Lo scrittore e alpinista sul crollo del ghiacciaio della Marmolada: «Atroce pensare a quelle persone, il nuovo clima non permette più di affrontare alcuni tracciati».
Al momento attuale (ore 19 del 5 luglio 2022) i morti accertati sono 7, i feriti 8, mentre i dispersi da 13 sono scesi a 5.
Marmolada, l’opinione di Mauro Corona
di Michela Nicolussi Moro
(pubblicato su corrieredelveneto.corriere.it il 4 luglio 2022)
A seguire con apprensione la tragedia della Marmolada c’è anche Mauro Corona, alpinista, scrittore, scultore ligneo ma soprattutto amante della montagna. Ha scalato numerose vette italiane ed estere, aprendo oltre 300 vie di arrampicata sulle Dolomiti friulane. «Conosco molto bene il tracciato travolto dal crollo di un pezzo di ghiacciaio — rivela — l’ho attraversato almeno quaranta volte, anche con gli sci, con le pelli di foca e i ramponi è bellissimo. Il ghiacciaio ormai è un po’ impolverato e sporco, ma quanto è accaduto non si poteva prevedere. Sabato scorso quel percorso era ancora più affollato e nell’estate 2021, pur con le stesse condizioni climatiche, non era emersa alcuna avvisaglia di ciò sarebbe potuto succedere».
Cosa si è «tecnicamente» verificato?
«Il ghiacciaio, stressato dal caldo eccessivo, ha ceduto e se ne è staccata una parte, che non sarà l’ultima. Un altro pezzo è pericolante e impedisce ai soccorritori di salire a cercare i dispersi. E’ una situazione da film dell’orrore, mi fa paura pensare che ci siano sopravvissuti ma non si riescano a portare in salvo perché potrebbe venire giù un altro pezzo di ghiacciaio. Penso a quelle trenta macchine vuote lasciate dalle persone di cui ora non si sa più nulla: e parliamo di due o tre per auto. E’ atroce».
L’ennesima testimonianza della distruzione dell’ecosistema ad opera dell’uomo?
«Sì, abbiamo fatto le cicale per anni e adesso la terra ci presenta il conto. In montagna ci sono anche le rocce che si sgretolano, bisogna cambiare radicalmente il modo di affrontarla, abbandonando i vecchi, dolci, ricordi di un tempo. E questo vale per tutto, la natura si sta ribellando allo sfruttamento totale dell’uomo, l’abbiamo visto con Vaia, con la siccità, con le alluvioni».
Partiamo dalla montagna: come cambiare il modo di avvicinarsi?
«Non si può più andare sotto qualcosa che sovrasta le nostre teste, sia un ghiacciaio sia una roccia. Bisogna rinunciare a determinati tracciati, per esempio io adesso non andrei più sull’Adamello (a cavallo tra Lombardia e Trentino Alto Adige, in Val Camonica, è il più vasto ghiacciaio delle Alpi italiane, NdR), perché fa troppo caldo e potrebbe crollare. E poi bisogna essere più prudenti».
Affidarsi sempre agli esperti, anche per i tragitti più semplici?
«Sì, l’italiano ha un po’ la mania del fai da te, ma in montagna è pericoloso. Si deve usare cautela, rivolgersi alle guide alpine per decidere il percorso da affrontare. Magari si sceglie un tratto a rischio di caduta pietre, ed è frequente, e un esperto ti può consigliare il casco, per esempio. Bisognerebbe produrre e distribuire dappertutto, nelle scuole, negli uffici turistici, nei Comuni, un libriccino scritto dalle guide alpine con le modalità di accedere alla montagna nel terzo millennio».
Si parla di numero chiuso in montagna. Il Trentino Alto Adige ha già sperimentato una sorta di Ztl sul Passo Sella e al Lago Braies. Che ne pensa?
«Sono contrario, è una dittatura intollerabile, non è giusto che sia privilegiato chi può pagare, la montagna dev’essere di tutti. Il numero chiuso può andare bene sulle Tre Cime di Lavaredo, dove già devi versare un pedaggio (20 euro per la moto, 30 per l’auto, 60/120 per pullman e autobus, NdR). Anzi, io li farei andare a piedi».
Corona, lei che ama la natura, ci vive in mezzo da 70 anni, abbraccia gli alberi, è arrabbiato?
«Ma sì che sono arrabbiato. C’è un nichilismo da terzo millennio, un’anarchia che porta la gente a dire: io me la godo, sto bene, sfrutto tutto quello che posso, faccio i soldi e chi se ne frega di chi viene dopo di me. Non abbiamo fatto progetti per le generazioni future, le persone usano e gettano la terra, la natura, l’ecosistema, pensando: tanto quando sono morto, che mi importa del resto. Se anche si cominciasse oggi a cambiare registro, ci vorrebbero almeno vent’anni per assistere ai primi miglioramenti, perché ormai c’è lo sfacelo».
Il primo segnale, però ignorato da chi decide i destini della Terra, è stato il cambiamento climatico.
«Esatto, parlo per l’Italia: siamo passati da un mite clima mediterraneo al clima tropicale. Io abito a 700 metri d’altezza e in questi giorni il termometro ha raggiunto i 39 gradi. Ogni sera c’è un violento temporale, c’è la grandine, la tempesta Vaia tornerà. Abbiamo voluto scaldare l’ambiente all’inverosimile e adesso tornare indietro è difficile. Anche perché non gliene frega niente a nessuno».
Comunicato delle Guide Alpine Italiane
(comunicato stampa n. 3 del 4 luglio 2022)
In merito alla tragedia avvenuta ieri sulla Marmolada, il presidente delle Guide alpine italiane Martino Peterlongo, rilascia il seguente commento:
“Per prima cosa vorrei fare le più sentite condoglianze da parte mia e di tutte le Guide alpine italiane alle famiglie dei colleghi e di tutte le vittime coinvolte nella tragedia avvenuta in Marmolada. L’evento catastrofico di ieri era altamente imprevedibile, anche perché se così non fosse stato non si spiegherebbe come mai c’erano sul posto tante persone, fra cui diverse Guide alpine. La salita alla Punta Penia è l’itinerario classico di alta montagna delle Dolomiti, sulla cima più alta, quindi gode di una popolarità e di una frequentazione molto elevate. Si è verificata una terribile coincidenza di un evento imprevedibile capitato su un itinerario ad alta frequentazione. Se il distacco fosse avvenuto di notte avremmo avuto probabilmente solo un report e nessuna persona coinvolta.
Dobbiamo tenere presente che l’alta montagna è soggetta, a cadenza assolutamente imprevedibile, a eventi catastrofici come questo, eventi che si verificano anche (ma certamente non solo) su cime famose e molto frequentate. Ma altrettanti distacchi capitano anche su montagne poco frequentate e in momenti in cui non ci sono persone.
Questo per dire che non è ragionevole abbandonare la frequentazione delle montagne in senso assoluto, mentre bisogna se mai pensare alla frequentazione con i criteri della prudenza, della conoscenza delle condizioni degli itinerari, ecc. Il caso della Marmolada tuttavia non rientrava nelle situazioni di prevedibilità, nessuno avrebbe potuto sospettare l’eventualità di un incidente di questa portata.
Infine, l’incidenza dell’innalzamento delle temperature sulle montagne è cosa nota da tempo alle Guide alpine, che hanno ben presente il problema e, nei limiti delle conoscenze possibili, valutano le condizioni e prendono decisioni di carattere puntiforme e puntuale (sugli specifici itinerari e sul momento preciso) per minimizzare i rischi, trovando vie d’accesso alle cime delle montagne al riparo dai pericoli più evidenti”.
In fondo a questo comunicato stampa, le guide alpine informano anche della presenza, tra le vittime, di due guide alpine. Si tratta di Davide Miotti (51 anni che era in compagnia della moglie Erica Campagnaro ( 45 anni, ancora dispersa), e di Paolo Dani (52 anni, che era in compagnia di Tommaso Carollo).
Il commento
di Carlo Crovella
Se da un lato è immaturo pretendere che qualche autorità intervenga a priori per vietare l’accesso a luoghi “pericolosi”, dall’altro non possiamo più pretendere, in montagna, di fare tutto quello che vogliamo in nome della libertà individuale. Tutto l’ambiente (di cui le montagne sono una parte) è in evidente sofferenza e reagisce con situazioni imprevedibili. Imprevedibili nel timing preciso, ma non nelle probabilità che accadano. In questo quadro, la “responsabilità” che deve intervenire, oggi, è quella individuale. Sintetizzabile in due punti a prova di bambino dell’asilo:
1) saper scegliere quando e dove andare;
2) saper rinunciare o all’uscita nella sua totalità o, quanto meno, a “quella” specifica uscita (optando per un’alternativa più idonea).
Nella più calda fase climatica da circa 200 anni a questa parte, andare su ghiacciaio è davvero inopportuno. Occorre esser pazienti e lasciar transitare la fase critica, che potrebbe durate qualche settimana, ma magari anche qualche anno, magari dei decenni. L’immaturità è pretendere che sia tutto dovuto e al brucio. La Natura non guarda in faccia a nessuno: non si può approcciare un’escursione su ghiacciaio (anche tecnicamente semplice come la Marmolada da Nord) come se si andasse a fare una corsetta al Parco Sempione in centro a Milano. A dire il vero questa considerazione vale per qualsiasi itinerario outdoor, su ghiaccio, su roccia, su sentiero. Ma in questo frangente climatico è chiaro che il ghiacciaio con temperature esterne di 10 gradi centigradi è una delle scelte con il maggior rischio implicito. In montagna occorre mettere la testa, non la pancia. Oppure: si preferisce agire di pancia, in nome della libertà individuale che in montagna trova la sua massima espressione? Ma per carità, facciamolo pure. Nessun vincolo di nessun tipo, né giuridico né esistenziale: non voglio però sentire, il giorno dopo, i soliti piagnistei sulla “montagna assassina”…
Il commento
della Redazione
L’assoluta eterogeneità delle vittime di questa catastrofe (di parte delle quali ancora non si conoscono i nomi) e il bilancio finale ancora in sospeso non consentono un giudizio a caldo su quanto questi alpinisti abbiano sbagliato e su quanto al contrario siano stati il bersaglio di un tragico destino.
