Metadiario – 311 – L’ultima nonna (AG 2024-001)
Quando ero ragazzo ho sempre sentito la penuria di nonni. I genitori di mio padre erano già morti prima della mia nascita; quanto al nonno materno, Rinaldo Amey, mi era stato riferito che aveva fatto a tempo a vedermi dal suo letto di ospedale. Quanto a Clelia, la nonna materna, ebbi il piacere di stare con lei 25 anni, fino alla sua morte nel 1971. La sua volitiva determinazione aveva fatto in modo che dopo le scuole medie io scegliessi, a dispetto dei miei dubbi, di iscrivermi al liceo scientifico: perché nella sua testa io dovevo laurearmi ingegnere. E allora i diplomati scientifici non potevano accedere alle facoltà di lettere o filosofia (se non a prezzo dello studio integrativo della lingua greca antica da praticare nei due mesi immediatamente successivi al terribile esame di maturità…). Posso dire dunque che è stato per sua volontà che non ho potuto studiare ciò che mi piaceva e che certamente la mia vita è stata condizionata dalla sua cocciutaggine. Ebbene, questo episodio non scalfì minimamente i sentimenti che avevo per lei. Ed è proprio perché le volevo così tanto bene che era ben manifesto il mio impensabile desiderio di una qualche presenza degli altri nonni. Sentivo più la loro mancanza di quanto potessi sentire l’assenza di un fratello o di una sorella.
Questo sentimento strisciante non mi ha mai abbandonato, anzi ora è ancora più forte perché mi sono accorto che, sotto sotto, oggi non mi dispiacerebbe proprio diventare nonno…
Feci conoscenza di Marisa Ferrari una sera di un lontanissimo ottobre 1987. Fui fatto entrare in casa loro al secondo piano di via Scarpa 12. Presentato da Bibi come “amico”, ebbi finalmente modo di dare un volto a una madre cinquantasettenne che già solo dalle descrizioni s’imponeva come l’assoluta padrona di casa e della famiglia. Non ero così ingenuo da farmi prendere da quella sua giovialità tutta milanese, ma in quella sfrenata voglia di vivere non potei fare a meno di osservare le tre sue più evidenti qualità: l’attitudine al comando, l’intelligenza e la generosità. Poi, negli anni dopo, mi fu chiaro tutto il resto, altri pregi e qualche difetto. Nata il 1° aprile 1930, aveva esercitato il mestiere di architetto e con felici risultati aveva riversato la sua esperienza nella ristrutturazione della nostra “casetta”. C’era stato anche un periodo (ma prima di averla conosciuta) in cui si era data alla politica, perché in un sorriso sapeva far convivere creatività, decisione e compromesso, le doti appunto che ogni politico dovrebbe avere. Adoravo la sua cucina, quel tavolo nero vedeva scorrere piatti sempre diversi, come se un colossale libro di ricette prendesse corpo e trovasse modo di realizzarsi di sera in sera. Unico appunto: trovavo ciò che cucinava sempre lievemente al di sopra di ciò che io ritenevo giustamente salato. Ma già dopo il primo assaggio me ne dimenticavo… Inoltre, non so se perché ci avevo fatto l’abitudine o perché lei stessa aveva modificato le dosi di sale, di fatto negli ultimi tempi di frequentazione il mio palato non aveva più quell’impressione.
Ricordo le cene nella gigantesca casa di Levanto: c’erano fino a venti commensali, ma erano tutti amici dei suoi figli. La diversa età non si è mai sentita, si parlava liberamente senza quei tabù che a volte imperversano tra le generazioni.
Ero felice che le mie figlie avessero una nonna così, perché adorava i suoi quattro nipoti nel modo giusto, rispettandone le personalità e senza mai minimamente cercare di sopraffare o anticipare i quattro genitori.
Nei mesi che seguirono la mia separazione da Bibi, nonna Marisa (che in realtà si chiamava Elena) mi fu assai vicina. Ero disperato e, in quell’occasione ma anche in seguito negli anni dopo, trovammo consolatorio farci molte confidenze, alcune davvero molto intime. In seguito alle “confessioni” relative ai “peccati” compiuti o alle debolezze cui ciascuno di noi prima o poi cede, le doti di generosa umanità sono ancora più evidenti e rasentano la comprensione universale. Perché appaiono quelle meravigliose sospensioni di giudizio che uniscono i cuori e che sembrano impossibili a chi non è in quelle condizioni.
Certo, negli ultimi tempi, e specialmente dopo la morte del marito Angelo, aveva perso parecchio smalto per via che cominciava a sentire i suoi anni: spesso litigava con le badanti, trattandole pure male. Qualche volta cadeva in periodi di depressione cui seguivano fasi di perfino eccessiva vivacità. Certo le pillole non l’hanno aiutata. Non confidava negli aiuti psicologici, anzi li rifiutava con decisione. Ma pure in questa evidente decadenza rimaneva LA nonna, anzi “l’ultima nonna”, anche per Elena e Petra.
