L’impero della materia

L’impero della materia
(già pubblicato il 15 ottobre 2018 su esonet.org)
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La scienza moderna, il cui carattere razionalista ed antitradizionale deriva dalla corrente di pensiero che prese forma nel Rinascimento e che può essere descritta con il nome di “umanesimo”, rappresenta uno dei paradigmi su cui si fonda la civiltà occidentale, e lo si vede dall’importanza che essa ha assunto in seno a questa stessa civiltà, al punto da diventarne un idolo intoccabile, addirittura posto al di sopra di quell’altra entità indiscutibile che è la “democrazia”, poiché ultimamente si sente dire, per mettere a tacere qualunque opinione che sia in contrasto con quelle della comunità scientifica, che “la scienza non può essere democratica”. Interessa qui notare, più che il carattere di autoreferenzialità di simile osservazione, il potere enorme che sono venuti ad assumere i procedimenti del metodo scientifico, rispetto al mantenimento di quell’illusione collettiva che sta alla base della civiltà moderna. Si tratta infatti di un’illusione poter pensare di considerare, così come fa la scienza sperimentale, una civiltà unicamente da un punto di vista materiale, ovvero di limitare il reale all’universo corporeo ed a quel poco di elementi “sottili”, quali il pensiero ed altre manifestazioni vitali, che sono direttamente collegate al corpo, e che peraltro vengono studiate come facoltà derivanti totalmente da quest’ultimo. Questo modo di considerare la realtà, escludendo proprio tutto ciò che vi è di essenziale in essa, non può che condurre ad una serie di paradossi e di incongruenze, che stanno alla base delle concezioni proprie della mentalità moderna e che devono continuare ad essere ben mistificati, affinché questa stessa mentalità possa continuare ad esistere.

 

L’umanesimo altro non è che la volontà di ricondurre tutto all’uomo, ed alla sua facoltà caratteristica, la ragione. Questo processo viene attuato negando di fatto qualunque principio trascendente, o per lo meno dichiarando conoscibile solo ciò che può essere studiato attraverso l’uso della ragione; e se questo non significa negare a priori che esista qualcos’altro – anche se per la maggior parte delle persone oggi è proprio così – nella pratica ci si comporta come se questo non esistesse, o comunque non avesse la minima influenza in nessun contesto della propria vita.

Con ciò non si vuole disconoscere l’importanza della ragione e dei suoi mezzi di indagine; quello che si intende dire è che la ragione è una facoltà limitata, e che non si può chiederle di trascendere i propri confini, ed arrivare a dare una spiegazione vera del manifestato, perché anche rimanendo nell’ambito cosmologico una qualunque conoscenza, per possedere una certa realtà, deve derivare dai princìpi, princìpi che non sono indagabili attraverso la ragione, perché la comprendono e la superano. È un’illusione pensare che la conoscenza possa arrivare dal basso, ovvero studiando le proprietà della materia (di cui peraltro i fisici non sembra siano riusciti a dare una vera definizione, e questa è una di quelle incongruenze di cui si parlava prima); la vera materia, la materia prima del nostro mondo, la materia signata quantitate, è inconoscibile, in quanto substrato omogeneo ed indifferenziato del reale. Chiaramente i fisici non si riferiscono a questa materia, che non potrebbe cadere sotto i loro strumenti di misura; ciò nonostante la materia fisica da loro considerata, quale che sia l’entità a cui essi danno questo nome, è nel mondo manifestato la cosa che più si avvicina a questa materia prima, e come tale partecipa della sua inintelligibilità. Eppure è proprio questa l’illusione dei fisici, pensare di poter spiegare l’Universo attraverso lo studio della materia, all’interno di una teoria che risente fortemente dell’ipotesi evoluzionista. Notiamo per inciso che l’ipotesi evoluzionista, pur non essendo mai stata validamente verificata, permea ormai tutte le branche della scienza, insinuando e mantenendo nell’opinione pubblica la credenza cieca nel progresso, così essenziale per la costituzione della mentalità moderna. Secondo questa teoria, che pretenderebbe di parlare dell’origine dell’Universo, o per lo meno di cosa sarebbe successo a partire dalle prime fasi (come se l’Universo fisico potesse aver avuto un inizio nel tempo, altra concezione paradossale) [1], la materia inizialmente non sarebbe stata come quella di oggi, bensì disgregata in particelle subatomiche, entità peraltro indefinibili, in quanto non composte di materia ordinaria. In particolare vengono definite nove ere cosmologiche, di durata progressivamente maggiore, che varia da frazioni di miliardesimi di secondo per la prima fino a miliardi di anni per l’ultima, che è quella in cui ci troviamo, durante le quali, a partire dalla data di inizio risalente a 13,7 miliardi di anni fa, si sarebbero formate le varie particelle, poi i nuclei, gli atomi, le prime stelle, attraverso un successivo raffreddamento, collegato ad un’espansione dell’Universo (e qui rileviamo una seconda incongruenza, quella di un Universo che si espande, senza che questa espansione presupponga l’esistenza di uno spazio esterno dove espandersi, che non farebbe ancora parte dell’Universo, come rilevato nella nota (1)).