Il nostro invito è, in questo momento così disperato, a non lasciarsi andare a facili commenti, siano essi di condanna (se la sono andati a cercare, non si va sotto i seracchi con questo caldo, ecc.) siano di parziale o totale assoluzione (evento completamente imprevedibile, ecc.).
L’invito è, al contrario, a riflettere su cosa avremmo davvero fatto noi (dalla guida alpina che non dice di no al cliente, all’escursionista sufficientemente preparato che mira alla vetta per passione o per emulazione). Le scene di questo nostro processo mentale possono essere tante, almeno quante possono essere le motivazioni diverse che ci spingono a prendere le decisioni.
In tutto questo c’è però una cosa che può aiutare: prendere sempre più coscienza delle opportunità di giudizio di cui ci potrebbe dotare un generale atteggiamento di umiltà e di rispetto nei confronti della Natura, oggi pressoché assente.
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CRONACA ODIERNA:Venezia-Monte Bianco in 48 ore, il nuovo record di Aron ed Enrico sfuma a pochi metri dalla vetta: «Troppo caldo per proseguire».
Almeno anche la rinuncia fa notizia.
76) tra ” La frana cadrà”e “la frana “NON cadrà,”cioe’ il suo contrario, non esiste un confine netto e sottile, ma una zona indefinita sfumata di “verità”…dove nessuno potrebbe calcolare una probabilità.
Marcello Cominetti says:
7 Luglio 2022 alle 20:23
C’è davvero posto per tutti.Come nelle discariche.
cioè
qualche problema?
Un dubbio: non e’che molti sono motivati a scegliere una escursione , un rifugio, piu’ che altro motivati dall’opportunità di trovare il “genius loci televisivo”, che se ne va per i fatti suoi importunandolo con la scusa di un autografo, o un gestore di rifugio fatto diventare una specie di “guru dei dolci” da articoli su riviste o servizi televisivi a caccia di personaggi?
78)https://www.sestogrado.it/it/cosa-succede-ci-facciamo-male/
mentre ci si accapiglia tra blogger , la finanza assicurativa studia le statistiche e la casistica e decide le tariffe , i massimali ( forse anche i dettagli utili a dare colpe e responsabilità agli assicurati.) Crollato uno sperone della Moiazza? Ci sono pure altre zone sotto osservazione. Se si dicono i toponimi, poi qualcuno se la prenderà con chi li evidenzia perche’ danneggia il movimento turistico.Il turista tedesco che ha comunicato il crollo in Moiazza , sarà considerato da tutti un benemerito o un denigratore boicottatore della zona? forse e’ meglio dimenticare dopo alcuni giorni, ad esempio un tratto di autostrada Trieste -Venezia e’ maledetto da incidenti piu’che giornalieri, ma le cronache non fanno desistere da percorrerlo appiccicati a pochi metri di distanza di”insicurezza”.Oggi appaiono incidenti in montagna per “inciampo e perdita equilibrio” su percorso Lagazuoi…molti altri da inizio stagione estiva e chissà quanti a fine stagione,ma appaiono in cronaca per un giorno e poi si dimenticano ed il totale supererà il triste bilancio della Marmolada.
Cominetti: ” zitto! Che non lo sappia Zaia, se no ti transenna tutte le Dolomiti.
Oggi è crollato un pilastrone di roccia nel Massiccio della Moiazza (Dolomiti-Civetta). Per fortuna nessuna persona è stata coinvolta. State a vedere per quanto se ne parlerà sui media. Forse già domani sarà tutto dimenticato.
L’evento raro catastrofico improvviso che miete molte vittime in una sola volta, è piu’mediatico e amplificato da mille articoli ,di incidenti mortali o gravi che avvengono per cause “ordinarie”.Basti leggere le statistiche annuali del CNSAS. QUINDI PIU’PRUDENTE PREVENIRE:SCIVOLATE, SMARRIMENTI DI SENTIERO, SCARSO ALLENAMENTO, CONDIZIONIDI SALUTE PRECARIE NOTE, CALZATURE E D EQUIPAGGIAMENTO INADATTI, FREDDO E MALTEMPO E VALANGHE PREVISTI DALLE ARPA.PERICOLI OGGETTIVI INCOGNITI CHE SI SCATENANO REPENTINAMENTE..VANNO MESSI NEL NOVERO DELLE POSSIBILITà( NON DELLE PROBABILITA’ STATISTICAMENTE STIMATE E MISURATE DA STUMENTI COSTOSISSIMI DI MONITORAGGIO.) Quanto ai mutamenti climatici, centinaia di migliaia di frequentatori che vanno ai monti in auto o esplorano mete esotiche con viaggi transcontinentali in aereo, hanno dato il loro bel contributo.Visto molti turisti scaricati dalla funivia a PUNTA ROCCA, passeggiare in cresta e sormontare ,se muniti di scarponi e ramponi, la parte superiore dei residui di ghiacciaio sottostanti ,alcuni proprio sopra quello crollato( e se ti partisse da sotto i piedi??).Purtroppo ora questo incubo lo avranno in molti E DESISTERANNO.
Anche con riferimento al link inserito da Pasini, trovo inutile il dibattito fra coloro che dicono che non era prevedibile e quelli che dicono il contrario. In realta’ noto una certa fretta di alcuni a dire che non si poteva prevedere, che sembra piu’ finalizzata a parare possibili critiche piuttosto che a valutare oggettivamente l’accaduto, che poi e’ l’unica cosa utile. Ovvio che accadano cose imprevedibili anche allo studio e controllo piu’ attento, soprattutto quando si ha a che fare con la natura, altrimenti se potessimo prevedere tutto gli imprevisti non esisterebbero e il futuro non sarebbe un punto interrogativo ma una guida stampata. D’altra parte mi chiedo se, dopo anni che vediamo crollare di tutto, non aver sviluppato un po’ piu’ di adattamento alle nuove condizioni sia solo parte dell’imprevedibile. Come succede sul lavoro, quando una mattina qualcuno ti dice che c’e’ una urgenza dettata da un imprevisto, penso sempre che una concausa sia che qualcuno non ha programmato bene prima. Ripeto, una concausa, non una causa. Il pilastro Bonatti ai Dru e’ crollato qualche hanno fa, non nel medio evo, eppure stentiamo ad analizzare il pericolo con occhi diversi.
Stasera le web cam del Piccolo Cervino fa vedere quanto e’ crepacciato il tratto prima di arrivare allo skilift del colle del breithorn per chi sale da plateau rosa. Pero’ la pista su cui si cammina e che passa sopra questi buchi sembra una magnifica tavola da biliardo.
Sono passato di li’ decine di volte, anni fa anche da solo ( contravvenendo lo regole d’oro di come si va su ghiacciaio, ma a giugno e con temperature ben sotto lo zero)
Oggi faceva un po’ piu’ freddo ma ad agosto se va avanti cosi sono zone off limits.
Ha detto bene una guida al tg, guardiamo le cose piu’ attentamente e scartiamo qualsiasi itinerario dubbio, ne facciamo altri. Chissa’ che nel 2023 ci si trovi con metri di neve. Non dobbiamo cedere alla smania di fare a tutti costi la vetta che vogliamo. Ma capisco che chi pretende il condizionatore a casa per passare un’estate calda non ha questa pazienza….
C’è davvero posto per tutti.
Come nelle discariche.
A metà della crisi se la crisi è della mezza etàTra mezzi sorrisi ed altre mezze veritàAldilà dei sogni uccisiDa chi non li ha mai avutiFino a quelli decisi da chi ci ha precedutiBenvenuti fra scenari surrealiDevo mandar giù rifiuti non solo quelli verbaliMa quali ideali macchè contenutiSiamo fottuti animali nemmeno troppo evolutiSiamo sopravvissuti 5 minuti a testaSiamo gli sconosciuti venuti dalla tempestaChiamo ciò che resta ciò che rimpiangoFiori di cartapesta siamo cresciuti nel fangoMa se rimango se questa è la scommessaLa stessa che infrango perché infrango ogni promessaLa vita è complessa ci và aritmeticoAl vento interessa se ora è ammessa la replica
KAOS
Allora si parla e si riparla in Svizzera ( Gran Combin) anno corrente non hanno fatto la sceneggiata italica in Francia Mont Maudit idem l unica differenza tra Mattmark e Marmolada è che i primi sono morti sul lavoro punto e basta.
Il pezzo sulla Marmolada pubblicato da Climbing, una delle più diffuse riviste di arrampicata in USA e nel mondo. Sempre interessante considerare come vedono da lontano le nostre cose. Oltre allo stile giornalistico totalmente non emotivo e senza elementi di colore.
https://www.climbing.com/news/glacier-collapse-italy-kills-eight/?utm_medium=social&utm_source=email&utm_campaign=onsiteshare
Mattmark=fatalità e baraccamenti con scelta infelice.
Vaja=fatalità
Marmolada=scelta insieme a Velino e Rigopiano.
