traccia di sentiero scende nel bosco bordeggiando una parete che si affaccia sul canyon. Continuare lungo la traccia fino a dove diventa esposta, è in loco una corda fissa. Arrivati sul greto del fiume scendere verso valle passando sotto alla Parete Crispino fin dove la Sarca sbarra la strada, di fronte alla via. Lasciare le scarpe e guadare il torrente (acqua poco sopra le ginocchia), nome scritto alla base. Dalla macchina alla base circa 20 minuti.
Welcome to Tijuana
180 m (5L) 7a (6c obb.) S2-3, Francesco Salvaterra e Nicola Calza, giugno 2014 (sul primo tiro Salvaterra e Jessica Ongari).
Questa nuova via nella gola del Limarò è di stampo sportivo, un’arrampicata tecnica e molto bella che segue la linea “chiave” di una parete molto compatta. La particolarità di questa scalata però è un’altra: di bei tiri sul calcare grigio di Arco ce ne sono un’infinità, ma il fondo del canyon con il suo gioco di luci tra acqua e rocce è qualcosa di unico, provare per credere. I primi due tiri sono di placca tecnica, il terzo sale una fessura evidente e il quarto permette di uscire dagli strapiombi con un traverso fisico, costante e forte I’esposizione sul torrente sottostante. Abbiamo battezzato la via con questo nome perché si tratta del “benvenuto” nella gola del Limarò; la chiodatura sistematica a fix permette infatti una ripetizione in relax. La distanza tra le protezioni è comunque sufficiente a rendere obbligatori buona parte dei passaggi difficili, il singolo di 7a sul traverso invece è stato chiodato in modo da poter essere facilmente azzerato, per la serenità delle morose e mi sbilancio a prevedere, di molti agguerriti climber. Attrezzata interamente a fix. Materiale: Corda singola da 70 metri, 10 rinvii.
L1:45 m 6c+ Partenza difficile, poi più facile e crux negli ultimi due fix.
L2:40 m 6c Tiro in traverso, partenza e fine difficili.
L3:30 m 6a Fessura di stampo classico, atletica ma appigliata.
L4:25 m 7a Traverso fisico, boulder in partenza.
L5:40 m 5a Tiro di collegamento per poter prendere la linea di calate, facile ma a tratti friabile (attenzione!), alla fine dal cordone blu abbassarsi un metro e traversare.
Discesa: A corde doppie su una linea indipendente: (dopo il primo tiro scendere dalla via è possibile ma difficile e sconsigliato) ideale usare una singola da 70 metri, è possibile con una da 60 ma prestare estrema attenzione perché si arriva al pelo (autobloccante e nodi ai capi!). S1: Dalla sosta del quinto tiro (fix più pianta vicina) fare una doppia da una pianta appena a monte (cordino giallo) obliquando nel bosco sulla sinistra (faccia a valle) fino a una grande Roverella sul bordo del baratro, cordino. S2: Doppia nel vuoto di 30 m, sosta a fix. S3: doppia di 20 mt, sosta a fix. S4: doppia nel vuoto di 30 mt. A ritroso lungo il sentiero di accesso.
The passenger
160 m (6L)/6b+ (5b/A0 obb.)/S1/ll, Francesco Salvaterra autoassicurato, 2016.
E’ la via più abbordabile della gola, l’itinerario sale la Parete Crispino sul suo margine destro seguendo le linee di debolezza, aperto in ottica “plaisir” con chiodatura ravvicinata a fix. L’arrampicata è varia e alterna i classici muri a tacche a diedri fessurati e rampe, ci sono molti traversi ben protetti e la roccia è sempre compatta.
L1 : 6a 30 m placca lavorata in leggero traverso.
L2: 6a 30 m traverso a destra con vari ristabilimenti curiosi.
L3: 6b+ 18 m traverso e passo singolo facilmente azzerabile.
L4: 5b 20 m fessura e placca lavorata.
L5: 5a 35 m ballatoio esposto in traverso.
L6: 6b 35 m muro verticale a tacche.
L7: 8m tiro di trasferimento a sx per raggiungere la pianta e la prima calata.
Materiale: 12 rinvii, corda da minimo 65 metri per le calate.
Rientro: con 3 corde doppie. Dalla pianta con cordoni di calata 32 m (nel vuoto), segue 25 m e 30 m.
PILASTRO CHIARA
Apparire o scegliere d’essere
270 m (9L) VIII- R3 6c obb.)/III, Alessio Miori, Giordano Faletti e Francesco Salvaterra, primavera 2014.
Via trad di alta difficoltà e qualità, scalata sostenuta in fessura con una stupenda lunghezza di placca. In considerazione del grado obbligatorio dell’ultimo tiro (runout) e di alcuni brevi tratti di roccia friabile sul 7° e 8° tiro è consigliata ad arrampicatori preparati. Soste sicure a fix e chiodi (almeno un fix per sosta), pochi chiodi sui tiri. Storia: La via è stata aperta a più riprese con l’uso di corde fisse. Prima salita del pilastro dedicato a Chiara Stenghel.