Quello che viene rappresentato in questo modo è dunque un Universo totalmente inanimato, privo di coscienza e di vita, la quale sarebbe apparsa casualmente, miliardi di anni dopo, da una combinazione di condizioni favorevoli, a partire dalla formazione di organismi unicellulari, per giungere successivamente, attraverso una lunga evoluzione, ad organismi complessi ed infine all’uomo, mediante il quale l’Universo avrebbe finalmente preso coscienza di sé stesso. Una simile teoria, oltre ad essere impossibile, come chiunque abbia delle minime nozioni di metafisica, od anche solo di logica potrà constatare (basti pensare che dal meno non può in alcun caso derivare il più, e questa semplice tautologia demolisce in partenza ogni concezione evoluzionista), non è in grado di spiegare niente: perché la materia si sarebbe formata, perché avrebbe le caratteristiche che conosciamo e quale sarebbe il motore di tutto questo processo; in che modo avrebbe potuto comparire la vita e che cosa rappresenti.
Inoltre, mai prima dell’era moderna lo studio del mondo sensibile fine a sé stesso avrebbe potuto destare interesse, in quanto ogni scienza era anticamente concepita valida nella misura in cui poteva esprimere qualcosa delle verità superiori, di cui partecipa tutto ciò che possiede un qualunque grado di realtà.

 

La moderna cosmologia esaurisce invece l’argomento del suo studio proprio nel mondo corporeo, visto come qualcosa a sé stante, completamente indipendente da qualunque principio di ordine superiore, di cui non viene peraltro postulata l’esistenza.

Una prima conseguenza di questo particolare modo di vedere le cose è stato il diffondersi di quella mentalità comune, presente ormai in quasi tutte le persone, siano esse atee o credenti, che è la mentalità materialista. Questo è stato fatto inculcando fin dalla più tenera età, attraverso l’istruzione obbligatoria, quelle che non sono più presentate come delle semplici ipotesi, ma come dati inoppugnabili, veri e propri dogmi scientifici. Il credente plasmato dalle idee moderne, pensa di poter riuscire a conciliare queste teorie con la propria fede, vedendo Dio al di là dell’ultima particella, ovvero nel luogo più lontano dove si potrebbe trovare. Quello che ne scaturisce è una serie di confusioni e di errori che trasmesse al mondo esterno non fanno che allontanare ulteriormente dalla fede quelle poche persone che, spinte da un autentico desiderio di conoscenza, vengono ad imbattersi in simili assurdità.