1965 Barrage di Mattmark crolla seracco ce lo Allalin 89 morti.56 erano italiani.E allora?
Sono d’accordo con te, però “qualcuno” dice che se in Italia la natalità continuerà così in negativo saranno problemi.
scusate i due errori finali: chi invece di che
Dal punto di vista mediatico il problema è stato il gran numero di morti nell’evento perchè, se fosse successo in altro orario e di giorno lavorativo senza conseguenze per le persone, sicuramente se ne sarebbe parlato forse per un giorno come è successo per il rifugio di Pian dei Fiacconi, ci sono esempi a decine a questo riguardo. Sicuramente l’orario non ha aiutato e dire che non bisognava essere lì a quell’ora è troppo facile. Mi è successo decine di volte di scendere in ambiente glaciale al primo pomeriggio dopo una salita lunga ma ne ero consapevole e credo che alcuni dei morti lo fossero a parte i clienti delle guide ai quali non si può chiedere di esserlo, altrimenti non si farebbero accompagnare. Erano semplicemente nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Purtroppo a differenza di qualche decennio fa il numero dei frequentatori delle terre alte è aumentato a dismisura. Ripeto quello che ho scritto più volete su queste pagine:
Siamo troppi.
La popolazione mondiale si avvia agli 8 miliardi di anime e solo 50 anni fa era la metà. Anche in Italia eravamo 47 milioni nel 1951 ed oggi siamo quasi 60. Ciò si riflette in ogni situazione. Si parla di cambiamento climatico e questo è sempre successo ciclicamente nella storia della terra. Il problema è che siamo stati bravi a dare una accelerazione formidabile a ciò. Questo provoca eventi distruttivi in ogni senso. Credo che serva avere sempre più consapevolezza di quello che stiamo facendo o che vogliamo fare poi, se la sfiga ci mette del suo, allora non c’è niente da fare: la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo. Un inchino doveroso a che è mancato ed un abbraccio a che è rimasto.
https://www.montagna.tv/132244/come-cantano-i-ghiacci-una-ricerca-lo-svela/
COSA ACCADE DENTRO..SUL FONDO ECC.NON SI può intuire ad orecchio ed occhio in tempo utile a sventare tragedie. Solo negli spaghetti western, i furbi scansano le pallottole dopo aver udito lo sparo del contendente.
https://www.eniscuola.net/wp-content/uploads/2013/11/migrazione/assets/3288/pdf_ghiacciai.pdf
senza schemi e foto..solo lunga lettura
Le parole di Draghi, che la gran parte, ha applaudito pensando o dicendo, quanto è buono e premuroso il nostro primo ministro che dimostra vicinanza.
A me sinceramente hanno fatto l’effetto contrario, sono suonate nel mio cervello come un rumore sinistro, inquietante, preoccupante.
Parole sicuramente sincere ma minacciose e non certo rassicuranti. Di sicuro se mi voleva rassicurare ha fatto esattamente l’effetto contrario.
Considerando quanti incidenti mortali sono avvenuti ad inizio inverno-tardo autunno causa scivolata su ghiaccio occulto su percorso escusionistico “banale”, ramponi e bastoncini puntuti e corde e caschetti meglio tenerseli ed adoperarli anche in situazioni non “alpinistiche di alta quota”.I casi singoli poi danno un brutto totale uguale o superiore a quello delle catastrofi.
43) Ci andai prima della linea punteggiata gialla e anche nell’anno esatto’86 per una traversata sci alpinistica + sciate su pista Funzionava la cestovia, trovare posto nel parcheggio adiacente era un terno al lotto. Rivisto il plateau come divenuto dopo il 200o , dalla stazione terminale funiviaria di punta Rocca venne lo sconforto escluso per la corona di monti del panorama.Corona ha raccontato addirittura di scalata sua irrepetibile, causa il crollo della paretona di roccia. Al riscaldamento globale hanno contribuito in molti, compresi quelli cheper la gita domenicale affrontano viaggia motore termico per centinaia di chilometri.Beati gli alpinisti locali che potrebbero avvicinarsi ai punti di partenza in bicicletta elettrica o motoscooter o auto ibrida. Buona comunque la proposta di zone contrassegnate da bandiere rosse. Se su un pendio si vedono pali della linea elettrica e alberi he si inclinano…la frana e’ imminente.
Da quanto si legge, l’operazione di recupero e’ eseguota con perizia, prudenza e largo impiego di risorse. Vedremo se sarà così anche la fase successiva di analisi dei vari elementi dell’incidente. Un’altra notizia è anche il ridimensionsnento dell’ordinanza di chiusura e la sua limitazione ad alcune aree ritenute cruciali in questo momento. Non conosco il territorio in modo adeguato e non so valutare la congruenza. Magari può farlo chi conosce meglio l’area. Sarebbe utile per capire come si muovono gli enti locali.
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-crollo
A prescindere dall’evento in questione, Luca Mercalli è un vero esperto scientifico di ghiacciai (e non solo). Ho visto i video dei rilievi (suoi e della squadra nel complesso) e devo dire che mi ha impressionato. Non c’entra nulla la “praticaccia” di guide o alpinisti. Esistono proprio procedure scientifiche, con tanto di strumenti molto sofisticati, che non hanno niente a che fare con la conoscenza pragmatica che abbiamo accumulato noi alpinisti in decenni di percorrenza. La conoscenza scientifica, i rilievi e i monitoraggi sono di un livello superiore. Il punto è che è impossibile monitorare ogni metro dei 4500 ghiacciai alpini. Impossibile e troppo costoso.
Certo che trovarsi di fronte un opinionista come la Santanchė è davvero un trauma spero in un tuo rapodo spostamento rai 3 con Barmasse ,Tozzi ,Augias e company…
da sempre in montagna i sassi e le valanghe cadono a valle: ci siamo forse dimenticati delle frane della Croda Marcora, del Cengalo, della cima Su Alto, del Sass Maor, solo per citare le più recenti vicino a noi, per non parlare di quella dello Huascaran che ha distrutto la cittadina di Yungay in Perù causando 70.000 vittime? La montagna e ancor più l’alta montagna resta sempre un ambiente aspro e selvaggio nonostante gli interventi dell’uomo che hanno cercato di addolcirlo con sentieri, ferrate, rifugi e bivacchi. Non solo le frane, ma anche un cambiamento repentino del tempo può causare situazioni drammatiche. Mi vengono in mente adesso le tragedie della Croda dei Toni, quelle ripetute dello spigolo del Velo, quella del sentiero verso il rifugio Brentei e quella più nota del Freney. Poi basterebbe guardare il consuntivo annuale degli interventi del Soccorso Alpino per rendersi conto di quanti interventi vengono effettuati spesso per recuperare cadaveri. Soccorso Alpino e Cai che continuano a predicare prudenza e consapevolezza nell’affrontare le escursioni o le ascensioni. Ma la montagna ormai attira troppe persone, non sempre preparate, per cui occorrerebbe iniziare una politica che disincentivi l’accesso ai monti. Mi rendo conto di dire cose politicamente ed economicamente dirompenti, ma non credo che la strada da seguire sia quella di inibire con divieti o altre limitazioni la pratica alpinistica.
http://www.ariannaeditrice.it/articoli/marmolada
Walter 43 e’ esattamente come dici l orario…sto benedetto orario,trovarsi nel primo.pomeriggio magari in salita è quanto mai inquietante e da roulette russa ,come lo sono i due che a fianco della massa d acqua e ghiaccio sembrano andare su in quella direzione e la scampano per un soffio,credo sia una base scolastica alpinistica, nessuno sta sotto un tetto assolato pieno di neve …quanto alla prevedibilità del giorno nemmeno Nostradamus.E se è vero quanto dice Mauro che sabato c era ancora più affollamento allora poteva anche andar peggio…che disastro.
Benassi. Ovviamente mi trovi d’accordo. Sappiamo fin da quando avevamo l’eskimo come funziona il Circo. Per questo bisogna difendere spazi come questo per uno scambio decente di informazioni e idee. Ovviamente ci sono anche qui intrusioni di elementi tossici e propagandistici, oltre a sfoghi di rancore e ostilità, spesso rivolti a persone che non c’entrano nulla ma sono probabilmente proiezioni del proprio teatro interno. Così è, inevitabilmente. Tutto sommato sui temi di montagna, la situazione è però abbastanza accettabile. Almeno su fatti così coinvolgenti per tutto cerchiamo di mantenerci focalizzati sui contenenuti e non sulle relazioni e sulle sensibilità personali. C’è già tanto da capire, senza pregiudizi e preconcetti.
l’altra sera su Rete4 a parlare di questo evento, tra gli altri, c’era la Santanchè.
Che ne sa questa qui?!?!?
Ma che se ne stia in Versiliana all’ombra dei pini.
Stessa cosa per tanti presunti esperti e giornalisti vari.
Si Pasini, sono molto sensibile a questi fatti. E i commenti e proposte scellerate che sento fare, magari da persone che non ne sanno nulla, ma che sono invitati a parlare , non perchè hanno una cultura in merito, ma perchè conosciuti, mi fanno incazzare.
E questi personaggi, purtroppo influenzano l’opinione pubblica.
Benassi. Perché riferisci spesso a te le considerazioni che si fanno? Non ti sembra di avere un po’ troppa sensibilità in proposito? Magari il discorso è più generale. Non prenderla sul piano personale. Pensa quante ne dicono a me, persino in questa circostanza quando ho posto domande. io non ci faccio più caso ormai, tranne qualche volta. Nell’ottica della utile condivisione tra noi di informazioni, ne colgo due. Il comunicato di Mountain Wilderness pubblicato dal Fatto Quotidiano. Tra le righe dice cose da considerare attentamente. Poi la testimonianza di in ferito sopravvissuto. Dice che se l’è cavata perché non era ancora legato e si è messo a correre. Quindi salivano e si stavano imbragando. Non è chiaro con chi era. Molta confusione ancora sulla dinamica nel versante “umano”.
https://www.corriere.it/politica/22_luglio_06/mamolada-valanga-scurati-1735e458-fc9f-11ec-aaff-f5c76ebeca8a.shtml
Un bambino sotto i miei occhi vide la bella moto 1200cc monoposto luccicante di cromature , appena parcheggiata su cavalletto e con la manina toccò la marmitta lucida ….orrore ..pianto disperato .Ogni mezzo con motore a combustione interna , non solo sposta un singolo in gita in montagna o altrove, ma soprattutto scalda l’aria circostante altrimenti grippa.Moltiplicato per milioni di mezzi a motore, trascurando le emissioni.
ti sbagli di grosso. Io non prendo nessun voto e tanto meno like.
