Lingua madre e sacralità della parola
di Roberta Trucco
(pubblicato su periscopionline.it il 15 dicembre 2022)
“Nelle radici delle parole, nell’origine dei termini linguistici si nasconde una rappresentazione del mondo, una forma di pensiero e perfino un destino”.
Inizia così l’articolo Le radici della pace di Gianpaolo Caprettini sull’Indipendente.
E non potrei essere più d’accordo.
Da diverso tempo mi occupo di maternità surrogata e mi batto contro questa pratica che considero aberrante. Proprio su Ferraraitalia ad aprile 2020 avevo scritto un articolo sul perché sono contro la maternità surrogata, e dimostravo come le parole contenute nei contratti e dunque promosse dalla legge che regolamenta tale pratica, sono parole disincarnate, perdono le loro radici originarie, causando la crisi del linguaggio e contribuendo a distruggere il senso stesso di essere umano.
Quando scrissi questo articolo eravamo nel pieno del primo lockdown e da allora lo stravolgimento delle parole è aumentato in maniera esponenziale. La narrazione della pandemia è stata segnata dalla perdita di senso delle parole. Come se vivessimo in una babele, parole di senso comune sono diventate parole che acquistavano significati diversi a seconda di chi le ascoltava, creando scompiglio e incomunicabilità.
Questo processo, che sembra appunto molto recente, in realtà è in azione da parecchi decenni e, a mio modo di vedere, è stato costruito a tavolino con grande pazienza e determinazione dall’ideologia neoliberista, mondialista, globalista e finanziaria, che fonda i suoi principi sul transumanesimo, che punta a trasformare il senso stesso di umanità e, in nome della cancellazione della sua fragilità, a farne una macchina onnipotente grazie all’intelligenza artificiale.
Basti pensare al fatto che oggi la differenza dimoformica, quella differenza ontologica biologica dei corpi, viene cancellata in nome di un sentire – io sono ciò che mi sento nel pensiero – rinnegando la realtà biologica e le parti di corpo invisibili (quelle interne a noi).
La famosa dicotomia “cogito ergo sum” di Cartesio contrapposta al ”sum ergo cogito” di Anna Maria Van Shurman, (poeta, filosofa e scienziata eccellente, poco conosciuta, ma contemporanea a Cartesio) invece di trasformarsi in una olistica visione dell’umano raggiunge, ai giorni nostri nelle democrazie occidentali, l’apice a favore della tesi cartesiana e cancella il sapere ancestrale dei corpi, proprio come vuole il transumanesimo.
Ora, durante la pandemia, questo assioma cartesiano è diventato un diktat. È della settimana scorsa il comunicato della Corte Costituzionale che anticipa la decisione sul dibattimento sull’ammissibilità dell’obbligo vaccinale decretato durante il periodo pandemico.
La Consulta ha prontamente ribadito che le decisioni prese dal governo Draghi non sono incostituzionali. Ora come semplice cittadina ho seguito il dibattimento (per fortuna visibile in diretta). Le argomentazioni scientifiche ma anche quelle a carattere logico e di diritto, portate dagli avvocati che avevano impugnato le leggi che decretavano l’obbligo vaccinale per certe categorie, mi sono parse molto chiare.
Con dati alla mano, argomentazioni legate al diritto naturale, di senso logico, anche una profana e non preparata nel campo giuridico, quale sono io, ha potuto seguirne la traccia senza trovarci alcuna contraddizione, mentre le argomentazioni degli avvocati a sostegno delle azioni del governo sono state fumose, astratte e tutte caratterizzate dal ridondante ribadire il dovere della collettività a perseguire un bene collettivo più alto, di cui il Padre Stato, o forse meglio dire lo stato padrone, è il decisore.
Non stupisce la celerità del comunicato della Corte Costituzionale a difesa dell’operato del governo. Fa male, però constatare che per l’ennesima volta le istituzioni non sono più garanti dei diritti delle cittadine e dei cittadini. La celerità delle decisione a mio parere mette in risalto quanto il potere si senta braccato dal dilagare della verità e tenti in qualsiasi modo di fermarne la corsa.
Eppure resta importante che il dibattimento sia registrato e che tutti possano ascoltare le ragioni portate da ambo le parti. Forse per la prima volta da anni ho sentito forte e chiaro chi usava una lingua che aveva radici comuni con la mia e in questa babele ho ritrovato casa nella lingua madre, una parola che risuona nelle mie viscere.
Come femminista so quanto il principio di autodeterminazione sia alla radice del mio sentire e faccia parte di un sentire non solo legato al logos, ma anche a quello materico. Sono le femministe che, nel loro enorme lavoro di disvelamento delle parole che riguardano le donne e i loro corpi, sono riuscite a rendere sempre più concreto e semplice da comprendere il diritto inalienabile e naturale all’autodeterminazione.
La legge 194 è un esempio dell’enorme lavoro fatto. Allora, al contrario di oggi, il dibattimento sui corpi delle donne ha portato alla conclusione che nessuna autorità esterna può entrare nel campo del sentire biologico e biografico dell’individuo fino ad obbligarlo a un agire sul suo corpo che non corrisponda alla sua coscienza profonda.