Analizziamo ora un po’ meglio questa teoria delle particelle che sta alla base della cosmologia moderna.
Il punto di partenza di tutti i modelli di questo tipo è l’atomismo. Il presupposto di questa fisica è che tutta la “materia” è formata da atomi (atomo, dal greco ἄτομος – àtomos –, indivisibile), ma già qui iniziamo con la prima contraddizione, poiché questi atomi non sono affatto indivisibili. Essi a loro volta sono formati da “particelle” più piccole, che peraltro possiedono delle caratteristiche ambigue e contraddittorie, e che si muovono nel vuoto) [2]. L’intero universo visibile – assimilato a tutto il reale – è visto come una pura combinazione di queste particelle, che interagiscono tra loro attraverso delle forze. Queste cosiddette forze però non sono più viste come qualcosa di diverso dalla materia, qualcosa di sottile in grado di agire sui corpi: sono esse stesse presentate come delle ulteriori particelle. Si potrebbe obiettare che con la parola “particella” il fisico non intende quello che pensiamo, ossia una piccola parte di qualcosa di materiale. Ma se le parole vengono dissociate dal loro significato, quale potere esplicativo possono ancora avere?

Inoltre questo sarà vero per qualche scienziato – probabilmente nemmeno per tutti –, ma che dire dell’uomo comune che vede uno dei tanti filmati del CERN dove protoni ed antiprotoni sono rappresentati come tante palline rosse e blu che si scontrano tra di loro? Probabilmente egli penserà di poterle anche osservare direttamente con queste caratteristiche, se solo avesse un microscopio abbastanza potente.

René Guénon 1886-1951.

Eppure è sufficiente pensare a questo semplice fatto: se elettroni e protoni sono i costituenti di tutti gli atomi di tutti gli elementi della tavola periodica, di quale elemento dovrebbero essere fatti? Di nessuno ovviamente: se sono i mattoncini che servono a costituire la materia, è chiaro che non possono essi stessi essere fatti di materia [3]. E allora perché continuare a chiamarli particelle?
Da questo semplice esempio si vede come queste teorie, oltre a non spiegare nulla che abbia a che vedere con una qualsivoglia realtà, non facciano che aumentare la confusione che pervade la mente dei nostri contemporanei. Sarebbe più onesto per gli scienziati rinunciare ad una spiegazione e concentrarsi unicamente sulle applicazioni tecnologiche. Queste ultime purtroppo, invece, funzionano molto bene, e sono quelle che hanno permesso la costruzione delle armi nucleari, e che potrebbero infine portare ad un disastro irreversibile, magari anche involontario (si pensi agli incidenti già successi in alcune centrali). Come già Guénon aveva notato, i fisici utilizzano delle forze senza conoscerne la reale natura ed i potenziali pericoli. La maggior parte dei contemporanei obietterà che la nostra civiltà, con tutti i vantaggi che presenta legati alla tecnologia, deriva dallo sviluppo e dalla applicazione delle teorie scientifiche, e che questi vantaggi sono irrinunciabili: ma questa rimane un’opinione individuale, seppur condivisa dalla maggioranza. Tutto quello che si è perso a livello intellettuale, mai potrebbe essere ricompensato da questi presunti vantaggi materiali; inoltre esistono persone che rinuncerebbero volentieri a tutte le invenzioni della tecnologia moderna per poter vivere in un modo più tranquillo ed in un mondo meno artificiale e caotico, dove l’agitazione fine a sé stessa e le sue deleterie conseguenze hanno intaccato ogni campo della vita ordinaria.


Tutto ciò non è d’altronde che l’aspetto esteriore del disordine interno dell’uomo moderno, la cui attenzione è tutta rivolta al mondo corporeo ed all’azione che può esercitare in rapporto ad esso. Questo è l’orizzonte intellettuale dei fisici, e chi studia questa disciplina rischia davvero di acquisire quella miopia intellettuale, tipica degli specialisti, che lo porterà a non vedere niente al di fuori del mondo materiale.

L’aspetto che è stato analizzato finora riguarda tuttavia solo un lato della questione, quello direttamente collegato alla chiusura, rispetto alla percezione dell’uomo ordinario, di ogni influenza spirituale e di tutto ciò che si trova “più in alto” rispetto a questo mondo. Come sappiamo il materialismo non è il fine ultimo, ma soltanto una tappa nel processo discendente che porta ad allontanarsi sempre più dal Principio; tappa che ormai è stata largamente superata. Nella fase finale del ciclo le forze che prevalentemente agiscono, sono delle tendenze dissolutrici che non possono che giungere “dal basso”; il loro lavoro è volto alla disgregazione del nostro mondo, secondo quelle leggi cicliche conosciute da tutte le tradizioni; e la dissoluzione che opera a diversi livelli ha ormai intaccato lo stesso concetto di materia.

