Chiesta la condanna di due anni per omicidio colposo per un accompagnatore 35enne di Albino (BG): non fece mettere il casco a Famul Krasniki, che morì schiantandosi l’8 febbraio 2020. Il 30 ottobre 2024 la sentenza.
L’incidente con la motoslitta al Monte Pora
di Maddalena Berbenni
(pubblicato su bergamo.corriere.it il 19 ottobre 2024)
Plenilunio. La sera dell’8 febbraio 2020 la luna illumina la neve sul Monte Pora e tre motoslitte si lanciano verso il circuito del rifugio Magnolini. In testa c’è Nicolò Ruggeri, 35 anni, di Albino, che fa da accompagnatore. Alle sue spalle, Flamur Krasniqi, 40 anni, svizzero, e dietro ancora un suo collega dell’Amag, concessionario Volkswagen di Lugano che per quella giornata ha organizzato una gita premio per i dipendenti. I tre corrono sui pascoli ghiacciati, lungo un rettilineo in lieve salita, fino a una curva ad angolo, dove la guida si ferma per aspettare gli altri due e indicare loro la svolta. All’improvviso, una nuvola di neve si solleva verso il cielo. Krasniqi non scorge il segnale, tira dritto e perde il controllo della motoslitta. Disarcionato, finirà per sbattere la testa contro uno dei paletti della recinzione, morendo.
Krasniqi e l’accompagnatore Ruggeri
Ora la domanda è: ha colpe Ruggeri, che accettò di scortare lo svizzero in quel giro notturno, senza fargli indossare né casco né visiera e senza imporgli una velocità ridotta?
Secondo la Procura, che ieri ne ha chiesto la condanna a 2 anni di carcere per omicidio colposo, sì. E lo stesso vale per l’avvocato di parte civile Valter Gentili, che per la vedova e i due figli di 6 e 11 anni di Krasniqi sollecita risarcimenti immediati. Per l’avvocato Ettore Tacchini, invece, l’imputato va assolto con formula piena, perché quello di Krasniqi «fu un comportamento autonomo» da parte di «un esperto» di quel genere di escursioni, che, da appassionato, «voleva provare l’ebrezza della velocità». Tacchini, motociclista impenitente, ammette di conoscerlo, quell’impulso. Nel pomeriggio la comitiva aveva partecipato alla gita in motoslitta vera e propria e il coordinatore «ha detto che aveva dovuto più volte riprendere Krasniqi perché usciva dalla fila», ricorda l’avvocato.
Il Monte Pora di notte
Trovandosi tra principianti, dal suo punto di vista, Krasniqi fremeva per dare gas e arrivò a una velocità fra i 30 e i 40 chilometri orari. Nel chiedere a Ruggeri la disponibilità ad accompagnarlo per il giro extra a fine cena, avrebbe voluto in qualche modo rifarsi. «Il Magnolini con la luna piena è una meraviglia, è quasi più frequentato di notte», aggiunge Tacchini per dire che il rischio era ridotto dalla luce naturale. Di nuovo pesca dalla sua esperienza personale: «Il signor Domenico Bosatelli (il patron scomparso della Gewiss, NdR) ci invitava almeno un paio di volte all’anno al Pora, sempre di notte perché è più suggestivo».
Le contestazioni della Procura e la difesa
Ma, secondo la Procura, il bagliore della luna non bastò a rendere visibile il tragitto, «senza cartellonistica dove invece doveva esserci, lo documentano le fotografie dei carabinieri», precisa l’avvocato Gentili, che rimanda alle conclusioni del consulente della Procura: «Descrive la zona come molto pericolosa per la presenza di pali con cavi tirati, per la poca neve e ghiacciata». In più, «nel libretto di istruzioni della motoslitta viene indicato che casco e visiera vanno indossati». Altro punto contestato dalla difesa: «Non sono obbligatori, l’indicazione nel libretto è solo una precauzione di qualunque costruttore».