Quanto al mio orto lo concimo con la cacca dei conigli di mio babbo.
Ma sullo fruttamento sempre più intenso della montagna e dell’ambiente naturale in generale, con mille infrastrutture per aumentare sempre di più la fruibilità, questi “personaggi” se ne guardano bene da esprimersi negativamente, anzi lo promuovono!!
45) A Rigompiano ci sono stato. L’edificio è stato costruito allo sbocco di un lunghissimo canalone. Roba da criminali.
Benassi. Per onestà intellettuale dobbiamo riconoscere che pregiudizi , approccio ideologico e una certa strumentalità c’è da entrambe le parti. Il fronte liberticida e il fronte libertario. Ogni occasione è buona per fare propaganda e proselitismo. Purtroppo con la propaganda si prendono voti, consensi e like, si concima il proprio orto ma spesso si affonda.
Pasini, i pregiudizi li portano avanti certi “personaggi” che, appena avvengono questi tragici fatti, non si fanno scrupoli, e con la loro gran cassa mediatica sono subito pronti con le loro ideologie liberticide.
Nessuno è colpevole, anche il procuratore di Trento è fatalista: NON POSSIAMO ESCLUDERE UNA IMPREVEDIBILTA’, forse negligenza e imprudenza. Una cosa è certa, che la natura si sta ribellando allo sfruttamento totale dell’uomo, con la siccità, con le alluvioni, il caldo torrido, trombe di aria… Posso capire, ma non giustificare, le persone (non sono alpinisti), che desiderano raggiungere una vetta, farsi la foto, pubblicarla su FB. Si sentono importanti! Non si informano sul meteo, vanno… partono… In genere va sempre bene, tornano vittoriosi e raccontano le loro imprese, specialmente se si è presentata qualche difficoltà. LE GUIDE ALPINE, NO, SONO PROFESSIONISTI E SONO OBBLIGATI A INFORMARSI, PERCHE’ HANNO LA RESPONSABILITA’ DELLE PERSONE CHE PAGANO E VOGLIONO RAGGIUNGERE LA META IN SICUREZZA. VAIA, RIGOPIANO, VELINO non hanno insegnato niente.
Come già detto, un’analisi accurata dell’evento in tutte le sue dimensioni, naturali e umane, è prematura. Bisogna accumulare ulteriori informazioni, fuori dal circo barnum che si scatena per qualche settimana in queste situazioni. Giusto concentrarsi per ora sulle conseguenze a breve. Il tema eventuali chiusure preventive forse sarebbe meglio affrontarlo in modo pragmatico, puntuale e contingente. Purtroppo nella nostra tradizione culturale prevale spesso un approccio ideologico che rende difficile l’adozione di soluzioni concrete e accettabili per tutti i portatori di interessi in campo. Le chiusure, in certe situazioni, possono avere un senso, magari fino a quando non si ripristinano condizioni minime valide per un vasto pubblico. Enry ha citato la Val Ferret chiusa a lungo dopo la famosa frana prima che si mettesse in campo un buon sistema di monitoraggio che permette di gestire l’accesso in modo flessibile. Potrei citare vicino a me la chiusura e la schiodatura dell’area Salto nel Blu a Moneglia fino a quando non si avranno le risorse per creare un minimo di sicurezza. Un luogo bellissimo che avrebbe avuto un’elevata frequentazione e indotto. Ma tutti l’hanno accettata, a parte qualche aspirante suicida che sempre esiste ed esistera’, contento lui, sviluppando altre alternative in zona, anche se meno belle e attrattive. Quindi dipende…le situazioni vanno affrontate senza pregiudizi nello specifico, senza ogni volta tirar giù il mondo, visto che peraltro vien giù già abbastanza da solo.
D’accordo che l’evento è stato veramente eccezionale nelle dimensioni, però una cosa non capisco, ho frequentato qualche ghiacciaio negli anni 80 e 90 e ricordo bene che una delle regole fondamentali era quella di salire molto presto addirittura col buio in modo da poter poi uscire dal ghiacciaio entro la mattinata proprio per evitare il rischio dei crolli e dei cedimenti dei ponti sui crepacci dovuti al caldo.
ma infatti quella struttura li, nonstante quello se si sente dire alla televisione e si legge, NON è un seracco. Un seracco è una struttura glaciale ben diversa e di tutt’ altra natura. Il seracco crolla perchè la sua pendenza va fuori dal baricentro. Questa calotta di ghiaccio, residuo del vecchio ghiacciaio, è quasi esplosa, forse scivolata perchè scollata dalla superficie rocciosa. Quindi la cosa e assai più imprevedibile di un crollo di un seracco sempre potenzialmente possibile.
Una persona immersa nel sole torrido che legge:”La salita a Punta Penia lungo la via normale è una delle poche ascensioni in Dolomiti in ambiente di vera alta montagna. Il ghiacciaio sul versante nord permette di raggiungere la vetta lungo una via interessante e non troppo difficile, con panorami a 360 gradi su gran parte delle Dolomiti.” segue tariffa 110 euro a persona ( comitiva da 2 a max 4) e foto splendide con sfondo di manto bianco invernale.”…sogna e dice”si puo’ fareee!” Caschetto, imbrago, ramponi e piccozza ormai gli amanti della montagna se li sono procurati…c’e pure un consumismo dell’attrezzo. Su dove e come poi debbano fare presa si sorvola. Dalle foto pubblicate son tutti performanti e “a regola d’arte”. Chiudere tutti gli accessi e’impossibile, anzi invita al cimento.Nei dintorni tante cime Cenerentola,trascurate.
Si dice “fatalità”, però.. E’ quel però che stride. Si dice “fatalità”, punto. Come ha scritto Cominetti. Lapidario.
Sulle parole di alcuni familiari delle vittime. Massimo rispetto come sempre ma denotano il clima che si è instaurato. Forse peccherò ma ho la certezza granitica che certe esternazioni non le farei né a caldo né a freddo. E i media hanno rotto i coglioni, come sempre.
Invece personalmente trovo che il discorso di AGH possa essere condivisibile in termini generali, ma nello specifico c’entri come i cavoli a merenda.Un seracco statisticamente cade con più probabilità a ferragosto, ma lo può fare anche a capodanno.Quella calotta intrisa d’acqua è esplosa in pieno giorno, ma per quanto ne sappiamo sarebbe potuto capitare anche di notte.Se fosse caduto un sasso in testa a qlcn il discorso di AGH sarebbe valido.Ma per “quella roba lì” è un ragionamento inutile. Trovo invece utile la correzione di tiro posta da Gherlenda: egoisticamente parlando il problema è in prospettiva.Massimo rispetto per chi è andato (e uno lo conoscevo…) ma la fatalità dell’accadimento è più unica che rara.Lì non stavano passeggiando a mezzodì sotto la Brenva.Il dire “Eh! Ai miei tempi si andava su presto…” in questo (QUESTO) caso non c’entra un puffo nano.
Come ma lo stato non vieta veramente il fumo visto che fa venire il cancro?
No anzi te le vende e ci guadagna pure.
Però ti dice che fa male…furbo lo stato.
Ganzo uno stato che dice che vuole la salute dei propri cittadini però gli vende il passaporto per il cancro al polmone.
Quindi per il fumo ognuno decide per se stesso. Mentre per la montagna vogliono decidere loto: chiudere, patentini, permessi, numero limitato.
Hanno creato il luna park e adesso vogliono riunchiuderci dentro come tantd pecore con le loro regolette da funzionari e burocreti oscuri, opportunisti e doppiogiochisti.
“Anche Luca Mercalli, che di ghiacciai se ne intende più di tutti noi messi insieme, ha dichiarato pubblicamente (TV) che non avrebbe intuito il pericolo.”
Carlo, permettimi di dubitare che Luca Mercalli, con la sua pancetta in forte avanzata, si intenda di ghiacciai, seracchi e crepacciate e ne intuisca i pericoli piú della guida alpina e alpinista patagonico Marcello Cominetti. E permettimi pure di dubitare che ne sappia piú di me, che li conosco e frequento con corda, piccozza e ramponi da quando lui andava all’asilo. O forse da prima.
In altre parole, per sopravvivere a una traversata fra seracchi e crepacci io consiglio di affidarsi a un alpinista, e non a una buona forchetta come Mercalli.
A fronte di possibli chiusure e divieti, la motivazione che verrà data è che non si può permettere l’accesso ad una zona pericolosa per salvaguardare la salute e sicurezza dell’alpinista di turno e per non impegnare i soccorsi in situazioni che, con il divieto, si evitano a priori. Tutto questo è sbagliato. Per lo stesso motivo dovrei togliere le bottiglie di rum al supermercato per evitare che qualcuno si rovini la salute e pesi sui costi della sanità statale. Un confronto estremo ma ci sta.