Con la meccanica quantistica queste particelle costituenti la materia perdono letteralmente consistenza, per cui non si può più parlare di una loro posizione definita, ma soltanto della probabilità che si trovino in una determinata zona; inoltre in determinate situazioni esse presentano un comportamento non più corpuscolare ma ondulatorio [4]. Quindi questa materia che noi percepiamo come solida e tangibile, e che costituisce tutta la realtà che l’uomo dell’età ultima è in grado di concepire, viene ad assumere delle ben strane caratteristiche: formata per la maggior parte di spazio vuoto, ovvero di puro nulla, all’interno del quale si muovono delle entità che non è possibile classificare in modo certo né come particelle né come onde, e delle quali se ne conosciamo la velocità non possiamo determinarne con esattezza la posizione e viceversa. Queste sono le favole che si trasmettono e si divulgano come fossero delle verità, eventualmente solo da perfezionare in quello che non riescono a spiegare, illudendosi che in tutto ciò vi sia della vera conoscenza!
Nei testi destinati al pubblico “profano” non è mai spiegato che questi sono soltanto dei modelli ideati dall’uomo per cercare di spiegare alcune proprietà della natura, e che si utilizzano fin quando qualche esperimento non li contraddice. Ma anche tra coloro i quali questo fatto fosse ben chiaro, mi domando quanto questa consapevolezza riesca ad eliminare dalla propria visione l’immagine di atomi formati da particelle materiali, magari un po’ confuse e nebulosamente disperse come in una nuvola (infatti per visualizzare quest’indeterminazione intrinseca, o meglio per esprimere quello che non si riesce altrimenti a spiegare, si parla spesso della “nuvola degli elettroni”). Ritroviamo quindi, all’interno di queste teorie, accanto agli aspetti materialistici, altri di tipo diverso e più direttamente legati alla fase ulteriore del processo discendente. Non a caso infatti la meccanica quantistica, almeno nella sua parte divulgativa, viene presa come base teorica per le più incredibili divagazioni new-age, pensando in questo modo di dotarle di credibilità scientifica. Un altro esempio è quello preso dalla psicanalisi: qualcuno ha voluto paragonare l’emergere in superficie di elementi del subcosciente con la modifica che subisce la particella nel momento in cui viene osservata. Questa corrispondenza tra meccanica quantistica e psicanalisi, che è stata notata con entusiasmo da qualche professore universitario, è, per chi sa vedere, sufficientemente rappresentativa del ruolo che stanno svolgendo entrambe le discipline in quest’ultima fase.[5]

Ricollegandoci a quest’ultimo punto, il fatto che il comportamento di una particella possa essere modificata dall’osservazione, tralasciando quello che può significare il termine “particella”, ha portato a riconoscere come l’osservatore ed il mondo esterno non siano due realtà separate, in quanto l’atto di osservare interagisce con l’oggetto osservato, modificandolo. Questa verità, sempre che non venga interpretata nel senso di un relativismo assoluto, è una conseguenza del principio dell’unicità dell’esistenza: non vi sono parti distaccate nel mondo, ma “l’esistenza è unica”, poiché riflette l’unità dell’Essere. Può capitare che la scienza moderna arrivi a volte ad incrociare delle verità tradizionali [6]; ma anche in questi casi è il punto di vista che rimane sostanzialmente diverso, poiché essa non parte mai dai princìpi per ricavarne le conseguenze; anzi formalmente nega questi princìpi, vantandosi della propria indipendenza rispetto a tutto ciò che la trascende, e che solo potrebbe invece legittimarla, come conoscenza relativa all’ambito che si propone.