Procura e parte civile insistono nell’affermare che Ruggeri, nella sua veste di accompagnatore, avrebbe dovuto rendere edotti Krasniqi e il collega delle possibili insidie del luogo. Soprattutto, riassume Gentili, aveva «un compito di protezione» e «un obbligo di tutela», disattesi nel momento in cui partì «a forte velocità», staccando i clienti e costringendo Krasniqi ad accelerare a sua volta per raggiungerlo. Dalla sua prospettiva e da quella dell’accusa, più che per il brivido di correre, inseguiva la guida per capire dove andare: «E questo è paradossale — conclude Gentili —. Per evitare la morte, sarebbe bastato per l’imputato non andare veloce». Il 30 ottobre 2024, la sentenza.
Il commento
di Carlo Crovella
A ben pensarci, il tanto vituperato modello turistico di stampo consumistico non è altro che l’altra faccia della società “sicuritaria” (e viceversa). Infatti per poter consentire a chiunque di effettuare ogni divertimento, anche il più bislacco (come la corse in motoslitta di notte), si è poi costretti a andare in profondità nelle regole per garantire l’incolumità a tutti. Il prezzo da pagare è che si “deve” individuare un “responsabile” che non ha fatto rispettare le predette regole, il quale “paga” o solo civilmente (il che non è comunque una cosa piacevole) o addirittura sul piano penale.
Queste regole vanno a spaccare il capello non solo in quattro, ma addirittura “in quattrocento”. Siamo all’assurdo che «nel libretto di istruzioni della motoslitta viene indicato che casco e visiera vanno indossati». Che tale indicazione sia un obbligo indiscutibile è contestato dalla difesa, ma il solo fatto che vi sia quella indicazione la dice lunga su quanto tenda a esser soffocante la società sicuritaria.
Oppure che un circuito per le corse delle motoslitte (?!?) deve esser dotato di cartellonistica (?!?), a sua volta adeguatamente illuminata (?!?) nelle ore notturne… Altro che luna park!
Insomma: basterebbe vietare l’uso ludico-sportivo delle motoslitte (beninteso, lasciandole utilizzare solo a rifugisti e margari per le loro esigenze di lavoro) e prenderemmo due piccioni con una fava: meno “inquinamento” consumistico in montagna e, in parallelo, meno invasione della società sicuritaria, con le sue aberrazioni soffocanti.
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Mi e’ capitato di seguire un accompagnatore in moto insieme ad un nugolo di esperti motociclisti , dubito che la colpa sia attribuibile all’accompagnatore.
Anni fa O.Toscani riferitamente agli incidenti stradali quale campagnia disuasiva produsse una foto di una Golf distrutta con dati tecnici,ma definita modello 4 pirla in meno..venne tolta..turbava..i cosidetti 4 nel frattempo sono aumentati a dismisura,anzi il giorno dopo diventano delle perdite incredibili,persi per colpa della loro immensa bontà e a parte ovviamente i loro congiunti per le notizie di cronaca assurgono a perdite di socialità perduta etc etc..ora si sa che lo sventurato Elvetico non è più tra noi..amen e si spera che l’astuto accompagnatore lo diventi di alpestre bestiame..previo corsi propedeutici..quindi alla fine siamo al famoso modello di cui sopra ma con numeri più contenuti.Non vi è altro di profondo da aggiungere
…Usarle solo per esigenze di lavoro???!!!
S Altro che divieti!ia mai che all’avvocato Tacchini abbia l’esigenza di fare un sopralluogo proprio dove è successo il fatto, naturalmente va in motoslitta, ma sia chiaro ” per esigenze di lavoro”. Poi però si fa prendere dall’ebbrezza della velocità, lui è un motociclista impenitente, ammette di conoscerlo quell’impulso. Sia mai che non metta il casco, in fin dei conti è solamente consigliato e non obbligatorio. Sia mai che abbia un incidente e battendo la testa contro i paletti della recinzione…..
Servono più incidenti con morti, questo serve ! Altro che divieti!
Questa è la deriva!!
Quando non c’è la neve ci sono le gite in quad.
Quando una località si abbassa al gusto della richiesta, perde la sua identità e diventa merce qualsiasi.
Peraltro non si comprende perché la responsabilità dei turisti debba essere attribuita agli accompagnatori. Si tratta di una deformazione mentale e di una deriva autoritaria che espropria l’essenza stessa degli uomini, che sono tali proprio perché sono responsabili.