L’inverno degli Ottomila

L’inverno degli Ottomila
di Alessandro Filippini

L’inverno è iniziato e di nuovo l’attenzione torna a puntarsi sugli Ottomila, come da vari anni accade regolarmente dopo che Simone Moro con i suoi exploit su Shisha Pangma (con Piotr Morawski, 2005) e Makalu (con Denis Urubko, 2009) ha rilanciato le invernali sulle 14 montagne più alte della Terra.

Ci sono già o sono annunciate spedizioni a Everest (in realtà, forse no…), K2 (forse no…), Nanga Parbat, Manaslu e Cho Oyu. Niente male!

K2, forse. E forse meglio di no
Nel primo caso, dopo la notizia non sono più seguite informazioni sulla taiwanese Grace Tseng e i suoi Sherpa guidati da Nima Gyaltsen: una squadra di ben 7 uomini (gli altri Sherpa sono Chhiring, Dawa, Furi, Nima Tendi e Tashi, più Nimga Dorje Tamang) e tutta per lei. Sembra che miss Tseng abbia avuto problemi di visto e, anche se tutto il materiale per la spedizione è già al campo base, sembra che sia ancora in patria.

Jost Kobusch

Il K2 ha dimostrato nello scorso inverno quanto sia pericoloso scalarlo nella stagione più fredda. Purtroppo, il successo dei 10 nepalesi guidati da Nirmal Nims Purja ha illuso sulla fattibilità di una salita che non per caso non era riuscita per decenni. Anche la loro logistica è stata “fraintesa”: Nims e compagni non sono partiti per il tentativo finale di vetta da campo 3, come hanno cercato di fare in massa, due settimane dopo, gli scalatori delle spedizioni commerciali. Alcuni Sherpa avevano già aperto via e traccia fino a oltre la posizione di campo 4 e vi avevano fatto un deposito, rivelatosi fondamentale. Un punto d’appoggio e ancora di salvezza che, purtroppo, è mancato a Muhammad Ali Sadpara, John Snorri e Juan Pablo Mohr.

Miss Tseng ha salito il Manaslu nel 2019 e nel 2021 Everest e Lhotse in primavera e in autunno Dhaulagiri (prima salita in questa stagione da più di 15 anni) e Kangchenjunga (prima donna a salirlo in autunno). Ma un’invernale sul K2 è un’altra cosa. Anche per 7 esperti Sherpa.

Una nuova via sul Cho Oyu?
Al Cho Oyu è una squadra di soli sherpa, guidati da Gelje Sherpa, a voler aprire una nuova via sul versante nepalese della montagna, la cui via normale (fra le più semplici) sale in territorio tibetano. L’intenzione di cercare di aprire una “normale” alternativa sulla più impegnativa parete sud, in modo da poter in futuro portare i clienti delle spedizioni commerciali anche sul Cho Oyu senza dover attendere il via libera dalle autorità cinesi, era già stata espressa in passato da Nirmal Purja (che puntava a provarci nel prossimo autunno).

Gelje Sherpa, che con Nims nel 2019 ha salito 9 Ottomila e ora vuole diventare il più giovane a completare la raccolta delle 14 montagne più alte (gliene mancano due: oltre al Cho Oyu anche il Broad Peak) togliendo a Mingma David questo record, sta ancora cercando tramite gofundme.com finanziamenti per il suo tentativo. Che comunque ha già dato fastidio ai puristi, i quali preferirebbero non avere una via “normale” su una parete che ritengono “riserva di caccia” dei veri alpinisti. La cosa curiosa è che non pare interessare neppure il fatto che Gelje intenda aprire una via nuova su un Ottomila, cosa tutt’altro che frequente per gli sherpa dopo gli exploit dei “pionieri” che hanno preso parte alle prime ascensioni: Tenzing Norgay (Everest, 1953), Pasang Dawa Lama (Cho Oyu, 1954), Gyalzen Norbu (Manaslu, 1956), Nawang Dorje e Nima Dorje (Dhaulagiri, 1960), più quelli tibetani coinvolti nella “prima” dello Shisha Pangma, tutta cinese. Una via nuova aperta (in invernale…) solo da Sherpa: sarebbe una “prima” assoluta su un Ottomila.