Accesso: Come per la Piramide Bondai, il Pilastro Chiara si trova circa 100 m più a valle, quindi portarsi a sinistra della direttiva dell’evidente fessura, troverete un ometto all’attacco e il primo chiodo visibile e allungato da cordone. 15 minuti in discesa dall’auto.
Rientro: in corde doppie dalla via (vedere foto a fianco) e a ritroso dal sentiero di accesso. 15′ accesso San Lorenzo, 25′ accesso Limarò. Materiale: friends al #3, 2-3 microfriends, stoppers, due corde tassative da 60 metri per fare le doppie come da disegno.
PIRAMIDE BONDAI
Accesso 1. Da San Lorenzo in Banale (consigliato, dieci minuti in discesa dall’auto). Dal centro di San Lorenzo prendere per il campo sportivo e proseguire per località Deggia (presenti indicazioni) una strada asfaltata scende fino nei pressi di un’azienda agricola, prendere ora una strada sterrata che scende a destra fino ad una pescicoltura (al bivio cartello “acquaviva”). Proseguire sull’unica stradina che supera un ponte e si inoltra in un bosco fino ad una radura dove si parcheggia. La strada anche se sterrata è percorribile con qualunque veicolo e non ci sono divieti. Da qui un sentiero poco battuto conduce nella gola ai pedi della piramide Bondai. Visibili i primi fix.
Accesso 2. anche dal Maso Limarò: dall’abitato di Sarche seguire la statale in direzione Ponte Arche. Dopo la terza galleria, all’altezza del Maso Limarò parcheggiare a sinistra. Attraversare la statale e seguire la ciclabile verso Ponte Arche per circa 150 metri, a destra di un piccolo spiazzo parte un sentiero che scende ripido. Seguirlo fin quasi al fiume Sarca, appena superata una corda fissa che aiuta il passaggio abbandonare il sentiero per portarsi a sinistra sulle rive del fiume a sinistra dell’evidente fessura dove sale la via. Per guadare sono stati messi due fix con una corda fissa lunga pochi metri da usare come tirolina. Guadagnata l’altra riva salire nel bosco in direzione dell’evidente strapiombo, visibile il primo chiodo allungato da cordone. Quindici minuti dall’auto. Oblivion e Aspiranti hanno scritto il nome alla base.
Rientro: a piedi. Dall’uscita della via si cammina a mezzacosta in direzione opposta per poche decine di metri per poi scendere sulla massima pendenza in un ripido bosco, all’altezza di una mangiatoia traversare a mezzacosta verso monte fino a raggiungere un evidente sentiero: se si è scesi da San Lorenzo risalire il sentiero (lo stesso della discesa) fino all’auto (meno di 10′ dalla fine della via).
Oblivion
300 m VI+ (VI/A0)/R3/lll Primi salitori sconosciuti.
Via tradizionale dalla linea spettacolare, i tiri chiave seguono una spaccatura che attraversa tutta la parete attraverso due grandi tetti. Arrampicata classica impegnativa, tipica della valle del Sarca, con tratti erbosi e friabili, parecchi tratti faticosi in fessura. Pochi chiodi in parete, portare una serie abbondante di friend fino al #4 e chiodi.
Via degli Aspiranti
250 m (8L) VIII E3, Stefano Bianchi e Francesco Salvaterra, ottobre 2016.
Stupenda via trad su roccia sempre buona/ottima, la linea affronta direttamente e al centro la parete, unita alla location da urlo e all’accesso ridicolo costituisce la ricetta perfetta per una scalata di grande soddisfazione. La chiodatura è curata e ci si può proteggere con facilità quindi la via non è pericolosa, può essere affrontata anche da chi non domina il 7a ma un 6b/c a vista è consigliato. Il diedro strapiombante del 4° tiro è una lunghezza più unica che rara che da sola vale una ripetizione. In totale ci sono 16 chiodi sui tiri e 11 chiodi più tre spit e due nut alle soste, che anche se a chiodi sono ben attrezzate. Fino alla terza sosta si può rientrare in doppia (soste attrezzate per la calata) da lì in poi il rientro in doppia è estremamente complesso e sconsigliato. Storia: la via è stata aperta a più riprese con l’uso di corde fisse a partire dal 2014. Prima rotpunkt 31 ottobre 2016. Non si tratta della prima salita del pilastro (via Oblivion) ma per identificarlo proponiamo il toponimo “Bondai”, nome dell’affluente del fiume Sarca che affianca il sentiero di accesso scendendo da San Lorenzo.
L1 : Placca un po’ lichenosa, tratto appoggiato e in parte friabile fino alla sosta con un chiodo e due nut. 45 m, V+.
L2: Bella fessura in placca, poi diedro e rampa a sx. 2 chiodi in sosta. 40 m, VI o VI+.