Marisa è mancata il 26 gennaio 2024, in seguito a complicazioni post-operatorie, lasciando un vuoto palpabile nella sua casa ma soprattutto nei cuori di chi l’ha amata.
Il 29 gennaio ci sono stati i funerali nella chiesa di Santa Maria Segreta, gremita. Credo che il dolore che accomunava tutti i presenti sia stato ben espresso da ciò che hanno letto, con voce rotta, le sue due nipoti Petra e Carlotta.
Carlotta, 29 gennaio 2024
“Chi mi conosce sa quanto la nonna Marisa sia stato un pilastro portante della mia vita, nonché oggetto di molti aneddoti e storie strampalate, ma anche fonte di grandi insegnamenti e compagna e artefice di ottimi pasti.
Il pranzo dalla nonna è stato un rito che ha scandito e accompagnato la mia vita. In questi ritrovi, a cui hanno partecipato un numero indefinito di commensali di diverse fasce di età, a tuo dire meglio se giovani uomini di bella presenza, tenevi sempre banco in maniera poliedrica, sfoggiando – al bisogno – lingue straniere che non sapevo parlassi o nozioni di biologia delle anguille che non pensavo sapessi.
Effettivamente, tutte le nostre conversazioni sono state degli incredibili viaggi, che attraversavano lo spazio e il tempo, lasciandomi spesso il dubbio se quello che avevo sentito fosse tratto da un libro o da una commedia, oppure se fosse davvero accaduto. Mi sono lasciata trasportare nei racconti delle tue mille vite (poco importa se vere o immaginate) scoprendo della nostra discendenza della dinastia dei Romanov e dei momenti passati a Sarnico durante la guerra, dalla staffetta partigiana agli immensi tonni cucinati a Varazze, fino alla relazione romantica avuta con un giovane FG.
L’altra mattina prima di intrufolarmi a sorpresa nella tua stanza, ripensando a tutto questo, chiacchieravo con la nostra comune amica a proposito del tuo brillante umorismo e arguto intelletto, e su quanto fosse raro e prezioso.
Se ne avessi avuto mai il dubbio, la tua assenza si sentirà, in maniera assordante, così come si è sentita la tua presenza. Sei stata e sarai fonte di ispirazione per la continua alimentazione di uno spirito anarchico e un po’ rock, per essere vivi e frizzanti un po’ come te.
Ci mancherai tanto”.
Petra, 29 gennaio 2024
“Cara nonna, chi poteva immaginarsi i tuoi ultimi giorni, le tue ultime parole, il tuo ultimo saluto?
Nessuno. Infatti la tua dipartita ci ha colto tutti di sorpresa. Non hai mai, dico mai, smesso di stupirci.
In realtà, a pensarci bene, un pesciolino d’aprile quale eri tu, non poteva che andarsene silenziosamente, un po’ di sfuggita, lontano dall’attenzione di tutti, con lo stesso sorrisino da furbetta con il quale t’immagino rubavi i biscotti di nascosto.
Eri una donna poliedrica, caravaggesca. Colorata dei chiari più lievi e degli scuri più imperscrutabili.
E sarò sincera, per certi versi eri una donna contraddittoria, e forse proprio per questo, profondamente umana, viva e libera.
Se chiudo gli occhi, vedo quel sorriso e quegli occhietti vispi, curiosi. Quella risata da bambina…
In quegli occhietti ci ho sempre visto un filo d’oro che univa – quasi per miracolo – l’inquieta urgenza moderna di uscire dagli schemi con la solida, inscalfibile austerità di una saggia matrona Incas.
Per me sei sempre stata un enigma insoluto e insolubile. Ma in questi giorni sto capendo che proprio per questa tua indecifrabilità di fondo, risultavi irresistibile.
Esercitavi un certo magnetismo, una certa magia. Oggi più che mai sento questa magia, sento tutto l’amore che hai lasciato qui.
Oggi più che mai sento la potenza della tua presenza, sento il mito vivente che eri e che sempre sarai.
Quel mito che eccede la ragione, quel racconto leggendario in cui il bene e il male si mescolano straordinariamente, facendo emergere la bellezza sublime, ineffabile, delle emozioni più profonde.
Nonna, per me sei e sempre sarai, mitica”.
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Grazie per l’emozionante racconto. Ha portato alla luce ricordi dell’unica nonna che abbia conosciuto e di altre compagni che hanno lasciato troppo presto, per me, questa vita.
I nonni…
Fiabeschi ponticelli di legno fin da quando siam bambini fino a divenire strutture enormi a conci di travertino romano che supportano poi il carro della nostra vita.
Quando ci si prende la briga di scrivere su qualcuno che non c’è più, è perché comunque ha lasciato un segno e la propria mancanza.