Detto che dovrebbe essere dovere di chiunque va in montagna cavarsela da solo senza pensare “tanto mi vengono a prendere” (e forse qui in questo blog mi sembra di capire che teste cosi non ve ne siano ma temo che fuori non sia cosi raro) il resto è ….vita. La montagna è pericolosa, se non lo fosse vorrebbe dire che siamo in pianura. Bisogna insistere con la formazione e l’informaizone. Se vi saranno divieti, ci sarà sempre qualcuno pronto a raggirarli. Il commento 23 ci ricorda giustamente come si dovrebbe andare in montagna, come molto probabilmente ci siamo sempre andati e ci andiamo. Indubbio che a sconvolgere i sacri orari di partenza e di arrivo abbiano contribuito anche i mezzi di accesso all’alta quota. Non conosco la Marmolada, ma leggo di vari rifugi, fuinivie, rifugi in vetta, tutte strutture che, forse, correggetemi, danno la possibilità di andare e venire molto rapidamente ed in orari strani. Venendo a zone che conosco bene, la funivia di Punta Elbronner e quella del Plateau Rosà, per fare un esempio, ti permettono di fare in giornata salite e cavalcate altrimenti fattibili solo dormendo in rifugio. Da tempo mi chiedo che senso abbia fare, per esempio, il Castore partendo con la prima funivia da Cervinia (che arriva a plateau se non ricordo male alle 8 e mezza!), quindi farsi tutta la tarversata nelle ore più calde della giornata. A parte lo stress di correre al ritorno per non perdere la funivia (confesso da ragazzo è capitato anche a me) io oggi, con ste temperature, sul ghiacciao di Verra alle 3 del pomeriggio non ci andrei e sto parlando di una zona tutto sommato crepacciata ma tranquilla.
Se non vi fosse la funivia forse le partenze di notte e gli arrivi ad ore più consone sarebbero incoraggiati.
Quindi è anche tutto il sistema di abbassare le vette verso l’uomo anzichè il contrario che si autoalimenta e ha, fra le varie conseguenze, anche quella di generare situazioni più rischiose.
inimmaginabile, nello specifico imprevedibile ma concettualmente nella dinamica molto comprensibile anche se probabilmente si pensava altri ghiaccia fossero più instabili.
evidentemente vediamo ancora poco di ciò che sta dentro al corpo dei ghiacciai, comprendiamoilmeccanismo ma non conociamo lo stato dei luoghi di come acqua e ghiaccio si inglobano. ma ormai da tempo sappiamo perche abbiamo visto crolli circolari (Ghiacciao Adamello, Ghiacciao Presanella) che i ghiacciai oggi nascondo laghi sotterranei nelle aree piane di ablazione ma forse ancha più in alto come il laghetto che si formo al torino nel 2020 o nel 2021. Ci saranno calotte poco spesse o camere cedevoli che si aggiungono ai crepacci?
Talvolta uno si autolimita e però vede sempre più gente che in giro ci va. si domanda come ciò sia possibile. forse sono meno cauti, forse solo meno paurosi. o forse hanno solo più tempo o voglia.
Insomma certamente si deve restare liberi ma coscenziosi.
Il problema vero, secondo me, è ci siamo incartati con la storia della Montagna Sicura, che non vuol dire affrontata con la massima sicurezza possibile. La retorica della sicurezza pretende ogni possibile protezione in ogni ambito del vivere civile fin dalla nascita. Sembrerebbe saggio e lo è ma in determinati ambiti ed in contesti controllati (e pure qua ci sarebbe da discutere). Questo ha portato ad una ossessiva richiesta di sicurezza ed a una altrettanto ossessiva ricerca di responsabilità a tutti i livelli. Considerando che l’ultimo responsabile è il Sindaco voi che fareste se foste il Sindaco? C’è da invertire la tendenza, in ambiti non controllati, ovvero appena fuori dell’ambito cittadino, ognuno è responsabile per se stesso a meno non sia Guida o accompagnatore titolato, nel qual caso è lui il responsabile di chi lo paga. Altrimenti il futuro sarà la chiusura, non c’è storia e non parlo dell’alta montagna ma di tutto ciò che non è “controllato e controllabile”
Non mi risulta che nessuno di noi abbia scritto ( e neppure pensato): “Se io fossi stato là domenica, avrei intuito il rischio e me ne sarei tornato a casa.”
Nessuno l’avrebbe colto, quel rischio. Anche Luca Mercalli, che di ghiacciai se ne intende più di tutti noi messi insieme, ha dichiarato pubblicamente (TV) che non avrebbe intuito il pericolo.
La responsabilità individuale cui mi riferisco io è qualcosa di diverso, di più strategico: una scelta che sta “a monte” (scusate il gioco di parole), cioè una scelta che si fa a casa, a tavolino. Sia sul singolo itinerario, ma soprattutto sul tipo di attività che si intende o meno inbtraprendere.
Solo per farmi capire meglio (e NON per imporre le mie scelte personali) spiego le mie recenti scelte sulla tipologia di gite. Nel marzo scorso, vista l’aria che tirava in termini di innevamento, ho deliberatamente scelto di rinunciare alla stagione scialpinistica su ghiacciaio (quella classica: aprile-maggio-inizio giugno. I Quattromila, ecc). E’ stata una scelta sofferta perché per me fare gite in sci su ghiacciaio è l’attività che mi piace di più della montagna. Ma ho deciso prudentemente di non farne neppure una. Ho cmq fatto delle gite in sci in quella fase, ma non su ghiacciaio e… mi sono divertito lo stesso. In aggiunta, a fine maggio scorso, viste le immagini sui ghiacciai (e letti i report di Mercalli – uno è stato riproposto anche qui sul Blog) ho deciso di NON andare su ghiacciaio per l’estate 2022. Probabilmente non userò né piccozza né ramponi per quest’anno solare 2022. Mi spiace molto, ma per una serie di motivi personali non ho voglia di avere grane e le taglio all’origine. Per fortuna la montagna offre così tante alternative che non sono spaesato più di tanto.
Ognuno farà le scelte più consone ai propri parametri (età, famiglia, figli a carico o no, impegni professionali, maggior o minor fifa personale ecc ecc ecc). Lasciamo la libertà, ma responsabilizziamo i singoli sulle conseguenze delle scelte di ciascuno. Attenzione invece a fare una battaglia aprioristica contro i divieti. Si rischia solo di render incandescente il dibattito (non qui sul Blog, ma a livello nazionale), spingendo paradossalmente le autorità a non avere altre scelte. Infatti se le autorità (nazionali o locali che siano) percepiscono che la gente spinge per “sgusciare” fra le dita, pur di buttarsi a perdifiato in montagna, ghiacciai o non ghiacciai, Per cui le autorità si sentiranno pressate dalle responsabilità giuridiche. Senza saper né leggere né scrivere, si tolgono le castagne dal fuoco emettendo una bella ordinanza o un DPCM che vieta l’accesso, a questa montagna o a quella o addirittura a tutte.
L’unica soluzione è diffondere una mentalità per cui ognuno si sente responsabile delle sue scelte e non si aspetta che ci sia “paparino” Draghi che la sera prima va a vedere ogni singolo ghiacciaio per stabilire se si può o non si può andarci…
Dalla crisi nascono idee https://corrierealpi.gelocal.it/speciale/2022/07/06/news/escursionisti-e-alpinisti-come-sentinelle-climatiche-per-segnalare-i-ghiacciai-a-rischio-1.41553648
cosiddetta citizen science, ossia la scienza che nasce dal contributo che ciascun cittadino può dare raccogliendo o analizzando dei dati…o “Passa Parola”.
alla distruzione del ghiacciaio della Marmolada ha contribuito anche l’uomo con continui interventi dei gatti delle nevi per garantire la sciabilità. Nei crepacci c’hanno buttato di tutto.
Ma di che parlano questi burocrati e funzionari ?? Che la facciano finita di prenderci tutti per degli imbecilli raccontandoci le loro “verità” di parte e mirate a favorire interessi di qualcuno
Agh ha toccato un punto molto, molto delicato, che va affrontato con attenzione per non offendere o colpevolizzare e suscitare reazioni giustamente risentite. Non è l’unico elemento in gioco in questa nuova situazione ma per onestà intellettuale non si può ignorarlo. Il business delle vie “normali” , alcune delle quali sono diventate precarie. Tutta la “catena” del business, dall’accompagnamento alla funivia, alla merenda post. Sforzo relativo basso, massimo rendimento. In molte località rappresenta la quota più rilevante del fatturato di una fetta di operatori. È una variabile che entra in gioco e ci entrera’ nei processi decisionali in alcune situazioni a rischio quest’estate. Al di là delle questioni di principio e di valore, gli eventi sociali che riguardano noi umani hanno sempre di fatto anche una dimensione economica sottostante. Non sarebbe corretto non considerarlo, qualsiasi tipo di decisione verrà presa e/o caldeggiata.
Marco Bruzzone: “Se la montagna non è un parco giochi, e Uncem [Unione Nazionale Comuni di Montagna] da sempre crede non lo sia, mettiamo delle regole. E limiti chiari”.
Proprio perché la montagna non è un parco giochi – come invece stanno facendo credere anche i comuni di montagna con le loro stazioni sciistiche, i megaimpianti di risalita e i rifugi alberghi – io vado sui monti non con le regole di Bruzzone o del burocrate di turno, ma in base a quelle che mi hanno insegnato a diciotto anni alla scuola di roccia e a quelle che ho imparato sul campo nel corso dei decenni.
Tali regole sono leggerissimamente piú razionali di quelle che potrebbe fissare un funzionario ministeriale o comunale.
Detto ciò, sappia Bruzzone che l’alpinismo è un cincinin differente dal gioco delle bocce: si rischia di lasciarci la pelle. Non glielo avevano detto?
a me di quello che dice questa Sig. BRUZZONE non me ne frega NULLA.
Alla mia incolumità ci penso da me e non Bruzzone o il Draghi di turno.
Draghi si preoccupi del gas e a cercare di far terminare la guerra in cui ci ha portato e non ha limitare le libertà personali. Se vogliono limitare gli accessi alla montagna che iniziano a stoppare la costruzione di continue e sempre più invadenti infrastrutture che sono il lasciapassare della massa. Che lo dicano al governatore Zai che smetta di promuovere la cementificazione del luna park Dolomiti
23@Agh president!
