Dopo ciò che recentemente è successo a Venezia, riportiamo questo articolo apparso ben tre mesi prima.
Addio Venezia (e dintorni) – Riscaldamento globale e innalzamento del livello del mare
di Roberto Scarpa
(pubblicato su bioregionalismo-treia il 19 agosto 2019)
La tendenza è certa. Può variare solo la misura dell’aumento della temperatura. E per gli effetti, per esempio l’innalzamento del livello del mare, la prospettiva varia tra i 50-60 cm, nel caso di comportamento virtuoso di sostanziale progressivo azzeramento delle emissioni, e il doppio mantenendo la dinamica di aumento delle emissioni. Già sono delineate le vaste aree litoranee minacciate da sommersione.
Una prospettiva in fase di accelerazione ma già avviata già da alcuni decenni. Al livello locale dati ISPRA per il pregresso decennio indicano in almeno 3 mm./anno l’innalzamento (eustatismo) del livello del mare rispetto alle terre emerse nell’area veneziana, ai quali si aggiungono 3 mm/anno della perdita di quota (subsidenza) di queste ultime rispetto al medio mare. Quindi solo negli ultimi 10 anni sono 6 i centimetri di quota perduti e l’accelerazione futura riguarda di entrambi i fenomeni, non solo l’eustatismo per l’innalzamento della temperatura ma pure la subsidenza, dinamica naturale che si amplificata nel caso del suolo della bonifica e in particolare del collasso per salinizzazione, come già succede nell’area di Cavarzere-Cona dove nel giro di qualche decennio l’abbassamento del livello del suolo ha supera il metro e la salinità di risalita prospetta la sterilità del suolo agricolo. Pure l’emungimento di acqua dal sottosuolo in prossimità del litorale alimenta la perdita di quota, che permane ad esempio a Cavallino-Treporti, per le pratiche agricole, mentre doveva essere bloccato già entro il 1999.
L’emungimento degli acquiferi e l’esigua portata fluviale già alimentano il pericolo di intrusione del cuneo salino (acqua salata al posto dell’acqua dolce nel sottosuolo), a sua volta agevolato dalla perdita di quota del litorale.
Il riscaldamento globale comprometterà pertanto non solo la più nota e discussa validità del progetto MOSE, nel caso entrasse in funzione, ma pure la prospettiva del limitrofo litorale veneziano come terra emersa. Già ora la sua erosione è un problema, che genera continui costi pubblici, sia per il ripascimento richiesto dagli operatori turistici dipendenti prevalente dalla praticabilità dell’arenile, sia per le opere di sicurezza idraulica necessarie per la funzione di difesa della laguna e dell’entroterra dalle mareggiate.
Rilevazioni recenti indicano l’accelerazione della subsidenza, un paio di mm in più, in corrispondenza delle costruzioni delle torri a Jesolo, accelerazione forse temporanea ma indicativa degli effetti dell’urbanizzazione.
Rispetto alla già preoccupante stato idrogeologico del litorale veneziano, con la prospettiva di perdita ulteriore di quota del suolo rispetto al mare intorno ai 20 centimetri nei prossimi 20 anni, è di questi giorni la resurrezione dell'”autostrada del mare”, project financing ritornato in auge con la sponsorizzazione “lungimirante” della giunta Zaia e l’avallo del CIPE. Richiesta dalle Amministrazioni del litorale come soluzione delle difficoltà presenti e future di accesso dei flussi turistici, persegue la scontata consequenzialità sviluppo infrastrutturale-sviluppo economico locale, ma pure l’implicito supporto alle aspettative di valorizzazione delle vaste superfici già destinate all’economia turistica dai piani urbanistici comunali, per altro approvati senza alcuna attendibile valutazione di compatibilità ambientale, sia VAS che VINCA; in alcuni casi l’espansione turistico-insediativa prevista ricade anche su aree inedificabili (aree di duna e pineta o di prossimità fluviale o lagunare), individuate da norme (PALAV) vincolanti e sovraordinate ai piani comunali, delle quali però Comuni e Regione (prima Giunte Galan-Chisso e poi pure Zaia) si sono forse dimenticati strada facendo.
Pertanto ulteriore iniziativa infrastrutturale per supporto e promozione di incrementi della presenza turistico-insediativa già predisposta dalle pubbliche amministrazioni, ma per effetti ambientali che per la combinazione/sinergia col riscaldamento globale non potranno che essere di accelerazione della subsidenza e il corollario del cuneo salino.
E’ tale la conseguenza del consumo aggiuntivo/impermeabilizzazione di suolo e del consumo aggiuntivo di acqua dolce, generati dal carico antropico aggiuntivo in condizioni già allarmanti di insufficienza della portata idrica di Piave, Brenta e pure Sile. E’ conclamato lo stato di penuria del deflusso idrico recapitato a mare dai fiumi, oggetto di sostanziali derivazioni/prelievi lungo tutto il percorso, unitamente alla progressione del livello del medio mare rispetto al suolo che agevola la risalita, avvenuta o potenziale, del cuneo salino e la sua penetrazione sotto il suolo della bonifica con effetti che interferiscono con le sue caratteristiche geomeccaniche per cedimenti differenziali, che non dovrebbero costituire questione trascurabile in ambiti di densa urbanizzazione, presente e futura. Pure il ripascimento dell’arenile, notoriamente già in stato di erosione/arretramento diffuso e in natura dipendente dal trasporto solido fluviale (sedimenti fini trasportati in sospensione dai fiumi alpini sul litorale), da tempo dipendente dai sedimenti e roccia collocati con mezzi meccanici e scarso successo dalla spesa pubblica, ha già difficoltà di sostenibilità economica e in prospettiva pregiudicata l’efficacia per la progressiva perdita di quota dell’arenile rispetto al mare.
Non trascurabile ma prioritario pertanto l’aspetto dell’approvvigionamento idrico per gli insediamenti, di Chioggia-Sottomarina, Jesolo, Caorle, Eraclea e oltre, per la dipendenza dalle citate aste fluviali, dalle quali dipende pure Venezia, che richiedono prelievi massimi per il periodo di punta del flusso turistico coincidente con situazioni stagionali di particolare penuria del deflusso idrico; la funzionalità delle opere di presa degli acquedotti sono è condizionata dall’intrusione del cuneo salino già allo stato attuale del carico antropico e della condizione climatica.
Quindi autostrada del mare per proseguire secondo logiche infrastrutturali e prospettive insediative che, come consuetudine, sono perseguite indipendentemente dalla sostenibilità ambientale. Nel caso specifico avranno l’effetto di accelerare la crisi dell’economia locale (turismo e pure agricoltura) per le ricadute negative sulle dinamiche ambientali proprie del litorale sabbioso. Inevitabile anche la prospettiva dell’accelerazione della spesa pubblica per di difesa/sicurezza idraulica del litorale e della laguna.
La gestione sostenibile del territorio litoraneo resta quindi l’imperativo per non accelerare i devastanti effetti futuri del riscaldamento globale sulla fascia litoranea. La gestione della risorsa acqua dolce, del flusso e dell’assetto degli alvei fluviali rappresenta un’altra problematica essenziale per il futuro prossimo di tali aree. La sostenibilità ambientale come variabile indipendente è il presupposto per le politiche delle amministrazioni pubbliche nella gestione del territorio, a differenza della gestione corrente che alimenta la capacità insediativa come variabile indipendente e indipendentemente dalle norme di tutela ambientale vigente (VAS, VINCA, VIA, per piani e progetti) ricondotte a puro esercizio formale di uffici pubblici spesso privi di adeguate competenze professionali oltre che di terzietà di giudizio.
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