Grace Tseng

Troppi aspiranti alla invernale del Manaslu?
Anche per quel che riguarda le altre spedizioni invernali, già iniziate, ci sono giudizi molto differenti. Poco considerata è quella al Manaslu, sia per l’alto numero di partecipanti sia per la presenza di una spedizione di soli Sherpa, che stanno attrezzando la via. A guidarli è Chhepal Sherpa (con lui Tenjin, Pasang Norbu, Gyalu e Thinduk). Si tratta di una spedizione indipendente, anche se Chhepal intende collaborare con quella di Alex Txikon e Inaki Alvarez, collegata a quella di Moro e Pasang Rinji Sherpa (che sono già acclimatati avendo salito l’Ama Dablam il 24 dicembre). Chhepal infatti riconosce a Txikon il merito di averlo introdotto alle invernali sugli Ottomila ingaggiandolo per i tentativi all’Everest e al K2. Come il basco e come Moro, anche Chhepal e Pasang Norbu non useranno bombole, che però verranno probabilmente portate ai campi alti sia per l’uso in caso di necessità da parte degli altri sherpa, sia per la terza spedizione presente, che comprende il polacco Oswald Rodrigo Pereira (lo scorso inverno presente al K2 fino a c3) più la finlandese Paula Brigitta Strengell accompagnata da Mingma Sherpa e i belgi Sofie Lenaerts e Stev Maginelle accompagnati da Dawa Sherpa (ancora non presenti al campo base e che hanno specificato di voler salire portando da soli il loro materiale). Per ora la squadra di Sherpa ha attrezzato la via fino a campo 2, ma poi sono seguiti giorni di forti nevicate.

Everest, ma questa volta non per la cima…
Apprezzatissimo invece il secondo tentativo all’Everest, solitario e non sulla via normale, del tedesco Jost Kobusch, che dice di avere come obiettivo soltanto quello di toccare gli 8000 metri, affacciandosi all’inizio del Canalone Hornbein. Due anni fa invece era partito annunciando di voler salire la montagna più alta della Terra in inverno, da solo e lungo la via che percorre parzialmente la Cresta Ovest e poi prosegue appunto nel Canalone Hornbein. Raggiunse i 7300 m. Ora ha salito una prima volta il Lho La, il passo dal quale inizia la Cresta Ovest.

Nanga Parbat per una impresa storica
La spedizione alla Sud del Nanga Parbat ha ambizioni più grandi. L’Ottomila pakistano non è mai stato salito in inverno lungo la parete Rupal. Il polacco Tomek Mackiewicz per due volte ha raggiunto la Cresta Mazeno (una volta inoltrandosi sul versante Diamir), ma sempre restando a quasi 1000 metri dalla vetta. Hervé Barmasse e David Göttler, accompagnati dallo statunitense Mike Arnold e dal pakistano Qudrat Ali, non vogliono seguire la lunga via Schell, già tentata dallo stesso Göttler 7 anni fa insieme a Simone Moro e appunto a Mackiewicz. Avendo intenzione di salire in stile alpino e quindi (per forza di cose visto che non avranno campi preattrezzati) anche in velocità, punteranno a una via più diretta e quindi ben più verticale. Probabilmente, vista la posizione del campo base, il Pilastro Sud-est o in alternativa quello Centrale.

Dovessero riuscire, la loro salita in stile alpino su una montagna tanto grande e col massimo dislivello (ben 4500 metri) segnerebbe uno storico punto di svolta nella storia delle invernali, aprendo un nuovo capitolo a soli 5 anni dalla “prima” realizzata sul versante ovest del Nanga da Moro con Alex Txikon e Muhammad Ali Sadpara. Per ora, la cosa più vicina a una simile impresa realizzata sicuramente in inverno su un Ottomila è la prima del Makalu di Moro e Urubko (2009), seguita dalla spinta solitaria di Krzysztof Wielicki sul Lhotse nel 1988 (!).

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L’inverno degli Ottomila ultima modifica: 2021-12-29T05:42:00+01:00 da GognaBlog

3 pensieri su “L’inverno degli Ottomila”

  1. 3
    Hans says:

    Jost Kobusch dovrebbe essere presente nella sezione dei fumetti.

  2. 2
    Andrea Parmeggiani says:

    Lorenzo non avrebbe saputo descrivere meglio di cosi’ la sensazione che mi attraversava leggendo l’articolo.
    Anche la foto della graziosa Grace mi sembra più da Instagram che da articolo alpinistico.

  3. 1
    lorenzo merlo says:

    Sento ressa in questo resoconto di Alessandro.
    Non sento alpinismo.
    Nel senso che nessuna emozione mi attraversa a mezzo di un bollettino se non il fastidio della vanità.
    Niente contro le singole persone, alle quali vanno la mia invidia e i miei complimenti.
    Tutto contro una cultura di consumo e apparenza dalla quale vorrei fuggire.
     

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