Come informazione su certe tendenze “assolutiste” e “generaliste” emergenti, in questo caso sul versante “proibizionista”. All’altro estremo abbiamo la posizione “ognuno per se’” “incontro col destino”. Non so mai se invidiare o temere chi ha posizioni e certezze così polarizzate, non quando si esprime sui social ovviamente (dove fa fine e non impegna) ma quando ha responsabilità di governo, di potere e di influenza a vari livelli. Dichiarazione di Marco Bruzzone, presidente dell’Unione Nazionale Comuni di Montagna.
“La tragedia della Marmolada impone di ricordare i morti e unirci tutte alle famiglie di chi non c’è più. Le montagne sono fragili e vi è bisogno di una attenta riflessione sull’accesso e sulla fruizione al tempo del cambiamento climatico. Con il permafrost che si scioglie e i distacchi di roccia che sono sempre più frequenti, non basta raccomandare prudenza quando si fanno escursioni sotto i saracchi.
Occorre ragionare sulle regole. Se le regole che ci sono, siano o meno adeguate. ‘Come si è sempre fatto’, come si è sempre andato in montagna, non funziona più. Vanno messi precisi limiti e anche restrizioni alla fruizione. In certe aree complesse, in certi periodi dell’anno, non si va. E non si può andare. Se la montagna non è un parco giochi, e Uncem da sempre crede non lo sia, mettiamo delle regole. E limiti chiari”.
NO! non c’è da meravigliarsi. ANZI!!
Sono contro la chiusura, è una limitazione della libertà e della responsablità individuale che ognuno di noi dovrebbe avere quando si accinge ad intraprendere un’ascensione.
Possiamo fare informazione e formazione come si fa per gli infortuni sul lavoro. E facciamola finita di pretendere tutto e subito e non diamo informazioni sbagliate e false come quelle che qualcuno ci può garantire la sicurezza.
Più umanità, più naso, più senso della rinuncia, essere più umili e meno tecnologia.
Vogliamo l’incontro con la natura? La natura è questa. Sta a noi conviverci.
Io non sono per il divieto di accesso. Per una martellante informazione si. Vietare l’accesso al ghiacciaio e’ come il divieto di accesso ai boschi liguri per la peste suina. Un non senso. E poi andrebbe a finire che si chiude tutto per legge e poi arriva una temperatura bassissima e ci incastriamo fra realta’ e legge. Gli spazi aperti non possono essere vietati. Ci vuole informazione costante e monitoraggio. Farei come in val ferret in cui aprono e chiudono la valle a seconda del monitoraggio del seracco. Quindi caso per caso. Ma chiudere e basta e’ un non senso.
Faccio modestamente osservare, essendo avviato ormai serenamente all’anzianitudine, che ai miei tempi le gite sui ghiacciai partivano prestissimo, tra le DUE e le QUATTRO di mattina al massimo. Chi partiva dopo era considerato un incosciente. Si prevedeva di essere in vetta verso le 7-8 di mattina, e di essere al rifugio entro le 11. Queste erano le regole d’oro d’un tempo. Oggi, con una situazione ambientale molto peggiore, queste regole non valgono più, o meglio nessuno le rispetta. Si sale alle 14, per di più accompagnati dalla guide alpine che, almeno loro, qualche prudenza dovrebbero pur conservarla. Ma oggi si vuole tutto e subito. Essere alle 14 in mezzo al ghiacciaio significa essere a Punta Penia alle 15, 15,30, tirare il fiato per mangiare lo strudel di Budel e tornare a valle in tempo per l’apericena in paese.
Lo stesso principio dell’adattamento ai tempi della natura era applicato ovviamente anche allo scialpinismo: la stagione iniziava verso marzo, quando la neve era generalmente ben assestata. Punto. Oggi alla prima nevicata novembrina partono tutti come ossessi per cercare spasmodicamente la “powder” da esibire poi sui social. L’attività prosegue indefessa per tutto l’inverno, ovviamente con parecchi incidenti, anche mortali. Rifugi, ristoranti in quota e impianti di risalita favoriscono l’assalto di massa alla montagna. Una massa indistinta e spesso impreparata che però alimenta il business. C’è davvero da meravigliarsi dell’aumento esponenziale di incidenti?
Come per altre disgrazie, c’è ancora molto rumore di fondo per un’analisi utile dei fatti. Mancano inoltre informazioni, aleggiano schemi mentali umani come il concetto di “colpa” o di “destino” che ostacolano e confondono e a queste si aggiungono preoccupazioni “reputazionali” dei vari attori istituzionali coinvolti. Io personalmente mi sono messo in un atteggiamento di ascolto e di raccolta di notizie attendibili. Mi sembra che ci siano due livelli di analisi. Il primo livello riguarda la dinamica “tecnica” dell’evento. Su questo punto si sentono diverse voci dei vari esperti. Sembra emergere come prevalente la tesi chiamiamola dell’acqua di scorrimento. Penso che solo quando potranno vedere le cose da vicino anche i vari tipi di esperti potranno dare una risposta attendibile. Il secondo livello è quello del processo decisionale e delle dinamiche sociali che hanno portato alpinisti di varia estrazione e livello, come sottolinea Gogna, ad essere lì in quel momento. Una prospettiva di analisi di cui si è parlato anche qui numerose volte in relazione allo scialpinismo. Anche su questo punto mancano informazioni. Quante cordate erano? A che ora sono partiti? Come procedevano? Salivano o scendevano? Cosa dicono i feriti ? Solo la relazione che farà il Soccorso Alpino o un’indagine accurata condotta da un giornalista-alpinista serio potrà dirci di più. Per ora io penso che sia più utile condividere tra noi informazioni e notizie attendibili di cui si può essere a disposizione, anche per contrastare il solito canaio disinformato e distorcente dei media. C’è però una questione operativa immediata invece molto concreta sulla quale val la pena confrontarsi affinché poi ognuno nel suo ambito più o meno ampio di influenza possa agire. Che fare su altre “vie normali” che potrebbero essere a rischio quest’estate ( non nel futuro, ma domani) ? Lasciare tutto alla responsabilità individuale o agire preventivamente con divieti, limitazioni, avvertimenti, monitoraggi, come sta emergendo in queste ore da parte di vari enti/amministrazioni e come lasciavano intendere le parole di Draghi (ho letto anche dichiarazioni Cai su Adamello e Presanella)? Fino a ieri ero anch’io per la soluzione “responsabilità individuale” ma mi sono venuti dei dubbi cercando di immedesimarmi in chi ha responsabilità istituzionali. Mi verrebbe da dire, per orientamento personale, vediamo pragmaticamente caso per caso, ma poi sono sicuro che mi beccherei del “democristiano”se non di peggio nonostante i miei trascorsi. Ma mi chiedo, non è che l’approccio “democristiano” almeno su certi temi di governo spicciolo avesse qualche elemento di flessibile concretezza? Mai avrei detto che mi sarei posto questa domanda.
15) accumulare esperienze positive serve come base per future scelte:”Sono passato su quei bei pendii decine di volte, sempre in primavera con gli sci, camminare su di un ghiacciaio grigio non mi è mai piaciuto, mi mette malinconia. I pericoli con metri di neve che coprono il ghiaccio sono altri, ben più prevedibili, ossia distacchi di slavine in certe situazioni” il confronto tra una situazione di candida coltre nevosa col grigiore nerasto, dovrebbe far desistere per senso di schifo, “ma chi me lo fa fare” piu’ che le rilevazioni strumentali…i cartelloni luminosi stile parcheggio”ancora n posti liberi”. Appena uno mette piede… sulla palta beige , potrebbe dire al gruppo, “io torno indietro , mi vien sol malinconia al ricordo delle belle foto della giovinezza”. Aggiungiamo che il sole che picchia fa arrostire i volti e fiacca il fisico.Ben sapendo che a volte le dinamiche di gruppo tendono a “terminare”, con la foto( o filmatino ennesimo da postare tra tanti altri con accurata scelta del sottofondo musicale) accanto alla croce ed alla merenda accanto al bivacco. Sarà una coincidenza, ma molti provenivano dalla pedemontana o pianura Veneta, dove si scoppia dal caldo e dove mancano fitti parchi con latifoglie che fanno galleria ombrosa sopra piste ciclabili.
“Occorre esser pazienti e lasciar transitare la fase critica, che potrebbe durate qualche settimana, ma magari anche qualche anno, magari dei decenni. L’immaturità è pretendere che sia tutto dovuto e al brucio. ”
Ok alla rinuncia alla montagna…ma iniziare a pensare anche alla rinuncia al consumo smodato di risorse no?
Aerei come fossero taxy, condizionatore d’estate, riscaldamento d’inverno, allevamenti intensivi…rinunciare a questo no????
Sono passato su quei bei pendii sempre in primavera con gli sci, camminare su di un ghiacciaio grigio non mi è mai piaciuto, mi mette malinconia. I pericoli con metri di neve che coprono il ghiaccio sono altri, ben più prevedibili, ossia distacchi di slavine in certe situazioni. Se poi si vuole vivere l’adrenalina della roulette russa con gli sci ai piedi basta risalire con calma il tristemente famoso Corridor, sotto i seracchi incombenti del Gran Combin. Prevedo ora commissioni di inchiesta, che non servono a nulla di fronte a fatalità come questa. È come si cercasse di capire perchè un meteorite è caduto su di una metropoli alveare: non è mai successo ma potrebbe succedere. Ora temo che il partito dei divieti faccia chiudere tutto in nome dell’ossessione della sicurezza, coalizzandosi magari con quello delle carneficine provocate dalle cosiddette guerre giuste. Percepisco una certa affinità di intenti fra le due forti coalizioni. Spero però che il partito dei divieti abbia almeno la meglio nell’evitare la costruzione di nuovi mega impianti (in funzione anche in estate…) e piste autostrade di discesa proprio su quei pendii “pericolosi”della Marmolada. Temo però che non sarà così. La sicurezza sarà garantita da bunker e da altre antiestetiche protezioni di cemento armato perché, come per le guerre, “business is business”.