[1] Se l’Universo ha avuto un inizio nel tempo, cosa c’era prima? Se c’era del tempo prima, c’era comunque qualcosa, il tempo stesso: e questo non era Universo? Il tempo è una delle condizioni dell’Universo materiale, quindi è il tempo ad essere contenuto nell’Universo e non il contrario. Per questo è assurdo cercare una data d’inizio. L’inizio non è un inizio nel tempo, ma un inizio nel Principio primo. La stessa considerazione vale per un Universo che si espande nello spazio: questo presuppone l’esistenza di qualcosa dove potersi espandere, e questo qualcosa come può non essere parte dell’Universo? L’Universo comprende lo spazio, che è una della condizioni a cui soggiace lo stato corporeo, e non viceversa.

[2] Come spiega in varie occasioni René Guénon, il vuoto non è una possibilità di manifestazione, e considerarlo tale conduce ad una vera e propria assurdità metafisica; così, a livello spaziale, pensare ad uno “spazio vuoto” significherebbe concepire un contenente senza contenuto, il che è una contraddizione in termini.
“Come esempio di una possibilità di non-manifestazione possiamo citare il vuoto, perché una possibilità del genere è concepibile, perlomeno negativamente, cioè attraverso l’esclusione di certe determinazioni: il vuoto implica l’esclusione non solo di ogni attributo corporeo o materiale, né soltanto, più generalmente, di ogni qualità formale, ma anche di tutto ciò che si ricollega un modo qualsiasi della manifestazione. È dunque un non-senso pretendere che il vuoto possa esistere in ciò che è compreso nella manifestazione universale, in qualunque stato, [come è noto, è quanto sostengono gli atomisti] poiché il vuoto appartiene essenzialmente all’ambito della non-manifestazione; non è possibile dare a tale termine altra accezione intelligibile.” [René Guénon: Gli stati molteplici dell’essere]

[3] Tutti gli elementi della tavola periodica e le loro combinazioni sono formati da molecole, che a loro volta sono formati da atomi. Ma tutti questi atomi, di tutti i materiali diversi, sono formati da queste stesse particelle subatomiche: elettroni, protoni e neutroni. Un atomo di idrogeno è formato da elettroni, protoni e neutroni. Un atomo di ferro è formato da elettroni, protoni e neutroni. Quello che cambia è solo il numero di queste particelle, che determina la posizione dell’elemento nella tavola periodica. Quindi, di che cosa sono fatte queste stesse particelle? Si può parlare di un atomo di ferro, o di un atomo di idrogeno, ma non si può parlare di un elettrone di ferro, o di un elettrone di idrogeno, perché questo stesso elettrone interviene nella composizione di entrambi gli atomi, così come di tutti gli altri; è sempre la stessa particella subatomica: quindi di cosa sarebbe fatto questo elettrone?

[4] La modalità ondulatoria concernente la materia dei fisici moderni e dimostrata attraverso la meccanica quantistica, in realtà era già conosciuta ed indicata nei testi tradizionali, ad esempio in quelli della tradizione induista, come riporta Guénon in Studi sull’induismo trattando della natura dei cinque elementi: “Volendo assolutamente trovare un punto di contatto con le teorie fisiche, nell’accezione attuale del termine, sarebbe senza dubbio più giusto considerare gli elementi, riferendosi alla loro corrispondenza con le qualità sensibili, come rappresentanti differenti modalità vibratorie della materia, modalità sotto le quali essa si rende percepibile successivamente a ciascuno dei nostri sensi […].” Questo non significa tuttavia che possa esservi un accordo o anche solo un semplice paragone tra la conoscenza tradizionale e le teorie della fisica moderna; anche sotto questo aspetto è bene dunque non farsi prendere dall’entusiasmo nei confronti della scienza profana, il cui punto di vista stesso con la relativa pretesa di studiare il mondo corporeo come qualcosa di a sé stante può essere considerato illegittimo. Dal confronto indicato sopra riguardante la modalità ondulatoria dalle due diverse prospettive, possiamo invece notare tutta la diversità che separa i due tipi di conoscenza: dal punto di vista moderno ci si ferma al mondo materiale, tentando di dare una spiegazione dei fenomeni che, rimanendo all’interno di quest’ultimo, sarà sempre inesatta; dal punto di vista tradizionale, la modalità vibratoria attraverso la quale i nostri sensi percepiscono gli oggetti esterni è la base di tecniche realizzative incentrate sulla corrispondenza tra i vari stati dell’essere, per cui la vibrazione sonora prodotta dalla ripetizione di un mantra, ad esempio, produce delle ripercussioni anche al di fuori dello stato umano, negli stati superiori dell’essere; basta questa semplice applicazione per far capire tutta la differenza di profondità che sussiste tra i due diversi tipi di sapere.