L3: Fessura diagonale tra due tetti, atletica alla fine. Micro inutili, il n. 3 doppio è utile solo su questo tiro. In sosta due chiodi e uno spit. 25 m, VI.
L4: Stupendo diedro strapiombante con vari passaggi molto tecnici, non molla mai. Inutile il doppio 3 portare gli altri friend. Sosta appesa con un chiodo e uno spit. 30 m, VIII.
L5: Bel diedro-fessura. Tre chiodi in sosta. 30 m, VI-.
L6: Tiro di link erboso e friabile. In sosta un chiodo da integrare con friend. 20 m, IV. L7: Muro rosso lavorato e chiodato vicino, segue placca stupenda con rovesci. Friend e nut inutili salvo uno 0.5. In sosta chiodo e spit, 30 m VII+.
L8: Placca tecnica super. Molte clessidre, + un friend piccolo, sosta su pianta. 35 m, VI+. Materiale: Serie completa di friend e microfriend fino al #3, doppiare 1 e 3. Serie di nut. Meglio scalare con una corda singola e recuperare un piccolo sacco per scalare leggeri.
Selvaggio blu
250 m (8L) 7a/S3/(6c obb), Marco Pellegrini, Francesco Salvaterra, autunno 2017-primavera 2018.
Via sportiva molto bella, la roccia è sempre delle migliori e molto lavorata a gocce e tacche. L’arrampicata si mantiene continua attorno al 6c ma gli stili sono variabili, si passa dalla placca tecnica a gocce, a diedri e fessurine atletiche, a passaggi di spalmo. Chiodatura completa a fix inox 10mm Climbing Technology, la distanza tra i fix non sempre è ravvicinata quindi se si vuole abbassare il grado obbligatorio conviene portare qualche friend piccolo e stopper piccoli, il 6b+ in placca resta comunque obbligatorio. Il nome ricorda il bellissimo e ormai famoso trekking della costa orientale sarda.
Materiale: 1×60 m, 10 rinvii, eventualmente qualche friend piccolo.
FINE CANYON
Calypso
150 m (6L)/6b (6a/A0)/RS2/ll, Vittorio Giovannella e Francesco Salvaterra, aprile 2019.
Questa via, di carattere plaisir, sale una delle ultime pareti prima della fine del canyon. Arrampicata varia e interessante in ambiente bellissimo, la chiodatura è in buona parte a fix ma in pochi tratti occorre proteggersi con friend, roccia ripulita ma permane qualche tratto delicato.
Accesso e rientro: Le vie si trovano nel canyon qualche centinaio di metri più a monte rispetto alla base del diedro Maestri, tuttavia l’accesso più comodo è da monte. Da Sarche salire i tornanti verso Ponte Arche, dopo la seconda galleria vi è una lunga retta, parcheggiare a destra vicino alla ciclabile. Scendere lungo la ciclabile in direzione Sarche per circa 200 metri, dopo aver superato un incrocio con una stradina sterrata che sale a destra, sulla sinistra c’è un cartello della SAT con delle indicazioni. Dal cartello scendere ancora qualche metro fin dove sulla sinistra inizia uno steccato, appena prima a sinistra una traccia di sentiero scende nel bosco bordeggiando una parete che si affaccia sul canyon. Continuare lungo la traccia fino a dove diventa esposta, è in loco una corda fissa. Arrivati sul greto del fiume scendere verso valle passando sotto alla Parete Crispino fin dove la Sarca sbarra la strada, di fronte alla via. Lasciare le scarpe e guadare il torrente (acqua poco sopra le ginocchia), appena dopo il guado a sinistra si trovano le vie Welcome to Tijuana e The Passenger. Proseguire stando al lato del fiume fino a una stretta cengia che si percorre tra il fiume e la parete, alla fine della cengia sulla sx parte la via. Nome alla base e visibili i fix. Dalla macchina alla base circa 25 minuti. Materiale serie di friend fino al #3. Rientro in corda doppia dalla via. E’ possibile scendere con una sola corda da 60 m.
5
perché reclamizzare posti ancora selvaggi?
Spettacolo! Passato da lì un fracasso di volte ma non sapevo che avessero aperto tutte quelle vie.
P.S.: preferibilmente prima che la scoprano i tedeschi o le agenzie turistiche e venga percorsa dalle carovane…
La gola del Limarò è realmente un posto splendido anche solo da percorrere.
Agosto scorso, lasciata la statale ci si inoltra in un ambiente fantastico e veramente unico e pare di essere in un altro continente. Consigliabilissima per trascorrere qualche ora diversa e ammaliante.
Attenzione solo alla discesa dal maso Limarò che potrebbe essere letale! (a meno che io abbia sbagliato qualcosa, come probabile)
Ho comunque intenzione di farla tutta a partire dal ponte della statale.
Le pareti sono impressionanti, ma prima o poi una delle vie “facile” è da fare
Beato me che so chi è Crispino.
Bravo Franz!