Dopo l’estate del 2014, quella in cui non solo le temperature sono rimaste ben sotto la media ma anche quella in cui la neve di maggio, sopra i 3500 metri, se ne è andata solo a settembre, tutte le altre più o meno sono state molto più calde e, per chi frequenta un po’ le alte quote e ha voglia di tendere l’orecchio all’ambiente, segnali ve ne sono stati tanti. Dopo il 2014 è sempre stato consigliabile fare vie di neve ghiaccio al massimo entro inizio luglio. Ma da un paio di anni a questa parte la situazione è ancora peggiorata, siamo in anticipo di almeno un mese. Quest’anno, a inizio maggio, si vedeva chiaramente che le condizioni erano quelle di un fine giugno di anni passati. Chi vive in montagna ha la fortuna di poter vedere ed annusare la natura da vicino. Chi vive in città si può affidare alla webcam. Se da aprile in poi qualcuno, come me, ha guardato regolarmente la webcam di Punta Helbroner, Plateau Rosà e Piccolo Cervino, ha visto come la stagione stesse arrivando a gran velocità. Sulla base di questa osservazione, a maggior ragione dopo quello che è successo in Marmolada, si deve mettere in conto un rischio anche sulle vie tradizionalmente più sicure. Passi se la neve non è caduta in inverno e non c’è copertura (che è già un bel problema) ma se lo zero termico staziona più o meno sempre a 4000 metri, credo che percorrere un ghiacciao sia estremamente pericoloso perchè ormai non possiamo prevedere cosa accadrà. Fino a qualche anno fa il peggio poteva essere trovare più crepacci, più aperti e magari dovevi zizgare un po’ di più, anche se paradossalmente spesso è meglio avere tutti i buchi aperti e poterli vedere bene. Se fa un bel freddo allora ok. Ma se fa anche caldo ci sono tutti gli elementi per cacciarsi nei guai. Il rischio riguarda ovviamente in primo luogo i ghiacciai. Ma anche determinate vie di roccia potrebbero essere molto rischiose se continua cosi. Mi riferisco in particolare a quelle vie di misto “tenute insieme” dalla neve: in quelle situazioni l’azione dell’acqua di fusione che penetra nelle fessure può avere su blocchi di roccia lo stesso effetto che ha dentro un crepaccio.
Morale del discorso: d’ora in poi le salite in alta montagna si fanno a Maggio. E se a Maggio 2023 invece saremo reduci da un inverno di metri e metri di neve saremo tutti più contenti.
L’aumento delle temperature purtroppo renderà sempre più probabili i crolli di seracchi. Ma c’è un altro fenomeno con cui presumibilmente dovremo fare i conti, e cioè lo scioglimento progressivo del permafrost, quel poderoso ghiaccio cementante e permanente che tiene unite le masse rocciose più interne alle alte quote e ne impedisce il crollo. In certe regioni sub-artiche come il Canada e la Siberia settentrionali già si inizia a sperimentare questo fenomeno anche se in un campo non attinente alla montagna: dove prima per le fondamenta delle case bastava uno scavo di modesta profondità per arrivare al terreno durissimo e perennemente gelato che assicurava la dovuta stabilità oggi le cose stanno cambiando e stanno creando dei problemi. Sulle Alpi si cominciano a vedere le prime avvisaglie di questo fenomeno: il crollo del Dru del 2011, a detta di numerosi esperti, fu causato dallo scioglimento del permafrost. Quale può essere la conclusione di tutto questo discorso? Premesso che anche se riuscissimo a contenere l’aumento delle temperature gli effetti verrebbero percepiti su tempi molto lunghi, la conclusione è tanto amara quanto semplice: la frequentazione dell’alta montagna diventerà un’attività sempre più rischiosa, tale da richiedere molta prudenza e anche una restrizione dei terreni praticabili e delle vie percorribili. Purtroppo ci si dovrà adeguare, rinunciando agli strilli sulla montagna assassina e sul destino cinico e baro e promuovendo invece adeguate e intelligenti campagne di informazione.
Drugo ha colto uno dei punti. Non si tratta di seracco. Nelle zone seraccate l’attivita’ (crolli, formazione di aperture etc) e’ pressoche’ continua e aumenta sensibilmente e con regolarita’ nelle fasce orarie piu’ calde. In questo senso, lascia un margine di previsibilita’. Questo e’ crollo strutturale di una grande porzione del ghiacciaio. Come tale, imprevisibile a meno di elucubrazioni fatte a posteriori.
Sono passato su quei bei pendii decine di volte, sempre in primavera con gli sci, camminare su di un ghiacciaio grigio non mi è mai piaciuto, mi mette malinconia. I pericoli con metri di neve che coprono il ghiaccio sono altri, ben più prevedibili, ossia distacchi di slavine in certe situazioni. Se poi si vuole vivere l’adrenalina della roulette russa con gli sci ai piedi basta risalire con calma il tristemente famoso Corridor, sotto i seracchi incombenti del Gran Combin. Prevedo ora commissioni di inchiesta, che non servono a nulla di fronte a fatalità come questa. È come si cercasse di capire perchè un meteorite è caduto su di una metropoli alveare: non è mai successo ma potrebbe succedere. Ora temo che il partito dei divieti faccia chiudere tutto in nome dell’ossessione della sicurezza, coalizzandosi magari con quello delle carneficine provocate dalle cosiddette guerre giuste. Percepisco una certa affinità di intenti fra le due forti coalizioni. Spero però che il partito dei divieti abbia almeno la meglio nell’evitare la costruzione di nuovi mega impianti (in funzione anche in estate…) e piste autostrade di discesa proprio su quei pendii “pericolosi”della Marmolada. Temo però che non sarà così. La sicurezza sarà garantita da bunker e da altre antiestetiche protezioni di cemento armato perché, come per le guerre, “business is business”.
E’ stato un evento assolutamente imponderabile. Chi afferma che non sarebbe salito, o mente spudoratamente, o in vita sua il massimo che ha affrontato è il sentiero del Musinè.
Le dimensioni dell’incidente in termini di morti e dispersi è legato esclusivamente all’alta frequentazione dell’itinerario. Fosse caduto uno dei seracchi della Poire sul Bianco, non ci sarebbe questa grancassa mediatica.
Poiché il cambiamento climatico, già di per se stesso innegabile, in montagna mostra le ferite in maniera ancora più evidente, dobbiamo semplicemente accettare il fatto che il modo di andare per terre alte è cambiato rispetto anche solo a venti anni fa e che i parametri dei pericoli oggettivi sono cambiati anche su itinerari “domestici” come la normale della Marmolada.
Nel periodo 1982 1990 salii diversi itinerari di ghiaccio e misto e diversi da solo. A quel tempo i rischi oggettivi e la conformazione degli itinerari avevano delle caratteristiche che non sono più comparabili con quelle odierne. Sono proprio itinerari diversi. Di questo dobbiamo semplicemente prendere atto.
Non ero lì e quindi non posso esprimere una opinione netta e affermare con certezza se mi sarei fermato o proseguito. Ma ho la sensazione che ci sarei finito sotto pure io.
Mi permetto. Da quanto possa ricordare, da un pdv glaciologico e di lettura del paesaggio, quello non era propriamente un seracco.Se sbaglio chiedo venia, ma credo che questa distinzione sia una discriminante fondamentale per qualsiasi valutazione o altro.Per tale ragione ogni valutazione in merito risulta fuori luogo (eufemismo).Fatalità è il termine corretto.E fa specie che ogni organo di stampa abbia pedissequamente copincollato il termine seracco, anche dopo che sono apparse note di alpinisti (passi), ma soprattutto di competenti in materia, che davano una definizione più precisa a quella porzione residuale di ghiacciaio.
Attendevo un commento di Cominetti.
Mi è piaciuta la pubblicazione di questi contributi.
Nel mio gruppo di lavoro sto approntando un progetto per parlare del lavoro in Natura di coloro che so occupano di acque (e ciò include chi opera in ambiente ghiacciato e comunque alpino).
In aree metropolitane come quella milanese resta il grande problema di spiegare ai bambini come cambia e come cambierà il nostro modo di vivere. Come agisce chi lavora a stretto contatto con questi problemi.
La comunità dei veri appassionati delle montagna deve assolutamente contrapporsi alla mentalità di chi pretende di esser garantito dalla società sicuritaria. Un esempio di questa mentalità “sbagliata” lo abbiamo dai sottostanti titoli di giornale di oggi. Non possiamo pretendere di “monitorare” né il numero complessivo dei ghiacciai delle Alpi, che mi pare siano 4.500 circa, né tutte le pareti da cui cadono pietre o i couloir che scaricano.
Dal resto del Carlino del 6/7/22
Vittime Marmolada, la sorella di Erica Campagnaro: “Perché non li hanno fermati?” La rabbia dei parenti della coppia dispersa di Cittadella: “Andremo fino in fondo”
Queste affermazioni sono evidentemente dettate dalla emotività e dal dolore del momento e probabilmente sono inficiate dalla assoluta mancanza di confidenza con le questioni della montagna. E’ doveroso esprimere il massimo rispetto per il dolore dei parenti delle vittime, ma non possiamo veder procrastinata una mentalità del genere.
E’ bene essere molto chiari: non è possibile “pretendere” che una qualche autorità (nazionale, regionale, locale…) debba esser caricata dalla responsabilità giuridica di prevenire gli eventi della montagna e “decidere” al posto dei cittadini. In montagna questo ragionamento vale sempre, ma a maggior ragione nell’epoca attuale dove l’intero “ambiente” è in sofferenza e i fenomeni “anomali” ed estremi saranno sempre più numerosi e con possibili conseguenza di larghe dimensioni.