[5] Il ruolo è in entrambi i casi un ruolo dissolutore, per quanto riguarda la materia, cioè il mondo esterno, nel caso della meccanica quantistica; per quanto riguarda l’uomo nel caso della psicanalisi, che portando alla luce degli elementi cosiddetti “inconsci” lo mette a contatto diretto con le potenze inferiori del proprio essere.

[6] Un altro esempio di questo, sempre riguardo alla meccanica quantistica, può essere il fatto che per una conseguenza del principio di indeterminazione di Heisenberg, non esistono oscillatori perfettamente fermi: questo principio prevede che nella condizione di equilibrio, corrispondente alla configurazione di minimo per l’energia, l’oscillatore non sia in quiete ma continui ad oscillare impercettibilmente, in modo che velocità e posizione non sarebbero mai determinate con esattezza. Questo non fa che tradurre, in una situazione particolare, il principio generale del fatto che la quiete non è una possibilità di manifestazione nel mondo corporeo, nel quale ogni cosa è soggetta al movimento, come condizione particolare che collega tra di loro lo spazio ed il tempo nel quale tale forma corporea è soggetta ad esistere.

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L’impero della materia ultima modifica: 2018-12-28T04:31:44+01:00 da Totem&Tabù

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11 pensieri su “L’impero della materia”

  1. In effetti l’articolo è un po’ confuso però, se non altro, tenta di porre l’accento su alcune questioni particolarmente spinose.

    Vorrei però dire che non tutti gli scienziati si pongono spocchiosamente nei confronti della plebe, recentemente ho letto un libro sul “tempo” di Carlo Rovelli nel quale l’autore si pone in maniera estremamente umile nei confronti del lettore.

    Quindi, in ultima analisi, il problema non è la scienza o il metodo scientifico bensì il modo in cui noi ci poniamo e oggi, fortunatamente, sono sempre più gli scienziati che hanno un approccio ben poco scientista.

  2. Per me il significato della vita è conoscere.
    Penso che il nostro conoscere non sia solo scientifico, basato su sistemi razionali matematici, ma vada anche oltre.
    Noi siamo esseri molto limitati e conosciamo anche “sentendo” istintivamente, ma solo se in tempi successivi razionalizziamo questo sentire.

    Aristotele ha rovinato tutto!
    E ha fatto nascere i ballisti bollisti 🙂

  3. Ogni giudizio scambiato per verità è reificazione.

    Esattamente quanto fa la scienza e molti altri.

    Esso trova la sua ragione nel suo ambito, oltre il quale, crolla.

    È questo che segnala la “metafisica”.

    Alla quale non riguardano graduatorie di merito.

  4. beh, consideriamo sempre che l’Impero della materia è sempre migliore dell’Impero della Metafisica ovvero dell’Impero del Nulla

  5. Un invito a tutti (me compreso): correggiamo i testi prima di renderli pubblici. Soprattutto eliminiamo gli errori di ortografia.

    Grazie.

  6. È l’identificazione della conoscienza con la scienza un origine dei problemi.

    Del sapere analitico-cognitivo come solo portatore di verità.

  7. Mi sembra di leggere ciò che affermava il precedente ministro italiano della cultura. Ma di sicuro mi sbaglio, mi dicono che la terra sia sì rotonda, ma piatta. E a me piacciono le quadrature dei cerchi.

  8. L’ennesimo articolo di un tizio che sarebbe in difficoltà a risolvere una funzione  elementare e si perita di spiegarmi la fisica.

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