Questa consapevolezza è una conquista dell’umanità che spaventa il transumanesimo, perché riconosce all’individuo un ortus conclusus, uno spazio di libertà che appunto nessuna ‘ragione collettiva’ può invadere senza che questo sia vissuto come un abuso.
Il sistema patriarcale, che ha fondato il suo potere sulla legiferazione dei corpi delle donne, subì, allora, un colpo quasi mortale, e come reazione ha perseguito una propaganda di mistificazione dei significati della parola, che è causa della babele che oggi ci avvolge.
Eppure la lingua madre è una lingua che nasce dalle viscere e che oggi muove le pance di moltissimi. Come un vulcano in procinto di eruttare ribolle sotto le nostre membra ed è pronto a fuoriuscire con tutta la sua lava incandescente. Ci hanno provato, in pandemia, a zittire quella voce interiore, ma hanno fatto male i conti.
Troppe le parole disincarnate che continuano a circolare e che oggi, superata la grande paura, cozzano con la vita dei più. E così, nonostante la pressante propaganda, qua e là si aprono dei varchi a un ripensamento delle narrazioni main stream, all’uso delle parole e dunque alla rappresentazione del mondo.
L’enorme lavoro di ricerca di quegli avvocati per affrontare il dibattimento ne è la dimostrazione, ma non è l’unica. Penso ad esempio allo sconvolgente ma garbato documentario di Paolo Cassina Invisibili, che raccoglie le testimonianze dei danneggiati dal vaccino contro il Covid-19. Un documentario carico di umanità, di un’umanità sofferente, che con enorme dignità chiede di essere riconosciuta.
Viviamo tempi estremi, siamo a un bivio epocale, come dice bene Susanna Tamaro, ma siamo in tempo ancora per dire no alla parola disincarnata, e riattivare l’energia nascosta ma miracolosa della parola sacra.
“Il verbo si è fatto carne” non è una trovata letteraria dell’evangelista San Giovanni, ma è una “forma pensiero” e il destino dell’umanità.
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“Dimoformica”, che penso possa trovare radici da “dimorfismo”, non credo esista, in barba alla sacralità della lingua.
Anch’io credo nella bellezza e nel valore del linguaggio e, anche per questo, non uso termini come “il sentire”, visto che esiste la parola “sentimento”, che amo moltissimo e ormai quasi sconosciuta, anche nell’esternazione.
Non credo nel valore delle etichette, quali “femminista” e simili, che non fanno che cristallizzare i pregiudizi e irrigidiscono le vesti che pensiamo di dover portare in nome di un certo ideale.
“Fa male constatare che le istituzioni non sono più garanti dei diritti dei cittadini e delle cittadine”? Quando lo sono stati? E da quando, in virtù della nostra sacra e bella lingua, non basta dire “cittadini” per indicare tutti, ma proprio tutti?
“Il potere si sente braccato dal dilagare della verità”? Da cosa lo si evince?
Un individuo profondamente convinto del proprio potere e della propria sovranità ha bisogno di un governo o delle leggi che li sanciscano?
Preferisco non commentare “il vaccino contro il covid19” e tantomeno la menzione alla Tamaro.
“…dimostravo come le parole contenute nei contratti e dunque promosse dalla legge che regolamenta tale pratica [della maternità surrogata]…”
Sono andato a leggere anche il testo linkato (proposto su Ferraraitalia, ora su periscopionline.it), ma non mi è ugualmente chiaro a quale legge si riferisca l’autrice.
A oggi, in Italia, se non sbaglio la maternità surrogata è vietata per legge (40/2004).
Forse l’autrice intende le leggi dei Paesi in cui, invece, è permessa (e che sono anche parecchio diverse fra loro) ?
Se è così, perché non scriverlo in modo esplicito per maggior chiarezza ?
P.S. A proposito di sacralità della parola, non mi sembra che il termine “dimoformica” faccia parte della lingua Italiana. Forse voleva scrivere “dimorfica” ?
(Benchè non userei il dimorfismo sessuale come esempio di realtà biologica – qualunque cosa questo significhi – dato che il numero di nascite con genitali ambigui o discordanti rispetto agli eterosomi o – in età puberale – agli ormoni, è tutt’altro che trascurabile.
Per non parlare di ciò che avviene in generale in Natura nel mondo animale, dove il cambio di sesso durante la vita adulta è un fenomeno tutt’altro che raro.)
“Le istituzioni non sono più garanti dei diritti delle cittadine e dei cittadini.”
La “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino” è tuttora una legge costituzionale della Francia (in francese Déclaration des droits de l’homme et du citoyen).
Dovremmo forse variarne il nome in “Dichiarazione dei diritti dell’uomo e della donna, del cittadino e della cittadina”? e pure dei transessuali? degli ermafroditi? dei/delle/degli LGBTQIA+? dei bambini?
Con la parola “uomo” non è ovvio che in questo contesto si intenda, semplicemente, l’essere umano?
Purtroppo chi crede alla narrazione main stream delle cose, non vede, quando c’è, una verità diversa, nonostante prove schiaccianti.
Un esempio alpinistico è la supposta salita di Maestri e Egger del 1959 del Cerro Torre e domani, parlando di sport, su Netflix esce il docufilm sul caso Schwazer. Lo potranno vedere tutti, eppure…