È scomparso lo scorso agosto a 95 anni, ma il suo nome rimane legato alle grandi imprese dell’alpinismo italiano in Himalaya: Giuseppe Oberto, guida alpina di Macugnaga e autentico uomo di montagna, era l’ultimo protagonista in vita della vittoriosa spedizione al Gasherbrum IV del 1958.
L’ultimo protagonista
di Teresio Valsesia
(pubblicato su Montagne360, novembre 2018)
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Scomparso a quasi 95 anni, lo scorso mese di agosto 2018, Giuseppe Oberto, guida di Macugnaga, era rimasto l’ultimo protagonista della stagione delle grandi imprese dell’alpinismo italiano in Himalaya: il K2 nel 1954 e il Gasherbrum IV nel 1958. Al K2 non aveva partecipato: «Eravamo poveri e non potevo assentarmi per dei mesi senza la garanzia di avere uno stipendio per la mia famiglia», confessava un po’ dispiaciuto per non aver sfruttato la grande occasione. Al Gasherbrum, un “quasi ottomila”, era invece presente insieme a Riccardo Cassin, Walter Bonatti, Carlo Mauri e ad altri alpinisti considerati, in quel periodo, fra i migliori d’Italia. E, anche se ammalato, aveva potuto essere festeggiato dal CAI di Macugnaga e dal locale “Club dei 4000” in occasione del sessantesimo anniversario di quella che Edmund Hillary (vincitore dell’Everest insieme allo sherpa Tenzing), ha definito “un’impresa difficilissima, su una cresta fra le più eleganti e impegnative dell’Himalaya”. Anche questo spiega perché sinora il Gasherbrum IV è stato ripetuto soltanto quattro volte, ma sempre lungo un itinerario meno impegnativo di quello tracciato dagli italiani (Questa è opinione, discutibile, dell’autore, NdR).
Modesto e riservato, Oberto non aveva mai calcato i palcoscenici dei riflettori mediatici. Per questo, con il passare dei decenni, il suo nome è rimasto sempre rigorosamente in ombra, pressoché sconosciuto fra i tanti protagonisti dell’alpinismo extraeuropeo. Negli anni scorsi gli è stata dedicata una monografia biografica (Un walser guida alpina) da Luigi Zanzi e da Beba Schranz, edita dalla Fondazione Monti. Gli autori rilevano che la sua carriera è difficilmente eguagliabile, soprattutto se riferita all’epoca. In oltre settant’anni di professione come guida (iniziata nel 1948, senza nemmeno il bisogno di partecipare all’apposito corso), Oberto ha compiuto 17 salite alla Dufour lungo il canalone Marinelli, a quei tempi ritenuta una delle vie classiche delle Alpi, 6 alla Nordend, 13 alla cresta Signal e in tempo record la famosa Via dei Francesi, oltre 2000 metri di dislivello su misto, sempre sulla Est del Rosa, Innumerevoli sono state altre sue ascensioni su tutte le Alpi occidentali, fra cui alcune “prime”, compiute insieme all’alpinista milanese Giberto Carnevali. Inoltre era sempre in prima fila anche nelle operazioni di soccorso alpino sul Rosa, i cui ghiacciai conservano tuttora i corpi di una quindicina di alpinisti che non è mai stato possibile recuperare.
È stato un “figlio d’arte” poiché suo padre, nel periodo fra le due guerre, aveva partecipato a una spedizione in Patagonia insieme al celebre precursore salesiano, padre Alberto de Agostini. E, come il genitore, era stato sin da giovanissimo un “contrabbandiere di fatica” portando dalla Svizzera non soltanto le “bricolle” di sigarette, ma durante l’ultima guerra anche sacchi di riso in direzione del Vallese, spalleggiando addirittura delle biciclette fino a Zermatt attraverso il passo del Nuovo Weistor, a 3600 metri di quota. Da contrabbandiere a passatore: in quegli anni tragici ha contribuito a salvare numerosi ebrei, perseguitati politici ed ex prigionieri di guerra inglesi e americani, che erano in fuga verso “l’elvetica frontiera della speranza e della libertà”. Del resto Achille Compagnoni usava dire: «Non si è una brava guida se non si è stati dei bravi contrabbandieri». Insomma, un montanaro completo, a tutto tondo, dedito alla famiglia e al lavoro. E con la montagna come parte integrante del suo dna.
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Grandissimo uomo, eccezionale Guida Alpina di una volta che ho avuto l’onore di conoscere negli anni ’70 a Macugnaga, Mister Marinelli come veniva affettuosamente soprannominato. L’ultima volta l’ho visto una decina d’anni fa nel negozio del figlio a Staffa. Grazie dei bei ricordi