La responsabilità non può che essere quella individuale. Un mio conoscente, iscritto da molto tempo al Club4000 (cerchia di appassionati delle vette alpine di 4000m), dopo averle calcate tutte già alcuni anni fa, è talmente innamorato delle alte quote che aveva ripreso un secondo giro degli 82 Quattromila, salendoli per vie diverse rispetto a quelle del primo giro. Tuttavia ha deliberatamente scelto di interrompere questa nuova collezione, quanto meno in attesa di tempi migliori. Un annetto fa (e quindi non l’altro ieri…) mi ha detto: “Con grandissimo dispiacere emotivo, interrompo il secondo giro dei 4000. Troppi pericoli oggettivi, anche su certe vie normali, figurati su pareti e itinerari impegnativi: un alpinista maturo è quello che sa quando è opportuno andare in montagna e quando invece bisogna astenersi o cambiare obiettivi. Per ora interrompo, dedicandomi ad altre attività di montagna, e poi riprenderò se e quando ci saranno di nuovo le condizioni accettabili”.
Questo è l’atteggiamento che i veri appassionati di montagna devono esprimere. Bisogna farlo capire anche ai cittadini normali, che magari in montagna non ci vanno in prima persona, ma che – purtroppo – possono trovarsi indirettamente coinvolti in situazione tragiche, in quanto parenti o amici delle vittime. Sta a noi, veri appassionati di montagna, indicare la corretta mentalità, sia a chi si avventura fra i monti sia all’opinione pubblica generale.
Albert hai colto il bersaglio.
La montagna se vissuta da dentro lancia suoni e segnali alle volte forti alle volte meno…Corona tutte le mattine si sveglia e riguarda al Toc o a quello che resta e agli insegnamenti mancati.
C e chi li sente e chi non li” vuole “sentire sopratutto se hai fatto centinaia di chilometri per coronare un sogno d ascensione.
La SUPER SFIGA di quanto accaduto vede diversi elementi mai visti prima …il catino o la forma delle rocce alla base del seracco senza uno sbocco per le percolazioni.
Le assenti nevicate e un inverno in ferie.
Una fine primavera con temperature da fine estate.
Il seracco che molto più largo per le sopra ragioni ha quindi raccolto migliaia di metri cubi d d’acqua e poi come una diga marcia cede e le riversa si vede bene nei filmati dal fianco.
Ha ragione Tone Valeruz bastava sedersi sul orlo e ascoltare…
Un pensiero e un augurio per chi è sul fronte a lavorare che vada tutto bene.
https://it.wikipedia.org/wiki/Ibis_redibis_non_morieris_in_bello
col senno di prima o col senno di poi..??
Magari POI ci si rode al racconto degli amici che hanno osato partire e vissuto una bella avventura o POI si portano ex voto per grazia ricevuta. Del resto sono monitorate con strumenti :https://www.research.unipd.it/handle/11577/167676 e anche https://www.openalpmaps.it/progettodolomia/it/itinerari-geologici/sentiero-della-terra/7-frana-di-pra-e-lagunaz … ghiacciaio Adamello ecc.
Non e’ che si puo’ cospargere le dolomiti di strumenti costosissimi…si diventa ipocondriaci geologici.
Se la domanda è cosa avrei fatto, la risposta è, ci sarei rimasto dentro assieme agli altri. Però qualcosa si potrebbe fare, sempre dopo, ma da una intervista con un glaciologo del MUSE (museo naturalistico Trentino) si viene a conoscenza che la calotta glaciale, sotto a Punta Rocca, vista dall’elicottero, presentava dei grossi crepi . E lì è abbastanza ripido. Allora, col senno del poi, forse si potrebbe prevedere per salite frequentate da centinaia di persone, un monitoraggio. Non sarà garanzia di assoluta sicurezza, ma potrebbe aiutare nelle decisioni.
Un confine netto non esiste, tra il crollo e la staticita’, forse una sfumatura , una vibrazione impercettibile. Ci hanno provato con la teoria delle catastrofi http://siba-ese.unisalento.it/index.php/quadmat/article/download/9553/8756 la teoriamatematica delel catastrofi ma piu’ che matematica e’ “teologia”.
http://www.ce.unipr.it/research/HYPERPROLOG/FuzzyId3.html , d’altra parte, tra la decisione di starsene a casa belli comodi e partire e sfacchinare..avanzare impavidi o rinunciare..c ‘e’sempre una “sfumatura”una “vibrazione “di incertezza. Anche al momentodel crollo, c’e’ chi ha fatto uno scatto, chi ha spinto in là la compagna. Nel disastro del Vajont chi ammoniva e coglieva segnali e chi si metteva i tappi nelle orecchi e minimizzava.In campo della speculazione fnanziaria, c’è chi sie’ arricchito cogliendo le vibrazioni anzitempo.https://www.complexlab.it/Members/nicolaantonucci/recensioni/finanza-frattale-il-disordine-dei-mercati e …VENDO!…COMPRO! in centesimi di secondo. Alle avvisaglie di una guerra o persecuzione, c’è chi coglie i segnali e se la smamma e chi resta…minimizzando e adattandosi
Sí, Marcello, hai ragione: in sostanza la possiamo considerare una fatalità. Se volessimo schivare tutti i pericoli della montagna, dovremmo starcene a casa.
… … …
Le cadute di pietre sono incomparabilmente piú frequenti del crollo di domenica. E noi come tentiamo di porvi rimedio? Si evitano le vie su roccia friabile, i canaloni di neve/ghiaccio in agosto e settembre (ora anche a metà luglio…) e gli orridi canali come quello di accesso al Petit Dru, ma per il resto si accetta il rischio: si parte e si spera per il meglio.
Fatalità.
http://www.ghiaccioalimentare.it/wp-content/uploads/2015/05/Ghiaccio-Wikipedia.pdf
https://www.youtube.com/watch?v=VImcyRsys44
TRA BASAMENTO E GHIACCIAIO CHE ESERCITA PRESSIONE SULLE ROCCE SOTTOSTANTI, UN VELO DI ACQUA C’E’SEMPRE ANCHE A TEMPERATURE BASSISSME. UN FILO DI ACCIAIO CON DUE PESI AI CAPI, ATTRAVERSA UN BLOCCO DI GHIACCIO .Per questo un ghiacciaio sispsota lentamente e si crepaccia. La forma dei crepacci a V aperta o al contrario ( e per chi ci cadesse dentro non e’ uguale), dipende da come è la curvatura del sotto fondo roccioso su cui il ghiacciaio scivola.( lezione alla lavagna tenutaci da Bepo De Francesch in aula della scuola di Polizia di Moena)
Io credo di dover trarre la seguente conclusione: con temperature alte e continue bisogna incominciare a diffidare di gobbe del ghiacciaio dall’apparenza innocua, perché il ruscellamento alla base (invisibile!) può provocarne lo scivolamento, a qualsiasi ora.
Una volta in alta montagna non esistevano temperature cosí alte e persistenti: il problema non si poneva.
Qui sono pubblicate due fotografie ANSA, prima (25 giugno) e dopo il crollo, riprese a distanza molto piú ravvicinata rispetto a quelle che sono riuscito a trovare ieri sera. Quella del 25 giugno mostra che si tratta di una gobba di ghiaccio all’apparenza innocua.
Stando cosí le cose, per me l’unica spiegazione plausibile è che il crollo sia stato causato dallo scivolamento della massa glaciale per effetto del ruscellamento (invisibile) sulle rocce sottostanti. Il fattore scatenante dovrebbe essere quindi l’alta temperatura persistente da tanti giorni. Il giudizio finale spetta comunque ai glaciologi.
Esistono innumerevoli gobbe simili su tutti i ghiacciai del mondo. Se dovessimo incominciare a considerarle troppo pericolose, bisognerebbe smettere di frequentare l’alta montagna.
https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2022/07/05/marmolada-rintracciate-8-persone-se-ne-cercano-5-tutte-italiane.-ordinata-la-chiusura-totale-del-massiccio_201344de-1372-4f80-846a-ba366940afad.html
Rimane un mistero sapere i motivi per cui alcune comitive hanno proseguito nella via normale, ed altri gruppi hanno desistito. Forse fattori come il caldo? la fatica nel salire su poltiglia incoerente?il paesaggio non proprio bianco e magico come magari avevano sperimentato in stagione piu’ arretrata? Accogliamo l’invito ,” a riflettere su cosa avremmo davvero fatto noi (dalla guida alpina che non dice di no al cliente, all’escursionista sufficientemente preparato che mira alla vetta per passione o per emulazione). Le scene di questo nostro processo mentale possono essere tante, almeno quante possono essere le motivazioni diverse che ci spingono a prendere le decisioni”. secondo me Chi abita nei dintorni come Corona e’avvantaggiato, puo’sempre procrastinare..e conosce la neve ed il ghiaccio anche per le attività della vita quotidiana (spostamenti in auto, provvista di legna accatastata ..ecc).La mia esperienza di tanti anni fa( 1980, ghiacciaio ancora ingran forma e cestovia comoda che scaricava sulla fronte e si cominciava subito) mi fa ricordare che il ghiacciaio alla mattina presto era duro e teneva le punte dei ramponi,al ritorno, dalle roccette, causa un saltello un po’ incosciente , la poltiglia superficiale delle ore 14 non mi resse e scivolai , e la piccozza a stento, battuta di becca riuscì a trovare un ancoraggio consistente e mi fermai.( ice axe self arrest on ice fall..alla disperata ).Mai piu’e a quel paese gli amici che in altre occasioni simili di sole cocente e calore incitavano ad osare.